4 resultados para Three-way Data
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Il traffico veicolare è la principale fonte antropogenica di NOx, idrocarburi (HC) e CO e, dato che la sostituzione dei motori a combustione interna con sistemi alternativi appare ancora lontana nel tempo, lo sviluppo di sistemi in grado di limitare al massimo le emissioni di questi mezzi di trasporto riveste un’importanza fondamentale. Sfortunatamente non esiste un rapporto ottimale aria/combustibile che permetta di avere basse emissioni, mentre la massima potenza ottenibile dal motore corrisponde alle condizioni di elevata formazione di CO e HC. Gli attuali sistemi di abbattimento permettono il controllo delle emissioni da sorgenti mobili tramite una centralina che collega il sistema di iniezione del motore e la concentrazione di ossigeno del sistema catalitico (posto nella marmitta) in modo da controllare il rapporto aria/combustibile (Fig. 1). Le marmitte catalitiche per motori a benzina utilizzano catalizzatori “three way” a base di Pt/Rh supportati su ossidi (allumina, zirconia e ceria), che, dovendo operare con un rapporto quasi stechiometrico combustibile/comburente, comportano una minore efficienza del motore e consumi maggiori del 20-30% rispetto alla combustione in eccesso di ossigeno. Inoltre, questa tecnologia non può essere utilizzata nei motori diesel, che lavorano in eccesso di ossigeno ed utilizzano carburanti con un tenore di zolfo relativamente elevato. In questi ultimi anni è cresciuto l’interesse per il controllo delle emissioni di NOx da fonti veicolari, con particolare attenzione alla riduzione catalitica in presenza di un eccesso di ossigeno, cioè in condizioni di combustione magra. Uno sviluppo recente è rappresentato dai catalizzatori tipo “Toyota” che sono basati sul concetto di accumulo e riduzione (storage/reduction), nei quali l’NO viene ossidato ed accumulato sul catalizzatore come nitrato in condizioni di eccesso di ossigeno. Modificando poi per brevi periodi di tempo le condizioni di alimentazione da ossidanti (aria/combustibile > 14,7 p/p) a riducenti (aria/combustibile < 14,7 p/p) il nitrato immagazzinato viene ridotto a N2 e H2O. Questi catalizzatori sono però molto sensibili alla presenza di zolfo e non possono essere utilizzati con i carburanti diesel attualmente in commercio. Obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di ottimizzare e migliorare la comprensione del meccanismo di reazione dei catalizzatori “storage-reduction” per l’abbattimento degli NOx nelle emissioni di autoveicoli in presenza di un eccesso di ossigeno. In particolare lo studio è stato focalizzato dapprima sulle proprietà del Pt, fase attiva nei processi di storage-reduction, in funzione del tipo di precursore e sulle proprietà e composizione della fase di accumulo (Ba, Mg ed una loro miscela equimolare) e del supporto (γ-Al2O3 o Mg(Al)O). Lo studio è stato inizialmente focalizzato sulle proprietà dei precursori del Pt, fase attiva nei processi di storage-reduction, sulla composizione della fase di accumulo (Ba, Mg ed una loro miscela equimolare) e del supporto (γ-Al2O3 o Mg(Al)O). E’ stata effettuata una dettagliata caratterizzazione chimico-fisica dei materiali preparati tramite analisi a raggi X (XRD), area superficiale, porosimetria, analisi di dispersione metallica, analisi in riduzione e/o ossidazione in programmata di temperatura (TPR-O), che ha permesso una migliore comprensione delle proprietà dei catalizzatori. Vista la complessità delle miscele gassose reali, sono state utilizzate, nelle prove catalitiche di laboratorio, alcune miscele più semplici, che tuttavia potessero rappresentare in maniera significativa le condizioni reali di esercizio. Il comportamento dei catalizzatori è stato studiato utilizzando differenti miscele sintetiche, con composizioni che permettessero di comprendere meglio il meccanismo. L’intervallo di temperatura in cui si è operato è compreso tra 200-450°C. Al fine di migliorare i catalizzatori, per aumentarne la resistenza alla disattivazione da zolfo, sono state effettuate prove alimentando in continuo SO2 per verificare la resistenza alla disattivazione in funzione della composizione del catalizzatore. I principali risultati conseguiti possono essere