35 resultados para Virus de la Influenza A

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Nel corso degli ultimi anni le problematiche legate al ruolo vettore delle zanzare stanno emergendo sia per quanto riguarda l’uomo che gli animali allevati e selvatici. Diversi arbovirus come West Nile, Chikungunya, Usutu e Dengue, possono facilmente spostarsi a livello planetario ed essere introdotti anche nei nostri territori dove possono dare avvio a episodi epidemici. Le tecniche di monitoraggio e sorveglianza dei Culicidi possono essere convenientemente utilizzate per il rilevamento precoce dell’attività virale sul territorio e per la stima del rischio di epidemie al fine dell’adozione delle opportune azioni di Sanità Pubblica. Io scopo della ricerca del dottorato è inserito nel contesto dei temi di sviluppo del Piano regionale sorveglianza delle malattie trasmesse da vettori in Emilia Romagna. La ricerca condotta è inquadrata prevalentemente sotto l’aspetto entomologico applicativo di utilizzo di dispositivi (trappole) che possano catturare efficacemente possibili insetti vettori. In particolare questa ricerca è stata mirata allo studio comparativo in campo di diversi tipi di trappole per la cattura di adulti di zanzara, cercando di interpretare i dati per capire un potenziale valore di efficacia/efficienza nel rilevamento della circolazione virale e come supporto alla pianificazione della rete di sorveglianza dal punto di vista operativo mediante dispositivi adeguati alle finalità d’indagine. Si è cercato di trovare un dispositivo idoneo, approfondendone gli aspetti operativi/funzionali, ai fini di cattura del vettore principale del West Nile Virus, cioè la zanzara comune, da affiancare all’unica tipologia di trappola usata in precedenza. Le prove saranno svolte sia in campo che presso il laboratorio di Entomologia Medica Veterinaria del Centro Agricoltura Ambiente “G. Nicoli” di Crevalcore, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna.

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La presente tesi di dottorato affronta alcune delle più comuni malattie immunomediate del cane e del gatto. Il manoscritto è incentrato sugli aspetti diagnostici e terapeutici in corso di: anemia emolitica immunomediata (Immune-mediated hemolytic anemia, IMHA), trombocitopenia immunomediata (Immune-mediated thrombocytopenia, ITP) e poliartrite immunomediata (Immune-mediated polyarthritis, IMP). Il capitolo 1 costituisce un’introduzione all’argomento delle malattie immunologiche; vengono sottolineati alcuni aspetti patogenetici delle singole malattie immunomediate e riassunte le difficoltà diagnostiche e terapeutiche. Il capitolo 2 riporta uno studio riguardante una popolazione di gatti con diagnosi, o sospetto diagnostico, di IMHA che evidenziava una discrepanza tra i test diagnostici per il virus della leucemia felina (Feline Leukemia Virus, FeLV). La positività FeLV al test point of care, non confermata dalla PCR del DNA provirale, lascia spazio a diverse interpretazioni. Il capitolo 3 mostra i dati relativi al confronto tra tre diversi protocolli immunosoppressivi (glucocorticoidi, glucocorticoidi+ciclosporina, glucocorticoidi+micofenolato mofetile) in una popolazione di cani con IMHA non associativa. Il confronto verteva, principalmente, sulla risposta ematologica dei pazienti, che non si è dimostrata differente tra i tre gruppi terapeutici. Il capitolo 4 riporta una revisione della letteratura riguardante l’ITP del cane e del gatto. Si tratta di una malattia eterogenea in cui le manifestazioni cliniche appaiono variabili: alcuni pazienti sono asintomatici, altri presentano dei sanguinamenti spontanei. La mancanza di criteri diagnostici standardizzati, porta il clinico a considerare l’ITP una diagnosi “ad esclusione”. Le strategie terapeutiche non si basano purtroppo su linee guida condivise, pertanto il target della terapia rimane, ad oggi, sconosciuto. Nel capitolo 5 viene posta l’attenzione su alcuni interrogativi diagnostici e terapeutici che riguardano l’IMP del cane e del gatto. La sintomatologia clinica, caratterizzata da zoppia, febbre e riluttanza al movimento, talvolta può essere subdola. Anche in questa malattia, non vi sono evidenze scientifiche circa il regime immunosoppressivo più corretto ed indicato.

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Four glycoproteins (gD, gB, gH, and gL) are required for herpes simplex virus (HSV) entry into the cell and for cell-cell fusion in transfected cells. gD serves as the receptor-binding glycoprotein and as the trigger of fusion; the other three glycoproteins execute fusion between the viral envelope and the plasma or endocytic membranes. Little is known on the interaction of gD with gB, gH, and gL. Here, the interactions between herpes simplex virus gD and its nectin1 receptor or between gD, gB, and gH were analyzed by complementation of the N and C portions of split enhanced green fluorescent protein (EGFP) fused to the glycoproteins. Split EGFP complementation was detected between proteins designated gDN + gHC, gDN + gBC, and gHN + gBC + wtgD, both in cells transfected with two or tree glycoproteins and in cells transfected with the four glycoproteins, commited to form syncytia. The in situ assay provides evidence that gD interacts with gH and gB independently one of the other. We further document the interaction between gH and gB. To elucidate which portions of the glycoproteins interact with each other we generated mutants of gD and gB. gD triggers fusion through a specialised domain, named pro-fusion domain (PFD), located C-terminally in the ectodomain. Here, we show that PFD is made of subdomains 1 and 2 (amino acids 260–285 and 285–310) and that each one partially contributed to herpes simplex virus infectivity. Chimeric gB molecules composed of HSV and human herpesvirus 8 (HHV8) sequences failed to reach the cell surface and to complement a gB defective virus. By means of pull down experiments we analyzed the interactions of HSV-HHV8 gB chimeras with gH or gD fused to the strep-tag. The gB sequence between aa residues 219-360 was identified as putative region of interaction with gH or critical to the interaction.

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Herpes simplex virus entry into cells requires a multipartite fusion apparatus made of gD, gB and heterodimer gH/gL. gD serves as receptor-binding glycoprotein and trigger of fusion; its ectodomain is organized in a N-terminal domain carrying the receptor-binding sites, and a C-terminal domain carrying the profusion domain, required for fusion but not receptor-binding. gB and gH/gL execute fusion. To understand how the four glycoproteins cross-talk to each other we searched for biochemical defined complexes in infected and transfected cells, and in virions. We report that gD formed complexes with gB in absence of gH/gL, and with gH/gL in absence of gB. Complexes with similar composition were formed in infected and transfected cells. They were also present in virions prior to entry, and did not increase at virus fusion with cell. A panel of gD mutants enabled the preliminary location of part of the binding site in gD to gB to the aa 240-260 portion and downstream, with T306P307 as critical residues, and of the binding site to gH/gL at aa 260-310 portion, with P291P292 as critical residues. The results indicate that gD carries composite independent binding sites for gB and gH/gL, both of which partly located in the profusion domain. The second part of the project dealt with rational design of peptides inhibiting virus entry has been performed. Considering gB and gD, the crystal structure is known, so we designed peptides that dock in the structure or prevent the adoption of the final conformation of target molecule. Considering the other glycoproteins, of which the structure is not known, peptide libraries were analyzed. Among several peptides, some were identified as active, designed on glycoprotein B. Two of them were further analyzed. We identified peptide residues fundamental for the inhibiting activity, suggesting a possible mechanism of action. Furthermore, changing the flexibility of peptides, an increased activity was observed,with an EC50 under 10μM. New approaches will try to demonstrate the direct interaction between these peptides and the target glycoprotein B.

