288 resultados para distribuzioni equazioni differenziali alle derivate parziali operatore delle onde
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Questa tesi affronta lo studio di una tipologia di vibrazione autoeccitata, nota come chatter, che si manifesta nei processi di lavorazione ad asportazione di truciolo ed in particolare nelle lavorazioni di fresatura. La tesi discute inoltre lo sviluppo di una tecnica di monitoraggio e diagnostica del chatter basato sul rilievo di vibrazioni. Il fenomeno del chatter è caratterizzato da violente oscillazioni tra utensile e pezzo in lavorazione ed elevate emissioni acustiche. Il chatter, se non controllato, causa uno scadimento qualitativo della finitura superficiale e delle tolleranze dimensionali del lavorato, una riduzione della vita degli utensili e dei componenti della macchina. Questa vibrazione affligge negativamente la produttività e la qualità del processo di lavorazione e pregiudica l’interazione uomo-macchina-ambiente. Per una data combinazione di macchina, utensile e pezzo lavorato, i fattori che controllano la velocità di asportazione del materiale sono gli stessi che controllano l’insorgenza del chatter: la velocità di rotazione del mandrino, la profondità assiale di passata e la velocità di avanzamento dell’utensile. Per studiare il fenomeno di chatter, con l’obbiettivo di individuare possibili soluzioni per limitarne o controllarne l’insorgenza, vengono proposti in questa tesi alcuni modelli del processo di fresatura. Tali modelli comprendono il modello viscoelastico della macchina fresatrice e il modello delle azioni di taglio. Per le azioni di taglio è stato utilizzato un modello presente in letteratura, mentre per la macchina fresatrice sono stati utilizzato modelli a parametri concentrati e modelli modali analitico-sperimentali. Questi ultimi sono stati ottenuti accoppiando un modello modale sperimentale del telaio, completo di mandrino, della macchina fresatrice con un modello analitico, basato sulla teoria delle travi, dell’utensile. Le equazioni del moto, associate al processo di fresatura, risultano essere equazioni differenziali con ritardo a coefficienti periodici o PDDE (Periodic Delay Diefferential Equations). È stata implementata una procedura numerica per mappare, nello spazio dei parametri di taglio, la stabilità e le caratteristiche spettrali (frequenze caratteristiche della vibrazione di chatter) delle equazioni del moto associate ai modelli del processo di fresatura proposti. Per testare i modelli e le procedure numeriche proposte, una macchina fresatrice CNC 4 assi, di proprietà del Dipartimento di Ingegneria delle Costruzioni Meccaniche Nucleari e Metallurgiche (DIEM) dell’Università di Bologna, è stata strumentata con accelerometri, con una tavola dinamometrica per la misura delle forze di taglio e con un adeguato sistema di acquisizione. Eseguendo varie prove di lavorazione sono stati identificati i coefficienti di pressione di taglio contenuti nel modello delle forze di taglio. Sono stati condotti, a macchina ferma, rilievi di FRFs (Funzioni Risposta in Frequenza) per identificare, tramite tecniche di analisi modale sperimentale, i modelli del solo telaio e della macchina fresatrice completa di utensile. I segnali acquisiti durante le numerose prove di lavorazione eseguite, al variare dei parametri di taglio, sono stati analizzati per valutare la stabilità di ciascun punto di lavoro e le caratteristiche spettrali della vibrazione associata. Questi risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti applicando la procedura numerica proposta ai diversi modelli di macchina fresatrice implementati. Sono state individuate le criticità della procedura di modellazione delle macchine fresatrici a parametri concentrati, proposta in letteratura, che portano a previsioni erronee sulla stabilità delle lavorazioni. È stato mostrato come tali criticità vengano solo in parte superate con l’utilizzo dei modelli modali analitico-sperimentali proposti. Sulla base dei risultati ottenuti, è stato proposto un sistema automatico, basato su misure accelerometriche, per diagnosticare, in tempo reale, l’insorgenza del chatter durante una lavorazione. È stato realizzato un prototipo di tale sistema di diagnostica il cui funzionamento è stato provato mediante prove di lavorazione eseguite su due diverse macchine fresatrici CNC.
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La conoscenza delle esigenze luminose (intensità, spettro, durata minima, massima ed ottimale del fotoperiodo di illuminazione) e della tolleranza alle condizioni degli interni delle piante ad uso decorativo, è di fondamentale importanza per una giusta tecnica di progettazione (dimensionamento e dislocazione dei punti luce) dell’indoor plantscaping. Il lungo periodo di condizionamento al quale queste piante vengono sottoposte, caratterizzato principalmente dalla scarsa disponibilità di luce naturale e dagli alti livelli di concentrazione di CO2 determina una forte influenza sui processi morfo-fisiologici. Il presente studio analizza il fattore luminoso ed è articolato su più punti quali; • caratterizzazione della riposta fotosintetica all’intensità luminosa di 21 delle principali specie a fogliame decorativo comunemente utilizzate nella realizzazione degli spazi verdi indoor, per stabilire quali siano i minimi ed ottimali livelli di PAR tali da garantire una fotosintesi netta positiva e nel complesso le condizioni di maggior benessere per le piante; • quantificazione dell’incremento fotosintetico netto dovuto ad una maggior concentrazione di CO2 negli interni rispetto alla concentrazione CO2 atmosferica esterna, all’aumentare dell’ intensità luminosa artificiale sulle precedenti specie; • monitoraggio dell’andamento delle attività fotosintetiche durante il periodo di illuminazione di 8 ore comunemente utilizzato in un interno ad uso lavorativo, a PAR costante e variabile in Ficus elastica e Dieffenbachia picta, al fine di stabilire quali possano essere le durate e le modalità di somministrazione della luce per rendere massima la fotosintesi netta riducendo al minimo i consumi energetici dovuti all’accensione delle lampade; • valutazione della risposta morfo-fisiologica e fotosintetica a modificazioni dello spettro luminoso mediante l’uso di LED monocromatici colorati ad emissione nel bianco, blu e rosso in Ficus benjamina e Iresine herbistii al fine di stabilire se questo tipo di lampade possano essere utilizzate come fonte integrativa e/o sostitutiva nella realizzazione degli spazi verdi interni. Vengono analizzati il punto si compensazione alla luce (g), il punto di saturazione alla luce (s), l’efficienza quantica (AQE), il punto di respirazione al buio (Rd) e la fotosintesi netta massima (A max) per (Aglaonema commutatum, Asplenium nidus, Anthurium andreanum, Begonia rex, Calathea luoise, Calathea veitchiana, Calathea rufibarba, Calathea zebrina, Codiaeum variegatum, Cthenanthe oppenheimiana, Dieffenbakia picta, Ficus benjamina, Ficus elatica, Ficus longifolia, Fittonia verschaffeltii, Iresine herbistii, Philodendron erubescens, Philodendron pertusum, Potos aureus, Spathiphillum wallisi, Syngonium podophillum ) e classificate le specie in funzione di Amax in quattro categorie; A max < 2 µmol CO2 m-2 s-1, A max compresa tra 2 e 4 µmol CO2 m-2 s-1, Amax cpmpresa tra 4 e 6 µmol CO2 m-2 s-1, Amax > 6 µmol CO2 m-2 s-1, al fine di mettere in risalto la potenzialità fotosintetiche di ogni singola specie. I valori di PAR compresi tra (g) ed (s) forniscono le indicazioni sulle quali basarsi per scegliere una giusta lampada o dimensionare un punto luce per ogni singola specie e/o composizione. È stimata l’influenza di due livelli di concentrazione di CO2 ambientale (400 e 800 ppm) all’incrementare dell’intensità luminosa sul processo fotosintetico delle specie precedenti. Per quasi tutte le specie 800 ppm di CO2 non favoriscono nessun incremento all’attività fotosintetica ad eccezione di Ficus benjamina, Ficus elatica e Syngonium podophillum se non accompagnati da una disponibilità luminosa superiore alle 10 µmol m-2 s-1. Viene monitorato