così riassunti: A. Caratteristiche Fisiche. Dall’analisi XRD si osserva che l’impregnazione con Pt(NH3)2(NO2)2 o con la sospensione nanoparticellare in DEG, non modifica le proprietà chimico-fisiche del supporto, con l’eccezione del campione con sospensione nanoparticellare impregnata su ossido misto per il quale si è osservata sia la segregazione del Pt, sia la presenza di composti carboniosi sulla superficie. Viceversa l’impregnazione con Ba porta ad una significativa diminuzione dell’area superficiale e della porosità. B. Caratteristiche Chimiche. L’analisi di dispersione metallica, tramite il chemiassorbimento di H2, mostra per i catalizzatori impregnati con Pt nanoparticellare, una bassa dispersione metallica e di conseguenza elevate dimensioni delle particelle di Pt. I campioni impregnati con Pt(NH3)2(NO2)2 presentano una migliore dispersione. Infine dalle analisi TPR-O si è osservato che: Maggiore è la dispersione del metallo nobile maggiore è la sua interazione con il supporto, L’aumento della temperatura di riduzione del PtOx è proporzionale alla quantità dei metalli alcalino terrosi, C. Precursore Metallo Nobile. Nelle prove di attività catalitica, con cicli ossidanti e riducenti continui in presenza ed in assenza di CO2, i catalizzatori con Pt nanoparticellare mostrano una minore attività catalitica, specie in presenza di un competitore come la CO2. Al contrario i catalizzatori ottenuti per impregnazione con la soluzione acquosa di Pt(NH3)2(NO2)2 presentano un’ottima attività catalitica, stabile nel tempo, e sono meno influenzabili dalla presenza di CO2. D. Resistenza all’avvelenamento da SO2. Il catalizzatore di riferimento, 17Ba1Pt/γAl2O3, mostra un effetto di avvelenamento con formazione di solfati più stabili che sul sistema Ba-Mg; difatti il campione non recupera i valori iniziali di attività se non dopo molti cicli di rigenerazione e temperature superiori ai 300°C. Per questi catalizzatori l’avvelenamento da SO2 sembra essere di tipo reversibile, anche se a temperature e condizioni più favorevoli per il 1.5Mg8.5Ba-1Pt/γAl2O3. E. Capacità di Accumulo e Rigenerabilità. Tramite questo tipo di prova è stato possibile ipotizzare e verificare il meccanismo della riduzione. I catalizzatori ottenuti per impregnazione con la soluzione acquosa di Pt(NH3)2(NO2)2 hanno mostrato un’elevata capacità di accumulo. Questa è maggiore per il campione bimetallico (Ba-Mg) a T < 300°C, mentre per il riferimento è maggiore per T > 300°C. Per ambedue i catalizzatori è evidente la formazione di ammoniaca, che potrebbe essere utilizzata come un indice che la riduzione dei nitrati accumulati è arrivata al termine e che il tempo ottimale per la riduzione è stato raggiunto o superato. Per evitare la formazione di NH3, sul catalizzatore di riferimento, è stata variata la concentrazione del riducente e la temperatura in modo da permettere alle specie adsorbite sulla superficie e nel bulk di poter raggiungere il Pt prima che l’ambiente diventi troppo riducente e quindi meno selettivo. La presenza di CO2 riduce fortemente la formazione di NH3; probabilmente perché la CO2, occupando i siti degli elementi alcalino-terrosi lontani dal Pt, impedisce ai nitriti/nitrati o all’H2 attivato di percorrere “elevate” distanze prima di reagire, aumentando così le possibilità di una riduzione più breve e più selettiva. F. Tempo di Riduzione. Si è migliorata la comprensione del ruolo svolto dalla concentrazione dell’agente riducente e dell’effetto della durata della fase riducente. Una durata troppo breve porta, nel lungo periodo, alla saturazione dei siti attivi, un eccesso alla formazione di NH3 Attraverso queste ultime prove è stato possibile formulare un meccanismo di reazione, in particolare della fase riducente. G. Meccanismo di Riduzione. La mobilità dei reagenti, nitriti/nitrati o H2 attivato è un elemento fondamentale nel meccanismo della riduzione. La vicinanza tra i siti di accumulo e quelli redox è determinante per il tipo di prodotti che si possono ottenere. La diminuzione della concentrazione del riducente o l’aumento della temperatura concede maggiore tempo o energia alle specie adsorbite sulla superficie o nel bulk per migrare e reagire prima che l’ambiente diventi troppo riducente e quindi meno selettivo.
