331 resultados para adattamento ai cambiamenti climatici, fiume Reno, Bologna
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Many efforts have been devoting since last years to reduce uncertainty in hydrological modeling predictions. The principal sources of uncertainty are provided by input errors, for inaccurate rainfall prediction, and model errors, given by the approximation with which the water flow processes in the soil and river discharges are described. The aim of the present work is to develop a bayesian model in order to reduce the uncertainty in the discharge predictions for the Reno river. The ’a priori’ distribution function is given by an autoregressive model, while the likelihood function is provided by a linear equation which relates observed values of discharge in the past and hydrological TOPKAPI model predictions obtained by the rainfall predictions of the limited-area model COSMO-LAMI. The ’a posteriori’ estimations are provided throw a H∞ filter, because the statistical properties of estimation errors are not known. In this work a stationary and a dual adaptive filter are implemented and compared. Statistical analysis of estimation errors and the description of three case studies of flood events occurred during the fall seasons from 2003 to 2005 are reported. Results have also revealed that errors can be described as a markovian process only at a first approximation. For the same period, an ensemble of ’a posteriori’ estimations is obtained throw the COSMO-LEPS rainfall predictions, but the spread of this ’a posteriori’ ensemble is not enable to encompass observation variability. This fact is related to the building of the meteorological ensemble, whose spread reaches its maximum after 5 days. In the future the use of a new ensemble, COSMO–SREPS, focused on the first 3 days, could be helpful to enlarge the meteorogical and, consequently, the hydrological variability.
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The aim of this PhD thesis, developed in the framework of the Italian Agroscenari research project, is to compare current irrigation volumes in two study area in Emilia-Romagna with the likely irrigation under climate change conditions. This comparison was carried out between the reference period 1961-1990, as defined by WMO, and the 2021-2050 period. For this period, multi-model climatic projections on the two study areas were available. So, the climatic projections were analyzed in term of their impact on irrigation demand and adaptation strategies for fruit and horticultural crops in the study area of Faenza, with a detailed analysis for kiwifruit vine, and for horticultural crops in Piacenza plan, focusing on the irrigation water needs of tomato. We produced downscaled climatic projections (based on A1B Ipcc emission scenario) for the two study areas. The climate change impacts for the period 2021-2050 on crop irrigation water needs and other agrometeorological index were assessed by means of the Criteria water balance model, in the two versions available, Criteria BdP (local) and Geo (spatial) with different levels of detail. We found in general for both the areas an irrigation demand increase of about +10% comparing the 2021-2050 period with the reference years 1961-1990, but no substantial differences with more recent years (1991-2008), mainly due to a projected increase in spring precipitation compensating the projected higher summer temperature and evapotranspiration. As a consequence, it is not forecasted a dramatic increase in the irrigation volumes with respect to the current volumes.
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La tesi analizza i collegamenti tra la dimensione interna e la dimensione esterna del diritto europeo dell’energia al fine valutare l’efficacia e la coerenza della politica energetica europea in un approccio realmente globale ed integrato. Lo scopo della ricerca è quello di interrogarsi sull’evoluzione della competenza dell’Unione in tema di energia e su quale possa essere il suo contributo allo studio del diritto dell’Unione. L’analisi mira a chiarire i principi cardine della politica energetica europea ed i limiti che incontra l’azione dell’Unione nella disciplina dei settori energetici. Nonostante la centralità e l’importanza dell’energia, tanto per il buon funzionamento del mercato interno, quanto per la protezione dell’ambiente e per la sicurezza internazionale, la ricerca ha riscontrato come manchi ancora in dottrina una sufficiente elaborazione dell’energia in chiave organica e sistematica. L’analisi è svolta in quattro capitoli, ciascuno dei quali è suddiviso in due sezioni. Lo studio si apre con l’indagine sulla competenza energetica dell’Unione, partendo dai trattati settoriali (CECA ed Euratom) fino ad arrivare all’analisi delle disposizioni contenute nel Trattato di Lisbona che prevedono una base giuridica ad hoc (art. 194 TFUE) per l’energia. Lo scopo del primo capitolo è quello di fornire un inquadramento teorico alla materia, analizzando le questioni riguardanti l’origine del ‘paradosso energetico’ ed i limiti della competenza energetica dell’Unione, con un sguardo retrospettivo che tenga conto del dinamismo evolutivo che ha caratterizzato il diritto europeo dell’energia. Nel corso del secondo capitolo, la