l’andamento dell’attività fotosintetica a PAR costante e variabile (intervallando periodi di 8 minuti a PAR 40 e 80) durante 8 ore di illuminazione su Ficus elastica e Dieffenbachia picta al fine di stabilire la miglior modalità di somministrazione della luce. La fotosintesi netta cumulativa per l’intera durata di illuminazione a PAR costante mostra un calo dopo alcune ore dall’attivazione in Dieffenbackia, e un andamento oscillatorio in Ficus. L’illuminazione alternata consente di raggiungere i quantitativi di CO2 organicata a 80 µmol m-2 s-1 di PAR, dopo 5 ore e mezza sia in Ficus che Dieffenbackia sebbene le potenzialità fotosintetiche delle due piante siano molto differenti. È stato valutato l’effetto dell’illuminazione artificiale mediante LED (15W) a luce bianca, blu e rossa monocromatica in rapporto alla luce neon(36W) bianca tradizionale (con differenti abbinamenti tra le lampade) sui principali parametri morfologici e fisiologici, in Ficus benjamin ‘Variegata’ e Iresine herbistii per verificare se tali fonti possono rappresentare una valida alternativa nella sostituzione o integrazione di altre lampade per gli spazi verdi indoor. Tutte le combinazioni LED indagate possono rappresentare un’alternativa di sostituzione alla coltivazione con neon ed un risparmio energetico di oltre il 50%. Una PAR di 20,6 µmol m-2 s-1 della singola lampada LED bianco è sufficiente per mantenere la pianta in condizioni di sopravvivenza con un consumo di 15W a fronte dei 36W necessari per il funzionamento di ogni neon. La combinazione LED bianco + LED blu monocromatico favorisce il contenimento della taglia della pianta, caratteristica gradita nella fase di utilizzo indoor, una maggior produzione di sostanza secca e un’attività fotosintetica più elevata.
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In ambito oncologico il dolore affligge la maggior parte dei pazienti (incidenza riportata dal 53 al 90%), in tutte le fasi della malattia: nonostante l’esistenza di Linee Guida (OMS), l’attuale “undertreatment” del sintomo dolore oncologico, legato a un inappropriato uso degli oppioidi, in Italia raggiunge stime fino al 40% dei casi. Segnalazioni recenti sul consumo degli oppioidi in Italia riportano un aumento imputabile a un solo farmaco (fentanil TTS), il che suggerisce un comportamento prescrittivo inappropriato. Letteratura in merito alle valutazioni di efficacia delle terapie di controllo del dolore sia in fase iniziale – quando la terapia medica oncologica è attiva- sia in fase avanzata di malattia – quando il controllo del dolore si configura come una delle principali terapie di supporto- è ormai disponibile , con un buon livello di affidabilità. Quello che è necessario è aumentare la capacità del Servizio Sanitario di trasferire nella pratica clinica e assistenziale i risultati della ricerca sulla efficacia delle cure. Questi i quesiti ai quali la ricerca ha inteso rispondere: a. Le competenze globalmente espresse dal servizio sanitario dell’Emilia Romagna sono adeguate per consentire un tempestivo, globale, appropriato ed efficace controllo del dolore oncologico, in tutte le fasi della malattia e lungo tutto il percorso di assistenza si a domiciliare che ospedaliero, per tutti i malati che ne hanno bisogno? b. Quali raccomandazioni possiamo fornire, basate sulle evidenze di efficacia, a clinici e gestori per migliorare l’identificazione del bisogno, la scelta del trattamento, il suo monitoraggio, la possibilità di garantirne l’accesso e la disponibilità non solo in ospedale ma anche a domicilio? c. Quale efficacia hanno dimostrato i percorsi di formazione relativi al riconoscimento e al controllo del dolore messi in atto finora? d. Quali percorsi possono essere raccomandati per mettere a disposizione dei cittadini le conoscenze scientifiche sul controllo del dolore oncologico?
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Costante è il dibattito relativo ai possibili sprechi nell’amministrazione della giustizia penale ed alle inefficienze dei tribunali, delle procure e, più in generale, dell’organizzazione giudiziaria e del processo. Può essere utile il tentativo di fornire a tale dibattito strumenti analitici innovativi, quali ad esempio l’analisi economica costi/benefici, con cui affrontare congiuntamente questioni di diritto ed osservazioni legate alla produzione degli uffici ed alla loro efficienza. È possibile, cioè, tentare di costruire e rendere disponibili dei semplici modelli economici – già diffusi nella letteratura anglosassone di law and economics – che, considerando le strutture preposte alla giurisdizione in termini di produzione e produttività e l’attore processuale come un’unità produttiva che opera con l’obiettivo di massimizzare i benefici ottenibili con le proprie risorse, facilitino lo studio del settore. Il tentativo di introdurre elementi di semplificazione e formalizzazione del comportamento dei soggetti della giurisdizione ha, infatti, grandissime potenzialità sia di carattere positivo sia di carattere normativo: permette, cioè, di interrogarsi sull’efficienza della funzione svolta dai tribunali e, nel caso di esito negativo, di capire come intervenire sulla struttura produttiva per ottenere una crescita di produttività. Tutto ciò in un contesto ove il court management sta emergendo come un nuovo campo fertile nello studio dei settori pubblici, in coerenza col crescente interesse nel definire quanto le corti (in generale) e le procure (più in particolare) siano performanti.
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Fra il 2006 e il 2008, molte commodity hanno fatto registrare rapidi e intensi aumenti di prezzo sui mercati internazionali. Fra queste, anche alcuni prodotti agricoli alla base dell’alimentazione umana. Il presente lavoro concentra l’attenzione su alcune commodity - frumento, riso, mais e semi di soia - riportando le loro quotazioni mensili a partire dal 2002, quindi con un largo anticipo rispetto al manifestarsi del fenomeno. L’obiettivo principale del lavoro è offrire una valida interpretazione dell’instabilità de prezzo di questi prodotti, individuando i fattori che sono alla base della volatilità e sottolineandone le implicazioni economiche e politiche a livello globale. La metodologia usata è duplice e composta da un’attenta analisi descrittiva dei fattori che hanno agito sulla domanda e sull’offerta dei prodotti in questione e un’analisi quantitativa, facendo ricorso alle tecniche statistiche proprie delle serie storiche.
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La presente tesis analiza el problema de la validez de las disposiciones de transposición de las Directivas Europeas en los ordenamientos nacionales desde la perspectiva del principio constitucional de reserva de ley. En el primer capítulo se desarrolla un análisis del estado de la cuestión en las jurisprudencias española e italiana. En el segundo se afronta el estudio de los requisitos impuestos por la jurisprudencia del TJUE en relación con las normas por las que se procede a la incorporación en los ordenamientos internos del contenido de las Directivas; teniendo en cuenta que ha de partirse del principio de autonomía institucional y procedimental de los Estados Miembros y que las Directivas, en tanto carentes por razón de su forma de directa aplicabilidad, no pueden sustituir a la ley nacional, el principio de reserva de ley ha de aplicarse en este tipo de operaciones siempre que así lo exija la Constitución nacional. En el tercer capítulo se estudian los efectos que han producido en los ordenamientos italiano, francés y alemán las cláusulas constitucionales "europeas", alcanzándose la fundamental conclusión de que las mismas no han supuesto quiebra alguna de la disciplina general de producción normativa en lo que se refiere a las operaciones de ejecución interna del Derecho Europeo. En el cuarto y último capítulo, en fin, se analiza el sistema italiano de ejecución de las políticas europeas mediante normas reglamentarias y la posible toma en consideración del mismo para la formulación de propuestas de lege ferenda en relación con el Derecho Español.