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The arguments of the thesis is the relationship between the Norman domination and the Greek-speaking people living in Sicily and Southern Italy. Particularly the ascendancy of the greek culture on the norman architecture and his role in the construction of the Norman Kingdom.

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Con gli strumenti informatici disponibili oggi per le industrie, in particolar modo coi software CAE, le possibile simulare in maniera più che soddisfacente i fenomeni fisici presenti in natura. Anche il raffreddamento di un manufatto in polimero può venire simulato, a patto che si conoscano tutti i dati dei materiali e delle condizioni al contorno. Per quanto riguarda i dati dei materiali, i produttori di polimeri sono molto spesso in grado di fornirli, mentre le condizioni al contorno devono essere padroneggiate dal detentore della tecnologia. Nella pratica, tale conoscenza è al più incompleta, quindi si fanno ipotesi per colmare le lacune. Una tra le ipotesi più forti fatte è quella di una perfetta conduzione all'interfaccia tra due corpi. Questo è un vincolo troppo forte, se paragonato alla precisione di tutti gli altri dati necessari alla simulazione, e quindi si è deciso di eseguire una campagna sperimentale per stimare la resistenza al passaggio flusso termico all'interfaccia polimero-stampo ovvero determinare la conduttanza termica di contatto. L'attività svolta in questa tesi di dottorato ha come scopo quello di fornire un contributo significativo allo sviluppo e al miglioramento dell'efficienza termica degli stampi di formatura dei polimeri termoplastici con tecnologia a compressione.

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I sottotipi H1N1, H1N2 e H3N2 di influenza A virus sono largamente diffusi nella popolazione suina di tutto il mondo. Nel presente lavoro è stato sviluppato un protocollo di sequenziamento di c.d. nuova generazione, su piattaforma Ion Torrent PGM, idoneo per l’analisi di tutti i virus influenzali suini (SIV). Per valutare l’evoluzione molecolare dei SIV italiani, sono stati sequenziati ed analizzati mediante analisi genomica e filogenetica un totale di sessantadue ceppi di SIV appartenenti ai sottotipi H1N1, H1N2 e H3N2, isolati in Italia dal 1998 al 2014. Sono stati evidenziati in sei campioni due fenomeni di riassortimento: tutti i SIV H1N2 esaminati presentavano una neuraminidasi di derivazione umana, diversa da quella dei SIV H1N2 circolanti in Europa, inoltre l’emoagglutinina (HA) di due isolati H1N2 era originata dal riassortimento con un SIV H1N1 avian-like. L’analisi molecolare dell’HA ha permesso di rivelare un’inserzione di due amminoacidi in quattro SIV H1N1 pandemici e una delezione di due aminoacidi in quattro SIV H1N2, entrambe a livello del sito di legame con il recettore cellulare. E’ stata inoltre evidenziata un’elevata omologia di un SIV H1N1 con ceppi europei isolati negli anni ’80, suggerendo la possibile origine vaccinale di questo virus. E’ stato possibile, in aggiunta, applicare il nuovo protocollo sviluppato per sequenziare un virus influenzale aviare altamente patogeno trasmesso all’uomo, direttamente da campione biologico. La diversità genetica nei SIV esaminati in questo studio conferma l’importanza di un continuo monitoraggio della costellazione genomica dei virus influenzali nella popolazione suina.

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Il Complesso I (CI) mitocondriale è uno dei target metabolici più promettenti nelle terapie anti- cancro. In particolare, la metformina è un inibitore noto del CI, capace di inibire la crescita delle cellule tumorali, ma non di eradicare la patologia. Recentemente, l’associazione metformina ed ipoglicemia si è rivelata letale per i tumori, sebbene l’efficacia terapeutica del trattamento sinergico possa essere influenzata dall’accumulo di alterazioni genetiche nei più noti drivers della tumorigenesi. Abbiamo così investigato l’effetto dello stress metabolico indotto dalla restrizione di glucosio in un pannello di linee cellulari tumorali con un severo deficit sul CI e con un diverso stato genetico di TP53. Il deficit del CI associato alla carenza di glucosio inducono un abbattimento dei livelli di espressione della proteina p53 mutata, ma non della controparte wild-type. Il fenomeno biologico osservato non dipende né da un blocco trascrizionale, né dall’innesco di vie di degradazione intracellulare, come proteasoma ed autofagia. La scomparsa di p53 mutata, invece, sembra dipendere da un blocco generale della sintesi proteica, verosimilmente indotto dallo stress energetico e nutrizionale. Nella controparte p53 wild-type, invece, si osserva solo una parziale riduzione della sintesi proteica, suggerendo l’innesco di possibili vie di adattamento per compensare il danno sul CI. La carenza di amminoacidi è una caratteristica dei tumori solidi che potrebbe essere esacerbata in condizioni di deficit generali della catena respiratoria mitocondriale. In particolare, l’inibizione del CI causa auxotrofia da aspartato, metabolita limitante per la proliferazione, condizione che potrebbe generare il blocco della sintesi proteica osservato. L’incremento di espressione dei livelli del trasportatore aspartato/glutatammato mediata da p53 mutata compensa l’auxotrofia da aspartato, identificando un meccanismo di adattamento al deficit del CI. Dunque, i risultati ottenuti sottolineano l’importanza di implementare la terapia anti-complesso I nel cancro, poiché il diverso stato di p53 può alterare l’efficacia del trattamento.