Resumo:
Introduction. Ectodermal Dysplasias are a heterogeneous group of inherited disorders characterized by dysplasia of tissues of ectodermal origin (hair, nails, teeth, skins and glands). Clinically, it may be divided into two broad categories: the X-linked hypoidrotic form and the hidrotic form. Hypohidrotic Ectodermal Dysplasia (H.E.D) is characterized by the triad oligo-anodontia, hypotricosis, hypo-anhydrosis (Christ-Siemens-Tourane syndrome). The incidence of HED is about 1/100,000. Mutation in the actodysplasin-A (EDA) and ectodysplasin-A receptor (EDAR) genes are responsible for X-linked and autosomal HED. The clinical features include sparse, fine hair, missing or conical-shaped teeth, decreased sweat and mucous glands, hypoplastic skin, and heat intolerance with exercise or increased ambient temperature. Complete or partial anodontia and malformation of teeth are the most frequent dental findings. Incisors and canines are often conical-shaped while primarily second molars, if present, are mostly affected by taurodontism. Treatment is supportive and includes protection from heat exposure, early prosthetic rehabilitation, skin, hair ear, nose and nail care, and genetic counseling for family planning. The diagnosis of HED in the neonatal and early infancy period may be difficult since sparse hair and absent teeth are normal finding at this age. In childhood the diagnosis is more easily made on the basis of history and clinical examination. Dental abnormalities are the most common complaint. Prosthetic rehabilitation has been recommended as an essential part of the management of HED because is important from functional, esthetic, and psychological standpoint. A team approach that includes input from a pediatric dentist, an orthodontist, a prosthodontist, and an oral and maxillofacial surgeon is necessary for a successful outcome. Conventional prosthodontic rehabilitation in young patient is often difficult because of the anatomical abnormalities of existing teeth and alveolar ridges. The conical shaped teeth and “knife-edge” alveolar ridges result in poor retention and instability of dentures. Moreover, denture must permit jaws expansion and a correct pattern of growth. Materials and Methods. Complete removable dentures were provided to allow for normal physiological development and a corrected masticatory function. Initial maxillary and mandibular impressions were made with smallest stock trays and irreversible hydrocolloid and then final impressions ware made with light-bodied polysulfide rubber base impression material. A base of autopolymerizing resin was constructed and a wax rim was added to the base. The patient’s vertical dimension of occlusion was established by assessing phonetic and esthetic criteria. Preliminary occlusal relations were recorded, and the mandibular cast was mounted on the articulator. Acrylic resin teeth specific for children dentures were selected and mounted. The dentures were tried in and, after proper adjustments, were inserted. The patients were monitored clinically every month to fit prostheses. Cephalometric radiographs were taken every 6 month with the prostheses in place in order to evaluate correct pattern of growth. Cephalometric measurements were realized and used to evaluate the effect of rehabilitation on craniofacial growth. Cephalometric measurements of sound patients were compared with ED patients. After two month expander screws (three-way screw in the upper denture and two-way the lower one)were inserted in each denture in order to permit the expansion of the denture and the jaws growth. Where conical teeth were present, composite crown were realized and luted to improve the esthetic and phonesis. In order to improve retention the placement of endosseous implants was carried out. TC 3D Accuitomo was performed and a resin model of mandibular bone of the patient was realized. At the age of 11 years two implants were inserted into anterior mandible in a child with anodontia. Despite a remarkable multi-dimensional atrophy of the mandibular alveolar process, the insertion of two tapered screw implants (SAMO Smiler, diameter 3.8, length 10 mm). After a submerged healing period of two-three month, the implants were exposed. Implants were connected with an expansion guide that permits mandibular growth and prosthetic retention. The amount of mandibular growth was also evaluate dusing the expansion guide. Results. Early oral rehabilitation improve oral function, phonesis and esthetic, reducing social impairment. Treated