ricerca analizza l’impatto del processo di liberalizzazione sulla struttura dei mercati dell’elettricità e del gas con la graduale apertura degli stessi al principio della libera concorrenza. L’analisi conduce ad una ricognizione empirica sulle principali categorie di accordi commerciali utilizzate nei settori energetici; la giurisprudenza della Corte sulla compatibilità di tali accordi rispetto al diritto dell’Unione mette in evidenza il difficile bilanciamento tra la tutela della sicurezza degli approvvigionamenti e la tutela del corretto funzionamento del mercato interno. L’applicazione concreta del diritto antitrust rispetto alle intese anticoncorrenziali ed all’abuso di posizione dominante dimostra la necessità di tener conto dei continui mutamenti indotti dal processo di integrazione dei mercati dell’elettricità e del gas. Il terzo capitolo introduce la dimensione ambientale della politica energetica europea, sottolineando alcune criticità relative alla disciplina normativa sulle fonti rinnovabili, nonché gli ostacoli al corretto funzionamento del mercato interno delle quote di emissione, istituito dalla legislazione europea sulla lotta ai cambiamenti climatici. I diversi filoni giurisprudenziali, originatisi dalle controversie sull’applicazione delle quote di emissioni, segnalano le difficoltà ed i limiti della ‘sperimentazione legislativa’ adottata dal legislatore europeo per imporre, attraverso il ricorso a strumenti di mercato, obblighi vincolanti di riduzione delle emissioni inquinanti che hanno come destinatari, non solo gli Stati, ma anche i singoli. Infine, il quarto ed ultimo capitolo, affronta il tema della sicurezza energetica. Nel corso del capitolo vengono effettuate considerazioni critiche sulla mancanza di collegamenti tra la dimensione interna e la dimensione esterna del diritto europeo dell’energia, evidenziando i limiti all’efficacia ed alla coerenza dell’azione energetica dell’Unione. L’inquadramento teorico e normativo della dimensione estera della politica energetica europea tiene conto del processo di allargamento e della creazione del mercato interno dell’energia, ma viene inserito nel più ampio contesto delle relazioni internazionali, fondate sul delicato rapporto tra i Paesi esportatori ed i Paesi importatori di energia. Sul piano internazionale, l’analisi ricostruisce la portata ed i limiti del principio di interdipendenza energetica. Lo studio si concentra sulle disposizioni contenute nei trattati internazionale di cooperazione energetica, con particolare riferimento ai diversi meccanismi di risoluzione delle controversie in tema di protezione degli investimenti sull’energia. Sul piano interno, la ricerca pone in evidenza l’incapacità dell’Unione di ‘parlare con una sola voce’ in tema di sicurezza energetica a causa della contrapposizione degli interessi tra i vecchi ed i nuovi Stati membri rispetto alla conclusione degli accordi di fornitura di lunga durata con i Paesi produttori di gas. Alla luce delle nuove disposizioni del Trattato di Lisbona, il principio solidaristico viene interpretato come limite agli interventi unilaterali degli Stati membri, consentendo il ricorso ai meccanismi comunitari previsti dalla disciplina sul mercato interno dell’elettricità e del gas, anche in caso di grave minaccia alla sicurezza degli approvvigionamenti energetici.
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Le malattie trasmesse da zecche sono un importante problema sia per la salute animale che per quella umana e negli ultimi decenni hanno aumentato notevolmente la loro diffusione, in seguito ai cambiamenti climatici, che hanno permesso la distribuzione delle zecche in aree prima non interessate. Per tale motivo si è deciso di effettuare un’indagine sulla diffusione delle zecche e sui patogeni da loro trasmessi, mediante campionamenti sia a livello ambientale, sia su animali e umani infestati in quattro siti di tre parchi dell’Emilia Romagna, dove non risultavano precedenti segnalazioni, nelle province di Bologna e Ravenna, da Aprile a Ottobre 2010. In totale sono state raccolte 8212 zecche. Dall’ambiente sono state campionate 6734 larve, 1344 ninfe, 61 adulti; dagli animali e da persone sono stati raccolti 68 adulti e 5 ninfe appartenenti a diverse specie di Ixodidae. Sono state condotte analisi sull’abbondanza delle zecche nelle diverse aree di raccolta, in funzione del periodo di campionamento, della temperatura e dell’umidità relativa misurata a 5 cm dal suolo al momento del campionamento e della vegetazione. Su tutti gli individui adulti e su pool di ninfe e di larve, per un totale di 393 campioni, sono state condotte analisi di tipo molecolare per la ricerca di piroplasmi, Anaplasma phagocytophilum e Borrelia burgdorferi s.l. Attraverso la PCR e il sequenziamento, è emerso che il 7,6% dei campioni era positivo per piroplasmi, tra i quali è stata riscontrata anche la presenza delle specie zoonosiche Babesia EU1 e B. divergens. La real-time PCR eseguita solo sui campioni costituiti da ninfe e adulti ha evidenziato una prevalenza del 9,2% per A. phagocytophilum e del 21,6% per B. burgdorferi s.l. Su questi patogeni sono state quindi condotte analisi di tipo filogenetico. In alcuni campioni sono state riscontrate coinfezioni con combinazioni di due patogeni contemporaneamente.
