7 resultados para greedy-rotation-greedy (GRG)

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Negli ultimi anni la longevità è divenuto un argomento di notevole interesse in diversi settori scientifici. Le ricerche volte ad indagare i meccanismi che regolano i fattori della longevità si sono moltiplicate nell’ultimo periodo interessando, in maniera diversa, alcune regioni del territorio italiano. Lo studio presentato nella tesi ha l’obiettivo di identificare eventuali aggregazioni territoriali caratterizzate da una significativa propensione alla longevità nella regione Emilia-Romagna mediante l’impiego di metodologie di clustering spaziale, alcune delle quali di recente implementazione. La popolazione in esame è costituita dagli individui residenti in Emilia- Romagna nel quinquennio 2000-2004 suddivisa in classi di età, sesso e comune. L’analisi è di tipo puramente spaziale, in cui l’unità geografica elementare è identificata dal comune, ed è stata condotta separatamente per i due sessi. L’identificazione delle aree regionali ad elevata longevità è avvenuta utilizzando quattro metodologie di clustering spaziale, basate sulla teoria della massima verosimiglianza, che si differenziano tra loro per la modalità di ricerca dei potenziali clusters. La differenza consiste nella capacità di identificare aggregazioni territoriali di forma regolare (spatial scan statistic, Kulldorff e Nagarwalla,1995; Kulldorff,1997, 1999) o dall’andamento geometrico “libero” (flexible scan statistic, Tango e Takahashi,2005; algoritmo genetico, Duczmal et al.,2007; greedy growth search, Yiannakoulias et al.,2007). Le caratteristiche di ciascuna metodologia consentono, in tal modo, di “catturare” le possibili conformazioni geografiche delle aggregazioni presenti sul territorio e la teoria statistica di base, comune ad esse, consente di effettuare agevolmente un confronto tra i risultati ottenuti. La persistenza di un’area caratterizzata da un’elevata propensione alla longevità consente, infatti, di ritenere il cluster identificato di notevole interesse per approfondimenti successivi. Il criterio utilizzato per la valutazione della persistenza di un cluster è stato derivato dalla teoria dei grafi, con particolare riferimento ai multigrafi. L’idea è confrontare, a parità di parametri di ricerca, i grafi associati alle aggregazioni spaziali identificate con le diverse metodologie attraverso una valutazione delle occorrenze dei collegamenti esistenti tra le coppie di vertici. Alcune valutazioni di carattere demografico ed un esame della letteratura esistente sugli studi di longevità, hanno indotto alla definizione di una classe (aperta) di età per rappresentare il fenomeno nella nostra ricerca: sono stati considerati gli individui con età superiore o uguale a 95 anni (indicata con 95+). La misura di sintesi utilizzata per descrivere il fenomeno è un indicatore specifico di longevità, mutuato dalla demografia, indicato con Centenarian Rate (CR) (Robine e Caselli, 2005). Esso è definito dal rapporto tra la popolazione 95+ e la popolazione residente, nello stesso comune, al censimento del 1961. L’idea alla base del CR è confrontare gli individui longevi di un istante temporale con quelli presenti, nella stessa area, circa 40 anni prima dell’osservazione, ipotizzando che l’effetto migratorio di una popolazione possa ritenersi trascurabile oltre i 60 anni di età. La propensione alla longevità coinvolge in maniera diversa le aree del territorio dell’Emilia-Romagna. Le province della regione caratterizzate da una maggiore longevità sono Bologna, Ravenna e parte di Forlì-Cesena mentre la provincia di Ferrara si distingue per un livello ridotto del fenomeno. La distinzione per sesso non appare netta: gli uomini con età 95+, numericamente inferiori alle donne, risiedono principalmente nei comuni delle province di Bologna e Ravenna, con qualche estensione nel territorio forlivese, analogamente a quanto accade per la popolazione femminile che mostra, tuttavia, una maggiore prevalenza nei territori di Bologna e Forlì-Cesena, includendo alcune aree del riminese. Le province occidentali della regione, invece, non risultano interessate significativamente da questo fenomeno. Le metodologie di cluster detection utilizzate nello studio hanno prodotto risultati pressoché simili seppur con criteri di ricerca differenti. La spatial scan statistic si conferma una metodologia efficace e veloce ma il vincolo geometrico regolare imposto al cluster condiziona il suo utilizzo, rivelando una scarsa adattabilità nell’identificazione di aggregazioni irregolari. La metodologia FSC ha evidenziato buone capacità di ricerca e velocità di esecuzione, completata da una descrizione chiara e dettagliata dei risultati e dalla possibilità di poter visualizzare graficamente i clusters finali, anche se con un livello minimo di dettaglio. Il limite principale della metodologia è la dimensione ridotta del cluster finale: l’eccessivo impegno computazionale richiesto dalla procedura induce a fissare il limite massimo al di sotto delle 30 aree, rendendola così utilizzabile solo nelle indagini in cui si ipotizza un’estensione limitata del fenomeno sul territorio. L’algoritmo genetico GA si rivela efficace nell’identificazione di clusters di qualsiasi forma ed estensione, seppur con una velocità di esecuzione inferiore rispetto alle procedure finora descritte. Senza un’adeguata selezione dei parametri di ricerca,la procedura può individuare clusters molto irregolari ed estesi, consigliando l’uso di penalizzazione non nulla in fase di ricerca. La scelta dei parametri di ricerca non è comunque agevole ed immediata e, spesso, è lasciata all’esperienza del ricercatore. Questo modo di procedere, in aggiunta alla mancanza di informazioni a priori sul fenomeno, aumenta il grado di soggettività introdotto nella selezione dei parametri influenzando i risultati finali. Infine, la metodologia GGS richiede un carico computazionale nettamente superiore rispetto a quello necessario per le altre metodologie utilizzate e l’introduzione di due parametri di controllo favorisce una maggiore arbitrarietà nella selezione dei valori di ricerca adeguati; inoltre, la recente implementazione della procedura e la mancanza di studi su dati reali inducono ad effettuare un numero maggiore di prove durante la fase di ricerca dei clusters.

