10 resultados para digestibilidade in vitro e in vivo

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Citokines are proteins produced by several cell types and secreted in response to various stimuli. These molecules are able to modify the behaviour of other cells inducing activities like growth, differentiation and apoptosis. In the last years, veterinary scientists have investigated the role played by these factors; in fact, cytokines can act as intercellular communicative signals in immune response, cell damage repair and hematopoiesis. Up to date, various cytokines have been identified and in depth comprehension of their effects in physiology, pathology and therapy is an interesting field of research. This thesis aims to understand the role played by these mediators during natural or experimentally induced pathologies. In particular, it has been evaluated the genic and protein expressions of a large number of cytokines during several diseases and starting from different matrix. Considering the heterogeneity of materials used in experimentations, multiple methods and protocols of nucleic acids and proteins extractions have been standardized. Results on cytokines expression obtained from various in vitro and in vivo experimental studies have shown how important these mediators are in regulation and modulation of the host immune response also in veterinary medicine. In particular, the analysis of inflammatory and septic markers, like cytokines, has allowed a better understanding in the pathogenesis during horse Recurrent Airway Obstruction, foal sepsis, Bovine Viral Diarrhea Virus infection and dog Parvovirus infection and the effects of these agents on the host immune system. As experimentations with mice have shown, some pathologies of the respiratory and nervous system can be reduced or even erased by blocking cytokines inflammatory production. The in vitro cytokines expression evaluation in cells which are in vivo involved in the response to exogenous (like pathogens) or endogenous (as it happens during autoimmune diseases) inflammatory stimuli could represent a model for studying citokines effects during the host immune response. This has been analyzed using lymphocytes cultured with several St. aureus strains isolated from bovine mastitic milk and different colostrum products. In the first experiment different cytokines were expressed depending on enterotoxins produced, justifying a different behaviour of the microrganism in the mammal gland. In the second one, bone marrow cells derived incubated with murine lymphocytes with colostrum products have shown various cluster of differentiation expression , different proliferation and a modified cytokines profile. A better understanding of cytokine expression mechanisms will increase the know-how on immune response activated by several pathogen agents. In particular, blocking the cytokine production, the inhibition or catalyzation of the receptor binding mechanism and the modulation of signal transduction mechanism will represent a novel therapeutic strategy in veterinary medicine.

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Il presente studio ha come obbiettivo lo sviluppo di composti di origine naturale come potenziali farmaci antitumorali, attraverso la definizione dei loro specifici target cellulari e molecolari su diversi modelli cellulari ad alta predittività. Gli isotiocianati, contenuti nei vegetali appartenenti alla famiglia delle Crucifereae, sono dotati di una comprovata capacità di inibire la formazione di tumori in modelli animali preventivamente trattati con cancerogeni. Questa attività è riconducibile principalmente alla modulazione degli enzimi coinvolti nell’attivazione/detossificazione di xenobiotici e ad effetti citostatici e citossici, osservati su numerose linee cellulari. Un isotiocianato particolarmente promettente è il sulforafane (SFN). La ricerca condotta durante il periodo di dottorato si è, quindi, focalizzata sull’isotiocianato SFN e in particolare sulla sua capacità di modulare specifici eventi cellulari e molecolari coinvolti nel processo di leucemogenesi. Inizialmente è stato indagato il potenziale citostatico e citotossico del SFN su una linea cellulare T linfoblastoide (cellule Jurkat), con particolare attenzione agli effetti sulla proliferazione cellulare, all’induzione di apoptosi/necrosi e all’analisi di alcuni dei meccanismi molecolari coinvolti negli effetti citostatici e citotossici dell’isotiocianato ( livelli proteici di p53, bax e bcl-2). Successivamente, poiché requisiti fondamentali di un antitumorale sono selettività d’azione e scarsa tossicità, è stato indagato il potenziale citostatico