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Nonostante il fatto che una gran parte del mondo viva ancora oggi a livelli di sussistenza, i dati in nostro possesso ci indicano che le attività umane stanno esaurendo le risorse ambientali del pianeta. La causa di questo eccessivo sfruttamento delle risorse è da ricercare nei pattern non sostenibili di produzione e consumo dei paesi sviluppati. La preoccupazione per le conseguenze sull'ambiente e la lotta al cambiamento climatico hanno posto le politiche ambientali al centro dell'attenzione internazionale. Il Protocollo di Kyoto e la Commissione Europea hanno stabilito degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, rispettivamente del 12% entro il 2012 e del 20% entro il 2020. All'interno del Protocollo di Kyoto l'obiettivo per l'Italia è ridurre del 6,5% le emissioni di gas serra nazionali rispetto al 1990. Le politiche mirate alla riduzione delle emissioni di gas serra hanno in genere come obiettivo gli impianti energetici e i trasporti. Poca attenzione viene data alla filiera agroalimentare pur sapendo che l'agricoltura ha un forte impatto sull'ambiente e recenti studi stimano che circa il 50% del cibo prodotto viene perso o buttato via dalla produzione al consumo. Alla luce di questi dati, il mio lavoro di tesi ha avuto come obiettivo quello di quantificare i rifiuti e gli sprechi agroalimentari in Europa e in Italia e stimare l'impatto ambientale associato. I dati raccolti in questa tesi mettono in evidenza l'importanza di migliorare l'efficienza della filiera agroalimentare per ridurre l'impatto ambientale nazionale e rispettare gli accordi internazionali sulla lotta ai cambiamenti climatici.
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La ricerca oggetto della tesi dottorale ha riguardato l’analisi della problematica relativa ai cambiamenti provocati dalla diversificazione delle attività aziendali bancarie nell'ottica tributaria. Si è individuato nella composizione del reddito imponibile il fulcro centrale del lavoro. Data la grande importanza del mercato finanziario la presente ricerca si è proposta una valutazione dell’attività bancaria tradizionale, facendo un’analisi della relativa fiscalità. In particolare si è cercato di evidenziare il momento in cui la banca è diventata un’azienda molto più complessa e moderna di quella che era originariamente. Tale cambiamento ha così richiesto un corrispondente sviluppo della tecnica giuridica tributaria di riferimento. Si sono altresì analizzate le fasi della implementazione e dello sviluppo nell’ordinamento tributario italiano ed europeo (analizzando così le difficoltà di adattamento per i modelli di Civil Law e Common Law) dell'armonizzazione giuridico/contabile europea e dell’adozione dei principi IAS/IFRS. A tal fine si sono ripercorse le fasi anteriori all’adozione dei menzionati principi e la loro evoluzione e, nel farlo, si sono fissati i punti ove sembra sia necessario un ripensamento da parte del legislatore comunitario. Il tutto è stato sviluppato senza trascurare la giurisprudenza nazionale e della Corte di Giustizia europea, in modo tale da tentare di individuare le soluzioni alle nuove sfide che il diritto tributario comunitario si trova a fronteggiare.
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L’attuale rilevanza rappresentata dalla stretta relazione tra cambiamenti climatici e influenza antropogenica ha da tempo posto l’attenzione sull’effetto serra e sul surriscaldamento planetario così come sull’aumento delle concentrazioni atmosferiche dei gas climaticamente attivi, in primo luogo la CO2. Il radiocarbonio è attualmente il tracciante ambientale per eccellenza in grado di fornire mediante un approccio “top-down” un valido strumento di controllo per discriminare e quantificare il diossido di carbonio presente in atmosfera di provenienza fossile o biogenica. Ecco allora che ai settori applicativi tradizionali del 14C, quali le datazioni archeometriche, si affiancano nuovi ambiti legati da un lato al settore energetico per quanto riguarda le problematiche associate alle emissioni di impianti, ai combustibili, allo stoccaggio geologico della CO2, dall’altro al mercato in forte crescita dei cosiddetti prodotti biobased costituiti da materie prime rinnovabili. Nell’ambito del presente lavoro di tesi è stato quindi esplorato il mondo del radiocarbonio sia dal punto di vista strettamente tecnico e metodologico che dal punto di vista applicativo relativamente ai molteplici e diversificati campi d’indagine. E’ stato realizzato e validato un impianto di analisi basato sul metodo radiometrico mediante assorbimento diretto della CO2 ed analisi in scintillazione liquida apportando miglioramenti tecnologici ed accorgimenti procedurali volti a migliorare le performance del metodo in termini di semplicità, sensibilità e riproducibilità. Il metodo, pur rappresentando generalmente un buon compromesso rispetto alle metodologie tradizionalmente usate per l’analisi del 14C, risulta allo stato attuale ancora inadeguato a quei settori applicativi laddove è richiesta una precisione molto puntuale, ma competitivo per l’analisi di campioni moderni ad elevata concentrazione di 14C. La sperimentazione condotta su alcuni liquidi ionici, seppur preliminare e non conclusiva, apre infine nuove linee di ricerca sulla possibilità di utilizzare questa nuova classe di composti come mezzi per la cattura della CO2 e l’analisi del 14C in LSC.
