4 resultados para Social phobia - Treatment

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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La prematurità rappresenta un fattore di rischio per la qualità delle interazioni precoci e la sintomatologia materna, soprattutto in caso di nascita VLBW (peso ≤ 1500 grammi) ed ELBW (≤1000 grammi). Scopo dello studio è valutare a 3 e 9 mesi di età corretta le modalità interattive delle diadi madre-bambino e lo stato affettivo materno in due campioni di prematuri, ELBW e VLBW, confrontandoli con un gruppo di bambini nati a termine (GC). Un campione di 119 diadi madre-bambino, di cui 71 nati prematuri (30 VLBW e 21 ELBW) e 68 a termine, sono stati valutati all'età di 3 e 9 mesi. Durante gli assessment, è avvenuta la videoregistrazione dell’interazione madre-bambino, codificata mediante le Global Rating Scales (a 3 mesi) ed il CARE Index Infant (a 9 mesi), e la valutazione della sintomatologia materna, attraverso Edinburgh Postnatal Depression Scale, Penn State Worry Questionnaire, Social Interaction and Anxiety Scale, Social Phobia Scale, Parenting Stress Index-Short Form, Questionari italiani del Temperamento. A 3 mesi, le madri di ELBW appaiono più demanding e meno sensibili rispetto a quelle di VLBW; più intrusive rispetto a quelle di GC. Tali madri, inoltre, sono significativamente meno sensibili di quelle del GC anche a 9 mesi. In entrambi gli assessment, tali madri presentano livelli significativamente maggiori di depressione, ansia generalizzata e stress, rispetto a quelle di entrambi gli altri gruppi. Non emergono differenze rispetto all'ansia sociale nè alla percezione del temperamento. Le analisi della correlazione hanno evidenziato specifiche relazioni tra la sintomatologia materna e i pattern interattivi nei tre gruppi. La nascita pretermine rappresenta un fattore di rischio solo per le madri di ELBW, che presentano difficoltà interattive ed elevata sintomatologia; quelle dei VLBW, infatti, tendono a presentare pattern interattivi affini a quelle del GC, mostrando adeguata sensibilità e bassi livelli di depressione, ansia e stress.

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La sintomatologia ansiosa materna nel periodo prenatale risulta influire negativamente non sullo stato materno ma anche sul successivo sviluppo infantile, Tuttavia, sono limitati gli studi che hanno considerato lo specifico contributo dei disturbi d’ansia nel periodo prenatale. L’obiettivo generale dello studio è quello di indagare nel primo periodo post partum la relazione tra psicopatologia ansiosa materna e: temperamento e sviluppo neonatale, qualità del caregiving materno e dei pattern interattivi madre-bambino. 138 donne sono state intervistate utilizzando SCID-I (First et al., 1997) durante il terzo trimestre di gravidanza. 31 donne (22,5%) presentano disturbo d’ansia nel periodo prenatale. A 1 mese post partum il comportamento del neonato è stato valutato mediante NBAS (Brazelton, Nugent, 1995), mentre le madri hanno compilato MBAS (Brazelton, Nugent, 1995). A 3 mesi postpartum, una sequenza interattiva madre-bambino è stata videoregistrata e codificata utilizzando GRS (Murray et al., 1996). La procedura dello Stranger Episode (Murray et al., 2007) è stata utilizzata per osservare i pattern interattivi materni e infantili nell’interazione con una persona estranea. I neonati di madri con disturbo d’ansia manifestano alle NBAS minori capacità a livello di organizzazione di stati comportamentali, minori capacità attentive e di autoregolazione. Le madri ansiose si percepiscono significativamente meno sicure nell’occuparsi di loro, valutando i propri figli maggiormente instabili e irregolari. Nell’interazione face to face, esse mostrano comportamenti significativamente meno sensibilI, risultando meno coinvolte attivamente con il proprio bambino. Durante lo Stranger Episode, le madri con fobia sociale presentano maggiori livelli di ansia e incoraggiando in modo significativamente inferiore l’interazione del bambino con l’estraneo. I risultati sottolineano l’importanza di valutare in epoca prenatale la psicopatologia ansiosa materna. Le evidenze confermano la rilevanza che può assumere un modello multifattoriale di rischio in cui i disturbi d’ansia prenatali e la qualità del caregiving materno possono agire in modo sinergico nell’influire sugli esiti infantili.

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L'indagine condotta, avvalendosi del paradigma della social network analysis, offre una descrizione delle reti di supporto personale e del capitale sociale di un campione di 80 italiani ex post un trattamento terapeutico residenziale di lungo termine per problemi di tossicodipendenza. Dopo aver identificato i profili delle reti di supporto sociale degli intervistati, si è proceduto, in primis, alla misurazione e comparazione delle ego-centered support networks tra soggetti drug free e ricaduti e, successivamente, all'investigazione delle caratteristiche delle reti e delle forme di capitale sociale – closure e brokerage – che contribuiscono al mantenimento dell'astinenza o al rischio di ricaduta nel post-trattamento. Fattori soggettivi, come la discriminazione pubblica percepita e l'attitudine al lavoro, sono stati inoltre esplorati al fine di investigare la loro correlazione con la condotta di reiterazione nell'uso di sostanze. Dai risultati dello studio emerge che un più basso rischio di ricaduta è positivamente associato ad una maggiore attitudine al lavoro, ad una minore percezione di discriminazione da parte della società, all'avere membri di supporto con un più alto status socio-economico e che mobilitano risorse reputazionali e, infine, all'avere reti più eterogenee nell'occupazione e caratterizzate da più elevati livelli di reciprocità. Inoltre, il capitale sociale di tipo brokerage contribuisce al mantenimento dell'astinenza in quanto garantisce l'accesso del soggetto ad informazioni meno omogenee e la sua esposizione a opportunità più numerose e differenziate. I risultati dello studio, pertanto, dimostrano l'importante ruolo delle personal support networks nel prevenire o ridurre il rischio di ricaduta nel post-trattamento, in linea con precedenti ricerche che suggeriscono la loro incorporazione nei programmi terapeutici per tossicodipendenti.

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Purpose. Despite work-related stress is one of the most studied topic in organizational psychology, many aspects as for example the use of different measures (e.g. subjective and objective, qualitative and quantitative) are still under debate. According to this, in order to enhance knowledge concerning which factors and processes contribute to create healthy workplaces, this thesis is composed by four different studies aiming to understand: a) the role of relevant antecedents (e.g. leadership, job demands, work-family conflict, social support etc.) and outcomes (e.g. workplace phobia, absenteeism etc.) of work-related stress; and b) how to manage psychosocial risk factors in the workplace. The studies. The first study focused on how disagreement between supervisors and their employees on leadership style (transformational and transactional) could affect workers well-being and work team variables. The second and third study used both subjective and objective data in order to increase the quality of the reliability of the results gained. Particularly, the second study focused on job demand and its relationship with objective sickness leave. Findings showed that despite there is no direct relationship between these two variables, job demand affects work-family conflict, which in turn affect exhaustion, which leads to absenteeism. The third study analysed the role of a new concept never studied before in organizational settings (workplace phobia), as a health outcome in the JD-R model, demonstrating also its relationship with absenteeism. The last study highlighted the added value of using the mixed methods research approach in order to detect and analyse context-specific job demands which could affects workers’ health. Conclusion. The findings of this thesis answered both to open questions in the scientific literature and to the social request of managing psychosocial risk factors in the workplace in order to enhance workers well-being.