19 resultados para Suino - Abate

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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L’infezione da virus dell’ epatite E (HEV) nei suini e nell’uomo è stata segnalata in diversi Paesi. Nei suini, il virus causa infezioni asintomatiche, mentre nell’uomo è responsabile di epidemie di epatite ad andamento acuto nei Paesi a clima tropicale o subtropicale con condizioni igieniche scadenti, di casi sporadici in quelli sviluppati. HEV è stato isolato anche in diversi animali e l’analisi nucleotidica degli isolati virali di origine animale ha mostrato un elevato grado di omologia con i ceppi di HEV umani isolati nelle stesse aree geografiche, avvalorando l’ipotesi che l'infezione da HEV sia una zoonosi. In America del Sud HEV suino è stato isolato per la prima volta in suini argentini nel 2006, mentre solo dal 1998 esistono dati sull’ infezione da HEV nell’uomo in Bolivia. In questa indagine è stato eseguito uno studio di sieroprevalenza in due comunità rurali boliviane e i risultati sono stati confrontati con quelli dello studio di sieroprevalenza sopra menzionato condotto in altre zone rurali della Bolivia. Inoltre, mediante Nested RT-PCR, è stata verificata la presenza di HEV nella popolazione umana e suina. La sieroprevalenza per anticorpi IgG anti-HEV è risultata pari al 6,2%, molto simile a quella evidenziata nello studio precedente. La prevalenza maggiore (24%) si è osservata nei soggetti di età compresa tra 41 e 50 anni, confermando che l’ infezione da HEV è maggiore fra i giovani-adulti. La ricerca di anticorpi anti HEV di classe IgM eseguita su 52 sieri ha fornito 4 risultati positivi. Il genoma virale è stato identificato in uno dei 22 pool di feci umane e l'esame virologico di 30 campioni individuali fecali e 7 individuali di siero ha fornito rispettivamente risultati positivi in 4/30 e 1/7. La Nested RT-PCR eseguita sui 22 pool di feci suine ha dato esito positivo in 7 pool. L’analisi delle sequenze genomiche di tutti gli amplificati ha consentito di stabilire che gli isolati umani appartenevano allo stesso genotipo III di quelli suini e presentavano con questi una elevata omologia aminoacidica (92%).

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The first part of the thesis is a brief review on the most important aspects of HEV infection in human and swine, followed by an update on the laboratory techniques currently in use for the diagnosis of HEV infections in humans and animals. The second part refers on the results of two investigations carried out on the presence of HEV infection in swine farms in Toscana and Piemonte and on the presence of HEV infection in pigs and humans in some rural communities in Bolivia. HEV strains isolated from swine herds in Toscana and Piemonte were all included in the genotype 3, showing particular homology with Dutch porcine isolates, Spanish porcine and human isolates and British human isolates. The investigation carried out, with a random sampling, in the province of Cuneo, detected HEV infection with a prevalence of 46% on farms with a number of pigs greater than 500. HEV was detected in pigs and humans in rural communities in Bolivia and all the viral isolate were included in the genotype 3. Aminoacidic homology of human and swine isolates was estimated to be 92%. Results on the development of a Real Time RT-PCR to detect HEV are also reported. The used Real Time RT-PCR protocols, one step and two steps, exhibited good sensitivity to detect several Italian swine HEV strains with high rate of genetic variability.

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The main work involved the PMWS (Post-weaning multisystemic Wasting Syndrome), caused by PCV-2 (Porcine Circovirus type 2) that involved post-weaned pigs. Merial Italy has funded a study activity in which groups of 3-5 animals were sampled for lungs, tracheo-bronchial and superficial inguinal lymph nodes, ileum and tonsils. The protocol applied can be identified as a more diagnostic potential on the individual than on the group. PNP. Another investigation has been conducted to study proliferative and necrotizing pneumonia (PNP), a form of interstitial pneumonia in weaning and post-weaning pigs characterized by hypertrophy and hyperplasia of type II pneumocytes, coagulative necrosis and granular debris within alveolar spaces. Many studies suggest porcine reproductive and respiratory syndrome virus (PRRSV) and porcine circovirus type 2 (PCV2) as the main causes of the disease, but Aujeszky disease virus (ADV) and swine influenza virus (SIV) are also considered. An immunohistochemical study was carried out to evaluate the role of these viruses in PNP lesions in Italy. PNP results primarily associated with PRRSV, even if co-infection is characterized by more severe histological features. Reproductive pathology. A major risk factor for PCV2 infection is a viraemic episode taking place in pregnant sows with low antibody titer which is transmitted by specific PCV2 products of conception. PCV2 can infect the fetus even by vehicles through infected semen or ova, or as a result of infection of the genital tract. An investigation was carried out to identify the presence and localization of PCV2 in the genital tracts of sows experimentally infected with PCV2 and in their fetuses. The results obtained suggest that: conventional sows can be infected by intrauterine exposition; low antibody titres increase the probability of infection; PCV2 infection close to insemination time reduces the pregnancy rate; placental lesions may represent an additional cause of fetal suffering.