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E’ mostrata l’analisi e la modellazione di dati termocronologici di bassa temperatura da due regioni Alpine: il Sempione ed il Brennero. Le faglie distensive presenti bordano settori crostali profondi appartenenti al dominio penninico: il duomo metamorfico Lepontino al Sempione e la finestra dei Tauri al Brennero. I dati utilizzati sono FT e (U-Th)/He su apatite. Per il Sempione i dati provengono dalla bibliografia; per il Brennero si è provveduto ad un nuovo campionamento, sia in superficie che in sotterraneo. Gli attuali lavori per la galleria di base del Brennero (BBT), hanno consentito, per la prima volta, di raccogliere dati di FT e (U-Th)/He in apatite in sottosuolo per la finestra dei Tauri occidentale. Le analisi sono state effettuate tramite un codice a elementi finiti, Pecube, risolvente l’equazione di diffusione del calore per una topografia evolvente nel tempo. Il codice è stato modificato per tener conto dei dati sotterranei. L’inversione dei dati è stata effettuata usando il Neighbourhood Algorithm (NA), per ottenere il più plausibile scenario di evoluzione morfotettonico. I risultati ottenuti per il Sempione mostrano: ipotetica evoluzione dello stile tettonico della faglia del Sempione da rolling hinge a low angle detachment a 6.5 Ma e la cessazione dell’attività a 3 Ma; costruzione del rilievo fino a 5.5 Ma, smantellamento da 5.5 Ma ad oggi, in coincidenza dei cambiamenti climatici Messiniani e relativi all’inizio delle maggiori glaciazioni; incremento dell’esumazione da 0–0.6 mm/anno a 0.6–1.2 mm/anno a 2.4 Ma nell’emisfero settentrionale. I risultati al Brennero mostrano: maggiore attività tettonica della faglia del Brennero (1.3 mm/anno), maggiore attività esumativa (1–2 mm/anno) prima dei 10 Ma; crollo dell’attività della faglia del Brennero fra 10 Ma e oggi (0.1 mm/anno) e dell’attività esumativa nello stesso periodo (0.1–0.3 mm/anno); nessun aumento del tasso esumativo o variazioni topografiche negli ultimi 5 Ma.
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La tesi analizza il fenomeno del microcredito in Europa, approfondendo le cause che hanno reso necessaria l’introduzione di questo strumento finanziario anche in economie profondamente diverse da quella in cui ha avuto origine ed esamina le trasformazioni che lo strumento ha subito durante il suo processo di adattamento ai paesi evoluti. Lo studio esamina il microcredito in Francia, Inghilterra, Spagna e Germania, soffermandosi ad analizzare, in ognuno dei suddetti Stati, la disciplina giuridica adottata (qualora esistente), le istituzioni micro finanziarie esistenti, le caratteristiche del settore e le fonti di finanziamento. L’obiettivo dell’analisi è pertanto quello di comprendere come nei Paesi europei convivano contemporaneamente modelli di microcredito profondamente diversi, a seconda del contesto economico, politico e sociale nel quale trovano applicazione. La tesi si concentra ad analizzare il microcredito in Italia, valutando il rapporto esistente tra questo strumento finanziario ed il problema dell’esclusione sociale, dell’immigrazione e dell’usura. Lo studio approfondisce, inoltre, la disciplina giuridica del microcredito adottata in Italia dopo le recenti modifiche introdotte dal D.lgs n. 169/2012. Il lavoro si sofferma ad analizzare, altresì, se e quali interventi, a livello internazionale ed europeo, sono stati programmati per dare al microcredito una cornice legislativa unitaria e per promuoverne lo sviluppo. L’attività di ricerca infine è volta a valutare, sulla base delle esperienze descritte dalla letteratura del settore, gli effetti prodotti dal microcredito, nonché ad approfondire alcune problematiche comuni ai programmi adottati negli Stati europei, quali la sostenibilità delle istituzioni di microcredito, la dipendenza dai sussidi e l’applicazione di tassi di interesse elevati. La tesi si conclude con l’analisi del rapporto esistente tra microcredito e crisi finanziaria, in un periodo storico in cui le politiche per l’occupazione ed il sostegno alla piccola impresa sono fondamentali per stimolare la ripresa economica.