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Il tomografo sonico è uno strumento di recente applicazione nell’analisi morfo-sintomatica delle alberature. Si tratta di uno strumento che sfrutta la propagazione delle onde sonore nel legno per determinarne la densità e le possibili alterazioni interne. Oltre all’applicazione su larga scala in un parco di Imola, per effettuare una valutazione approfondita di tutti gli esemplari, lo strumento è stato applicato per scopi diversi. In prima analisi è stato utilizzato per valutare stadi precoci di alterazione e l’evoluzione delle patologie interne nel tempo. Successivamente si voleva identificare il percorso di sostanze liquide iniettate con mezzi endoterapici nel tronco, attraverso l’applicazione di tomografia sonica sopra e sotto il punto di iniezione. In ultima analisi è stato effettuato un confronto tra tomografia sonica e risonanza magnetica nucleare per identificare patologie invisibili ai normali strumenti utilizzati nell’analisi della stabilità delle piante.
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This thesis presents a new Artificial Neural Network (ANN) able to predict at once the main parameters representative of the wave-structure interaction processes, i.e. the wave overtopping discharge, the wave transmission coefficient and the wave reflection coefficient. The new ANN has been specifically developed in order to provide managers and scientists with a tool that can be efficiently used for design purposes. The development of this ANN started with the preparation of a new extended and homogeneous database that collects all the available tests reporting at least one of the three parameters, for a total amount of 16’165 data. The variety of structure types and wave attack conditions in the database includes smooth, rock and armour unit slopes, berm breakwaters, vertical walls, low crested structures, oblique wave attacks. Some of the existing ANNs were compared and improved, leading to the selection of a final ANN, whose architecture was optimized through an in-depth sensitivity analysis to the training parameters of the ANN. Each of the selected 15 input parameters represents a physical aspect of the wave-structure interaction process, describing the wave attack (wave steepness and obliquity, breaking and shoaling factors), the structure geometry (submergence, straight or non-straight slope, with or without berm or toe, presence or not of a crown wall), or the structure type (smooth or covered by an armour layer, with permeable or impermeable core). The advanced ANN here proposed provides accurate predictions for all the three parameters, and demonstrates to overcome the limits imposed by the traditional formulae and approach adopted so far by some of the existing ANNs. The possibility to adopt just one model to obtain a handy and accurate evaluation of the overall performance of a coastal or harbor structure represents the most important and exportable result of the work.
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Tale lavoro di ricerca ha indagato l’opera di sette scrittrici immigrate in Italia o nate da genitori immigrati che hanno composto in lingua italiana. Esse sono: Christiana de Caldas Brito, Cristina Ubax Ali Farah, Gabriella Kuruvilla, Ingy Mubiayi, Ornela Vorpsi, Laila Wadia, Jarmila Očkayová. La tesi consta di una premessa, un primo capitolo in cui sono riportate le interviste fatte alle scrittrici, un secondo capitolo di analisi dei loro testi, un terzo di riflessioni di teoria letteraria ed un quarto conclusivo. In appendice sono riportate integralmente le interviste.
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La ricerca ha mirato a ricostruire storicamente quali furono le motivazioni che, tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, portarono gli amministratori della Cassa Risparmio in Bologna a progettare la creazione di un Museo d’arte e di Storia della città, delineandone quelli che furono i principali responsabili e protagonisti. Dall’analisi dei documenti conservati presso l’Archivio della Cassa di Risparmio è emerso uno studio approfondito dei protagonisti della politica artistica e culturale dell’Istituto, oltre che dei legami e delle relazioni intessute con le principali istituzioni cittadine. Lo studio si è progressivamente focalizzato su un particolare momento della storia di Bologna, quando, in seguito all’approvazione del Piano Regolatore del 1889, la città fu per oltre un trentennio sottoposta a radicali trasformazioni urbanistiche che ne cambiarono completamente l’aspetto. Tra i personaggi finora ignoti di questa storia è emerso il nome dell’ingegnere Giambattista Comelli, consigliere e vice segretario della banca alla fine del XIX secolo, che per primo, nel 1896, avanzò la proposta di creare un museo dell’Istituto. A differenza di quanto ritenuto sino ad oggi, questo avrebbe dovuto avere, nelle intenzioni originarie, esclusivamente funzione di riunire e mostrare oggetti e documenti inerenti la nascita e lo sviluppo della Cassa di Risparmio. Un museo, dunque, che ne celebrasse l’attività, mostrando alla città come la banca avesse saputo rispondere prontamente e efficacemente, anche nei momenti più critici, alle esigenze dei bolognesi. Personaggio oggi dimenticato, Comelli fu in realtà figura piuttosto nota in ambito cittadino, inserita nei principali sodalizi culturali dell’epoca, tra cui la Regia Deputazione di Storia Patria e il Comitato per Bologna Storico Artistica, assieme a quei Rubbiani, Cavazza e Zucchini, che tanta influenza ebbero, come vedremo in seguito, sugli orientamenti Si dovettero tuttavia aspettare almeno due decenni, affinché l’idea originaria di fondare un Museo della Cassa di Risparmio si evolvesse in un senso più complesso e programmatico. Le ricerche hanno infatti evidenziato che le Raccolte d’Arte della Cassa di Risparmio non avrebbero acquistato l’importanza e la consistenza che oggi ci è dato constatare senza l’intervento decisivo di un personaggio noto fino ad oggi soltanto per i suoi indubbi meriti artistici: Alfredo Baruffi. Impiegato come ragioniere della Cassa fin dai diciotto anni, il Baruffi divenne, una volta pensionato, il “conservatore” delle Collezioni della Cassa di Risparmio. Fu lui a imprimere un nuovo corso all’originaria idea di Comelli, investendo tutte le proprie energie nella raccolta di dipinti, disegni, incisioni, libri, incunaboli, autografi, fotografie e oggetti d’uso quotidiano, col proposito di creare un museo che raccontasse la storia di Bologna e delle sue ultime grandi trasformazioni urbanistiche. Attraverso l’attenta analisi dei documenti cartacei e il raffronto con le opere in collezione è stato quindi possibile ricostruire passo dopo passo la nascita di un progetto culturale di ampia portata. La formazione della raccolta fu fortemente influenzata dalle teorie neomedievaliste di Alfonso Rubbiani, oltre che dalla volontà di salvaguardare, almeno a livello documentario, la memoria storica della Bologna medievale che in quegli anni stava per essere irrimediabilmente cancellata. Le scelte che orientarono la raccolta dei materiali, recentemente confluiti per la maggior parte nelle Collezioni della Fondazione della Cassa di Risparmio in Bologna, acquistano, con questo studio una nuova valenza grazie alla scoperta degli stretti rapporti che Baruffi intrattenne coi principali rappresentanti della cerchia rubbianesca, tra cui Francesco Cavazza, Guido Zucchini e Albano Sorbelli. Con essi Baruffi partecipò infatti a numerosi sodalizi e iniziative quali il Comitato per Bologna Storico Artistica, la “Mostra Bologna che fu” e la società Francesco Francia, che segnarono profondamente l’ambiente culturale