e citotossico dell’isotiocianato SFN sulla controparte non trasformata delle cellule leucemiche T linfoblastoidi, analizzando gli stessi eventi studiati su cellule tumorali e alcuni dei meccanismi molecolari coinvolti (livelli proteici di ciclina D2, ciclina D3, chinasi ciclina dipendente (CDK) 4 e CDK6 ). Il SFN si è dimostrato in grado di indurre apoptosi sulle cellule Jurkat e di inibirne la proliferazione, mediante un blocco in fase G2/M del ciclo cellulare e un incremento dei livelli di p53 e bax. Il SFN è in grado di indurre effetti citostatici e citotossici anche su linfociti T non trasformati. Tuttavia, le dosi necessarie per esibire tali effetti sono ben più elevate di quelle attive su cellule leucemiche. Una tappa importante nello sviluppo di un farmaco antitumorale è, la definizione, dove possibile, dei suoi effetti in un modello ex vivo, altamente predittivo di quella che sarà la risposta farmacologica in vivo. Sono stati quindi valutati gli effetti del SFN su colture primarie di blasti provenienti da pazienti affetti da diversi tipi di leucemia , sia mieloide che linfoblastica. Il SFN non sembra possedere alcuna attività su campioni da pazienti affetti da LLC, mentre un importante attività proapoptotica si registra nei campioni da pazienti affetti da LMA, dove l’effetto del SFN è sorprendentemente marcato anche su campioni da pazienti multiresistenti. L’attività dell’isotiocianato sui campioni da pazienti affetti da LLA è decisamente più marcata sul campione da paziente affetto da LLA a cellule B, mentre sul campione di Leucemia Acuta Bifenotipica l’effetto proapoptotico del SFN si registra dopo tempi di trattamento brevi piuttosto che dopo tempi di trattamento più lunghi. In conclusione, i risultati ottenuti evidenziano che il SFN possiede un’interessante attività antileucemica in vitro e, dato di particolare rilevanza, anche ex vivo.

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Il trapianto delle cellule staminali emopoietiche umane CD34+ in combinazione con le cellule T regolatorie CD4+/CD25+ FoxP3+ (Tregs) potrebbe prevenire l'alloreattività verso le cellule staminali emopoietiche e ridurre il rischio di rigetto in trapianti allogenici HLA non correlati. Per dimostrare questa ipotesi abbiamo messo in coltura le cellule CD34+ e le cellule CD4+/CD25+ isolate con metodica immunomagnetica (Miltnyi Biotec)da sangue periferico non manipolato,sangue periferico mobilizzato con G-CSF o da Cordone ombelicale. Gli esperimenti svolti in vitro, hanno evidenziato che le cellule Tregs arricchite, ottenute dalla stessa fonte delle cellule CD34+( autologhe), mostravano un effetto inibitorio maggiore sulle celulle T alloreattive, rispetto alle cellule Tregs ottenute da un donatore terzo(allogenico).Inoltre l'attività immunosoppressoria delle Tregs era mantenuta dopo stimolazione con cellule CD34+ allogeniche e i Tregs non modificavano l'attività clonogenica delle cellule staminali CD34+. Avendo ottenuto questi dati in vitro abbiamo trapiantato in topi NOD/SCID le cellule Tregs e le cellule CD34+ in rapporto 1:1 o 1:2 ed è stato osservato un normale attecchimento delle cellule staminali. Incubando queste cellule con dosi fisiologiche di timoglobulina derivata da coniglio (nota molecola immunosopressoria) non veniva modificato il numero dei Tregs dopo 6 giorni di coltura. Dopo l'esposizione alla Timoglobulina, inoltre, i Tregs mantenevano la loro attività soppressoria, aumentava l'espressione del recettore chemochinico CCR7, e venivano rilasciate diverse citochine principalmente l'interleuchina 10(IL-10). Tali dati dimostrano come sia le cellule tregs autologhe che quelle allogeniche potrebbero essere trapiantate insieme alle cellule staminali CD34+ dopo un regime preparatorio di terapia che include la timoglobulina. A tale scopo sono state eseguite selezioni di Tregs da aferesi di donatori sani mobilizzati con G-CSF su scala clinica utilizzando biglie immunomagnetiche Clinical grade (Miltenyi Biotec) e sono state confrontate 2 modalità di selezione con due o tre passaggi con o senza la deplezione dei monociti CD14+.Si è dimostrato così che è possibile selezionare un numero uguale di CD34+ e Tregs ,che con la metodica che prevede la deplezione dei monociti si ottiene una popolazione di cellule Tregs più pura ( > 80%) e infine le applicazioni possibili di questi risultati includo: trapianto di cellule CD34+ del donatore insieme a cellule Tregs in trapianti aploidentici ; infusione of cellule tregs isolate da PBSC mobilizzati con G-nei casi di pazienti con GVHD steroide-resistente; infusione di G-Tregs del donatore nei casi di rigetto di organo trapiantato da of donatore ancora vivente.