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Because of the potentially irreversible impact of groundwater quality deterioration in the Ferrara coastal aquifer, answers concerning the assessment of the extent of the salinization problem, the understanding of the mechanisms governing salinization processes, and the sustainability of the current water resources management are urgent. In this light, the present thesis aims to achieve the following objectives: Characterization of the lowland coastal aquifer of Ferrara: hydrology, hydrochemistry and evolution of the system The importance of data acquisition techniques in saltwater intrusion monitoring Predicting salinization trends in the lowland coastal aquifer Ammonium occurrence in a salinized lowland coastal aquifer Trace elements mobility in a saline coastal aquifer
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L’Azienda USL di Bologna è la più grande della regione ed è una delle più grandi in Italia: serve una popolazione di 836.697 abitanti ed è distribuita su 50 comuni. E’ stata istituita il 1° gennaio 2004 con la Legge della Regione Emilia Romagna n. 21 del 20/10/2003 che ha unificato i Comuni di tre Aziende USL: “Città di Bologna”, “Bologna Sud” e “Bologna Nord” (ad eccezione del Comune di Medicina che dall’Area Nord è entrato a far parte dell’Azienda USL di Imola che ha mantenuto un’autonoma configurazione giuridica). Il territorio dell’Azienda USL di Bologna si estende per 2915,4 Kmq ed è caratterizzato dalla particolare ubicazione geografica dei suoi distretti. Al Distretto prettamente urbano, quale quello di Bologna Città si affiancano nell’Area Nord i Distretti di pianura quali Pianura Est e Pianura Ovest, mentre nell’Area Sud si collocano i Distretti con territorio più collinare, quali quelli di Casalecchio di Reno e San Lazzaro di Savena ed il Distretto di Porretta Terme che si caratterizza per l’alta percentuale di territorio montuoso. L’unificazione di territori diversi per caratteristiche orografiche, demografiche e socioeconomiche, ha comportato una maggiore complessità rispetto al passato in termini di governo delle condizioni di equità. La rimodulazione istituzionale ed organizzativa dell’offerta dei sevizi sanitari ha comportato il gravoso compito di razionalizzarne la distribuzione, tenendo conto delle peculiarità del contesto. Alcuni studi di fattibilità precedenti l’unificazione, avevano rilevato come attraverso la costituzione di un’Azienda USL unica si sarebbero potuti più agevolmente perseguire gli obiettivi collegati alle prospettive di sviluppo e di ulteriore qualificazione del sistema dei servizi delle Aziende USL dell’area bolognese, con benefici per il complessivo servizio sanitario regionale. Le tre Aziende precedentemente operanti nell’area bolognese erano percepite come inadeguate, per dimensioni, a supportare uno sviluppo dei servizi ritenuto indispensabile per la popolazione ma, che, se singolarmente realizzato, avrebbe condotto ad una inutile duplicazione di servizi già presenti. Attraverso l’integrazione delle attività di acquisizione dei fattori produttivi e di gestione dei servizi delle tre Aziende, si sarebbero potute ragionevolmente conseguire economie più consistenti rispetto a quanto in precedenza ottenuto attraverso il coordinamento volontario di tali processi da parte delle tre Direzioni. L’istituzione della nuova Azienda unica, conformemente al Piano sanitario regionale si proponeva di: o accelerare i processi di integrazione e di redistribuzione dell’offerta dei servizi territoriali, tenendo conto della progressiva divaricazione fra i cambiamenti demografici, che segnavano un crescente deflusso dal centro storico verso le periferie, ed i flussi legati alle attività lavorative, che si muovevano in senso contrario; o riorganizzare i servizi sanitari in una logica di rete e di sistema, condizione necessaria per assicurare l’equità di accesso ai servizi e alle cure, in stretta interlocuzione con gli Enti Locali titolari dei servizi sociali; o favorire il raggiungimento dell’equilibrio finanziario dell’Azienda e contribuire in modo significativo alla sostenibilità finanziaria dell’intero sistema sanitario regionale. L’entità delle risorse impegnate nell’Area bolognese e le dimensioni del bilancio della nuova Azienda unificata offrivano la possibilità di realizzare economie di scala e di scopo, attraverso la concentrazione e/o la creazione di sinergie fra funzioni e attività, sia in ambito ospedaliero, sia territoriale, con un chiaro effetto sull’equilibrio del bilancio dell’intero Servizio sanitario regionale. A cinque anni