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SCOPO DELLA RICERCA Aedes albopictus è diventata in pochi anni dalla sua introduzione in Italia la specie di zanzara più nociva e più importante sotto il profilo sanitario. Essendo una zanzara tipicamente urbana e ad attività diurna, limita fortemente la fruizione degli spazi aperti ed incide negativamente su alcune attività economiche. Il recente episodio epidemico di Chikungunya, che ha colpito il nostro Paese, ha allarmato le autorità sanitarie nazionali ed europee che stanno attivando misure di prevenzione e contrasto per fronteggiare il rischio che il virus diventi endemico o che altri virus possano essere introdotti nelle nostre aree. Le misure di lotta contro Aedes albopictus attualmente in essere (lotta larvicida, rimozione dei microfocolai, informazione e coinvolgimento dei cittadini) non danno risultati sufficienti in termini di capacità di contenimento delle densità del vettore. Per questo è stato avviato un progetto di ricerca centrato sull'applicazione del metodo dell'autocidio a questa specie. L’attività di ricerca svolta ha avuto come scopo la messa a punto delle metodiche di allevamento massale e di sterilizzazione in grado di permettere la produzione di maschi di qualità sufficiente a garantire una buona fitness nelle condizioni di campo e competitività coi maschi selvatici nella fase di accoppiamento. Le prove condotte possono essere raggruppate sotto tre principali campi di indagine: Prove di allevamento, Prove di Irraggiamento e Prove di Competizione. 1. Prove di allevamento In questo ambito sono state esaminate nuove diete larvali al fine di ottenere una più elevata produttività in termini di pupe con tempi di impupamento e dimensioni delle pupe più omogenei. È stata inoltre valutata la possibile reazione fagostimolante dell’ATP addizionato al pasto di sangue delle femmine adulte con lo scopo di incrementare la produttività di uova prodotte dai ceppi di Ae.albopictus in allevamento. 2. Prove di irraggiamento Attraverso prove di laboratorio sono stati investigati in gabbia gli effetti sterilizzanti di diverse dosi radianti (20 - 85 Gy) sulle pupe maschio di Ae. albopictus per la valutazione dei livelli di sterilità, fertilità e fecondità indotti sulle femmine. Si sono compiute inoltre indagini per valutare eventuali alterazioni dello stato fisiologico dei maschi irraggiati e dei livelli di sterilità indotti su femmine, in funzione dell’età pupale alla quale venivano sottoposti a radiazioni. Analisi degli effetti delle radiazioni sui tempi di rotazione genitale, sulla velocità ed efficacia degli accoppiamenti e sui tempi di sfarfallamento degli adulti sono state condotte su maschi irraggiati a diverse dosi. Infine su femmine di Ae. albopictus si sono realizzate prove in gabbia per lo studio dei tempi di recettività all'accoppiamento. Prove di competizione L'effetto negativo della colonizzazione in condizioni artificiali e l'irraggiamento sono riconosciuti come i fattori principali che incidono sulla competitività dei maschi sterilizzati nei confronti di quelli fertili. Per la verifica della variazione di fitness dovuta a imbreeding ed eterosi, prove di competizione in serra (7,5 x 5 x 2,80 m) sono state realizzate impiegando ceppi allevati in laboratorio, ceppi selvatici raccolti in campo e ceppi ibridi ottenuti incrociando diversi ceppi di laboratorio. RISULTATI 1. Prove di allevamento Sono state confrontate la dieta standard (DS = 2,5 mg/larva Friskies Adult ® + 0,5 mg/larva lievito di birra) e la nuova dieta integrata addizionata di Tetramin ® (DI = DS + 0,2 mg/larva Tetramin ®) per l’alimentazione delle larve in allevamento. Le prove condotte hanno evidenziato una buona risposta nelle percentuali di impupamento e di produttività in termini di pupe per la nuova dieta senza però evidenziare miglioramenti significativi con la DS. Con la dieta integrata si ottiene un impupamento a 7 giorni del 66,6% delle larve allevate (65% con la DS) e il setacciamento a 1400 μm delle pupe ottenute produce in media il 98,3% di maschi nel setacciato (98,5% con la DS). Con la dieta standard la percentuale di maschi ottenuti sulle larve iniziali è pari a 27,2% (20-25% con la DS). Come riportato da Timmermann e Briegel (1999) la dieta delle larve va strutturata con l’obiettivo di garantire un ampio range di elementi nutritivi evitando così il rischio di carenze o sub-carenze che possano influire negativamente sulla produttività dell’allevamento e sulle condizioni di vigore dei maschi. Secondo Reisen (1980, 1982), l’influenza negativa dell’allevamento sulla competitività dei maschi nella fase di accoppiamento potrebbe essere di maggiore peso rispetto all’influenza dell’irraggiamento dei maschi. Infine le prove di laboratorio condotte per la verifica dell’efficacia fagostimolante di ATP nel pasto di sangue offerto alle femmine dell’allevamento non hanno evidenziato differenze significative in nessuno dei parametri considerati tra il campione nutrito con ATP e il testimone. Nella realizzazione di allevamenti massali per la produzione di maschi da irraggiare, si ritiene quindi opportuno mantenere la nuova dieta testata che garantisce una spettro nutritivo più ampio e completo alle larve in allevamento. L’aggiunta di ATP nel pasto di sangue delle femmine adulte non sarà impiegato in quanto troppo costoso e significativamente poco produttivo nel garantire un aumento del numero di uova prodotte. 2. Prove di irraggiamento Oltre alla sopravvivenza e alla sterilità, la scelta dello stadio di sviluppo più conveniente da irraggiare in un programma SIT dipende dalla possibilità di maneggiare in sicurezza grandi quantità di insetti senza danneggiarli durante tutte le fasi che intercorrono tra l’allevamento massale, l’irraggiamento e il lancio in campo. La fase pupale risulta sicuramente più vantaggiosa per il maggior numero di pupe irraggiabili per unità di volume e per il minimo danneggiamento arrecabile all'insetto che viene mantenuto in acqua durante tutte le procedure. La possibilità di lavorare con la minima dose radiante efficace, significa ridurre lo stress provocato inevitabilmente alle pupe maschio, che si manifesta nell’adulto con una ridotta longevità, una diminuita capacità di accoppiamento o di ricerca del partner e attraverso possibili alterazioni comportamentali che possono rendere il maschio inattivo o inefficace una volta introdotto in campo. I risultati ottenuti sottoponendo pupe maschili a irraggiamento a differenti ore dall’impupamento evidenziano come la maturità del campione influisca sia sulla mortalità delle pupe che sull’efficacia sterilizzante dell’irraggiamento. Come riportato anche da Wijeyaratne (1977) le pupe più vecchie mostrano una minore mortalità e una maggiore sensibilità alle radiazioni rispetto a quelle più giovani. In particolare si è osservato come pupe maschili di età superiore 24h fossero maggiormente sensibili all’irraggiamento riportando minore perdita di competitività rispetto alle pupe irraggiate precocemente. La minore dose impiegata per il raggiungimento della sterilità con minimi effetti sulla longevità dei maschi trattati e con livelli di fecondità e fertilità indotti sulle femmine non differenti dal testimone, corrisponde a 40Gy (Cs 137 - 2,3 Gy/min). Analizzando la sopravvivenza dei maschi, si osserva una tendenza all'aumento della mortalità in funzione dell’aumento della dose fornita per tutte le età pupali di irraggiamento testate. Per trattamenti condotti su pupe di età > 30h la longevità dei maschi non risente dell’irraggiamento fino a dosi di 40Gy. La fecondità delle femmine accoppiatesi con maschi irraggiati con dosi superiori a 40Gy mostra una tendenza alla riduzione del numero di uova prodotte con l’aumentare della dose ricevuta dal maschio. L’irraggiamento delle pupe non determina variazioni significative nei tempi di sfarfallamento degli adulti per le diverse dosi radianti fornite e per le differenti età pupali testate in rapporto al testimone. L’irraggiamento influenza al contrario i tempi di rotazione dei genitali esterni dei maschi evidenziando un ritardo proporzionale alla dose ricevuta. Resta da definire sui maschi irraggiati l’effetto combinato dei due effetti sui tempi di sfarfallamento degli adulti anche se appare chiara l’assenza di variazioni significative per la dose di irraggiamento 40Gy scelta come radiazione utile per la sterilizzazione dei maschi da lanciare in campo. Per quanto riguarda l’analisi dei tempi di accoppiamento dei maschi irraggiati si osserva in generale una minore reattività rispetto ai maschi fertili particolarmente marcata nei maschi irraggiati a dosi superiori i 40 Gy. Gli studi condotti sui tempi di accoppiamento delle femmine evidenziano una buona recettività (>80%) all’accoppiamento solo per femmine di età superiore a 42 - 48 h femmine. Prima di tale periodo la femmina realizza accoppiamenti con normale appaiamento dei due sessi ma non riceve il trasferimento degli spermi. 3. Prove di competizione Prove preliminari di competizione in tunnel svolte nel 2006 su ceppi selvatici e di allevamento avevano mostrato risultati di competitività dei maschi sterili (50 Gy) segnati da forte variabilità. Nel 2007 dopo aver condotto analisi per la verifica dei tempi di sfarfallamento, di accoppiamento e di rotazione genitale nei maschi sterilizzati, e di recettività nelle femmine, sono state realizzate nuove prove. In queste prove maschi adulti di Ae. albopictus irraggiati a 40Gy sono stati posizionati in campo, in ambiente naturale ombreggiato ed isolato, all’interno di serre (8x5x2,8 m) insieme a maschi adulti fertili e femmine vergini di Ae. albopictus con rapporto 1:1:1. Le prove preliminari 2006 erano condotte con le medesime condizioni sperimentali del 2007 ad eccezione dei tempi di inserimento delle femmine vergini passati da 1 giorno nel 2006, a 3 giorni nel 2007 dall’immissione dei maschi in tunnel. Sono state effettuate prove testando la competizione tra esemplari provenienti da ceppi di allevamento (cicli di allevamento in gabbia > 15), ceppi selvatici (da materiale raccolto in campo e con cicli di allevamento in gabbia < 5) e ceppi ibridi (ottenuti dall’incrocio di ceppi italiani di diversa provenienza geografica). I risultati ottenuti mostrano indici di competizioni medi accettabili senza evidenziare differenza fra i ceppi impiegati. L’allevamento massale quindi non deprime i ceppi allevati e gli ibridi realizzati non mostrano una vigoria superiore ne rispetto ai ceppi selvatici ne rispetto agli allevati in laboratorio.

