7 resultados para graft recipient

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche è spesso l’unica soluzione per la cura di diverse malattie ematologiche. La aGVHD è la complicanza più importante che si può avere a seguito del trapianto allogenico ed è causata dai linfociti T del donatore che riconoscono gli antigeni del ricevente presentati dalle APC. Eliminare o inattivare la APC del ricevente prima del trapianto potrebbe prevenire la aGVHD. Ad oggi non esistono farmaci specifici diretti contro le APC, sono però noti i meccanismi molecolari coinvolti nella sopravvivenza cellulare come la via di segnale di PI3K. In questo lavoro abbiamo testato l’attività di due farmaci, che colpiscono target molecolari della via di PI3K, la rapamicina e la perifosina, sul differenziamento dei monociti a differenti popolazioni di cellule dendritiche (DC), in vitro. La rapamicina riduceva il recupero cellulare delle DC derivate da monociti coltivate in presenza di IL-4 aumentando l’apoptosi, mentre i monociti coltivati in presenza di GM-CSF con o senza IFN-α risultavano resistenti alla rapamicina. Inoltre la rapamicina riduceva l’espressione della molecola costimolatoria CD86 e incrementava l’espressione della molecola CD1a solo nei monociti coltivati con GM-CSF e IL-4. Nelle DC derivate dai monociti in presenza di IL-4 la rapamicina bloccava la produzione di IL-12 e TNF-α e ne alterava la capacità allostimolatoria. La rapamicina non alterava la sopravvivenza e la funzione delle DC circolanti. Il trattamento con perifosina provocava un incremento di apoptosi nei monociti coltivati sia con GM-CSF che con GM-CSF e IL-4. La perifosina bloccava la produzione di TNF-α nelle DC derivate da monociti coltivati nelle diverse condizioni. Questi risultati dimostrano che l’azione della rapamicina è strettamente dipendente dalla presenza dell’IL-4 nel terreno di coltura, in vitro, rispetto alla perifosina e suggeriscono un possibile ruolo della perifosina nella prevenzione della GVHD prima del trapianto allogenico di cellule staminali.

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L'outcome dei pazienti sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche è fortemente influenzato da graft versus leukemia (GvL) e graft versus host disease (GvHD) che sono mediate, almeno in parte, dagli antigeni minori di istocompatibilità (mHAgs). In letteratura sono stati identificati 26 mHAgs che sono stati correlati a GvHD/GvL con risultati incompleti e in alcuni casi contrastanti; inoltre manca una metodica che sia in grado di genotipizzare contemporaneamente un pannello così ampio. Il lavoro è stato finalizzato alla preparazione di un protocollo di laboratorio che permetta di studiare in modo efficace i 26 mHAgs identificati, per poi correlarli con GvHD/GvL all’interno di uno specifico gruppo di trapiantati. Utilizzando la metodica IPlex Gold Mass Array Sequenom e tecniche di biologia molecolare convenzionale sono stati genotipizzati 26 antigeni minori di istocompatibilità per 46 coppie full-matched. Tutti i pazienti inclusi nel progetto di studio erano stati sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche da donatore familiare o volontario full-compatibile per leucemia mieloide cronica (n=46) o leucemia acuta linfoblastica Philadelphia positiva (LAL-Ph+, n=24). Il progetto ha confermato l'efficienza (98.6%) e la fattibilità delle metodiche proposte. Dal lavoro è inoltre emerso che, le differenze tra donatore e ricevente a libello mHAgs ACC-1, ACC-4, ACC-5, LB-MTHFD1-1Q, UGT2B17, DPH1, LRH1 potrebbero essere fattori predittivi di GvHD (p<0.05). La seconda evidenza è legata a un trend secondo cui il mismatch per LB-ADIR1 protegge dalla recidiva di malattia, in particolare nei confronti della LAL-Ph+ che è scarsamente responsiva all'allo-immunoterapia. Questo lavoro pilota, la cui casistica deve quindi essere ampliata, ha dimostrato l’efficacia della genotipizzazione con IPlex Gold Sequenom e l’elevato potenziale degli mHAgs sia come fattori predittivi di GvHD che come driver di GvL.