cittadino. La portata e la qualità delle scelte condotte da Baruffi nell’acquisto e raccolta dei materiali si rivela ancora oggi, a distanza di quasi un secolo, attenta e mirata per il ruolo documentario che le Raccolte avevano e hanno assunto quali preziose e spesso uniche testimonianze del recente passato cittadino. Esaminata tutta la documentazione inerente la nascita delle Raccolte, la ricerca si è ha successivamente concentrata sulla vicenda di acquisto del fondo delle incisioni carraccesche della collezione Casati. La prima parte del lavoro è consistita nel repertoriare e trascrivere tutti i documenti relativi alla transazione d’acquisto, avvenuta nel 1937, vicenda che per la sua complessità impegnò per molti mesi, in un fitto carteggio, Baruffi, la direzione della Cassa e l’antiquario milanese Cesare Fasella. Il raffronto tra documenti d’archivio, inventari e materiale grafico ha permesso di ricostituire, seppur con qualche margine di incertezza, l’intera collezione Casati, individuando quasi 700 incisioni e 22 dei 23 disegni che la componevano. L’ultima fase di studio ha visto l’inventariazione e la catalogazione delle 700 incisioni. Il catalogo è stato suddiviso per autori, partendo dalle incisioni attribuite con certezza ad Agostino e ai suoi copisti, per poi passare ad Annibale e a Ludovico e ai loro copisti. Le incisioni studiate si sono rivelate tutte di grande qualità. Alcuni esemplari sono inoltre particolarmente significativi dal punto di vista storico-critico, perché mai citati nei tre principali e più recenti repertori di stampe carraccesche. Lo studio si conclude con l’individuazione di una stretta correlazione tra il pensiero e della pratica operatività in qualità di archivista, museografo e opinionista, di un altrettanto decisivo protagonista della ricerca, lo storico dell’arte Corrado Ricci, la cui influenza esercitata nell’ambiente culturale bolognese di quegli anni è già sottolineata nel primo capitolo. La conclusione approfondisce i possibili raporti e legami tra Baruffi e Corrado Ricci i cui interventi attorno alla questione della tutela e della salvaguardia del patrimonio storico, artistico, e paesaggistico italiano furono fondamentali per la nascita di una coscienza artistica e ambientale comune e per il conseguente sviluppo di leggi ad hoc. Numerose furono infatti le occasioni d’incontro tra Baruffi e Ricci. Qesti fu socio onorario del Comitato per Bologna Storico Artistica, nonché, quando era già Direttore Generale delle Belle Arti, presidente della storica mostra “Bologna che fu”. Sia Ricci che Baruffi fecero inoltre parte di quelle iniziative volte alla difesa e alla valorizzazione del paesaggio naturale, inteso anche in un ottica di promozione turistica, che videro la nascita proprio in Emilia Romagna: nel 1889 nasce l’Associazione Pro Montibus et silvis, del 1906 è l’Associazione nazionale per i paesaggi e monumenti pittoreschi, del 1912 è la Lega Nazionale per la protezione dei monumenti naturali. Queste iniziative si concretizzarono con la fondazione a Milano nel 1913 del Comitato Nazionale per la difesa del paesaggio e i monumenti italici, costituitosi presso la sede del Touring Club Italiano. Quelle occasioni d’incontro, come pure gli scritti di Ricci, trovarono certamente un terreno fertile in Baruffi conservatore, che nella formazione delle Collezioni, come pure nelle sua attività di “promotore culturale”, ci appare oggi guidato dalle teorie e dall’esempio pratico dei due numi tutelari: Alfonso Rubbiani e Corrado Ricci. La ricerca di documentazione all’interno di archivi e biblioteche cittadine, ha infine rivelato che il ruolo svolto da Baruffi come “operatore culturale” non fu quello di semplice sodale, ma di vero protagonista della scena bolognese. Soprattutto a partire dal secondo decennio del Novecento, quando fors’anche a seguito della morte del “maestro” Rubbiani, egli divenne uno tra i personaggi più impegnati in iniziative di tutela e promozione del patrimonio artistico cittadino, antico e moderno che fosse, intese a condizionare la progettualità politica e culturale della città. In tale contesto si può ben arguire il ruolo che avrebbero assunto le Collezioni storico artistiche numismatiche, popolaresche, della Cassa di Risparmio, cui Baruffi dedicò tutta la sua carriera successiva.
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Il presente lavoro si occupa dell’analisi numerica di combustione di gas a basso potere calorifico (gas di sintesi derivanti da pirolisi di biomasse). L’analisi è stata condotta su due principali geometrie di camera di combustione. La prima è un bruciatore sperimentale da laboratorio adatto allo studio delle proprietà di combustione del singas. Esso è introdotto in camera separatamente rispetto ad una corrente d’aria comburente al fine di realizzare una combustione non-premiscelata diffusiva in presenza di swirl. La seconda geometria presa in considerazione è la camera di combustione anulare installata sulla microturbina a gas Elliott TA 80 per la quale si dispone di un modello installato al banco al fine dell’esecuzione di prove sperimentali. I principali obbiettivi conseguiti nello studio sono stati la determinazione numerica del campo di moto a freddo su entrambe le geometrie per poi realizzare simulazioni in combustione mediante l’utilizzo di diversi modelli di combustione. In particolare è stato approfondito lo studio dei modelli steady laminar flamelet ed unsteady flamelet con cui sono state esaminate le distribuzioni di temperatura e delle grandezze tipiche di combustione in camera, confrontando i risultati numerici ottenuti con altri modelli di combustione (Eddy Dissipation ed ED-FR) e con i dati sperimentali a disposizione. Di importanza fondamentale è stata l’analisi delle emissioni inquinanti, realizzata per entrambe le geometrie, che mostra l’entità di tali emissioni e la loro tipologia. Relativamente a questo punto, il maggior interesse si sposta sui risultati ottenuti numericamente nel caso della microturbina, per la quale sono a disposizione misure di emissione ottenute sperimentalmente. Sempre per questa geometria è stato inoltre eseguito il confronto fra microturbina alimentata con singas a confronto con le prestazioni emissive ottenute con il gas naturale. Nel corso dei tre anni, l’esecuzione delle simulazioni e l’analisi critica dei risultati ha suggerito alcuni limiti e semplificazioni eseguite sulle griglie di calcolo realizzate per lo studio numerico. Al fine di eliminare o limitare le semplificazioni o le inesattezze, le geometrie dei combustori e le griglie di calcolo sono state migliorate ed ottimizzate. In merito alle simulazioni realizzate sulla geometria del combustore della microturbina Elliott TA 80 è stata condotta dapprima l’analisi numerica di combustione a pieno carico per poi analizzare le prestazioni ai carichi parziali. Il tutto appoggiandosi a tecniche di simulazione RANS ed ipotizzando alimentazioni a gas naturale e singas derivato da biomasse. Nell’ultimo anno di dottorato è stato dedicato tempo all’approfondimento e allo studio della tecnica Large Eddy Simulation per testarne una applicazione alla geometria del bruciatore sperimentale di laboratorio. In tale simulazione è stato implementato l’SGS model di Smagorinsky-Lilly completo di combustione con modelli flamelet. Dai risultati sono stati estrapolati i profili di temperatura a confronto con i risultati sperimentali e con i risultati RANS. Il tutto in diverse simulazioni a diverso valore del time-step imposto. L’analisi LES, per quanto migliorabile, ha fornito risultati sufficientemente precisi lasciando per il futuro la possibilità di approfondire nuovi modelli adatti all’applicazione diretta sulla MTG.