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Questa tesi di dottorato ha per suo oggetto la ricognizione degli elementi teorici, di linguaggio politico e di influenza concettuale che le scienze sociali tra Ottocento e Novecento hanno avuto nell’opera di Antonio Gramsci. La ricerca si articola in cinque capitoli, ciascuno dei quali intende ricostruire, da una parte, la ricezione gramsciana dei testi classici della sociologia e della scienza politica del suo tempo, dall’altra, far emergere quelle filiazioni concettuali che permettano di valutare la portata dell’influenza delle scienze sociali sugli scritti gramsciani. Il lungo processo di sedimentazione concettuale del lessico delle scienze sociali inizia in Gramsci già negli anni della formazione politica, sullo sfondo di una Torino positivista che esprime le punte più avanzate del “progetto grande borghese” per lo studio scientifico della società e per la sua “organizzazione disciplinata”; di questa tradizione culturale Gramsci incrocia a più riprese il percorso. La sua formazione più propriamente politica si svolge però all’interno del Partito socialista, ancora imbevuto del lessico positivista ed evoluzionista. Questi due grandi filoni culturali costituiscono il brodo di coltura, rifiutato politicamente ma al tempo stesso assunto concettualmente, per quelle suggestioni sociologiche che Gramsci metterà a frutto in modo più organico nei Quaderni. La ricerca e la fissazione di una specifica antropologia politica implicita al discorso gramsciano è il secondo stadio della ricerca, nella direzione di un’articolazione complessiva delle suggestioni sociologiche che i Quaderni assumono come elementi di analisi politica. L’analisi si sposta sulla storia intellettuale della Francia della Terza Repubblica, più precisamente sulla nascita del paradigma sociologico durkheimiano come espressione diretta delle necessità di integrazione sociale. Vengono così messe in risalto alcune assonanze lessicali e concettuali tra il discorso di Durkheim, di Sorel e quello di Gramsci. Con il terzo capitolo si entra più in profondità nella struttura concettuale che caratterizza il laboratorio dei Quaderni. Si ricostruisce la genesi di concetti come «blocco storico», «ideologia» ed «egemonia» per farne risaltare quelle componenti che rimandano direttamente alle funzioni di integrazione di un sistema sociale. La declinazione gramsciana di questo problema prende le forme di un discorso sull’«organicità» che rende più che mai esplicito il suo debito teorico nei confronti dell’orizzonte concettuale delle scienze sociali. Il nucleo di problemi connessi a questa trattazione fa anche emergere l’assunzione di un vero e proprio lessico sociologico, come per i concetti di «conformismo» e «coercizione», comunque molto distante dallo spazio semantico proprio del marxismo contemporaneo a Gramsci. Nel quarto capitolo si affronta un caso paradigmatico per quanto riguarda l’assunzione non solo del lessico e dei concetti delle scienze sociali, ma anche dei temi e delle modalità della ricerca sociale. Il quaderno 22 intitolato Americanismo e fordismo è il termine di paragone rispetto alla realtà che Gramsci si prefigge di indagare. Le consonanze delle analisi gramsciane con quelle weberiane dei saggi su Selezione e adattamento forniscono poi gli spunti necessari per valutare le novità emerse negli Stati Uniti con la razionalizzazione produttiva taylorista, specialmente in quella sua parte che riguarda la pervasività delle tecniche di controllo della vita extra-lavorativa degli operai. L’ultimo capitolo affronta direttamente la questione delle aporie che la ricezione della teoria sociologica di Weber e la scienza politica italiana rappresentata dagli elitisti Mosca, Pareto e Michels, sollevano per la riformulazione dei concetti politici gramsciani. L’orizzonte problematico in cui si inserisce questa ricerca è l’individuazione di una possibile “sociologia del politico” gramsciana che metta a tema quel rapporto, che è sempre stato di difficile composizione, tra marxismo e scienze sociali.

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La tesi ha per obiettivo di quantificare gli effetti che la variabilità spaziale del mezzo poroso ha sull'evoluzione di un sistema geochimico. Le reazioni di dissoluzione o precipiazione di minerali modificano la struttura microscopica del mezzo, e con essa le proprietà idrodinamiche del sistema, la permeabilità in modo particolare. La variabilità spaziale iniziale del mezzo può essere causa della formazione di digitazioni o canalizzazioni? La prima parte della tesi tratta il cambiamento di scala, necessario per passare da una simulazione geostatistica su griglia fine al calcolo di trasporto su una tessellazione più grossolana. Nel caso del codice di calcolo Hytec, che implementa uno schema ai volumi finiti basato su discretizzazione in poligoni di Voronoï, sono stati confrontati diversi metodi di calcolo della permeabilità equivalente, seguendo differenti criteri. La seconda parte riguarda i calcoli di trasporto reattivo condotti su famiglie di simulazioni geostatistiche del mezzo; l'influenza della variabilità spaziale iniziale sull'evoluzione dei sistemi viene quantificata grazie ad opportune grandezze osservabili. Sono state studiate due reazioni distinte: un caso di dissoluzione, in maniera più approfondita, e più rapidamente un caso di precipitazione, il cui effetto complessivo è quello di riequilibrare il sistema.

