5 resultados para Una virus

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Introduzione: Il cervico-carcinoma è la seconda neoplasia maligna per incidenza e mortalità nelle donne in tutto il mondo dopo il cancro al seno. L’infezione persistente da Papillomavirus Umani (HPV) è causa necessaria dell’insorgenza del cervico-carcinoma e delle sue lesioni pre-cancerose. L’infezione da HPV si associa anche ad altri carcinomi del distretto ano-genitale (a livello anale, vulvare, vaginale e del pene) e a circa il 25% dei carcinomi squamosi dell’orofaringe. I circa 40 genotipi di HPV che infettano la mucosa genitale vengono suddivisi in alto rischio (HR-HPV) e basso rischio (LR-HPV) oncogeno a seconda della alta e bassa associazione con la neoplasia cervicale. I 13 genotipi a più alto rischio oncogeno sono 16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 59 e 68. Di questi, otto (16, 18, 31, 33, 35, 45, 52 e 58) sono associati alla maggior parte dei carcinomi cervicali (circa 89%) e i genotipi 16 e 18 da soli sono riscontrati nel 70% circa delle neoplasie. L’insorgenza e progressione delle lesioni preneoplastiche cervicali è, però, associata non solo alla presenza di HPV ad alto rischio, ma, soprattutto, alla persistenza virale (> 18 mesi), alla capacità di integrazione degli HPV ad alto rischio e alla conseguente sovraespressione delle oncoproteine E6/E7. Inoltre, l’integrazione è spesso favorita da un’alta carica virale soprattutto per quanto riguarda alcuni genotipi (HPV16 e 18). L’infezione da HPV non interessa solo la cervice uterina ma tutto il distretto ano-genitale e quello testa-collo. L’HPV, in particolare il genotipo 16, è implicato, infatti, nell’insorgenza delle lesioni preneoplastiche della vulva (VIN) classificate come VIN classiche e nei carcinomi ad esse associati. L’incidenza del carcinoma vulvare in Europa è di 1.5/100.000 di cui circa il 45% è dovuto a HR-HPV (80% ad HPV16). Nonostante l’associazione tra HPV16 e carcinoma vulvare sia alta, ancora poco si conosce sul ruolo della carica virale e dell’integrazione in tali lesioni. Le lesioni che possono presentarsi nella regione testa-collo possono essere sia di natura benigna che maligna. I genotipi più frequentemente riscontrati in associazione a lesioni benigne (papillomi) sono HPV 6 e 11, quelli associati a forme tumorali (HNSCC) sono il genotipo 18 ma soprattutto il 16. Molti aspetti del coinvolgimento di HPV in queste patologie non sono ancora perfettamente conosciuti e spesso studi su tale argomento hanno mostrato risultati contraddittori, soprattutto perché vengono utilizzate metodiche con gradi diversi di sensibilità e specificità. Recenti dati di letteratura hanno tuttavia messo in evidenza che i pazienti affetti da HNSCC positivi ad HPV hanno una elevata risposta al trattamento chemioradioterapico rispetto ai pazienti HPV-negativi con un notevole impatto sul controllo locale e sulla sopravvivenza ma soprattutto sulla qualità di vita di tali pazienti, evitando di sottoporli a chirurgia sicuramente demolitiva. Scopo del lavoro: Sulla base di queste premesse, scopo di questo lavoro è stato quello di valutare l’importanza di marker quali la presenza/persistenza di HPV, la carica virale, la valutazione dello stato fisico del genoma virale e l’espressione degli mRNA oncogeni nella gestione di pazienti con lesioni preneoplastiche e neoplastiche di diverso grado, associate a papillomavirus mucosi. Per la valutazione dei markers virologici di progressione neoplastica abbiamo sviluppato dei saggi di real time PCR qualitativi e quantitativi studiati in modo da poter fornire, contemporaneamente e a seconda delle esigenze, risposte specifiche non solo sulla presenza e persistenza dei diversi genotipi di HPV, ma anche sul rischio di insorgenza, progressione e recidiva delle lesioni mediante lo studio di markers virologici quali carica virale, integrazione ed espressione degli mRNA. Abbiamo pertanto indirizzato la nostra attenzione verso tre popolazioni specifiche di pazienti: - donne con lesioni vulvari preneoplastiche (VIN) e neoplastiche, allo scopo di comprendere i complessi meccanismi patogenetici di tali patologie non sempre associate ad infezione da HPV; - pazienti con lesioni maligne a livello della regione testa-collo allo scopo di fornire informazioni utili all’elaborazione di un percorso terapeutico mirato (radiochemioterapico o chirurgico) a seconda o meno della presenza di infezione virale; - donne con lesioni cervicali di alto grado, trattate chirurgicamente per la rimozione delle lesioni e seguite nel follow-up, per stabilire l’importanza di tali marker nella valutazione della persistenza virale al fine di prevenire recidive di malattia.