patients showed normal cephalometric measurement. Early rehabilitation is able to prevent the prognatissm of the mandibula . The number of teeth was significantly related to several changes in craniofacial morphology. Discussion. In the present study the 5,3% of ED patients showed hypodontia, the l’89,4% di oligodontia, and the 5,3% di anodontia. The cephalometric analysis supports that ED patients showed midface hypoplasia. ED groups showed an increased pogonion to nasion measurement than sound patients, indicative of class III tendency. The present study demonstrated that number of teeth was significantly correlated with deviation of cephalometric measurements from normality. Oligoanodontia is responsible for changing of cephalometric measuraments also on sagittal plane with a class III tendency. Maxillary jaw showed a retrused position related to the presence of hypodontia.
Resumo:
In many application domains data can be naturally represented as graphs. When the application of analytical solutions for a given problem is unfeasible, machine learning techniques could be a viable way to solve the problem. Classical machine learning techniques are defined for data represented in a vectorial form. Recently some of them have been extended to deal directly with structured data. Among those techniques, kernel methods have shown promising results both from the computational complexity and the predictive performance point of view. Kernel methods allow to avoid an explicit mapping in a vectorial form relying on kernel functions, which informally are functions calculating a similarity measure between two entities. However, the definition of good kernels for graphs is a challenging problem because of the difficulty to find a good tradeoff between computational complexity and expressiveness. Another problem we face is learning on data streams, where a potentially unbounded sequence of data is generated by some sources. There are three main contributions in this thesis. The first contribution is the definition of a new family of kernels for graphs based on Directed Acyclic Graphs (DAGs). We analyzed two kernels from this family, achieving state-of-the-art results from both the computational and the classification point of view on real-world datasets. The second contribution consists in making the application of learning algorithms for streams of graphs feasible. Moreover,we defined a principled way for the memory management. The third contribution is the application of machine learning techniques for structured data to non-coding RNA function prediction. In this setting, the secondary structure is thought to carry relevant information. However, existing methods considering the secondary structure have prohibitively high computational complexity. We propose to apply kernel methods on this domain, obtaining state-of-the-art results.
Resumo:
The recent advent of Next-generation sequencing technologies has revolutionized the way of analyzing the genome. This innovation allows to get deeper information at a lower cost and in less time, and provides data that are discrete measurements. One of the most important applications with these data is the differential analysis, that is investigating if one gene exhibit a different expression level in correspondence of two (or more) biological conditions (such as disease states, treatments received and so on). As for the statistical analysis, the final aim will be statistical testing and for modeling these data the Negative Binomial distribution is considered the most adequate one especially because it allows for "over dispersion". However, the estimation of the dispersion parameter is a very delicate issue because few information are usually available for estimating it. Many strategies have been proposed, but they often result in procedures based on plug-in estimates, and in this thesis we show that this discrepancy between the estimation and the testing framework can lead to uncontrolled first-type errors. We propose a mixture model that allows each gene to share information with other genes that exhibit similar variability. Afterwards, three consistent statistical tests are developed for differential expression analysis. We show that the proposed method improves the sensitivity of detecting differentially expressed genes with respect to the common procedures, since it is the best one in reaching the nominal value for the first-type error, while keeping elevate power. The method is finally illustrated on prostate cancer RNA-seq data.