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Descrizione, tema e obiettivi della ricerca La ricerca si propone lo studio delle possibili influenze che la teoria di Aldo Rossi ha avuto sulla pratica progettuale nella Penisola Iberica, intende quindi affrontare i caratteri fondamentali della teoria che sta alla base di un metodo progettuale ed in particolar modo porre l'attenzione alle nuove costruzioni quando queste si confrontano con le città storiche. Ha come oggetto principale lo studio dei documenti, saggi e scritti riguardanti il tema della costruzione all'interno delle città storiche. Dallo studio di testi selezionati di Aldo Rossi sulla città si vuole concentrare l'attenzione sull'influenza che tale teoria ha avuto nei progetti della Penisola Iberica, studiare come è stata recepita e trasmessa successivamente, attraverso gli scritti di autori spagnoli e come ha visto un suo concretizzarsi poi nei progetti di nuove costruzioni all'interno delle città storiche. Si intende restringere il campo su un periodo ed un luogo precisi, Spagna e Portogallo a partire dagli anni Settanta, tramite la lettura di un importante evento che ha ufficializzato il contatto dell'architetto italiano con la Penisola Iberica, quale il Seminario di Santiago de Compostela tenutosi nel 1976. Al Seminario parteciparono numerosi architetti che si confrontarono su di un progetto per la città di Santiago e furono invitati personaggi di fama internazionale a tenere lezioni introduttive sul tema di dibattito in merito al progetto e alla città storica. Il Seminario di Santiago si colloca in un periodo storico cruciale per la Penisola Iberica, nel 1974 cade il regime salazarista in Portogallo e nel 1975 cade il regime franchista in Spagna ed è quindi di rilevante importanza capire il legame tra l'architettura e la nuova situazione politica. Dallo studio degli interventi, dei progetti che furono prodotti durante il Seminario, della relazione tra questo evento ed il periodo storico in cui esso va contestualizzato, si intende giungere alla individuazione delle tracce della reale presenza di tale eredità. Presupposti metodologici. Percorso e strumenti di ricerca La ricerca può quindi essere articolata in distinte fasi corrispondenti per lo più ai capitoli in cui si articola la tesi: una prima fase con carattere prevalentemente storica, di ricerca del materiale per poter definire il contesto in cui si sviluppano poi le vicende oggetto della tesi; una seconda fase di impronta teorica, ossia di ricerca bibliografica del materiale e delle testimonianze che provvedono alla definizione della reale presenza di effetti scaturiti dai contatti tra Rossi e la Penisola Iberica, per andare a costruire una eredità ; una terza fase che entra nel merito della composizione attraverso lo studio e la verifica delle prime due parti, tramite l'analisi grafica applicata ad uno specifico esempio architettonico selezionato; una quarta fase dove il punto di vista viene ribaltato e si indaga l'influenza dei luoghi visitati e dei contatti intrattenuti con alcuni personaggi della Penisola Iberica sull'architettura di Rossi, ricercandone i riferimenti. La ricerca è stata condotta attraverso lo studio di alcuni eventi selezionati nel corso degli anni che si sono mostrati significativi per l'indagine, per la risonanza che hanno avuto sulla storia dell'architettura della Penisola. A questo scopo si sono utilizzati principalmente tre strumenti: lo studio dei documenti, le pubblicazioni e le riviste prodotte in Spagna, gli scritti di Aldo Rossi in merito, e la testimonianza diretta attraverso interviste di personaggi chiave. La ricerca ha prodotto un testo suddiviso per capitoli che rispetta l'organizzazione in fasi di lavoro. A seguito di determinate condizioni storiche e politiche, studiate nella ricerca a supporto della tesi espressa, nella Penisola Iberica si è verificato il diffondersi della necessità e del desiderio di guardare e prendere a riferimento l'architettura europea e in particolar modo quella italiana. Il periodo sul quale viene focalizzata l'attenzione ha inizio negli anni Sessanta, gli ultimi prima della caduta delle dittature, scenario dei primi viaggi di Aldo Rossi nella Penisola Iberica. Questi primi contatti pongono le basi per intense e significative relazioni future. Attraverso l'approfondimento e la studio dei materiali relativi all'oggetto della tesi, si è cercato di mettere in luce il contesto culturale, l'attenzione e l'interesse per l'apertura di un dibattito intorno all'architettura, non solo a livello nazionale, ma europeo. Ciò ha evidenziato il desiderio di innescare un meccanismo di discussione e scambio di idee, facendo leva sull'importanza dello sviluppo e ricerca di una base teorica comune che rende coerente i lavori prodotti nel panorama architettonico iberico, seppur ottenendo risultati che si differenziano gli uni dagli altri. E' emerso un forte interesse per il discorso teorico sull'architettura, trasmissibile e comunicabile, che diventa punto di partenza per un metodo progettuale. Ciò ha reso palese una condivisione di intenti e l'assunzione della teoria di Aldo Rossi, acquisita, diffusa e discussa, attraverso la pubblicazione dei suoi saggi, la conoscenza diretta con l'architetto e la sua architettura, conferenze, seminari, come base teorica su cui fondare il proprio sapere architettonico ed il processo metodologico progettuale da applicare di volta in volta negli interventi concreti. Si è giunti così alla definizione di determinati eventi che hanno permesso di entrare nel profondo della questione e di sondare la relazione tra Rossi e la Penisola Iberica, il materiale fornito dallo studio di tali episodi, quali il I SIAC, la diffusione della rivista "2C. Construccion de la Ciudad", la Coleccion Arquitectura y Critica di Gustavo Gili, hanno poi dato impulso per il reperimento di una rete di ulteriori riferimenti. E' stato possibile quindi individuare un gruppo di architetti spagnoli, che si identificano come allievi del maestro Rossi, impegnato per altro in quegli anni nella formazione di una Scuola e di un insegnamento, che non viene recepito tanto nelle forme, piuttosto nei contenuti. I punti su cui si fondano le connessioni tra l'analisi urbana e il progetto architettonico si centrano attorno due temi di base che riprendono la teoria esposta da Rossi nel saggio L'architettura della città : - relazione tra l'area-studio e la città nella sua globalità, - relazione tra la tipologia edificatoria e gli aspetti morfologici. La ricerca presentata ha visto nelle sue successive fasi di approfondimento, come si è detto, lo sviluppo parallelo di più tematiche. Nell'affrontare ciascuna fase è stato necessario, di volta in volta, operare una verifica delle tappe percorse precedentemente, per mantenere costante il filo del discorso col lavoro svolto e ritrovare, durante lo svolgimento stesso della ricerca, gli elementi di connessione tra i diversi episodi analizzati. Tale operazione ha messo in luce talvolta nodi della ricerca rimasti in sospeso che richiedevano un ulteriore approfondimento o talvolta solo una rivisitazione per renderne possibile un più proficuo collegamento con la rete di informazioni accumulate. La ricerca ha percorso strade diverse che corrono parallele, per quanto riguarda il periodo preso in analisi: - i testi sulla storia dell'architettura spagnola e la situazione contestuale agli anni Settanta - il materiale riguardante il I SIAC - le interviste ai partecipanti al I SIAC - le traduzioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica - la rivista "2C. Construccion de la Ciudad" Esse hanno portato alla luce una notevole quantità di tematiche, attraverso le quali, queste strade vengono ad intrecciarsi e a coincidere, verificando l'una la veridicità dell'altra e rafforzandone il valore delle affermazioni. Esposizione sintetica dei principali contenuti esposti dalla ricerca Andiamo ora a vedere brevemente i contenuti dei singoli