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Gli spermatozoi di suino sottoposti alla procedura di sessaggio mediante citofluorimetria presentano una serie di modificazioni morfo-funzionali che compromettono nel tempo la loro sopravvivenza e la capacità fecondante. Questi spermatozoi, inoltre, a causa della sensibilità ai danni indotti dalla crioconservazione, vengono solitamente conservati allo stato liquido a 15-17°C, con conseguente ulteriore peggioramento nel tempo della qualità delle cellule spermatiche sessate. Lo scopo della ricerca è stato quello di valutare le modificazioni di alcune caratteristiche morfo-funzionali degli spermatozoi in seguito a sex-sorting e conseguente conservazione. Successivamente si è cercato di migliorare i parametri qualitativi del seme sessato mediante l’aggiunta di sostanze antiossidanti e la messa a punto di una nuova metodica di conservazione. I risultati ottenuti hanno evidenziato che la procedura di sessaggio e la conseguente conservazione per 24-26 ore a 15°C hanno indotto un peggioramento significativo delle caratteristiche morfo-funzionali (vitalità, integrità acrosomiale, quantità e distribuzione dell’Hsp70, capacità fecondante). Mentre l’azione degli antiossidanti non si è rivelata efficace nel miglioramento della qualità degli spermatozoi durante le fasi di colorazione e passaggio attraverso il citofluorimetro, l’azione congiunta del plasma seminale e degli antiossidanti superossido-dismutasi ed epigallocatechina-3-gallato ha indotto un miglioramento significativo della vitalità degli spermatozoi. Per la conservazione del seme di suino è stata testata la tecnica di incapsulazione in membrane di alginato di bario che permette, durante l’inseminazione artificiale, un rilascio graduale degli spermatozoi e l’utilizzo di un quantitativo inferiore di materiale seminale. L’applicazione di tale tecnica per la conservazione degli spermatozoi di suino sessati non sembra provocare un calo significativo della vitalità, dell’integrità acrosomiale e dell’efficienza totale di fecondazione rispetto al seme sortato e conservato diluito suggerendo futuri studi in vivo. Una migliore conoscenza dei danni indotti da queste tecnologie e la loro minimizzazione potrà stimolare in futuro l’utilizzo su vasta scala del seme sessato nel suino.

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La tesi è organizzata in 4 capitoli: -nel primo vengono brevemente riferite le patologie associate all’infezione da PCV2 con particolare riferimento all’iter diagnostico ed al ruolo rivestito dall’esame istologico e dalla identificazione dell’agente eziologico in situ contestualmente alle lesioni istologiche; -nel secondo viene presentato un iter diagnostico originale da applicare in condizioni di campo, qualora si voglia accertare la presenza del PCV2 nei tessuti dei prodotti di natimortalità/aborto del suino. In specifico si riferisce all’applicazione del protocollo in 2 aziende ed i risultati vengono analizzati per una revisione critica del protocollo impiegato; -nel terzo vengono presentati i risultati di un protocollo di infezione con PCV2 per via genitale tramite seme infetto. Scrofe convenzionali sono state sincronizzate per l’estro e fecondate con un’unica dose di seme PCV2 negativo alla PCR (gruppo controlli) o sperimentalmente esposto al PCV2 (gruppo infette). I risultati vengono analizzati in funzione delle ripercussioni che l’infezione precoce in gravidanza può produrre sulla scrofa (mancata gravidanza, ritorno in calore), sui feti e sugli invogli fetali. Viene stabilito il ruolo protettivo degli anticorpi circolanti al momento dell’infezione, stante l’evenienza che un basso titolo anticorpale si associa a viremia prolungata e maggiore numero di feti positivi al virus; -nel quarto viene presentato un esperimento sovrapponibile a quello riferito nel capitolo 3, però con la presenza anche di un gruppo di soggetti convenzionali vaccinati ed infettati con PCV2 durante la fecondazione artificiale usando seme sperimentalmente esposto al virus. Nella discussione dei risultati vengono enfatizzati 2 aspetti importanti nell’epidemiologia dell’infezione da PCV2: la eliminazione di virus è fortemente ridotta dalla vaccinazione, con conseguenze verosimilmente positive sulla circolazione del virus negli effettivi dell’allevamento; l’esposizione uterina è protetta dalla vaccinazione, stante la bassa percentuale di placente infette nel gruppo dei soggetti vaccinati rispetto a quelli non vaccinati e nei controlli.