dalla sua costituzione, l’Azienda USL di Bologna, ha completato una significativa fase del complessivo processo riorganizzativo superando le principali difficoltà dovute alla fusione di tre Aziende diverse, non solo per collocazione geografica e sistemi di gestione, ma anche per la cultura dei propri componenti. La tesi affronta il tema dell’analisi dell’impatto della fusione sugli assetti organizzativi aziendali attraverso uno sviluppo così articolato: o la sistematizzazione delle principali teorie e modelli organizzativi con particolare attenzione alla loro contestualizzazione nella realtà delle organizzazioni professionali di tipo sanitario; o l’analisi principali aspetti della complessità del sistema tecnico, sociale, culturale e valoriale delle organizzazioni sanitarie; o l’esame dello sviluppo organizzativo dell’Azienda USL di Bologna attraverso la lettura combinata dell’Atto e del Regolamento Organizzativo Aziendali esaminati alla luce della normativa vigente, con particolare attenzione all’articolazione distrettuale e all’organizzazione Dipartimentale per cogliere gli aspetti di specificità che hanno caratterizzano il disegno organizzativo globalmente declinato. o l’esposizione degli esiti di un questionario progettato, in accordo con la Direzione Sanitaria Aziendale, allo scopo di raccogliere significativi elementi per valutare l’impatto della riorganizzazione dipartimentale rispetto ai tre ruoli designati in “staff “alle Direzioni degli otto Dipartimenti Ospedalieri dell’AUSL di Bologna, a tre anni dalla loro formale istituzione. La raccolta dei dati è stata attuata tramite la somministrazione diretta, ai soggetti indagati, di un questionario costituito da numerosi quesiti a risposta chiusa, integrati da domande aperte finalizzate all’approfondimento delle dimensioni di ruolo che più frequentemente possono presentare aspetti di criticità. Il progetto ha previsto la rielaborazione aggregata dei dati e la diffusione degli esiti della ricerca: alla Direzione Sanitaria Aziendale, alle Direzioni Dipartimentali ospedaliere ed a tutti i soggetti coinvolti nell’indagine stessa per poi riesaminare in una discussione allargata i temi di maggiore interesse e le criticità emersi. Gli esiti sono esposti in una serie di tabelle con i principali indicatori e vengono adeguatamente illustrati.
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Il presente lavoro comincia con una descrizione dettagliata del “McMaster Model of Family Functionig” (MMFF), modello che al suo interno integra una teoria multidimensionale sul funzionamento familiare, diversi strumenti di auto ed etero valutazione e chiare indicazioni terapeutiche racchiuse all’interno della “Problem Centered System Therapy of the Family” (PCSTF). Grazie alla sua completezza il Modello fornisce ai clinici metodi coerenti, pratici ed empiricamente validi per valutare e trattare le famiglie, essi inoltre, sono stati formulati in modo da essere adattabili a differenti setting clinici e di ricerca, applicabili ad un’ampia gamma di problematiche e verificabili empiricamente. Obiettivo finale della presente ricerca è stato quello di porre le basi per l’esportazione del MMFF in Italia e poter quindi procedere alla sua applicazione in ambito clinico. La ricerca è cominciata alla Brown University con la traduzione dall’inglese all’italiano del Family Assessment Device (FAD), uno degli strumenti di autovalutazione compresi nel MMFF, ed è in seguito continuata con la validazione del suddetto strumento in un campione di 317 soggetti appartenenti alla popolazione generale italiana. Il FAD si è dimostrato uno strumento valido ed affidabile, in grado quindi di fornire valutazioni stabili e coerenti anche nella sua versione italiana. Il passo successivo è stato caratterizzato dalla somministrazione di FAD, Symptom Questionnaire (SQ) e delle Psychological Well-Being scales (PWB) a 289 soggetti reclutati nella popolazione generale. In accordo con il modello bipsicosociale che vede l’ambiente familiare come il più immediato gruppo di influenza psicosociale dello stato di benessere o malessere dell’individuo, i nostri dati confermano una stretta relazione tra scarso funzionamento familiare, spesso espresso attraverso difficoltà di comunicazione, di problem solving e scarso coinvolgimento affettivo e distress psicologico esperito con sintomi depressivi, ansiogeni ed ostilità. I nostri dati sottoliano inoltre come un funzionamento familiare positivo sia altamente correlato ad elevati livelli di benessere psicologico. Obiettivo della parte finale del lavoro ed anche il più importante, è stato quello di esplorare l’efficacia della Problem Centered Systems Therapy of the Family nella gestione della perdita di efficacia degli antidepressivi nel trattamento della depressione ricorrente. 