2 resultados para Vida cristiana s.XVIII
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Joaquín Camaño fu un gesuita della Provincia del Paraguay, vissuto nell' esilio italiano la maggior parte della sua vita dal 1767 al 1820. Il suo lavoro e la sua fama possono essere considerati di minore importanza se paragonati a molti altri gesuiti esiliati per ordine di Carlo III alla fine del XVIII secolo in Emilia-Romagna. Attraverso la mia ricerca approfondisco il ruolo di J. Camaño quale personaggio minore che entra nella vita degli altri espulsi tramite un dinamico network relazionale di cui è stato uno dei principali artefici. Il mio obiettivo è stato quello di studiare l'impatto che ebbero gli esuli gesuiti americani, attraverso la vita di Joaquin Camaño, sul mondo intellettuale italiano, europeo ed americano dopo l'espulsione del 1767. Egli, con i suoi studi, si inserisce nella rinnovata e vivace retorica del “Mondo Nuovo” che in quegli anni assume un grande dinamismo. Nato nella modesta città di La Rioja, in Argentina, si erge come un brillante cartografo, etnografo e linguista nel contesto dell'Illustrazione europea grazie alla sua particolare vita da missionario. Dopo l'espulsione, Joaquin Camaño, insieme ad altri numerosi confratelli americani, arriverà a Faenza, nello Stato Pontificio, dedicandosi allo studio della cartografia, dell'etnografia e delle lingue americane. Le sue ricerche si collocano in un momento nevralgico per la storia del pensiero linguistico-antropologico, quando l'osservazione diretta e la riflessione teorica dei fenomeni si misuravano con la grande varietà umana ormai riscontrata nel mondo.
Resumo:
Nella tesi si osserva come nella cultura russa cambiava l’immagine di Roma. Se ancora alla fine del settecento l’antichità romana poteva risultare solamente uno strumento retorico-filologico da utilizzare per fare il proprio discorso più convincente, la generazione dei decabristi la stessa antica romanità la accostava alla cultura e storia russe tramite gli elevati ideali civici. La romanità ora risultava uno strumento di analisi della esperienza storica e politica della Russia anche nel contesto europeo. Da qui nasceva una serie di modelli russi legati all’antica Roma: il Catone di Radiscev, il Bruto dei decabristi, ecc. Vi attingeva generosamente anche una corrente di lirica russo-antica con i suoi ricchi riferimenti agli autori classici, Ovidio, Tacito, Orazio. Nasceva così una specie di Roma antica russa che viveva secondo le sue regole etiche ed estetiche. Con il fallimento dell’esperienza decabrista cambia anche l’approccio alle antichità: ci si distacca dalla visione storico-morale dell’antico, Roma non è più una categoria da emulare, ma una storia a sé stante e chiusa in sé stessa come ogni periodo storico. Essa smette di essere un criterio universale di giudizio etico e morale. Allo stesso tempo, una parte integrante della cultura russa all’epoca era il viaggio a Roma. I russi cresciuti con interesse e amore verso la Roma antica, impazienti ed emozionati, desideravano ora di vedere quella patria dei classici. Era come se fosse un appuntamento fra gli amici di vecchia data. Si affrettava a verificare di persona le muse di storia e di poesia. E con tutto questo si imparavano ad amare tutti i defetti della Roma reale, spesso inospitale, la Roma del dolore e della fatica. La voce importante nel racconto romano dei russi era anche la Roma del cristianesimo, dove ritrovare e ricoprire la propria “anima cristiana”.