2 resultados para conservative treatment
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
La chirurgia conservativa o l’esofagectomia, possono essere indicate per il trattamento della disfagia nell’acalasia scompensata. L’esofagectomia è inoltre finalizzata alla prevenzione dello sviluppo del carcinoma esofageo. Gli obiettivi erano: a) definire prevalenza e fattori di rischio per il carcinoma epidermoidale; b) confrontare i risultati clinici e funzionali di Heller-Dor con pull-down della giunzione esofagogastrica (PD-HD) ed esofagectomia. I dati in analisi, ricavati da un database istituito nel 1973 e finalizzato alla ricerca prospettica, sono stati: a) le caratteristiche cliniche, radiologiche ed endoscopiche di 573 pazienti acalasici; b) il risultato oggettivo e la qualità della vita, definita mediante questionario SF-36, dopo intervento di PD-HD (29 pazienti) e dopo esofagectomia per acalasia scompensata o carcinoma (20 pazienti). Risultati: a) sono stati diagnosticati 17 carcinomi epidermoidali ed un carcinosarcoma (3.14%). Fattori di rischio sono risultati essere: il diametro esofageo (p<0.001), il ristagno esofageo (p<0.01) e la durata dei sintomi dell’acalasia (p<0.01). Secondo l’albero di classificazione, soltanto i pazienti con esito insufficiente del trattamento ai controlli clinico-strumentali ed acalasia sigmoidea presentavano un rischio di sviluppare il carcinoma squamocellulare del 52.9%. b) Non sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra i pazienti sottoposti ad intervento conservativo e quelli trattati con esofagectomia per quanto concerne l’esito dell’intervento valutato mediante parametri oggettivi (p=0.515). L’analisi della qualità della vita non ha evidenziato differenze statisticamente significative per quanto concerne i domini GH, RP, PF e BP. Punteggi significativamente più elevati nei domini RE (p=0.012), VT (p<0.001), MH (p=0.001) e SF (p=0.014) sono stati calcolati per PD-HD rispetto alle esofagectomie. In conclusione, PD-HD determina una miglior qualità della vita, ed è pertanto la procedura di scelta per i pazienti con basso rischio di cancro. A coloro che abbiano già raggiunto i parametri di rischio, si offrirà l’esofagectomia o l'opzione conservativa seguita da protocolli di follow-up.
Resumo:
Background: The frozen elephant trunk(FET) technique is one of the last evolution in the treatment of complex pathologies of the aortic arch and the descending thoracic aorta.Materials and methods: Between January 2007 and March 2021, a total of 396 patients underwent total aortic arch replacements with the FET technique in our centre.The main indications were thoracic aortic aneurysm(n=104,28.2%), chronic aortic dissection(n=224,53.4%) and acute aortic dissection(n=68, 18.4%). We divided the population in two groups according the position of the distal anastomosis (zone 2 vs zone 3) and the length of the stent graft (< 150 mm vs > 150 mm): conservative group (Zone 2 anastomosis + stent length < 150mm, n. 140 pts) and aggressive group (zone 3 anastomosis + stent length > 150mm, n. 141). Results: The overall 30-day mortality rate was 13%(48/369); the risk factor analysis showed that an aggressive approach was neither a risk factor for major complication (permanent dialysis, tracheostomy, bowel malperfusion and permanent paraplegia) neither for 30-day mortality. The survival rate at 1, 5,10 and 15 years was 87.7%,75%,61.3% and 58.4% respectively. During the follow up, an aortic reintervention was performed in 122 patients (38%), 5 patients received a non-aortic cardiac surgery. Freedom from aortic reintervention at 1-,5- and 10-year was 77%,54% and 44% respectively. The freedom from aortic reintervention was higher in the ‘aggressive’ group (62.5%vs40.0% at 5 years, log-rank=0.056). An aggressive approach was not protective for aortic reintervention at follow up and for death at follow up. Conclusions: The FET technique represents a feasible and efficient option in the treatment of complex thoracic aortic pathologies. An aortic reintervention after FET is very common and the decision-making approach should consider and balance the higher risk of an aggressive approach in terms of post-operative complication versus the higher risk of a second aortic reintervention at follow-up.