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La crisi del “teatro come servizio pubblico” degli Stabili, Piccolo Teatro in testa, si manifesta allo stadio di insoddisfazione interna già alla fine degli anni Cinquanta. Se dal punto di vista della pratica scenica, la prima faglia di rottura è pressoché unanimemente ricondotta alla comparsa delle primissime messe in scena –discusse, irritanti e provocatorie- di Carmelo Bene e Quartucci (1959-60) più difficile è individuare il corrispettivo di un critico-intellettuale apportatore di una altrettanto deflagrante rottura. I nomi di Arbasino e di Flaiano sono, in questo caso, i primi che vengono alla mente, ma, seppure portatori di una critica sensibile al “teatro ufficiale”, così come viene ribattezzato dopo il Convegno di Ivrea (1967) il modello attuato dagli Stabili, essi non possono, a ben vedere, essere considerati i veri promotori di una modalità differente di fare critica che, a partire da quel Convegno, si accompagnerà stabilmente alla ricerca scenica del Nuovo Teatro. Ma in cosa consiste, allora, questa nuova “operatività” critica? Si tratta principalmente di una modalità capace di operare alle soglie della scrittura, abbracciando una progressiva, ma costante fuoriuscita dalla redazione di cronache teatrali, per ripensare radicalmente la propria attività in nuovi spazi operativi quali le riviste e l’editoria di settore, un rapporto sempre più stretto con i mass-media quali radio e televisione e la pratica organizzativa di momenti spettacolari e teorici al contempo -festival, convegni, rassegne e premi- per una forma di partecipazione poi identificata come “sporcarsi le mani”. La seconda parte della tesi è una raccolta documentaria sull’oggi. A partire dal Manifesto dei Critici Impuri redatto nel 2003 a Prato da un gruppo di critici dell'ultima generazione, la tesi utilizza quella dichiarazione come punto di partenza per creare un piccolo archivio sull’oggi raccogliendo le elaborazioni di alcune delle esperienze più significative di questi dieci anni. Ricca appendice di materiali.
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La ricerca sulle cellule staminali apre nuove prospettive per approcci di terapia cellulare. Molta attenzione è concentrata sulle cellule staminali isolate da membrane fetali, per la facilità di recupero del materiale di partenza, le limitate implicazioni etiche e le caratteristiche delle popolazioni di cellule staminali residenti. In particolare a livello dell’epitelio amniotico si concentra una popolazione di cellule (hAECs) con interessanti caratteristiche di staminalità, pluripotenza e immunomodulazione. Restano però una serie di limiti prima di arrivare ad un’applicazione clinica: l’uso di siero di origine animale nei terreni di coltura e le limitate conoscenze legate alla reazione immunitaria in vivo. La prima parte di questo lavoro è focalizzata sulle caratteristiche delle hAECs coltivate in un terreno privo di siero, in confronto a un terreno di coltura classico. Lo studio è concentrato sull’analisi delle caratteristiche biologiche, immunomodulatorie e differenziative delle hAECs. L’interesse verso le caratteristiche immunomodulatorie è legato alla possibilità che l’uso di un terreno serum free riduca il rischio di rigetto dopo trapianto in vivo. La maggior parte degli studi in vivo con cellule isolate da membrane fetali sono stati realizzati con cellule di derivazione umana in trapianti xenogenici, ma poco si sa circa la sopravvivenza di queste cellule in trapianti allogenici, come nel caso di trapianti di cellule di derivazione murina in modelli di topo. La seconda parte dello studio è focalizzata sulla caratterizzazione delle cellule derivate da membrane fetali di topo (mFMSC). Le caratteristiche biologiche, differenziative e immunomodulatorie in vitro e in vivo delle mFMSC sono state confrontate con i fibroblasti embrionali di topo. In particolare è stata analizzata la risposta immunitaria a trapianti di mFMSC nel sistema nervoso centrale (CNS) in modelli murini immunocompetenti.
Resumo:
La presente tesi intende compiere un’indagine, dal punto di vista storico-educativo, sulla storia delle case di correzione. Nello specifico si è tentato di analizzare il “caso” del Discolato bolognese, operando un confronto con altre analoghe istituzioni, sorte in due città campione, come Roma e Milano, per quanto riguarda il contesto italiano, e con la situazione inglese, per quanto riguarda il contesto internazionale. Il focus della ricerca si è incentrato sul rapporto tra devianza e internamento, considerato secondo una declinazione pedagogica. A tal proposito si è cercato di far emergere le modalità educative, nonché i principi e le finalità che sottostavano agli interventi istituzionali, non solo soffermandosi su quanto i regolamenti e gli statuti prescrivevano all’interno delle strutture correzionali, ma analizzando la reclusione nella sua effettiva organizzazione quotidiana. Per quanto riguarda la situazione bolognese è stata analizzata un’ampissima documentazione, conservata presso l’Archivio storico Provinciale di Bologna, che ha permesso di svolgere un’analisi di tipo quantitativo su un totale di 1105 individui al fine di delineare le principali caratteristiche demografiche e sociali delle persone internate nel Discolato bolognese. L’interpretazione delle fonti ha permesso anche un’indagine qualitativa, nel tentativo di ricostruire le storie di vita dei singoli reclusi. Da questa ricerca emerge un’immagine complessa delle case di correzione. Nel corso dei secoli, in modo particolare nelle diverse realtà prese in esame, esse hanno assunto caratteristiche e peculiarità differenti. La loro inefficacia fu la motivazione principale che condusse alla definitiva chiusura, quando si fece via via sempre più evidente la difficoltà a tradurre in pratica ciò che regolamenti e statuti - a livello teorico - prescrivevano.