capitoli. Nel primo capitolo Anni Settanta. Periodo di transizione per la Penisola Iberica si è cercato di dare un contesto storico agli eventi studiati successivamente, andando ad evidenziare gli elementi chiave che permettono di rintracciare la presenza della predisposizione ad un cambiamento culturale. La fase di passaggio da una condizione di chiusura rispetto alle contaminazioni provenienti dall'esterno, che caratterizza Spagna e Portogallo negli anni Sessanta, lascia il posto ad un graduale abbandono della situazione di isolamento venutasi a creare intorno al Paese a causa del regime dittatoriale, fino a giungere all'apertura e all'interesse nei confronti degli apporti culturali esterni. E' in questo contesto che si gettano le basi per la realizzazione del I Seminario Internazionale di Architettura Contemporanea a Santiago de Compostela, del 1976, diretto da Aldo Rossi e organizzato da César Portela e Salvador Tarragó, di cui tratta il capitolo secondo. Questo è uno degli eventi rintracciati nella storia delle relazioni tra Rossi e la Penisola Iberica, attraverso il quale è stato possibile constatare la presenza di uno scambio culturale e l'importazione in Spagna delle teorie di Aldo Rossi. Organizzato all'indomani della caduta del franchismo, ne conserva una reminescenza formale. Il capitolo è organizzato in tre parti, la prima si occupa della ricostruzione dei momenti salienti del Seminario Proyecto y ciudad historica, dagli interventi di architetti di fama internazionale, quali lo stesso Aldo Rossi, Carlo Aymonino, James Stirling, Oswald Mathias Ungers e molti altri, che si confrontano sul tema delle città storiche, alle giornate seminariali dedicate all’elaborazione di un progetto per cinque aree individuate all’interno di Santiago de Compostela e quindi dell’applicazione alla pratica progettuale dell’inscindibile base teorica esposta. Segue la seconda parte dello stesso capitolo riguardante La selezione di interviste ai partecipanti al Seminario. Esso contiene la raccolta dei colloqui avuti con alcuni dei personaggi che presero parte al Seminario e attraverso le loro parole si è cercato di approfondire la materia, in particolar modo andando ad evidenziare l’ambiente culturale in cui nacque l’idea del Seminario, il ruolo avuto nella diffusione della teoria di Aldo Rossi in Spagna e la ripercussione che ebbe nella pratica costruttiva. Le diverse interviste, seppur rivolte a persone che oggi vivono in contesti distanti e che in seguito a questa esperienza collettiva hanno intrapreso strade diverse, hanno fatto emergere aspetti comuni, tale unanimità ha dato ancor più importanza al valore di testimonianza offerta. L’elemento che risulta più evidente è il lascito teorico, di molto prevalente rispetto a quello progettuale che si è andato mescolando di volta in volta con la tradizione e l’esperienza dei cosiddetti allievi di Aldo Rossi. Negli stessi anni comincia a farsi strada l’importanza del confronto e del dibattito circa i temi architettonici e nel capitolo La fortuna critica della teoria di Aldo Rossi nella Penisola Iberica è stato affrontato proprio questo rinnovato interesse per la teoria che in quegli anni si stava diffondendo. Si è portato avanti lo studio delle pubblicazioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, pubblica e traduce in lingua spagnola i più importanti saggi di architettura, tra i quali La arquitectura de la ciudad di Aldo Rossi, nel 1971, e Comlejidad y contradiccion en arquitectura di Robert Venturi nel 1972. Entrambi fondamentali per il modo di affrontare determinate tematiche di cui sempre più in quegli anni si stava interessando la cultura architettonica iberica, diventando così ¬ testi di riferimento anche nelle scuole. Le tracce dell’influenza di Rossi sulla Penisola Iberica si sono poi ricercate nella rivista “2C. Construccion de la Ciudad” individuata come strumento di espressione di una teoria condivisa. Con la nascita nel 1972 a Barcellona di questa rivista viene portato avanti l’impegno di promuovere la Tendenza, facendo riferimento all’opera e alle idee di Rossi ed altri architetti europei, mirando inoltre al recupero di un ruolo privilegiato dell’architettura catalana. A questo proposito sono emersi due fondamentali aspetti che hanno legittimato l’indagine e lo studio di questa fonte: - la diffusione della cultura architettonica, il controllo ideologico e di informazione operato dal lavoro compiuto dalla rivista; - la documentazione circa i criteri di scelta della redazione a proposito del materiale pubblicato. E’ infatti attraverso le pubblicazioni di “2C. Construccion de la Ciudad” che è stato possibile il ritrovamento delle notizie sulla mostra Arquitectura y razionalismo. Aldo Rossi + 21 arquitectos españoles, che accomuna in un’unica esposizione le opere del maestro e di ventuno giovani allievi che hanno recepito e condiviso la teoria espressa ne “L’architettura della città”. Tale mostra viene poi riproposta nella Sezione Internazionale di Architettura della XV Triennale di Milano, la quale dedica un Padiglione col titolo Barcelona, tres epocas tres propuestas. Dalla disamina dei progetti presentati è emerso un interessante caso di confronto tra le Viviendas para gitanos di César Portela e la Casa Bay di Borgo Ticino di Aldo Rossi, di cui si è occupato l’ultimo paragrafo di questo capitolo. Nel corso degli studi è poi emerso un interessante risvolto della ricerca che, capovolgendone l’oggetto stesso, ne ha approfondito gli aspetti cercando di scavare più in profondità nell’analisi della reciproca influenza tra la cultura iberica e Aldo Rossi, questa parte, sviscerata nell’ultimo capitolo, La Penisola Iberica nel “magazzino della memoria” di Aldo Rossi, ha preso il posto di quello che inizialmente doveva presentarsi come il risvolto progettuale della tesi. Era previsto infatti, al termine dello studio dell’influenza di Aldo Rossi sulla Penisola Iberica, un capitolo che concentrava l’attenzione sulla produzione progettuale. A seguito dell’emergere di un’influenza di carattere prettamente teorica, che ha sicuramente modificato la pratica dal punto di vista delle scelte architettoniche, senza però rendersi esplicita dal punto di vista formale, si è preferito, anche per la difficoltà di individuare un solo esempio rappresentativo di quanto espresso, sostituire quest’ultima parte con lo studio dell’altra faccia della medaglia, ossia l’importanza che a sua volta ha avuto la cultura iberica nella formazione della collezione dei riferimenti di Aldo Rossi. L’articolarsi della tesi in fasi distinte, strettamente connesse tra loro da un filo conduttore, ha reso necessari successivi aggiustamenti nel percorso intrapreso, dettati dall’emergere durante la ricerca di nuovi elementi di indagine. Si è pertanto resa esplicita la ricercata eredità di Aldo Rossi, configurandosi però prevalentemente come un’influenza teorica che ha preso le sfumature del contesto e dell’esperienza personale di chi se ne è fatto ricevente, diventandone così un continuatore attraverso il proprio percorso autonomo o collettivo intrapreso in seguito. Come suggerisce José Charters Monteiro, l’eredità di Rossi può essere letta attraverso tre aspetti su cui si basa la sua lezione: la biografia, la teoria dell’architettura, l’opera. In particolar modo per quanto riguarda la Penisola Iberica si può parlare dell’individuazione di un insegnamento riferito alla seconda categoria, i suoi libri di testo, le sue partecipazioni, le traduzioni. Questo è un lascito che rende possibile la continuazione di un dibattito in merito ai temi della teoria dell’architettura, della sue finalità e delle concrete applicazioni nelle opere, che ha permesso il verificarsi di una apertura mentale che mette in relazione l’architettura con altre discipline umanistiche e scientifiche, dalla politica, alla sociologia, comprendendo l’arte, le città la morfologia, la topografia, mediate e messe in relazione proprio attraverso l’architettura.