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Le infezioni post trapianto sono una complicanza frequente, tra queste l'infezione da Polyomavirus rappresenta una patologia molto frequente e causa di perdita del graft. Sono stati studiati 70 pazienti portatori di trapianto renale per valutare l'incidenza dell'infezione e la sua prognosi e la risposta alla terapia

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L’ampliamento dello spettro d’ospite è strettamente connesso al processo evolutivo a cui i virus sono assoggettati e rappresenta una notevole sfida alla loro capacità di adattarsi. L’attitudine a superare le barriere di specie è conseguente alla costante e relativamente rapida evoluzione che caratterizza i virus; allo stesso tempo, la forza selettiva esercitata dal nuovo ospite rappresenterà un ulteriore stimolo per le capacità adattative del virus. Ad oggi, i meccanismi genetici ed evolutivi responsabili del salto di specie virale, cioè la trasmissione di un virus da un ospite tradizionale ad uno precedentemente resistente all’infezione, sono parzialmente sconosciuti. Nel seguente lavoro verranno presentati gli studi effettuati sulle dinamiche evolutive caratterizzanti virus a RNA e a DNA in cui si sono osservate variazioni dello spettro d’ospite. Gli studi hanno riguardato i coronavirus, con particolare riferimento al ruolo svolto dai pipistrelli nell’evoluzione dei coronavirus SARS-correlati, e l’importanza del gatto nell’evoluzione dei parvovirus dei carnivori. Nella prima sezione saranno mostrate le correlazioni genetiche dei coronavirus identificati in Italia nei pipistrelli appartenenti alla specie Rhinolophus ferrumequinum con i ceppi europei e del resto del mondo, allo scopo di chiarire l’origine evolutiva dei coronavirus dei pipistrelli correlati al virus della SARS (Bat-SARS-like CoV) europei, gli eventi migratori che hanno caratterizzato la loro diffusione nel continente e le potenziali ripercussioni sulla salute pubblica. Nella seconda sezione saranno evidenziate le caratteristiche molecolari dei ceppi di parvovirus circolanti nella popolazione felina, valutandone la diversità di sequenza e la complessità genetica, allo scopo di ottenere importanti informazioni in merito all’evoluzione del virus e alle interazioni tra il parvovirus e l’ospite.

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L'epatite E è una malattia umana con caratteristiche di epatite acuta, causata da un ssRNA virus (HEV). Nel 1997, HEV è stato identificato per la prima volta nei suini (SwHEV). In seguito, diverse evidenze, tra cui la vicinanza genetica tra ceppi umani e suini, suggerirono la trasmissione zoonotica del virus. Nella presente tesi, l’identificazione di SwHEV è stata condotta mediante ricerca di porzioni di genoma virale attraverso RT-PCR. Dal 2011 al 2013, sono stati analizzati 343 campioni fecali (da 19 allevamenti) e 70 bili (da 2 macelli) prelevati da altrettanti suini, in diverse Regioni italiane. E’ stato inoltre condotto uno studio retrospettivo su 78 feci (da 3 allevamenti) raccolte nel 2000. Il virus è stato identificato nel 24,5% e 19,2% delle feci raccolte rispettivamente nel 2011-2013 e nel 2000. Nessuna bile è risultata positiva. Mediante sequenziamento del genoma intero di uno dei virus identificati, è stata condotta l’analisi filogenetica per valutarne il grado di correlazione con alti ceppi suini e umani. La presenza di HEV è stata valutata lungo la filiera di produzione suina, dal macello al punto vendita. Trentaquattro campioni di feci, fegato e muscolo sono stati raccolti in un macello da altrettanti suini sani (età:6-7 mesi). Quattordici feci e 2 fegati, sono risultati positivi per HEV. Sono state prelevate 129 salsicce sia allo stabilimento di trasformazione sia alla vendita, ma nessuna è risultata positiva. La presenza di HEV è stata valutata anche nelle salsicce di fegato, fresche e secche, acquistate presso una macelleria. Il genoma virale è stato rilevato nel 22,2% delle salsicce fresche e nel 4,3 % di quelle secche ma la vitalità del virus non è stata dimostrata. In conclusione, lo studio condotto ha confermato l’ampia circolazione di HEV nei suini e la possibile contaminazione dei prodotti carnei derivati, confermando la necessità di una continua sorveglianza.

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I sottotipi H1N1, H1N2 e H3N2 di influenza A virus sono largamente diffusi nella popolazione suina di tutto il mondo. Nel presente lavoro è stato sviluppato un protocollo di sequenziamento di c.d. nuova generazione, su piattaforma Ion Torrent PGM, idoneo per l’analisi di tutti i virus influenzali suini (SIV). Per valutare l’evoluzione molecolare dei SIV italiani, sono stati sequenziati ed analizzati mediante analisi genomica e filogenetica un totale di sessantadue ceppi di SIV appartenenti ai sottotipi H1N1, H1N2 e H3N2, isolati in Italia dal 1998 al 2014. Sono stati evidenziati in sei campioni due fenomeni di riassortimento: tutti i SIV H1N2 esaminati presentavano una neuraminidasi di derivazione umana, diversa da quella dei SIV H1N2 circolanti in Europa, inoltre l’emoagglutinina (HA) di due isolati H1N2 era originata dal riassortimento con un SIV H1N1 avian-like. L’analisi molecolare dell’HA ha permesso di rivelare un’inserzione di due amminoacidi in quattro SIV H1N1 pandemici e una delezione di due aminoacidi in quattro SIV H1N2, entrambe a livello del sito di legame con il recettore cellulare. E’ stata inoltre evidenziata un’elevata omologia di un SIV H1N1 con ceppi europei isolati negli anni ’80, suggerendo la possibile origine vaccinale di questo virus. E’ stato possibile, in aggiunta, applicare il nuovo protocollo sviluppato per sequenziare un virus influenzale aviare altamente patogeno trasmesso all’uomo, direttamente da campione biologico. La diversità genetica nei SIV esaminati in questo studio conferma l’importanza di un continuo monitoraggio della costellazione genomica dei virus influenzali nella popolazione suina.