Resumo:
E’ stato in primo luogo definito il criterio di efficienza dal punto di vista economico (con una accenno anche ai parametri elaborati dagli studiosi di discipline aziendali), nelle sue varie accezioni, ponendo altresì ciascuna di queste in relazione alle condizioni di concorrenza perfetta. Le nozioni di efficienza che sono state definite a tal fine sono quelle di efficienza allocativa, efficienza tecnica, efficienza dinamica ed efficienza distributiva. Ciascuna di esse é stata inquadrata a livello teorico secondo le definizioni fornite dalla letteratura, esaminandone le ipotesi sottostanti. E’ stata altresì descritta, contestualizzandola temporalmente, l’evoluzione della nozione, e ne sono state evidenziate le implicazioni ai fini della ricerca della forma di mercato più “efficiente”. Sotto quest’ultimo aspetto l’attenzione dello scrivente si é incentrata sul rapporto tra le diverse accezioni di efficienza economica oggetto di analisi e la desiderabilità o meno di un regime di concorrenza perfetta. Il capitolo si conclude con una breve panoramica sulle metodologie di misurazione finalizzata ad individuare i principali parametri utilizzati per determinare il livello di efficienza, di un mercato, di un’attività produttiva o di un’impresa, posto che, come verrà specificato nel prosieguo della tesi, la valutazione di efficienza in ambito antitrust deve essere verificata, ove possibile, anche basandosi sull’evidenza empirica delle singole imprese esaminate, come richiede il criterio della rule of reason. Capitolo 2 Presupposto per avere una regolazione che persegua l’obiettivo di avere una regolazione efficiente ed efficace, è, a parere di chi scrive, anche l’esistenza di autorità pubbliche deputate a esercitare la funzione regolatoria che rispettino al proprio interno e nel proprio agire la condizione di efficienza definita rispetto ai pubblici poteri. Lo sviluppo di questa affermazione ha richiesto in via preliminare, di definire il criterio di efficienza in ambito pubblicistico individuandone in particolare l’ambito di applicazione, il suo rapporto con gli altri principi che reggono l’azione amministrativa (con particolare riferimento al criterio di efficacia). Successivamente é stato collocato nel nostro ordinamento nazionale, ponendolo in relazione con il principio di buon andamnento della Pubblica Amministrazione, benchè l’ordinamento italiano, per la sua specificità non costituisca un esempio estendibile ad ordinamenti. Anche con riferimento al criterio di efficienza pubblica, un paragrafo é stato dedicato alle metodologie di misurazione di questa, e, nello specifico sull’Analisi Costi-Benefici e sull’Analisi di Impatto della Regolazione Una volta inquadrata la definizione di efficienza pubblica, questa é stata analizzata con specifico riferimento all’attività di regolazione dell’economia svolta dai soggetti pubblici, ambito nella quale rientra la funzione antitrust. Si é provato in particolare ad evidenziare, a livello generale, quali sono i requisiti necessari ad un’autorità amministrativa antitrust, costituita e dotata di poteri ad hoc, affinché essa agisca, nella sua attività di regolazione, secondo il principio di efficienza, Il capitolo si chiude allargando l’orizzonte della ricerca verso una possibile alternativa metodologica al criterio di efficienza precedentemente definito: vi si é infatti brevemente interrogati circa lo schema interpretativo nel quale ci muoviamo, affrontando la questione definitoria del criterio di efficienza, ponendolo in relazione con l’unico modello alternativo esistente, quello sviluppatosi nella cultura cinese. Non certo per elaborare un’applicazione in “salsa cinese” del criterio di efficienza alla tutela della concorrenza, compito al quale lo scrivente non sarebbe stato in grado di ottemperare, bensì, più semplicemente per dare conto di un diverso approccio alla questione che il futuro ruolo di superpotenza economica della Cina imporrà di prendere in considerazione. Capitolo 3 Nel terzo capitolo si passa a definire il concetto di concorrenza come istituto oggetto di tutela da parte della legge antitrust, per poi descrivere la nascita e l’evoluzione di tale legislazione negli Stati Uniti e della sua applicazione, posto che il diritto antitrust statunitense ancora oggi costituisce il necessario punto di riferimento per lo studioso di questa materia. L’evoluzione del diritto antitrust statunitense é stata analizzata parallelamente allo sviluppo delle principali teorie di law and economics che hanno interpretato il diritto della concorrenza quale possibile strumento per conseguire l’obiettivo dell’efficienza economica: la Scuola di Harvard e il paradigma strutturalista, la teoria evoluzionista della Scuola Austriaca, la Scuola di Chicago; le c.d. teorie “Post-Chicago”. Nel terzo capitolo, in altri termini, si é dato conto dell’evoluzione del pensiero economico con riferimento alla sua applicazione al diritto antitrust, focalizzando l’attenzione su quanto avvenuto negli Stati Uniti, paese nel quale sono nati sia l’istituto giuridico della tutela della concorrenza sia l’analisi economica del diritto. A conclusione di questa ricostruzione dottrinale ho brevemente esaminato quelle che sono le nuove tendenze dell’analisi economica del diritto, e specificatamente la teoria del comportamento irrazionale, benché esse non abbiano ancora ricevuto applicazione al diritto antitrust. Chi scrive ritiene infatti che queste teorie avranno ricadute anche in questa materia poiché essa costituisce uno dei principali ambiti applicativi della law and economics. Capitolo 4 Nel quarto capitolo é stata effettuata una disanima della disciplina comunitaria antitrust sottolineando come l’Unione Europea si proponga attraverso la sua applicazione, soprattutto in materia di intese, di perseguire fini eterogenei, sia economici che non economici, tra loro diversi e non di rado contrastanti, e analizzando come questa eterogeneità di obiettivi abbia influito sull’applicazione del criterio di efficienza. Attenendomi in questo capitolo al dato normativo, ho innanzitutto evidenziato l’ampiezza dell’ambito di applicazione della disciplina comunitaria antitrust sia dal punto di vista soggettivo che territoriale (dottrina dell’effetto utile), sottolineando come la norma giustifichi esplicitamente il ricorso al criterio di efficienza solo nella valutazione delle intese: il comma 3 dell’art. 81 del Trattato include, infatti, tra i requisiti di una possibile esenzione dall’applicazione del divieto per le intese qualificate come restrittive della concorrenza, la possibilità di ottenere incrementi di efficienza tecnica e/o dinamica attraverso l’implementazione delle intese in questione. Tuttavia la previsione da parte dello stesso art. 81 (3) di altri requisiti che devono contemporaneamente essere soddisfatti affinché un intesa restrittiva della concorrenza possa beneficiare dell’esenzione, nonché la possibile diversa interpretazione della locuzione “progresso tecnico ed economico”, impone, o comunque ammette, il perseguimento di altri obiettivi, contestualmente a quello dell’efficienza, giustificando così quell’eterogeneità dei fini che contraddistingue la politica della concorrenza dell’Unione Europea. Se la disciplina delle intese aiuta a comprendere il ruolo del criterio di efficienza nell’applicazione dei precetti antitrust da parte degli organi comunitari, l’art. 82 del Trattato non contiene invece alcun riferimento alla possibilità di utilizzare il criterio di efficienza nella valutazione delle condotte unilaterali poste in essere da imprese in posizione dominante sul mercato rilevante. Si è peraltro dato conto della consultazione recentemente avviata dalla Commissione Europea finalizzata all’elaborazione di Linee Guida che definiscano i criteri di interpretazione che l’organo comunitario dovrà seguire nella valutazione dei comportamenti unilaterali. A parere dello scrivente, anzi, l’assenza di un preciso schema cui subordinare la possibilità di ricorrere al criterio di efficienza nella valutazione della fattispecie, attribuisce alle autorità competenti un più ampio margine di discrezionalità nell’utilizzo del suddetto criterio poiché manca il vincolo della contestuale sussistenza delle altre condizioni di cui all’art. 81(3). Per quanto concerne infine la disciplina delle concentrazioni, essa, come abbiamo visto, prevede un riferimento ai possibili incrementi di efficienza (tecnica e dinamica) derivanti da operazioni di fusione, utilizzando la nozione utilizzata per le intese, così come nel precedente Regolamento 4064/89. Si é infine