20 soggetti con diagnosi di depressione maggiore ricorrente secondo il DSM-IV sono stati randomizzati a due diverse condizioni di trattamento: 1) aumento del dosaggio dell’antidepressivo e clinical management, oppure 2) mantenimento dello stesso dosaggio di antidepressivo e PCSTF. I dati di questo studio mettono in evidenza come, nel breve termine, PCSTF e farmacoterapia sono ugualmente efficaci nel ridurre la sintomatologia depressiva. Diversamente, ad un follow-up di 12 mesi, la PCSTF si è dimostrata altamente superiore all’aumento del farmaco ner prevenire le ricadute. Nel gruppo sottoposto all’aumento del farmaco infatti ben 6 soggetti su 7 ricadono entro l’anno. Nel gruppo assegnato a terapia familiare invece solo 1 soggetto su 7 ricade. Questi risultati sono in linea con i dati della letteratura che sottolineano l’elevata probabilità di una seconda ricaduta dopo l’aumento dell’antidepressivo all’interno di una farmacoterapia di mantenimento e suggeriscono l’efficacia dell’utilizzo di strategie psicoterapiche nella prevenzione della ricaduta in pazienti con depressione ricorrente.
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Definizione del problema: Nonostante il progresso della biotecnologia medica abbia consentito la sopravvivenza del feto, fuori dall’utero materno, ad età gestazionali sempre più basse, la prognosi a breve e a lungo termine di ogni nuovo nato resta spesso incerta e la medicina non è sempre in grado di rimediare completamente e definitivamente ai danni alla salute che spesso contribuisce a causare. Sottoporre tempestivamente i neonati estremamente prematuri alle cure intensive non ne garantisce la sopravvivenza; allo stesso modo, astenervisi non ne garantisce la morte o almeno la morte immediata; in entrambi i casi i danni alla salute (difetti della vista e dell’udito, cecità, sordità, paralisi degli arti, deficit motori, ritardo mentale, disturbi dell’apprendimento e del comportamento) possono essere gravi e permanenti ma non sono prevedibili con certezza per ogni singolo neonato. Il futuro ignoto di ogni nuovo nato, insieme allo sgretolamento di terreni morali condivisi, costringono ad affrontare laceranti dilemmi morali sull’inizio e sul rifiuto, sulla continuazione e sulla sospensione delle cure. Oggetto: Questo lavoro si propone di svolgere un’analisi critica di alcune strategie teoriche e pratiche con le quali, nell’ambito delle cure intensive ai neonati prematuri, la comunità scientifica, i bioeticisti e il diritto tentano di aggirare o di risolvere l’incertezza scientifica e morale. Tali strategie sono accomunate dalla ricerca di criteri morali oggettivi, o almeno intersoggettivi, che consentano ai decisori sostituti di pervenire ad un accordo e di salvaguardare il vero bene del paziente. I criteri esaminati vanno dai dati scientifici riguardanti la prognosi dei prematuri, a “fatti” di natura più strettamente morale come la sofferenza del paziente, il rispetto della libertà di coscienza del medico, l’interesse del neonato a sopravvivere e a vivere bene. Obiettivo: Scopo di questa analisi consiste nel verificare se effettivamente tali strategie riescano a risolvere l’incertezza morale o se invece lascino aperto il dilemma morale delle cure intensive neonatali. In quest’ultimo caso si cercherà di trovare una risposta alla domanda “chi deve decidere per il neonato?” Metodologia e strumenti: Vengono esaminati i più importanti documenti scientifici internazionali riguardanti le raccomandazioni mediche di cura e i pareri della comunità scientifica; gli studi scientifici riguardanti lo stato dell’arte delle conoscenze e degli strumenti terapeutici disponibili ad oggi; i pareri di importanti bioeticisti e gli approcci decisionali più frequentemente proposti ed adoperati; alcuni documenti giuridici internazionali riguardanti la regolamentazione della sperimentazione clinica; alcune pronunce giudiziarie significative riguardanti casi di intervento o astensione dall’intervento medico senza o contro il consenso dei genitori; alcune indagini sulle opinioni dei medici e sulla prassi medica internazionale; le teorie etiche più rilevanti riguardanti i criteri di scelta del legittimo decisore sostituto del neonato e la definizione dei suoi “migliori interessi” da un punto di vista filosofico-morale. Struttura: Nel primo capitolo si ricostruiscono le tappe più importanti della storia delle cure intensive neonatali, con particolare