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In the last decades significant improvements has been reached in short term graft survival, conversely long-term graft survival in still an open challenge for the scientific community. One of the major causes of long term graft loss is represented by chronic- active antibody mediated rejection (cAMR), a recently identified entity whose diagnosis is based on laboratoristic and histologic elements: the presence of DSA associated to specific morphological lesions as inflammation and microvascular damage associated or not to C4d deposition. Treatment of cAMR is an open field of debate. Tocilizumab, an anti-IL6 monoclonal antibody has been recently proposed as a first line treatment for cAMR, showing encouranging results. We describe our monocentric experience using Tocilizumab as first-line therapy for cAMR. Graft function (eGFR), proteinuria and DSA have been evaluated every 6 month for 24 months; histology have been performed after 12 months of treatment. No adverse events have been observed during study period. 12 patients completed the study with a follow-up of 24 months. Kidney function showed a worsening during follow-up that reaches statistical significance at 12 and 24 months (eGFR from 32.2±13.9 ml/min to 26.9±13 ml/min), but far less than expected for these kind of patients. 4 patients (30%) reached ESRD during follow-up, 3 requiring renal replacement therapy. We did not observed any statically significant variation in proteinuria and in DSA MFI levels. From a histological point of view, we observed a significant improvement in active cAMR lesions (C4d deposition and Acute tissue injury (MTA, g>0/ptc>0, v>0) and no progression among chronic lesions (Transplant glomerulopathy, PTC multilayering and aterial intimal fibrosis) Tocilizumab shown good results, with a stabilization of graft function, a reduction in kidney inflammation and active lesions in kidney biopsy and not allowing progression of chronic lesions.

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Background Il trapianto polmonare rappresenta l'unica soluzione percorribile per l'insufficienza respiratoria end-stage. La principale limitante ad un suo impiego è rappresentata dalla scarsità di polmoni idonei. In questo contesto si colloca il progetto di ricondizionamento ex-vivo. L'implementazione risulta possibile attraverso il ricondizionamento di organi cosiddetti “marginali” o giudicati inizialmente non idonei al trapianto e da donatori a cuore fermo (Donor after Cardiac Death – DCD). Scopo Lo scopo principale del progetto è quello di analizzare i risultati a breve e medio termine del trapianto polmonare effettuato impiegando polmoni sottoposti a procedura di ricondizionamento ex-vivo in due centri trapianti di polmone a basso volume. Materiali e Metodi I dati sono stati raccolti retrospettivamente (da Giugno 2013 per quanto riguarda l’ISMETT e dal 2014 quelli dell’ Ospedale S. Orsola-Malpighi) e in maniera prospettica dal 2019. Risultati Sommando i dati relativi ad entrambi i centri, dal 2013 sono stati eseguiti un totale di 26 procedure di riperfusione. Sei volte i polmoni sono stati giudicati idonei al trapianto al termine con 5 trapianti doppi e un trapianto singolo sinistro. I risultati in termine di sopravvivenza a medio termine sono risultati sovrapponibili a quelli disponibili in letteratura, tuttavia è stato registrato un alto tasso di PGD (Primary Graft Disfunction) di grado 3, da imputare alla patologia di base del ricevente (ipertensione polmonare), che per protocollo di istituto rimane con supporto cardio-respiratorio (ECMO) dopo il trapianto. Conclusioni L’EVLP si conferma in centri di piccolo e medio volume un metodo sicuro ed efficace per implementare in numero di polmoni idonei al trapianto.

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Background and Aim: Acute cardiac rejection is currently diagnosed by endomyocardial biopsy (EMB), but multiparametric cardiac magnetic resonance (CMR) may be a non-invasive alternative by its capacity for myocardial structure and function characterization. Our primary aim was to determine the utility of multiparametric CMR in identifying acute graft rejection in paediatric heart transplant recipients. The second aim was to compare textural features of parametric maps in cases of rejection versus those without rejection. Methods: Fifteen patients were prospectively enrolled for contrast-enhanced CMR followed by EMB and right heart catheterization. Images were acquired on a 1,5 Tesla scanner including T1 mapping (modified Look-Locker inversion recovery sequence – MOLLI) and T2 mapping (modified GraSE sequence). The extracellular volume (ECV) was calculated using pre- and post-gadolinium T1 times of blood and myocardium and the patient’s hematocrit. Markers of graft dysfunction including hemodynamic measurements from echocardiography, catheterization and CMR were collated. Patients were divided into two groups based on degree of rejection at EMB: no rejection with no change in treatment (Group A) and acute rejection requiring new therapy (Group B). Statistical analysis included student’t t test and Pearson correlation. Results: Acute rejection was diagnosed in five patients. Mean T1 values were significantly associated with acute rejection. A monotonic, increasing trend was noted in both mean and peak T1 values, with increasing degree of rejection. ECV was significantly higher in Group B. There was no difference in T2 signal between two groups. Conclusion: Multiparametric CMR serves as a noninvasive screening tool during surveillance encounters and may be used to identify those patients that may be at higher risk of rejection and therefore require further evaluation. Future and multicenter studies are necessary to confirm these results and explore whether multiparametric CMR can decrease the number of surveillance EMBs in paediatric heart transplant recipients.