analizzato il nuovo Regolamento in materia di concentrazioni che avrebbe potuto costituire l’occasione per recepire nella disciplina comunitaria l’attribuzione della facoltà di ricorrere all’efficiency defense in presenza di una fattispecie, quella della fusione tra imprese, suscettibile più di altre di essere valutata secondo il criterio di efficienza, ma che si é invece limitato a riprendere la medesima locuzione presente nell’art. 81(3). Il capitolo attesta anche l’attenzione verso l’istanza di efficienza che ha riguardato il meccanismo di applicazione della norma antitrust e non il contenuto della norma stessa; a questo profilo attiene, infatti, l’innovazione apportata dal Regolamento 1/2003 che ha permesso, a parere dello scrivente, un’attribuzione più razionale della competenza nella valutazione dei casi tra la Commissione e le autorità nazionali degli Stati membri; tuttavia pone alcune questioni che investono direttamente il tema dei criteri di valutazione utilizzati dalle autorità competenti. Capitolo 5 L’analisi del quarto capitolo é stata condotta, sebbene in forma più sintetica, con riferimento alle normative antitrust dei principali Stati membri della Comunità Europea (Germania, Gran Bretagna, Spagna, Francia e Italia), rapportando anche queste al criterio di efficienza, ove possibile. Particolare attenzione é stata dedicata ai poteri e alle competenze attribuite alle autorità nazionali antitrust oggetto di studio dall’ordinamento giuridico cui appartengono e al contesto, in termini di sistema giuridico, nel quale esse operano. Capitolo 6 Si é provato ad effettuare una valutazione del livello di efficienza delle autorità prese in esame, la Commissione e le diverse autorità nazionali e ciò con particolare riferimento alla idoneità di queste a svolgere i compiti istituzionali loro affidati (criterio di efficienza dal punto di vista giuridico): affinchè un’autorità si possa ispirare al criterio di efficienza economica nell’adozione delle decisioni, infatti, è preliminarmente necessario che essa sia idonea a svolgere il compito che le è stato affidato dall’ordinamento. In questo senso si é osservata la difficoltà dei paesi di civil law a inquadrare le autorità indipendenti all’interno di un modello, quello appunto di civil law, ispirato a una rigida tripartizione dei poteri. Da qui la difficile collocazione di queste autorità che, al contrario, costituiscono un potere “ibrido” che esercita una funzione di vigilanza e garanzia non attribuibile integralmente né al potere esecutivo né a quello giurisdizionale. Si rileva inoltre una certa sovrapposizione delle competenze e dei poteri tra autorità antitrust e organi ministeriali, in particolare nel campo delle concentrazioni che ingenera un rischio di confusione e bassa efficienza del sistema. Mantenendo, infatti, un parziale controllo politico si rischia, oltre all’introduzione di criteri di valutazione politica che prescindono dagli effetti delle fattispecie concrete sul livello di concorrenza ed efficienza del mercato, anche di dare luogo a conflitti tra le diverse autorità del sistema che impediscano l’adozione e l’implementazione di decisioni definitive, incrementando altresì i costi dell’intervento pubblico. Un giudizio a parte è stato infine formulato con riguardo alla Commissione Europea, istituzione, in quanto avente caratteristiche e poteri peculiari. Da un lato l’assenza di vincolo di mandato dei Commissari e l’elevata preparazione tecnica dei funzionari costituiscono aspetti che avvicinano la Commissione al modello dell’autorità indipendenti, e l’ampiezza dei poteri in capo ad essa le permette di operare efficientemente grazie anche alla possibilità di valersi dell’assistenza delle autorità nazionali. Dall’altra parte, tuttavia la Commissione si caratterizza sempre di più come un organo politico svolgente funzioni esecutive, di indirizzo e di coordinamento che possono influenzare gli obiettivi che essa persegue attraverso l’attività antitrust, deviandola dal rispetto del criterio di efficienza. Capitolo 7 Una volta definito il contesto istituzionale di riferimento e la sua idoneità a svolgere la funzione affidatagli dall’ordinamento comunitario, nonché da quelli nazionali, si è proceduto quindi all’analisi delle decisioni adottate da alcune delle principali autorità nazionali europee competenti ad applicare la disciplina della concorrenza dal punto di vista dell’efficienza. A tal fine le fattispecie rilevanti a fini antitrust dal punto di vista giuridico sono state classificate utilizzando un criterio economico, individuando e definendo quelle condotte che presentano elementi comuni sotto il profilo economico e per ciascuna di esse sono state inquadrate le problematiche rilevanti ai fini dell’efficienza economica sulla scorta dei contributi teorici e delle analisi empiriche svolte dalla letteratura. 6 Con riferimento a ciascuna condotta rilevante ho esaminato il contenuto di alcune delle decisioni antitrust più significative e le ho interpretate in base al criterio di efficienza. verificando se e in quale misura le autorità antitrust prese in esame utilizzano tale criterio, cercando altresì di valutare l’evoluzione dei parametri di valutazione occorsa nel corso degli anni. Le decisioni analizzate sono soprattutto quelle adottate dalla Commissione e le eventuali relative sentenze della Corte di Giustizia Europea; ciò sia per la maggior rilevanza dei casi trattati a livello comunitario, sia in quanto le autorità nazionali, con qualche rara eccezione, si conformano generalmente ai criteri interpretativi della Commissione. Riferimenti a decisioni adottate dalle autorità nazionali sono stati collocati allorquando i loro criteri interpretativi si discostino da quelli utilizzati dagli organi comunitari. Ne è emerso un crescente, anche se ancora sporadico e incostante, ricorso al criterio di efficienza da parte degli organi europei preposti alla tutela della concorrenza. Il tuttora scarso utilizzo del criterio di efficienza nello svolgimento dell’attività antitrust è motivato, a parere di chi scrive, in parte dall’eterogeneità degli obiettivi che l’Unione Europea persegue attraverso la politica della concorrenza comunitaria (completamento del mercato unico, tutela del consumatore, politica industriale, sviluppo delle aree svantaggiate), in parte dall’incapacità (o dall’impossibilità) delle autorità di effettuare coerenti analisi economiche delle singole fattispecie concrete. Anche le principali autorità nazionali mostrano una crescente propensione a tendere conto dell’efficienza nella valutazione dei casi, soprattutto con riferimento agli accordi verticali e alle concentrazioni, sulla scia della prassi comunitaria. Più innovativa nell’applicazione del criterio di efficienza economica così come nella ricerca di uso ottimale delle risorse si è finora dimostrato l’OFT, come vedremo anche nel prossimo capitolo. Al contrario sembra più lenta l’evoluzione in questo senso dell’Ufficio dei Cartelli tedesco sia a causa delle già citate caratteristiche della legge antitrust tedesca, sia a causa del persistente principio ordoliberale della prevalenza del criterio della rule of law sulla rule of reason. Peraltro, anche nei casi in cui le Autorità siano propense ad utilizzare il criterio di efficienza nelle loro valutazioni, esse si limitano generalmente ad un’analisi teorica dell’esistenza di precondizioni che consentano alle imprese in questione di ottenere guadagni di efficienza. La sussistenza di tali pre-condizioni viene infatti rilevata sulla base della capacità potenziale della condotta dell’impresa (o delle imprese) di avere un effetto positivo in termini di efficienza, nonché sulla base delle caratteristiche del mercato rilevante. Raramente, invece, si tiene conto della capacità reale dei soggetti che pongono in essere la pratica suscettibile di essere restrittiva della concorrenza di cogliere effettivamente queste opportunità, ovvero se la struttura e l’organizzazione interna dell’impresa (o delle imprese) non è in grado di mettere in pratica ciò che la teoria suggerisce a causa di sue carenza interne o comunque in ragione delle strategie che persegue. Capitolo 8 Poiché l’approccio ispirato al criterio di efficienza economica non può prescindere dalle caratteristiche del settore e del mercato in cui operano l’impresa o le imprese che hanno posto in essere la condotta sotto esame, e poiché una valutazione approfondita di tutti i settori non era effettuabile per quantità di decisioni adottate dalle autorità, ho infine ritenuto di svolgere un’analisi dettagliata dell’attività delle autorità con