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Le encefalopatie spongiformi trasmissibili (EST), o malattie da prioni, sono malattie neurodegenerative che colpiscono l'uomo e gli animali. Le più note tra le EST animali sono la scrapie della pecora e della capra, l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), la Sindrome del dimagrimento cronico (CWD) dei cervidi. Negli uomini ricordiamo la malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD) nelle sue diverse forme (sporadica, genetica, iatrogenica e variante). La dimostrazione che la variante della CJD (vCJD) sia causata dallo stesso agente eziologico della BSE, ha evidenziato il potenziale zoonotico di queste malattie. Le EST sono caratterizzate da tempi di incubazione estremamente lunghi ed esito invariabilmente fatale. Il momento patogenetico centrale comune a tutte queste malattie è rappresentato dalla modificazione conformazionale di una proteina cellulare denominata PrPC (proteina prionica cellulare) in una isoforma patologica denominata PrPSc, insolubile e caratterizzata da una parziale resistenza alle proteasi, che tende a depositarsi sotto forma di fibrille amiloidee nel SNC dei soggetti colpiti. La suscettibilità degli ovini alla scrapie è largamente influenzata dal genotipo del gene dell’ospite che codifica per la PrP (PRNP), e più precisamente da tre polimorfismi presenti ai codoni 136, 154 e 171. Questi si combinano in cinque principali alleli, ARQ, VRQ, AHQ, ARH e ARR, correlati a differenti gradi di suscettibilità alla malattia. Risultati ottenuti da un precedente studio d’infezione sperimentale di ovini di razza Sarda con scrapie classica (Vaccari G et al 2007), hanno suggeriscono l’ordine di suscettibilità ARQ>AHQ>ARH. L’allele ARR, è risultato invece associato ai più alti livelli di protezione dalla malattia. Dallo stesso studio di trasmissione sperimentale e da uno studio epidemiologico di tipo caso-controllo, è inoltre emerso che nella razza Sarda, ovini con l’allele ARQ, con sostituzione amminoacidica al codone 137 Metionina (M)/Treonina (T) (AT137RQ) o al 176 Asparagina (N)/Lisina (K) (ARQK176) in eterozigosi sono protetti dalla scrapie. Inoltre studi di trasmissione sperimentale della BSE in ovini della stessa razza con tre differenti genotipi (ARQ/ARQ, ARQ/ARR e ARR/ARR), hanno dimostrato come la BSE abbia un targeting genetico molto simile a quello della scrapie, evidenziando il genotipo ARQ/ARQ come il più suscettibile. L’obbiettivo della seguente tesi è stato quello di verificare se fosse possibile riprodurre in vitro la differente suscettibilità genetica degli ovini alle EST evidenziata in vivo, utilizzando il PMCA (Protein Misfolding Cyclic Amplification), la metodica ad oggi più promettente e di cui è stata dimostrata la capacità di riprodurre in vitro diverse proprietà biologiche dei prioni. La tecnica, attraverso cicli ripetuti di sonicazione/incubazione, permette la conversione in vitro della PrPC presente in un omogenato cerebrale (substrato), da parte di una quantità minima di PrPSc (inoculo) che funge da “innesco” della reazione. Si è voluto inoltre utilizzare il PMCA per indagare il livello di protezione in omozigosi di alleli rari per i quali, in vivo, si avevano evidenze di protezione dalla scrapie solo in eterozigosi, e per studiare la suscettibilità degli ovini alla BSE adattata in questa specie. È stata quindi testata in PMCA la capacità diversi substrati ovini recanti differenti genotipi, di amplificare la PrPSc dello stesso isolato di scrapie classica impiegato nel precedente studio in vivo o di un inoculo di BSE bovina. Inoltre sono stati saggiati in vitro due inoculi di BSE costituiti da omogenato cerebrale di due ovini sperimentalmente infettati con BSE (BSE ovina) e recanti due differenti genotipi (ARQ/ARQ e ARR/ARR). Per poter descrivere quantitativamente il grado di correlazione osservato i risultati ottenuti in vitro e i quelli riscontrati dallo studio di sperimentazione con scrapie, espressi rispettivamente come fattori di amplificazione e tempi d’incubazione