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In this work a multidisciplinary study of the December 26th, 2004 Sumatra earthquake has been carried out. We have investigated both the effect of the earthquake on the Earth rotation and the stress field variations associated with the seismic event. In the first part of the work we have quantified the effects of a water mass redistribution associated with the propagation of a tsunami wave on the Earth’s pole path and on the length-of-day (LOD) and applied our modeling results to the tsunami following the 2004 giant Sumatra earthquake. We compared the result of our simulations on the instantaneous rotational axis variations with some preliminary instrumental evidences on the pole path perturbation (which has not been confirmed yet) registered just after the occurrence of the earthquake, which showed a step-like discontinuity that cannot be attributed to the effect of a seismic dislocation. Our results show that the perturbation induced by the tsunami on the instantaneous rotational pole is characterized by a step-like discontinuity, which is compatible with the observations but its magnitude turns out to be almost one hundred times smaller than the detected one. The LOD variation induced by the water mass redistribution turns out to be not significant because the total effect is smaller than current measurements uncertainties. In the second part of this work of thesis we modeled the coseismic and postseismic stress evolution following the Sumatra earthquake. By means of a semi-analytical, viscoelastic, spherical model of global postseismic deformation and a numerical finite-element approach, we performed an analysis of the stress diffusion following the earthquake in the near and far field of the mainshock source. We evaluated the stress changes due to the Sumatra earthquake by projecting the Coulomb stress over the sequence of aftershocks taken from various catalogues in a time window spanning about two years and finally analyzed the spatio-temporal pattern. The analysis performed with the semi-analytical and the finite-element modeling gives a complex picture of the stress diffusion, in the area under study, after the Sumatra earthquake. We believe that the results obtained with the analytical method suffer heavily for the restrictions imposed, on the hypocentral depths of the aftershocks, in order to obtain the convergence of the harmonic series of the stress components. On the contrary we imposed no constraints on the numerical method so we expect that the results obtained give a more realistic description of the stress variations pattern.