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Durante il secolo scorso sono state individuate alcune mutazioni per il colore della buccia della varietà William che invece di essere giallo arriva a maturazione con diverse tonalità di colore rosso. L’intensità e la tipologia del fenotipo dovuto a questa mutazione mostra una variabilità all’interno dei diversi cloni rossi di questa cultivar: Max Red Bartlett, Rosired e Sensation. Questa mutazione è ereditabile e usando come genitore uno dei sopra-citati mutanti per il rosso sono state prodotte altre cultivar caratterizzate da buccia rossa come Cascade. Max Red Bartlett presenta una intensa colorazione rossa nelle prime fasi di maturazione per poi striarsi perdendo di lucentezza e non ricoprendo totalmente la superficie del frutto. Max Red Bartlett ha inoltre il problema di regressione del colore. Questa mutazione infatti non è stabile e dopo qualche anno può regredire e presentare il fenotipo di William. Diverso è invece lo sviluppo per esempio di Rosired che durante le prime fasi di accrescimento del frutto è identica a Williams (di colore verde con la parte del frutto rivolta verso il sole leggermente rossastra) per poi virare e mantenere un vivo colore rosso su tutta la superficie del frutto. Questa tesi si è proposta di caratterizzare questa mutazione che coinvolge in qualche modo la via biosintetica per la sintesi del colore. In particolare si è cercato di investigare sui probabili geni della via degli antociani coinvolti e in quale modo vengono espressi durante la maturazione del frutto, inoltre si è cercato di trovare quali specifiche molecole venissero diversamente sintetizzate. Le cultivar utilizzate sono state William e Max Red Bartlett. Di quest’ultima era già disponibile una mappa molecolare, ottenuta sulla popolazione di’incrocio di Abate Fetel (gialla) x MRB (rossa) con AFLP e SSR, quest’ultimi hanno permesso di denominare i diversi linkage group grazie alla sintenia con le altre mappe di pero e di melo. I semenzali appartenenti a questa popolazione, oltre a dimostrare l’ereditarietà del carattere, erano per il 50% gialli e 50% rossi. Questo ha permesso il mappaggio di questo carattere/mutazione che si è posizionato nel linkage group 4. Una ricerca in banca dati eseguita in parallelo ha permesso di trovare sequenze di melo dei geni coinvolti nella via biosintetica degli antociani (CHS, CHI, F3H, DFR, ANS e UFGT), sulle quali è stato possibile disegnare primer degenerati che amplificassero su DNA genomico di pero. Le amplificazioni hanno dato frammenti di lunghezza diversa. Infatti nel caso di F3H e DFR l’altissima omologia tra melo e pero ha permesso l’amplificazione quasi totale del gene, negli altri casi invece è stato necessario utilizzare primer sempre più vicini in modo da facilitare l’amplificazione. I frammenti ottenuti sono stati clonati sequenziati per confermare la specificità degli amplificati. Non sono stati evidenziati polimorfismi di sequenza in nessuna delle sei sequenze tra William e Max Red Bartlett e nessun polimorfismo con Abate, per questo motivo non è stato possibile mapparli e vedere se qualcuno di questi geni era localizzato nella medesima posizione in cui era stato mappato il “colore/mutazione”. Sulle le sequenze ottenute è stato possibile disegnare altri primer, questa volta specifici, sia per analisi d’espressione. Inizialmente è stato sintetizzato il cDNA dei geni suddetti per retrotrascrizione da RNA estratto sia da bucce sia da foglie appena germogliate (le quali presentano solo in questa fase una colorazione rossastra in MRB ma non in William). Al fine di osservare come varia l’espressione dei geni della via biosintetica delle antocianine durante la fase di maturazione dei frutti, sono stati fatti 4 campionamenti, il primo a 45gg dalla piena fioritura, poi a 60, 90, 120 giorni. Foglie e bucce sono state prelevate in campo e poste immediatamente in azoto liquido. Dai risultati con Real Time è emerso che vi è una maggiore espressione nelle prime fasi di sviluppo in Max Red Bartlett per poi calare enormemente in giugno. Si potrebbe ipotizzare che ci sia una reazione di feed back da parte della piante considerando che in questa fase il frutto non si accresce. I livelli di espressione poi aumentano verso la fase finale della maturazione del frutto. In agosto, con l’ultimo campionamento vi è una espressione assai maggiore in Max Red Bartlett per quei geni posti a valle della via biosintetica per la sintesi delle antocianine. Questo risultato è confermato anche dal livello di espressione che si riscontra nelle foglie. In cui i geni F3H, LDOX e UFGT hanno un livello di espressione nettamente maggiore in Max Red Bartlett rispetto a William. Recentemente Takos et al (2006) hanno pubblicato uno studio su un gene regolatore della famiglia Myb e ciò ha permesso di ampliare i nostri studi anche su questo gene. L’altissima omologia di sequenza, anche a livello di introni, non ha permesso di individuare polimorfismi tra le varietà Abate Fetel e Max Red Bartlett, per nessun gene ad eccezione proprio del gene regolatore Myb. I risultati ottenuti in questa tesi dimostrano che in pero l’espressione relativa del gene Myb codificante per una proteina regolatrice mostra una netta sovra-espressione nel primo stadio di maturazione del frutto, in Max Red Bartlett 25 volte maggiore che in William. All’interno della sequenza del gene un polimorfismo prodotto da un microsatellite ha permesso il mappaggio del gene nel linkage group 9 in Max Red Bartlett e in Abate Fetel. Confrontando questo dato di mappa con quello del carattere morfologico rosso, mappato nel linkage group 4, si deduce che la mutazione non agisce direttamente sulla sequenza di questo gene regolatore, benché sia espresso maggiormente in Max Red Bartlett rispetto a William ma agisca in un altro modo ancora da scoprire. Infine per entrambe le varietà (William e Max Red Bartlett) sono state effettuate analisi fenotipiche in diversi step. Innanzi tutto si è proceduto con una analisi preliminare in HPLC per osservare se vi fossero differenze nella produzione di composti con assorbenza specifica delle antocianine e dei flavonoidi in generale. Si è potuto quindi osservare la presenza di due picchi in Max Red Bartlett ma non in William. La mancanza di standard che coincidessero con i picchi rilevati dallo spettro non ha permesso in questa fase di fare alcuna ipotesi riguardo alla loro natura. Partendo da questo risultato l’investigazione è proceduta attraverso analisi di spettrometria di massa associate ad una cromatografia liquida identificando con una certa precisione due composti: la cianidina-3-0-glucoside e la quercitina-3-o-glucoside. In particolare la cianidina sembra essere la molecola responsabile della colorazione della buccia nei frutti di pero. Successive analisi sono state fatte sempre con lo spettrometro di massa ma collegato ad un gas cromatografo per verificare se vi fossero delle differenze anche nella produzione di zuccheri e più in generale di molecole volatili. L’assenza di variazioni significative ha dimostrato che la mutazione coinvolge solo il colore della buccia e non le caratteristiche gustative e organolettiche di William che restano inalterate nel mutante.