registrati in vivo, sono stati analizzati con un modello di regressione lineare. Per quanto riguarda la scrapie, i risultati ottenuti hanno evidenziato come i genotipi associati in vivo a suscettibilità (ARQ/ARQ, ARQ/AHQ and AHQ/ARH) siano anche quelli in grado di sostenere in PMCA l’amplificazione della PrPSc, e come quelli associati a resistenza (ARQ/ARR and ARR/ARR) non mostrino invece nessuna capacità di conversione. Dall’analisi di regressione lineare è inoltre emerso come l’efficienza di amplificazione in vitro dei differenti genotipi testati sia inversamente proporzionale ai tempi d’incubazione registrati in vivo. Inoltre nessuna amplificazione è stata riscontrata utilizzando il substrato con genotipo raro ARQK176/ARQK176 suggerendo come anche questo possa essere associato a resistenza, almeno nei confronti dell’isolato di scrapie classica utilizzato. Utilizzando come inoculo in PMCA l’isolato di BSE bovina, è stato possibile riscontrare, nei tre genotipi analizzati (ARQ/ARQ, ARQ/ARR e ARR/ARR) un evidente amplificazione per il solo genotipo ARQ/ARQ, sottolineando anche in questo caso l’esistenza di una correlazione tra suscettibilità riscontrata in vivo e capacità di conversione in PMCA. I tre i substrati analizzati mostrano inoltre una buona efficienza di amplificazione, per altro simile, se si utilizza la PrPSc dell’inoculo di BSE sperimentalemente trasmessa agli ovini. Questi genotipi sembrerebbero dunque ugualmente suscettibili se esposti a BSE adattata alla specie ovina. I risultati di questa tesi indicano dunque una correlazione diretta tra la capacità di conversione della PrPC con il PMCA e la suscettibilità osservata in vivo per i differenti genotipi analizzati. Mostrano inoltre come il PMCA possa essere una valida alternativa agli studi di trasmissione in vivo e un rapido strumento utile non soltanto per testare, ma anche per predire la suscettibilità genetica degli ovini a diversi ceppi di EST, rappresentando un valido aiuto per l’individuazione di ulteriori genotipi resistenti, così da incrementare la variabilità genetica dei piani di selezione attuati per gli ovini per il controllo di queste malattie.

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The Alzheimer’s disease (AD), the most prevalent form of age-related dementia, is a multifactorial and heterogeneous neurodegenerative disease. The molecular mechanisms underlying the pathogenesis of AD are yet largely unknown. However, the etiopathogenesis of AD likely resides in the interaction between genetic and environmental risk factors. Among the different factors that contribute to the pathogenesis of AD, amyloid-beta peptides and the genetic risk factor apoE4 are prominent on the basis of genetic evidence and experimental data. ApoE4 transgenic mice have deficits in spatial learning and memory associated with inflammation and brain atrophy. Evidences suggest that apoE4 is implicated in amyloid-beta accumulation, imbalance of cellular antioxidant system and in apoptotic phenomena. The mechanisms by which apoE4 interacts with other AD risk factors leading to an increased susceptibility to the dementia are still unknown. The aim of this research was to provide new insights into molecular mechanisms of AD neurodegeneration, investigating the effect of amyloid-beta peptides and apoE4 genotype on the modulation of genes and proteins differently involved in cellular processes related to aging and oxidative balance such as PIN1, SIRT1, PSEN1, BDNF, TRX1 and GRX1. In particular, we used human neuroblastoma cells exposed to amyloid-beta or apoE3 and apoE4 proteins at different time-points, and selected brain regions of human apoE3 and apoE4 targeted replacement mice, as in vitro and in vivo models, respectively. All genes and proteins studied in the present investigation are modulated by amyloid-beta and apoE4 in different ways, suggesting their involvement in the neurodegenerative mechanisms underlying the AD. Finally, these proteins might represent novel potential diagnostic and therapeutic targets in AD.

