6 resultados para Subsidiarity

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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L’idea fondamentale da cui prende avvio la presente tesi di dottorato è che sia possibile parlare di una svolta nel modo di concettualizzare e implementare le politiche sociali, il cui fuoco diviene sempre più la costruzione di reti di partnership fra attori pubblici e privati, in cui una serie di soggetti sociali plurimi (stakeholders) attivano fra loro una riflessività relazionale. L’ipotesi generale della ricerca è che, dopo le politiche improntate a modelli statalisti e mercatisti, o un loro mix, nella politica sociale italiana emerga l’esigenza di una svolta riflessiva e relazionale, verso un modello societario, sussidiario e plurale, e che di fatto – specie a livello locale – stiano sorgendo molte iniziative in tal senso. Una delle idee più promettenti sembra essere la creazione di distretti sociali per far collaborare tra loro attori pubblici, privati e di Terzo settore al fine di creare forme innovative di servizi per la famiglia e la persona. La presente tesi si focalizza sul tentativo della Provincia di Trento di distrettualizzare le politiche per la famiglia. Tramite l’analisi del progetto “Trentino – Territorio Amico della Famiglia” e di una sua verticalizzazione, il Distretto Famiglia, si è studiato l’apporto delle partnership pubblico-privato nella formazione di strumenti innovativi di governance che possano determinare una svolta morfogenetica nell’elaborazione di politiche per la famiglia. Le conclusioni del lavoro, attraverso una comparazione tra esperienze territoriali, presentano la differenziazione delle partnership sociali, in base ad alcuni variabili (pluralità di attori, pluralità di risorse, shared project, capitale sociale, decision making, mutual action, logiche di lavoro relazionale, sussidiarietà). Le diverse modalità di gestione delle partnership (capacitante, professionale e generativa) sintetizzano i portati culturali, strutturali e personali coinvolti nelle singole costruzioni. Solo le partnership che interpretano il loro potenziale regolativo e promozionale secondo la riflessività relazionale tendono a generare beni comuni nel contesto sociale.

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La tesi ha per oggetto lo studio delle politiche pubbliche locali ed in particolare delle politiche sociali che dal 2011 sono diventate politiche esclusivamente territoriali. L’obiettivo è quello di verificare se il differente orientamento politico delle amministrazioni genera politiche differenti. Per verificare le ipotesi si sono scelti 2 Comuni simili sul piano delle variabili socio-economiche, ma guidati da giunte con orientamento politico differente: il Comune di Modena a guida Partito Democratico e il Comune di Verona con un sindaco leghista a capo di una giunta di centro-destra. Nella prima parte vengono esposti ed analizzati i principali paradigmi di studio delle politiche (rational choice, paradigma marxista, economia del benessere, corporativismo e pluralismo, neo-istituzionalismo e paradigma relazionale) e viene presentato il paradigma che verrà utilizzato per l’analisi delle politiche (paradigma relazionale). Per la parte empirica si è proceduto attraverso interviste in profondità effettuate ai due Assessori alle Politiche sociali e ai due Dirigenti comunali dei Comuni e a 18 organizzazioni di Terzo settore impegnate nella costruzione delle politiche e selezionate attraverso la metodologia “a palla di neve”. Sono analizzate le disposizioni normative in materia di politica sociale, sia per la legislazione regionale che per quella comunale. L’analisi dei dati ha verificato l’ipotesi di ricerca nel senso che l’orientamento politico produce politiche differenti per quanto riguarda il rapporto tra Pubblica Amministrazione e Terzo settore. Per Modena si può parlare di una scelta di esternalizzazione dei servizi che si accompagna ad un processo di internalizzazione dei servizi tramite le ASP; a Verona almeno per alcuni settori delle politiche (disabilità e anziani) sono stati realizzati processi di sussidiarietà e di governance. Per la fase di programmazione l’orientamento politico ha meno influenza e la programmazione mostra caratteristiche di tipo “top-down”.

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La tesi di Matteo Allodi intende analizzare alcune pratiche socio-assistenziali rivolte a minori e famiglie in difficoltà relative a progetti di accoglienza presso alcune strutture residenziali. In particolare, Matteo Allodi si sofferma su progetti di accoglienza elaborati presso alcune Comunità familiari la cui metodologia d’intervento si caratterizza per un orientamento verso un modello di lavoro sociale di tipo sussidiario nell’ottica del recupero dei legami e delle competenze genitoriali. La tesi affronta nella prima parte la dimensione teorica relativa a un approccio progettuale di intervento sociale che, mettendo al centro le relazioni dei soggetti in gioco, possa promuovere la loro attivazione in funzione della realizzazione dell’obiettivo del recupero della genitorialità. Allodi si concentra dal punto di vista teorico sulle modalità di realizzazione di un servizio alla persona guidato dal principio di sussidiarietà, ovvero orientato alla valorizzazione delle capacità riflessive degli attori. Nella seconda, parte Allodi presenta l’indagine condotta in alcune Comunità di tipo familiare di Parma. La strategia iniziale d’indagine è quella del case study. Allodi sceglie di indagare il fenomeno partendo da un’osservazione partecipata di orientamento etnometodologico integrata con interviste agli attori privilegiati. In questa fase si è proceduto a una prima ricerca qualitativa, attraverso la metodologia dello studio di caso, che ha permesso di entrare in contatto con alcune tipologie di strutture residenziali per minori al fine di completare il quadro generale del fenomeno delle Comunità familiari e impostare una prima mappatura esplorativa. La ricerca prosegue con uno studio longitudinale prospettico volto a monitorare e valutare il lavoro di rete della comunità e dei servizi, osservando principalmente la mobilitazione verso l’autonomia e l’empowerment dei soggetti (minori) e delle reti ancorate al soggetto (single case study). Si è voluto comprendere quali modalità relazionali gli attori della rete di coping mettono in gioco in funzione del “cambiamento sociale”.