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La studio dell’efficienza di un indice azionario ha accresciuto la propria importanza nell’industria dell’asset management a seguito della diffusione dell’utilizzo di benchmark e investimenti indicizzati. Il presente lavoro valuta il livello di efficienza dei principali indici del mercato azionario statunitense, dell’Area Euro e italiano. Lo studio empirico ricorre a quattro misure di efficienza: il GRS, un test small-sample multivariato fondato sul CAPM; il test large sample di Wald, implementato tramite una simulazione bootstrap; il test GMM, che è stato applicato in una cornice non-gaussiana attraverso una simulazione block bootstrap; la misura di efficienza relativa di Kandel e Stambaugh. I risultati empirici forniscono una prova evidente della superiore efficienza degli indici equiponderati. Questa conclusione è interpretata sulla base della letteratura scientifica esistente, analizzando le diverse cause di ordine teorico ed empirico che sono state proposte.

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Heavy pig breeding in Italy is mainly oriented for the production of high quality processed products. Of particular importance is the dry cured ham production, which is strictly regulated and requires specific carcass characteristics correlated with green leg characteristics. Furthermore, as pigs are slaughtered at about 160 kg live weight, the Italian pig breeding sector faces severe problems of production efficiency that are related to all biological aspects linked to growth, feed conversion, fat deposition and so on. It is well known that production and carcass traits are in part genetically determined. Therefore, as a first step to understand genetic basis of traits that could have a direct or indirect impact on dry cured ham production, a candidate gene approach can be used to identify DNA markers associated with parameters of economic importance. In this thesis, we investigated three candidate genes for carcass and production traits (TRIB3, PCSK1, MUC4) in pig breeds used for dry cured ham production, using different experimental approaches in order to find molecular markers associated with these parameters.