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Solid organ transplantation (SOT) is considered the treatment of choice for many end-stage organ diseases. Thus far, short term results are excellent, with patient survival rates greater than 90% one year post-surgery, but there are several problems with the long term acceptance and use of immunosuppressive drugs. Hematopoietic Stem Cells Transplantation (HSCT) concerns the infusion of haematopoietic stem cells to re-establish acquired and congenital disorders of the hematopoietic system. The main side effect is the Graft versus Host Disease (GvHD) where donor T cells can cause pathology involving the damage of host tissues. Patients undergoing acute or chronic GvHD receive immunosuppressive regimen that is responsible for several side effects. The use of immunosuppressive drugs in the setting of SOT and GvHD has markedly reduced the incidence of acute rejection and the tissue damage in GvHD however, the numerous adverse side effects observed boost the development of alternative strategies to improve the long-term outcome. To this effect, the use of CD4+CD25+FOXP3+ regulatory T cells (Treg) as a cellular therapy is an attractive approach for autoimmunity disease, GvHD and limiting immune responses to allograft after transplantation. Treg have a pivotal role in maintaining peripheral immunological tolerance, by preventing autoimmunity and chronic inflammation. Results of my thesis provide the characterization and cell processing of Tregs from healthy controls and patients in waiting list for liver transplantation, followed by the development of an efficient expansion-protocol and the investigation of the impact of the main immunosuppressive drugs on viability, proliferative capacity and function of expanded cells after expansion. The conclusion is that ex vivo expansion is necessary to infuse a high Treg dose and although many other factors in vivo can contribute to the success of Treg therapy, the infusion of Tregs during the administration of the highest dose of immunosuppressants should be carefully considered.

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Since the publication of the book of Russell and Burch in 1959, scientific research has never stopped improving itself with regard to the important issue of animal experimentation. The European Directive 2010/63/EU “On the protection of animals used for scientific purposes” focuses mainly on the animal welfare, fixing the Russell and Burch’s 3Rs principles as the foundations of the document. In particular, the legislator clearly states the responsibility of the scientific community to improve the number of alternative methods to animal experimentation. The swine is considered a species of relevant interest for translational research and medicine due to its biological similarities with humans. The surgical community has, in fact, recognized the swine as an excellent model replicating the human cardiovascular system. There have been several wild-type and transgenic porcine models which were produced for biomedicine and translational research. Among these, the cardiovascular ones are the most represented. The continuous involvement of the porcine animal model in the biomedical research, as the continuous advances achieved using swine in translational medicine, support the need for alternative methods to animal experimentation involving pigs. The main purpose of the present work was to develop and characterize novel porcine alternative methods for cardiovascular translational biology/medicine. The work was mainly based on two different models: the first consisted in an ex vivo culture of porcine aortic cylinders and the second consisted in an in vitro culture of porcine aortic derived progenitor cells. Both the models were properly characterized and results indicated that they could be useful to the study of vascular biology. Nevertheless, both the models aim to reduce the use of experimental animals and to refine animal based-trials. In conclusion, the present research aims to be a small, but significant, contribution to the important and necessary field of study of alternative methods to animal experimentation.

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Gleno-humeral joint (GHJ) is the most mobile joint of the human body. This is related to theincongr uence between the large humeral head articulating with the much smaller glenoid (ratio 3:1). The GHJ laxity is the ability of the humeral head to be passively translated on the glenoid fossa and, when physiological, it guarantees the normal range of motion of the joint. Three-dimensional GHJ linear displacements have been measured, both in vivo and in vitro by means of different instrumental techniques. In vivo gleno-humeral displacements have been assessed by means of stereophotogrammetry, electromagnetic tracking sensors, and bio-imaging techniques. Both stereophotogrammetric systems and electromagnetic tracking devices, due to the deformation of the soft tissues surrounding the bones, are not capable to accurately assess small displacements, such as gleno-humeral joint translations. The bio-imaging techniques can ensure for an accurate joint kinematic (linear and angular displacement) description, but, due to the radiation exposure, most of these techniques, such as computer tomography or fluoroscopy, are invasive for patients. Among the bioimaging techniques, an alternative which could provide an acceptable level of accuracy and that is innocuous for patients is represented by magnetic resonance imaging (MRI). Unfortunately, only few studies have been conducted for three-dimensional analysis and very limited data is available in situations where preset loads are being applied. The general aim of this doctoral thesis is to develop a non-invasive methodology based on open-MRI for in-vivo evaluation of the gleno-humeral translation components in healthy subjects under the application of external loads.