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Il campo d’interesse della ricerca è stato l’attuale processo di ricentralizzazione del Social Housing nelle periferie urbane in una parte del contesto internazionale, che sembra stia portando le città a ricrearsi e ripensarsi grazie alla presa di coscienza delle differenze esistenti, rispetto al passato, nei nuovi processi di trasformazione nei quali la città è intesa sia come spazio costruito ma anche sociale. In virtù di quest’ultimi due aspetti complementari della città, oggi, il ruolo della periferia contemporanea sembra essere diversamente interpretato, così come gli interventi di riqualificazione di tipo assistenziale - migliorativo tenderebbero a trasformarne i suoi caratteri alla ricerca del “modello di città”. L’interesse alla tematica è inoltre scaturito dalla constatazione che alla base della crisi dei modelli d’intervento pubblico starebbero sia l’insostenibilità economica ma soprattutto l’errata lettura dei bisogni delle famiglie nella loro specificità e diversità e che in tal senso l’eventuale partecipazione della cittadinanza costituirebbe effettivamente una proposta valida, anche per risolvere la crescente domanda abitativa che si pone a livello mondiale. L’obiettivo della ricerca è stato quello d’analizzare, nel contesto internazionale del Social Housing, le caratteristiche di partecipazione e sussidiarietà che connotano particolarmente gli interventi di riqualificazione destinati a famiglie economicamente carenti, nello specifico analizzando i metodi e gli strumenti atti alla comunicazione partecipativa del progetto in aree urbane periferiche italiane e brasiliane. Nella prima e seconda fase della ricerca è stato svolto, rispettivamente, un lavoro di analisi bibliografica sul tema dell’emergenza casa e sulle nuove politiche abitative di sviluppo urbano ed uno specifico sulla tematica della riqualificazione partecipata del Social Housing in aree della periferia urbana, infine nella terza fase sono stati analizzati i casi di studio prescelti dando rilievo all’analisi delle caratteristiche e requisiti prestazionali delle tecniche partecipative di rappresentazione - comunicazione, più idonee ad influenzare positivamente il suddetto processo.

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La ricerca esamina il ruolo delle imprese che svolgono attività di sicurezza privata in Italia (oggi definita anche "sussidiaria" o "complementare") in relazione allo sviluppo delle recenti politiche sociali che prevedono il coinvolgimento di privati nella gestione della sicurezza in una prospettiva di community safety. Nel 2008/2009 le politiche pubbliche di sicurezza legate al controllo del territorio hanno prodotto norme con nuovi poteri “di polizia” concessi agli amministratori locali e la previsione di associazione di cittadini per la segnalare eventi dannosi alla sicurezza urbana (“ronde”). Nello stesso periodo è iniziata un’importante riforma del settore della sicurezza privata, ancora in fase di attuazione, che definisce le attività svolte dalle imprese di security, individua le caratteristiche delle imprese e fissa i parametri per la formazione del personale. Il quadro teorico del lavoro esamina i concetti di sicurezza/insicurezza urbana e di società del rischio alla luce delle teorie criminologiche legate alla prevenzione situazionale e sociale e alla community policing. La ricerca sul campo si basa sull’analisi del contenuto di diverse interviste in profondità con esponenti del mondo della sicurezza privata (imprenditori, dirigenti, studiosi). Le interviste hanno fatto emergere che il ruolo della sicurezza privata in Italia risulta fortemente problematico; anche la riforma in corso sulla normativa del settore è considerata con scarso entusiasmo a causa delle difficoltà della congiuntura economica che rischia di compromettere seriamente la crescita. Il mercato della sicurezza in Italia è frastagliato e scarsamente controllato; manca un’azione di coordinamento fra le diverse anime della sicurezza (vigilanza privata, investigazione, facility/security management); persiste una condizione di subalternità e di assenza di collaborazione con il settore pubblico che rende la sicurezza privata relegata in un ruolo marginale, lontano dalle logiche di sussidiarietà.

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Ad oltre un decennio dalla riforma costituzionale del 2001, la non compiuta attuazione della stessa sembra condurre ad una nuova ed assai prossima revisione costituzionale. Nel mutato quadro costituzionale di quest’ultimo periodo l’attenzione e l’interesse sono stati richiamati da una grande quantità di accordi, di intese e di altri moduli consensuali, introdotti ed esitati nei rapporti tra Stato ed autonomie territoriali. Dall’esame del sistema delle Conferenze si è evidenziata la loro indispensabilità ai fini del coordinamento delle azioni politico –amministrative delle autonomie territoriali, ma è anche venuta fuori l’esigenza di ricorrere frequentemente ad altri tipi di moduli consensuali, spesso non tipizzati in ambito legislativo. I principi di sussidiarietà e di leale collaborazione inducono non di rado ad assumere, nella concretezza, forme eterogenee poco chiare e confuse (accordo, intesa, concerto, parere) che, pur considerati i contributi offerti dalla dottrina e dalla giurisprudenza, richiederebbero un intervento da parte del legislatore. L’approfondimento tematico ha rilevato, nel contesto di rapporti tra Stato ed autonomie territoriali, un movimento per così dire ondulatorio tra accese spinte autonomistiche e rimarcate esigenze centralistiche, lasciando ancora nella prospettiva una operativa ed efficiente armonia istituzionale.