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The purpose of this thesis is to investigate the strength and structure of the magnetized medium surrounding radio galaxies via observations of the Faraday effect. This study is based on an analysis of the polarization properties of radio galaxies selected to have a range of morphologies (elongated tails, or lobes with small axial ratios) and to be located in a variety of environments (from rich cluster core to small group). The targets include famous objects like M84 and M87. A key aspect of this work is the combination of accurate radio imaging with high-quality X-ray data for the gas surrounding the sources. Although the focus of this thesis is primarily observational, I developed analytical models and performed two- and three-dimensional numerical simulations of magnetic fields. The steps of the thesis are: (a) to analyze new and archival observations of Faraday rotation measure (RM) across radio galaxies and (b) to interpret these and existing RM images using sophisticated two and three-dimensional Monte Carlo simulations. The approach has been to select a few bright, very extended and highly polarized radio galaxies. This is essential to have high signal-to-noise in polarization over large enough areas to allow computation of spatial statistics such as the structure function (and hence the power spectrum) of rotation measure, which requires a large number of independent measurements. New and archival Very Large Array observations of the target sources have been analyzed in combination with high-quality X-ray data from the Chandra, XMM-Newton and ROSAT satellites. The work has been carried out by making use of: 1) Analytical predictions of the RM structure functions to quantify the RM statistics and to constrain the power spectra of the RM and magnetic field. 2) Two-dimensional Monte Carlo simulations to address the effect of an incomplete sampling of RM distribution and so to determine errors for the power spectra. 3) Methods to combine measurements of RM and depolarization in order to constrain the magnetic-field power spectrum on small scales. 4) Three-dimensional models of the group/cluster environments, including different magnetic field power spectra and gas density distributions. This thesis has shown that the magnetized medium surrounding radio galaxies appears more complicated than was apparent from earlier work. Three distinct types of magnetic-field structure are identified: an isotropic component with large-scale fluctuations, plausibly associated with the intergalactic medium not affected by the presence of a radio source; a well-ordered field draped around the front ends of the radio lobes and a field with small-scale fluctuations in rims of compressed gas surrounding the inner lobes, perhaps associated with a mixing layer.

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Among the scientific objectives addressed by the Radio Science Experiment hosted on board the ESA mission BepiColombo is the retrieval of the rotational state of planet Mercury. In fact, the estimation of the obliquity and the librations amplitude were proven to be fundamental for constraining the interior composition of Mercury. This is accomplished by the Mercury Orbiter Radio science Experiment (MORE) via a strict interaction among different payloads thus making the experiment particularly challenging. The underlying idea consists in capturing images of the same landmark on the surface of the planet in different epochs in order to observe a displacement of the identified features with respect to a nominal rotation which allows to estimate the rotational parameters. Observations must be planned accurately in order to obtain image pairs carrying the highest information content for the following estimation process. This is not a trivial task especially in light of the several dynamical constraints involved. Another delicate issue is represented by the pattern matching process between image pairs for which the lowest correlation errors are desired. The research activity was conducted in the frame of the MORE rotation experiment and addressed the design and implementation of an end-to-end simulator of the experiment with the final objective of establishing an optimal science planning of the observations. In the thesis, the implementation of the singular modules forming the simulator is illustrated along with the simulations performed. The results obtained from the preliminary release of the optimization algorithm are finally presented although the software implemented is only at a preliminary release and will be improved and refined in the future also taking into account the developments of the mission.

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This thesis is focused on the paleomagnetic rotation pattern inside the deforming zone of strike-slip faults, and the kinematics and geodynamics describing it. The paleomagnetic investigation carried out along both the LOFZ and the fore-arc sliver (38º-42ºS, southern Chile) revealed an asymmetric rotation pattern. East of the LOFZ and adjacent to it, rotations are up to 170° clockwise (CW) and fade out ~10 km east of fault. West of the LOFZ at 42ºS (Chiloé Island) and around 39°S (Villarrica domain) systematic CCW rotations have been observed, while at 40°-41°S (Ranco-Osorno domain) and adjacent to the LOFZ CW rotations reach up to 136° before evolving to CCW rotations at ~30 km from the fault. These data suggest a directed relation with subduction interface plate coupling. Zones of high coupling yield to a wide deforming zone (~30 km) west of the LOFZ characterized by CW rotations. Low coupling implies a weak LOFZ and a fore-arc dominated by CCW rotations related to NW-sinistral fault kinematics. The rotation pattern is consistent with a quasi-continuous crust kinematics. However, it seems unlikely that the lower crust flux can control block rotation in the upper crust, considering the cold and thick fore-arc crust. I suggest that rotations are consequence of forces applied directly on both the block edges and along the main fault, within the upper crust. Farther south, at the Austral Andes (54°S) I measured the anisotropy of magnetic susceptibility (AMS) of 22 Upper Cretaceous to Upper Eocene sites from the Magallanes fold-thrust belt internal domains. The data document continuous compression from the Early Cretaceous until the Late Oligocene. AMS data also show that the tectonic inversion of Jurassic extensional faults during the Late Cretaceous compressive phase may have controlled the Cenozoic kinematic evolution of the Magallanes fold-thrust belt, yielding slip partitioning.