riferimento ad uno specifico settore. La scelta è caduta sul settore dei trasporti in quanto esso presenta alcune problematiche che intrecciano l’esigenza di efficienza con la tutela della concorrenza, nonché per la sua importanza ai fini dello sviluppo economico. Tanto più alla luce del fenomeno della crescente apertura dei mercati che ha enfatizzato la triplice funzione dei trasporti di merci, di livellamento nello spazio dei prezzi di produzione, di redistribuzione nello spazio dell’impiego dei fattori della produzione, e soprattutto di sollecitazione al miglioramento delle tecnologie utilizzate nella produzione stessa in quanto contribuiscono alla divisione territoriale del lavoro e alla specializzazione produttiva. A loro volta, d’altra parte, i miglioramenti tecnici e organizzativi intervenuti nel settore negli ultimi trenta anni hanno reso possibile il fenomeno della globalizzazione nella misura in cui lo conosciamo. Così come le riduzioni di costo e di tempo conseguite nel trasporto di persone hanno consentito massicci spostamenti di lavoratori e più in generale di capitale umano da una parte all’altra del globo, e favorito altresì la spettacolare crescita del settore turistico. Ho quindi condotto un’analisi delle decisioni antitrust relative al settore dei trasporti, suddividendo la casistica in base al comparto al quale esse si riferivano, cercando sempre di non perdere di vista i crescenti legami che esistono tra i vari comparti alla luce dell’ormai affermato fenomeno del trasporto multimodale. Dall’analisi svolta emerge innanzitutto come l’assoggettamento del settore dei trasporti alla disciplina di tutela della concorrenza sia un fenomeno relativamente recente rispetto alle altre attività economiche, laddove la ragione di tale ritardo risiede nel fatto che tradizionalmente questo settore era caratterizzato da un intervento pubblico diretto e da una pervasiva regolamentazione, a sua volta giustificata da vari fattori economici: le caratteristiche di monopolio naturale delle infrastrutture; le esigenze di servizio pubblico connesse all’erogazione di molti servizi di trasporto; il ruolo strategico svolto dal trasporto sia di persone che di merci ai fini della crescita economica di un sistema. Si concretizza, inoltre, con riferimento ai trasporti marittimi e aerei, l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che spesso hanno effetti letteralmente globali. Le imprese marittime e aeree coinvolte nelle fattispecie da noi esaminate, infatti, in molti casi predisponevano, direttamente o mediatamente, tramite “alleanze”, collegamenti tra tutte le aree del mondo, individuando nell’Europa solo un nodo di un network ben più ampio Da questa constatazione discende, a parere dello scrivente, l’impossibilità per l’autorità comunitaria e ancor più per quella nazionale di individuare tutti gli effetti in termini di efficienza che la fattispecie concreta può provocare, non includendo pertanto solo quelli evidenti sul mercato comunitario. Conseguentemente una reale applicazione del criterio di efficienza all’attività antitrust nel settore dei trasporti non può prescindere da una collaborazione tra autorità a livello mondiale sia a fini di indagine che a fini di individuazione di alcuni principi fondamentali cui ispirarsi nello svolgimento della loro missione istituzionale. Capitolo 9. Conclusioni L’opera si chiude con l’individuazione delle evidenze e degli elementi emersi dalla trattazione considerati dallo scrivente maggiormente rilevanti nell’ambito dell’attuale dibattito di economia positiva circa le principali problematiche che affiggono l’intervento antitrust con particolare riferimento al suo rispetto del criterio di efficienza. Sono state altresì proposte alcune soluzioni a quelle che sono, a parere dello scrivente, le principali carenze dell’attuale configurazione dell’intervento antitrust a livello europeo, sempre in una prospettiva di efficienza sia delle autorità competenti sia dei mercati in cui le autorità stesse cercano di mantenere o ripristinare condizioni di concorrenza effettiva. Da un lato il modello costituito dalla Commissione Europea, l’autorità antitrust comunitaria, non replicabile né esente da critiche: la Commissione, infatti, rappresenta il Governo dell’Unione Europea e come tale non può ovviamente costituire un esempio di autorità indipendente e neutrale recepibile da parte degli Stati membri. Ciò anche a prescindere dalla questione della sua legittimazione, che in questa sede non affrontiamo. Dall’altro in una prospettiva di efficienza dei mercati la crescente applicazione delle teorie economiche da parte delle autorità esaminate è rimasta a un livello astratto, senza porre la dovuta attenzione alle specificità dei mercati rilevanti né tantomeno alle dinamiche interne alle singole imprese, con particolare riferimento alla loro capacità di rendere effettivi i guadagni di efficienza individuabili a livello potenziale, così come prescrive la più recente teoria economica applicata al diritto antitrust. Sotto il profilo dell’applicazione del criterio di efficienza si può comunque affermare che l’evoluzione che ha avuto la prassi decisionale e la giurisprudenza, comunitaria e degli Stati membri, in materia antitrust è stata caratterizzata dal loro progressivo avvicinamento alle tendenze sviluppatesi nelle agencies e nella giurisprudenza statunitense a partire dagli anni’70, caratterizzate dalla valutazione degli effetti, piuttosto che della forma giuridica, dal riconoscimento del criterio di efficienza e dalla rule of reason quale approccio metodologico. L’effetto è stato quello di determinare una significativa riduzione delle differenze inizialmente emerse tra le due esperienze, nate inizialmente sotto diverse prospettive politiche. Per quanto concerne specificatamente i trasporti sono emersi sotto il profilo economico due aspetti rilevanti, oltre al perdurante ritardo con cui il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario che limita fortemente l’intervento antitrust nel comparto, ma che esula dalla competenza delle stesse autorità antitrust. Il primo consiste nella spesso troppo rigida separazione tra comparti adottata dalle autorità. Il secondo è l’estensivo ricorso all’essential facility doctrine nelle fattispecie riguardanti infrastrutture portuali e aeroportuali: la massimizzazione dell’efficienza dinamica consiglierebbe in questi casi una maggiore cautela, in quanto si tratta di un paradigma che, una volta applicato, disincentiva la duplicazione e l’ampliamento di tali infrastrutture autoalimentandone il carattere di essenzialità. Ciò soprattutto laddove queste infrastrutture possono essere sostituite o duplicate piuttosto facilmente da un punto di vista tecnico (meno da un punto di vista economico e giuridico), essendo esse nodi e non reti. E’stata infine sottolineata l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che con riferimento ai trasporti marittimi ed aerei hanno effetti letteralmente globali. E’ di tutta evidenza che le autorità comunitarie e tantomeno quelle nazionali non sono da sole in grado di condurre le analisi quantitative necessarie ad una valutazione di tali condotte ispirata a un criterio di efficienza che tenga conto degli effetti di lungo periodo della fattispecie concreta. Né tali autorità sono sufficientemente neutre rispetto alla nazionalità delle imprese indagate per poter giudicare sulla liceità o meno della condotta in questione senza considerare gli effetti della loro decisione sull’economia interna, rendendo così ancora più improbabile un corretto utilizzo del criterio di efficienza. Da ultimo ho constatato come l’applicazione del concetto di efficienza giuridica imporrebbe di concepire autorità antitrust del tutto nuove, sganciate quanto più possibile dall’elemento territoriale, in grado di elaborare regole e standards minimi comuni e di permettere il controllo dei comportamenti di impresa in un contesto ampliato rispetto al tradizionale mercato unico, nonchè ai singoli mercati nazionali. Il processo di armonizzazione a livello globale è difficile e il quadro che attualmente viene formato è ancora confuso e incompleto. Vi sono tuttavia sparsi segnali attraverso i quali é possibile intravedere i lineamenti di una futura global governance della concorrenza che permetterà, sperabilmente, di incrementare l’efficienza di un sistema, quello antitrust, che tanto più piccolo è l’ambito in cui opera quanto più si sta dimostrando inadeguato a svolgere il compito affidatogli. Solo il futuro, peraltro, ci consentirà di verificare la direzione di sviluppo di questi segnali.