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La conoscenza delle esigenze luminose (intensità, spettro, durata minima, massima ed ottimale del fotoperiodo di illuminazione) e della tolleranza alle condizioni degli interni delle piante ad uso decorativo, è di fondamentale importanza per una giusta tecnica di progettazione (dimensionamento e dislocazione dei punti luce) dell’indoor plantscaping. Il lungo periodo di condizionamento al quale queste piante vengono sottoposte, caratterizzato principalmente dalla scarsa disponibilità di luce naturale e dagli alti livelli di concentrazione di CO2 determina una forte influenza sui processi morfo-fisiologici. Il presente studio analizza il fattore luminoso ed è articolato su più punti quali; • caratterizzazione della riposta fotosintetica all’intensità luminosa di 21 delle principali specie a fogliame decorativo comunemente utilizzate nella realizzazione degli spazi verdi indoor, per stabilire quali siano i minimi ed ottimali livelli di PAR tali da garantire una fotosintesi netta positiva e nel complesso le condizioni di maggior benessere per le piante; • quantificazione dell’incremento fotosintetico netto dovuto ad una maggior concentrazione di CO2 negli interni rispetto alla concentrazione CO2 atmosferica esterna, all’aumentare dell’ intensità luminosa artificiale sulle precedenti specie; • monitoraggio dell’andamento delle attività fotosintetiche durante il periodo di illuminazione di 8 ore comunemente utilizzato in un interno ad uso lavorativo, a PAR costante e variabile in Ficus elastica e Dieffenbachia picta, al fine di stabilire quali possano essere le durate e le modalità di somministrazione della luce per rendere massima la fotosintesi netta riducendo al minimo i consumi energetici dovuti all’accensione delle lampade; • valutazione della risposta morfo-fisiologica e fotosintetica a modificazioni dello spettro luminoso mediante l’uso di LED monocromatici colorati ad emissione nel bianco, blu e rosso in Ficus benjamina e Iresine herbistii al fine di stabilire se questo tipo di lampade possano essere utilizzate come fonte integrativa e/o sostitutiva nella realizzazione degli spazi verdi interni. Vengono analizzati il punto si compensazione alla luce (g), il punto di saturazione alla luce (s), l’efficienza quantica (AQE), il punto di respirazione al buio (Rd) e la fotosintesi netta massima (A max) per (Aglaonema commutatum, Asplenium nidus, Anthurium andreanum, Begonia rex, Calathea luoise, Calathea veitchiana, Calathea rufibarba, Calathea zebrina, Codiaeum variegatum, Cthenanthe oppenheimiana, Dieffenbakia picta, Ficus benjamina, Ficus elatica, Ficus longifolia, Fittonia verschaffeltii, Iresine herbistii, Philodendron erubescens, Philodendron pertusum, Potos aureus, Spathiphillum wallisi, Syngonium podophillum ) e classificate le specie in funzione di Amax in quattro categorie; A max < 2 µmol CO2 m-2 s-1, A max compresa tra 2 e 4 µmol CO2 m-2 s-1, Amax cpmpresa tra 4 e 6 µmol CO2 m-2 s-1, Amax > 6 µmol CO2 m-2 s-1, al fine di mettere in risalto la potenzialità fotosintetiche di ogni singola specie. I valori di PAR compresi tra (g) ed (s) forniscono le indicazioni sulle quali basarsi per scegliere una giusta lampada o dimensionare un punto luce per ogni singola specie e/o composizione. È stimata l’influenza di due livelli di concentrazione di CO2 ambientale (400 e 800 ppm) all’incrementare dell’intensità luminosa sul processo fotosintetico delle specie precedenti. Per quasi tutte le specie 800 ppm di CO2 non favoriscono nessun incremento all’attività fotosintetica ad eccezione di Ficus benjamina, Ficus elatica e Syngonium podophillum se non accompagnati da una disponibilità luminosa superiore alle 10 µmol m-2 s-1. Viene monitorato l’andamento dell’attività fotosintetica a PAR costante e variabile (intervallando periodi di 8 minuti a PAR 40 e 80) durante 8 ore di illuminazione su Ficus elastica e Dieffenbachia picta al fine di stabilire la miglior modalità di somministrazione della luce. La fotosintesi netta cumulativa per l’intera durata di illuminazione a PAR costante mostra un calo dopo alcune ore dall’attivazione in Dieffenbackia, e un andamento oscillatorio in Ficus. L’illuminazione alternata consente di raggiungere i quantitativi di CO2 organicata a 80 µmol m-2 s-1 di PAR, dopo 5 ore e mezza sia in Ficus che Dieffenbackia sebbene le potenzialità fotosintetiche delle due piante siano molto differenti. È stato valutato l’effetto dell’illuminazione artificiale mediante LED (15W) a luce bianca, blu e rossa monocromatica in rapporto alla luce neon(36W) bianca tradizionale (con differenti abbinamenti tra le lampade) sui principali parametri morfologici e fisiologici, in Ficus benjamin ‘Variegata’ e Iresine herbistii per verificare se tali fonti possono rappresentare una valida alternativa nella sostituzione o integrazione di altre lampade per gli spazi verdi indoor. Tutte le combinazioni LED indagate possono rappresentare un’alternativa di sostituzione alla coltivazione con neon ed un risparmio energetico di oltre il 50%. Una PAR di 20,6 µmol m-2 s-1 della singola lampada LED bianco è sufficiente per mantenere la pianta in condizioni di sopravvivenza con un consumo di 15W a fronte dei 36W necessari per il funzionamento di ogni neon. La combinazione LED bianco + LED blu monocromatico favorisce il contenimento della taglia della pianta, caratteristica gradita nella fase di utilizzo indoor, una maggior produzione di sostanza secca e un’attività fotosintetica più elevata.

