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em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Le attività di ricerca della presente tesi di dottorato si sono focalizzata principalmente sulla parassitofauna dei pesci marini allevati in Grecia ed in Italia con particolare attenzione allo studio degli ectoparassiti di maggior rilievo sanitario in maricoltura ed alla ricerca di endoparassiti di potenziale interesse zoonosico, in particolare larve di nematodi Anisakidae del genere Anisakis. Nel corso del triennio sono stati sottoposti ad esami parassitologici 916 spigole (Dicentrarchus labrax) e 462 orate (Sparus aurata) prelevate presso diverse tipologie di allevamenti greci ed italiani. Per quanto concerne le spigole, la presenza di ectoparassiti è stata riscontrata nel 29,2% e nel 61,9% dei soggetti provenienti rispettivamente da impianti siti in Grecia ed in Italia, mentre le orate hanno presentato percentuali di positività rispettivamente del 87,5% e del 26,7%. Gli ectoparassiti dominanti sono risultati essere il monogeneo Diplectanum aequans nelle spigole ed il ciliato Cryptocaryon irritans e il monogeneo Furnestinia echeneis nelle orate, sebbene sia stato possibile studiare anche il coinvolgimento di altri ectoparassiti, quali il monogeneo Sparicotyle chrysophrii ed il dinoflagellato Amyloodinium ocellatum, nel determinismo di alcuni episodi morbosi. Le osservazioni istopatologiche hanno permesso di caratterizzare le lesioni causate dagli ectoparassiti a diverse intensità d’infestazione. Per quanto concerne la ricerca di parassiti zoonosici, con particolare riferimento agli stadi larvali di nematodi Anisakidae del genere Anisakis, si sono condotti esami parassitologici a livello di cavità viscerale e di muscolo laterale in tutti i soggetti provenienti da allevamenti in gabbia (626 soggetti, di cui 441 spigole e 185 orate). Tutti i soggetti esaminati sono risultati negativi, indicando come il rischio di infestazione da larve di nematodi anisakidi possa essere considerato trascurabile in spigole ed orate allevate in gabbia, come già dimostrato per il salmone atlantico (EFSA, 2010).

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Questa ricerca presenta i risultati di una indagine volta a verificare la reale efficacia di rinforzo corticale su rocce carbonatiche di differenti caratteristiche mineralogiche, utilizzando consolidanti inorganici in soluzione acquosa quali l’Ossalato Ammonico (AmOX) e il Diammonio Fosfato Acido (DAHP). Le matrici carbonatiche scelte sono quelle del marmo invecchiato e una biomicrite. Sui campioni sono state effettuate indagini (SEM,MIP,XRD,MO,TG-DTA) di caratterizzazione prima e dopo i trattamenti volte a valutare eventuali effetti di rinforzo e misure fisiche di suscettività all’acqua. L’efficacia dei consolidanti inorganici è stata comparata con diversi consolidanti organici e ibridi presenti in commercio ed utilizzati in ambito conservativo. L'efficacia si è mostrata fortemente legata al fabric del materiale e alle modalità di strutturazione del prodotto di neomineralizzazione all’interno della compagine deteriorata. Nel caso del trattamento con AmOx il soluzione acquosa al 4%, la whewellite è l’unica fase di neoformazione riscontrata; la sua crescita avviene con un meccanismo essenzialmente topochimico. Nei materiali carbonatici compatti si possono ottenere solo modesti spessori di coating di neoformazione; per le rocce porose, contenenti difetti come lesioni, pori o micro-fratture, l’efficacia del trattamento può risultare più incisiva. Questo trattamento presenta lo svantaggio legato alla rapidissima formazione dei cristalli di whewellite che tendono a passivare le superfici impedendo la progressione della reazione; il vantaggio è connesso alla facile applicazione in cantiere. Nel caso del DAHP sulla matrice carbonatica trattata, si formano cluster cristallini contenenti specie più o meno stabili alcune riconducibili all’idrossiapatite. La quantità e qualità delle fasi, varia fortemente in funzione della temperatura, pH, pressione con conseguenze interferenza nelle modalità di accrescimento dei cristalli. Il trattamento alla stato attuale appare comunque di notevole interesse ma allo stesso tempo difficilmente applicabile e controllabile nelle reali condizioni operative di un cantiere di restauro.

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Introduction and Background: Multiple system atrophy (MSA) is a sporadic, adult-onset, progressive neurodegenerative disease characterized clinically by parkinsonism, cerebellar ataxia, and autonomic failure. We investigated cognitive functions longitudinally in a group of probable MSA patients, matching data with sleep parameters. Patients and Methods: 10 patients (7m/3f) underwent a detailed interview, a general and neurological examination, laboratory exams, MRI scans, a cardiovascular reflexes study, a battery of neuropsychological tests, and video-polysomnographic recording (VPSG). Patients were revaluated (T1) a mean of 16±5 (range: 12-28) months after the initial evaluation (T0). At T1, the neuropsychological assessment and VPSG were repeated. Results: The mean patient age was 57.8±6.4 years (range: 47-64) with a mean age at disease onset of 53.2±7.1 years (range: 43-61) and symptoms duration at T0 of 60±48 months (range: 12-144). At T0, 7 patients showed no cognitive deficits while 3 patients showed isolated cognitive deficits. At T1, 1 patient worsened developing multiple cognitive deficits from a normal condition. At T0 and T1, sleep efficiency was reduced, REM latency increased, NREM sleep stages 1-2 slightly increased. Comparisons between T1 and T0 showed a significant worsening in two tests of attention and no significant differences of VPSG parameters. No correlation was found between neuropsychological results and VPSG findings or RBD duration. Discussion and Conclusions: The majority of our patients do not show any cognitive deficits at T0 and T1, while isolated cognitive deficits are present in the remaining patients. Attention is the cognitive function which significantly worsened. Our data confirm the previous findings concerning the prevalence, type and the evolution of cognitive deficits in MSA. Regarding the developing of a condition of dementia, our data did not show a clear-cut diagnosis of dementia. We confirm a mild alteration of sleep structure. RBD duration does not correlate with neuropsychological findings.