attenzione agli sviluppi dell’assistenza respiratoria negli ultimi decenni. In tal modo vengono messi in luce sia i cambiamenti morali e sociali prodotti dalla meccanizzazione e dalla medicalizzazione dell’assistenza neonatale, sia la continuità della medicina neonatale con il tradizionale paternalismo medico, con i suoi limiti teorici e pratici e con lo sconfinare della pratica terapeutica nella sperimentazione incontrollata. Nel secondo capitolo si sottopongono ad esame critico le prime tre strategie di soluzione dell’incertezza scientifica e morale. La prima consiste nel decidere la “sorte” di un singolo paziente in base ai dati statistici riguardanti la prognosi di tutti i nati in condizioni cliniche analoghe (“approccio statistico”); la seconda, in base alla risposta del singolo paziente alle terapie (“approccio prognostico individualizzato”); la terza, in base all’evoluzione delle condizioni cliniche individuali osservate durante un periodo di trattamento “aggressivo” abbastanza lungo da consentire la raccolta dei dati clinici utili a formulare una prognosi sicura(“approccio del trattamento fino alla certezza”). Viene dedicata una più ampia trattazione alla prima strategia perché l’uso degli studi scientifici per predire la prognosi di ogni nuovo nato accomuna i tre approcci e costituisce la strategia più diffusa ed emblematica di aggiramento dell’incertezza. Essa consiste nella costruzione di un’ “etica basata sull’evidenza”, in analogia alla “medicina basata sull’evidenza”, in quanto ambisce a fondare i doveri morali dei medici e dei genitori solo su fatti verificabili (le prove scientifiche di efficacia delle cure)apparentemente indiscutibili, avalutativi o autocertificativi della moralità delle scelte. Poiché la forza retorica di questa strategia poggia proprio su una (parziale) negazione dell’incertezza dei dati scientifici e sulla presunzione di irrilevanza della pluralità e della complessità dei valori morali nelle decisioni mediche, per metterne in luce i limiti si è scelto di dedicare la maggior parte del secondo capitolo alla discussione dei limiti di validità scientifica degli studi prognostici di cui i medici si avvalgono per predire la prognosi di ogni nuovo nato. Allo stesso scopo, in questo capitolo vengono messe in luce la falsa neutralità morale dei giudizi scientifici di “efficacia”, “prognosi buona”, “prognosi infausta” e di “tollerabilità del rischio” o dei “costi”. Nel terzo capitolo viene affrontata la questione della natura sperimentale delle cure intensive per i neonati prematuri al fine di suggerire un’ulteriore ragione dell’incertezza morale, dell’insostenibilità di obblighi medici di trattamento e della svalutazione dell’istituto del consenso libero e informato dei genitori del neonato. Viene poi documentata l’esistenza di due atteggiamenti opposti manifestati dalla comunità scientifica, dai bioeticisti e dal diritto: da una parte il silenzio sulla natura sperimentale delle terapie e dall’altra l’autocertificazione morale della sperimentazione incontrollata. In seguito si cerca di mostrare come entrambi, sebbene opposti, siano orientati ad occultare l’incertezza e la complessità delle cure ai neonati prematuri, per riaffermare, in tal modo, la precedenza dell’autorità decisionale del medico rispetto a quella dei genitori. Il quarto capitolo, cerca di rispondere alla domanda “chi deve decidere in condizioni di incertezza?”. Viene delineata, perciò, un’altra strategia di risoluzione dell’incertezza: la definizione del miglior interesse (best interest) del neonato, come oggetto, limite e scopo ultimo delle decisioni mediche, qualsiasi esse siano. Viene verificata l’ipotesi che il legittimo decisore ultimo sia colui che conosce meglio di ogni altro i migliori interessi del neonato. Perciò, in questo capitolo vengono esposte e criticate alcune teorie filosofiche sul concetto di “miglior interesse” applicato allo speciale status del neonato. Poiché quest’analisi, rivelando l’inconoscibilità del best interest del neonato, non consente di stabilire con sicurezza chi sia intitolato a prendere la decisione ultima, nell’ultimo capitolo vengono esaminate altre ragioni per le quali i genitori dovrebbero avere l’ultima parola nelle decisioni di fine o di proseguimento della vita. Dopo averle scartate, viene proposta una ragione alternativa che, sebbene non risolutiva, si ritiene abbia il merito di riconoscere e di non mortificare l’irriducibilità dell’incertezza e l’estrema complessità delle scelte morali, senza rischiare, però, la paralisi decisionale, il nichilismo morale e la risoluzione non pacifica dei conflitti.