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Il lavoro presentato si propone di fornire un contributo all'implementazione di indagini finalizzate a misurare l'evoluzione delle intenzioni d'acquisto del consumatore italiano nei confronti degli OGM, data anche l'impossibilità  al momento di avere indicazioni e dati sul comportamento (vista la quasi totale assenza dei prodotti OGM nella distribuzione, se si eccettuano i prodotti d'allevamento di animali alimentati con OGM per cui non è previsto nessun obbligo di etichettatura). Le coltivazioni transgeniche (Organismi Geneticamente Modificati) si stanno diffondendo abbastanza rapidamente nel contesto mondiale, dal 1996, primo anno in cui sono uscite dalla fase sperimentale, ad oggi. Nel 2008 la superficie globale delle colture biotech è stata di 125 milioni di ettari, circa il 9% in più rispetto ai 114 milioni del 2007, mentre il numero dei Paesi che hanno adottato varietà  GM è giunto a 25. Di questi sono soprattutto Usa, Canada, Argentina, Brasile, Cina e India a trainare la crescita; le colture più diffuse sono soia, mais, cotone e colza, prodotti destinati principalmente al segmento feed e al segmento no-food e solo in minima parte al segmento food (cioè all'alimentazione diretta umana). Molte più resistenze ha incontrato tale sviluppo nei Paesi dell'Unione europea. A tutt'oggi le coltivazioni GM hanno raggiunto estensioni significative solamente in Spagna, con alcune decine di migliaia di ettari di mais GM. Mais che peraltro è l'unica produzione per cui è stata autorizzata una varietà  GM alla coltivazione. Si intuisce in sostanza come in Europa si sia assunto un atteggiamento molto più prudente verso l'utilizzo su larga scala di tale innovazione scientifica, rispetto a quanto accaduto nei grandi Paesi citati in precedenza. Una prudenza dettata dal serrato dibattito, tuttora in corso, tra possibilisti e contrari, con contrapposizioni anche radicali, al limite dell'ideologia. D'altro canto, le indagini di Eurobarometro hanno messo in luce un miglioramento negli ultimi anni nella percezione dei cittadini europei verso le biotecnologie: dopo aver raggiunto un livello minimo di fiducia nel 1999, si è manifestata una lenta risalita verso i livelli di inizio anni '90, con percentuali di "fiduciosi" intorno al 55-60% sul totale della popolazione. Tuttavia, sebbene sulle biotecnologie in genere (l'Eurobarometro individua quattro filoni: alimenti contenenti OGM, terapie geniche, nanotecnologie e farmaci contenenti OGM), il giudizio sia abbastanza positivo, sugli alimenti permane un certo scetticismo legato soprattutto a considerazioni di inutilità  della tecnologia, di rischio percepito e di accettabilità morale: per citare il caso italiano, che, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, è tra i più elevati nel contesto europeo, solamente un cittadino su tre valuta positivamente gli alimenti contenenti OGM. Se si analizza, inoltre, il sentiment del settore agricolo, nel quale il tema riveste anche un'importanza di natura economico-produttiva, in quanto incidente sui comportamenti e sulla strategie aziendali, sembra emergere un'apertura significativamente più elevata, se non una vera e propria frattura rispetto all'opinione pubblica. Infatti, circa due maiscoltori lombardi su tre (Demoskopea, 2008), cioè la tipologia di agricoltori che potrebbe beneficiare di tale innovazione, coltiverebbero mais GM se la normativa lo consentisse. Ebbene, in tale contesto diventa d'estremo interesse, sebbene di non facile praticabilità , lo studio e l'implementazione di modelli volti a monitorare le componenti che concorrono a formare l'intenzione e, in ultima analisi, il comportamento, dei consumatori verso gli OGM. Un esercizio da attuare per lo più tramite una serie di misurazioni indirette che devono fermarsi necessariamente all'intenzione nel caso italiano, mentre in altri Paesi che hanno avuto legislazioni più favorevoli all'introduzione degli OGM stessi nella produzione food può perseguire approcci d'analisi field, focalizzati non solo sull'intenzione, ma anche sul legame tra intenzione ed effettivo comportamento. Esiste una vasta letteratura che studia l'intenzione del consumatore verso l'acquisto di determinati beni. Uno degli approcci teorici che negli ultimi anni ha avuto più seguito è stato quello della Teoria del Comportamento Pianificato (Ajzen, 1991). Tale teoria prevede che l'atteggiamento (cioè l'insieme delle convinzioni, credenze, opinioni del soggetto), la norma soggettiva (cioè l'influenza dell'opinione delle persone importanti per l'individuo) e il controllo comportamentale percepito (ovvero la capacità , auto-percepita dal soggetto, di riuscire a compiere un determinato comportamento, in presenza di un'intenzione di ugual segno) siano variabili sufficienti a spiegare l'intenzione del consumatore. Tuttavia, vari ricercatori hanno e stanno cercando di verificare la correlazione di altre variabili: per esempio la norma morale, l'esperienza, l'attitudine al rischio, le caratteristiche socio-demografiche, la cosiddetta self-identity, la conoscenza razionale, la fiducia nelle fonti d'informazione e via discorrendo. In tale lavoro si è cercato, quindi, di esplorare, in un'indagine "pilota" quali-quantitativa su un campione ragionato e non probabilistico, l'influenza sull'intenzione d'acquisto di prodotti alimentari contenenti OGM delle variabili tipiche della Teoria del Comportamento Pianificato e di alcune altre variabili, che, nel caso degli OGM, appaiono particolarmente rilevanti, cioè conoscenza, fiducia nelle fonti d'informazione ed elementi socio-demografici. Tra i principali risultati da porre come indicazioni di lavoro per successive analisi su campioni rappresentativi sono emersi: - La conoscenza, soprattutto se tecnica, sembra un fattore, relativamente al campione ragionato analizzato, che conduce ad una maggiore accettazione degli OGM; le stesse statistiche descrittive mettono in luce una netta differenza in termini di intenzione d'acquisto dei prodotti contenenti OGM da parte del sub-campione più preparato sull'argomento; - L'esplorazione della fiducia nelle fonti d'informazione è sicuramente da approfondire ulteriormente. Dall'indagine effettuata risulta come l'unica fonte che influenza con le sue informazioni la decisione d'acquisto sugli OGM è la filiera agroalimentare. Dato che tali attori si caratterizzano per lo più con indicazioni contrarie all'introduzione degli OGM nei loro processi produttivi, è chiaro che se il consumatore dichiara di avere fiducia in loro, sarà  anche portato a non acquistare gli OGM; - Per quanto riguarda le variabili della Teoria del Comportamento Pianificato, l'atteggiamento mette in luce una netta preponderanza nella spiegazione dell'intenzione rispetto alla norma soggettiva e al controllo comportamentale percepito. Al contrario, queste ultime appaiono variabili deboli, forse perchè a tutt'oggi la possibilità  concreta di acquistare OGM è praticamente ridotta a zero ; - Tra le variabili socio-demografiche, l'influenza positiva del titolo di studio sulla decisione d'acquisto sembra confermare almeno in parte quanto emerso rispetto alla variabile "conoscenza"; - Infine, il fatto che il livello di reddito non influisca sull'intenzione d'acquisto appare abbastanza scontato, se si pensa, ancora una volta, come a tutt'oggi gli OGM non siano presenti sugli scaffali. Il consumatore non ha al momento nessuna idea sul loro prezzo. Decisamente interessante sarà  indagare l'incidenza di tale variabile quando il "fattore OGM" sarà  prezzato, presumibilmente al ribasso rispetto ai prodotti non OGM.