4 resultados para Spleen

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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PURPOSE. Portal pressure is measured invasively as Hepatic Venous Pressure Gradient (HVPG) in the angiography room. Liver stiffness measured by Fibroscan was shown to correlate with HVPG values below 12 mmHg. This is not surprising, since in cirrhosis the increase of portal pressure is not directly linked with liver fibrosis and consequently to liver stiffness. We hypothesized that, given the spleen’s privileged location upstream to the whole portal system, splenic stiffness could provide relevant information about portal pressure. Aim of the study was to assess the relationship between liver and spleen stiffness measured by Virtual Touch™ (ARFI) and HVPG in cirrhotic patients. METHODS. 40 consecutive patients (30 males, mean age 62y, mean BMI=26, mean Child-Pugh A6, mean platelet count=92.000/mmc, 19 HCV+, 7 with ascites) underwent to ARFI stiffness measurement (10 valid measurements in right liver lobe both surface and centre, left lobe and 20 in the spleen) and HPVG, blindly to each other. Median ARFI values of 10 samplings on every liver area and of 20 samplings on spleen were calculated. RESULTS. Stiffness could be easily measured in all patients with ARFI, resulting a mean of 2,61±0,76, 2,5±0,62 and 2,55±0,66 m/sec in the liver areas and 3.3±0,5 m/s in the spleen. Median HPVG was 14 mmHg (range 5-27); 28 patients showed values ≥10 mmHg. A positive significant correlation was found between spleen stiffness and HPVG values (r=0.744, p<0.001). No significant correlation was found between all liver stiffness and HVPG (p>0,05). AUROC was calculated to test spleen stiffness ability in discriminating patients with HVPG ≥10. AUROC = 0.911 was obtained, with sensitivity of 69% and specificity of 91% at a cut-off of 3.26 m/s. CONCLUSION. Spleen stiffness measurement with ARFI correlates with HVPG in patients with cirrhosis, with a potential of identifying patients with clinically significant portal hypertension.

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Two major types of B cells, the antibody-producing cells of the immune system, are classically distinguished in the spleen: marginal zone (MZ) and follicular (FO). In addition, FO B cells are subdivided into FO I and FO II cells, based on the amount of surface IgM. MZ B cells, which surround the splenic follicles, rapidly produce IgM in response to blood-borne pathogens without T cell help, while T cell-dependent production of high affinity, isotype-switched antibodies is ascribed to FO I cells. The significance of FO II cells and the mechanism underlying B cell fate choices are unclear. We showed that FO II cells express more Sca1 than FO I cells and originate from a distinct B cell development program, marked by high expression of Sca1. MZ B cells can derive from the “canonical” Sca1lo pathways, as well as from the Sca1hi program, although the Sca1hi program shows a stronger MZ bias than the Sca1lo program, and extensive phenotypic plasticity exists between MZ and FO II, but not between MZ and FO I cells. The Sca1hi program is induced by hematopoietic stress and generates B cells with an Igλ-enriched repertoire. In aged mice, the canonical B cell development pathway is impaired, while the Sca1hi program is increased. Furthermore, we showed that a population of unknown function, defined as Lin-c-kit+Sca1+ (LSK-), contains early lymphoid precursors, with primarily B cell potential in vivo. Our data suggest that LSK- cells may represent a distinct precursor for the Sca1hi program in the bone marrow.

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La diagnosi di linfoma non Hodgkin B della zona marginale si basa su criteri morfologici e sulla sostanziale negatività per marcatori immunoistochimici espressi in altri sottotipi di linfoma B. L’ obiettivo di questo lavoro è stato, quindi, quello di ricercare una molecola specifica associata ai linfomi della zona marginale. Materiali e Metodi. Sono stati esaminati 2.104 linfomi periferici di entità nosologia eterogenea mediante un anticorpo monoclonale, diretto contro la molecola IRTA1, che riconosce la zona marginale nei tessuti linfoidi umani. Risultati. Si è riscontrata espressione di IRTA1 nel 93% dei linfomi della zona marginale ad insorgenza extranodale e nel 74% di quelli primitivi linfonodali suggerendo la possibilità che questi linfomi possano originare dalle cellule perifollicolari o monocitoidi IRTA1+ riscontrabili nei linfonodi reattivi. La valutazione immunoistochimica mediante doppia colorazione (IRTA1/bcl6), ha inoltre dimostrato come vi sia una modulazione fenotipica nelle cellule marginali neoplastiche nel momento in cui esse colonizzano i follicoli linfoidi e durante la loro circolazione nei centri germinativi. Le cellule marginali neoplastiche che differenziano in senso plasmacellulare perdono l’ espressione di IRTA1 Discussione. In conclusione, tali evidenze hanno permesso di ampliare la conoscenza sulla biologia dei linfomi marginali e sottolineano come IRTA1 sia il primo marcatore diagnostico positivo per queste neoplasie.

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Il presente studio rappresenta la prima applicazione della tecnica CEUS in alcune delle più diffuse specie non convenzionali, nonché la prima nei rettili. In particolare è stata investigata la perfusione di fegato e milza in 10 conigli, 10 furetti e il fegato in 8 iguane. Per quanto riguarda i mammiferi, la tecnica è risultata di facile attuazione e i risultati ottenuti erano equiparabili a quelli documentati per i piccoli animali. Maggiore variabilità si è messa in evidenza a livello splenico in entrambe le specie e nel coniglio rispetto al furetto. Nelle iguane è stata necessaria una modifica del protocollo a seguito dei tempi più lunghi delle fasi di wash in e di wash out. Le curve ottenute erano caratterizzate da picchi più bassi e TTP più lunghi, con wash out incompleto anche dopo 10 minuti di indagine. Nelle iguane l’indagine del fegato è stata approfondita grazie all’esecuzione di TC dinamiche con MDC, studio pioneristico per quanto riguarda la medicina dei rettili. L’esecuzione è avvenuta senza problemi in anestesia generale. Diffusione del MDC e conseguenti variazione di HU a livello aortico e epatico sono state considerate contemporaneamente, con costruzione di curve HU-tempo piuttosto ripetibili, entrambe caratterizzate da un wash in rapido, un picco, particolarmente alto a livello aortico, e da una fase di wash out più lento, anche qui incompleto dopo i 600 secondi di indagine. Una certa variabilità è stata notata in tre individui, risultato attendibile conseguentemente alla forte dipendenza da fattori intriseci ed estrinseci del metabolismo e della funzionalità epatica dei rettili. L’intero protocollo è stato applicato in un furetto e due iguane patologiche, al fine di evidenziare le potenzialità cliniche delle tecniche. Sebbene il numero esiguo di casi non permetta di trarre conclusioni a questo riguardo, l’ultimo capitolo della tesi vuole essere uno spunto per studi futuri.