3 resultados para Sistema impositivo

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


Relevância:

60.00% 60.00%

Publicador:

Resumo:

Oggetto della tesi è il reverse charge, ovvero inversione contabile, che rappresenta un particolare metodo impositivo dell’Iva, derogatorio rispetto a quello tipico ed ordinariamente applicabile. L’imposta sul valore aggiunto è un’imposta plurifase, non cumulativa, basata sulle figure della rivalsa e della detrazione, attraverso la cui combinazione viene garantita la neutralità tipica di tale tributo, affinché l’onere conclusivamente sopportato dal consumatore finale non venga condizionato dal numero degli stadi di lavorazione di cui consta un eventuale ciclo produttivo. Il reverse charge deroga al citato meccanismo impositivo in quanto, nelle operazioni in cui tale sistema trova applicazione, il fornitore o il prestatore non addebitano alcuna imposta in via di rivalsa al cessionario o al committente, ed il debito Iva generato dall’operazione da loro posta in essere viene assolto direttamente, e contrariamente a quanto dovrebbe accadere, dal cessionario o dal committente. La tesi offre sostanzialmente una riflessione ampia e generalizzata di tale particolare metodo impositivo, al fine di individuarne i tratti caratteristici, e verificare come detto metodo impositivo, comunque derogatorio, si ponga nell’ambito del sistema ordinario dell’Iva, e quale incidenza abbia rispetto alla finalità ultima e peculiare del tributo, ossia la tassazione del consumo finale, mediante un sistema impositivo che risulti neutrale per gli operatori commerciali, e quindi per i soggetti passivi d’imposta.

Relevância:

60.00% 60.00%

Publicador:

Resumo:

Il presente lavoro parte dalla constatazione che l’Imposta sul valore aggiunto è stata introdotta con lo scopo specifico di tassare il consumo in modo uniforme a livello europeo. La globalizzazione dell’economia con l’abolizione delle frontiere ha tuttavia favorito la nascita non solo di un mercato unico europeo, ma anche di “un mercato unico delle frodi”. L’esistenza di abusi e frodi in ambito Iva risulta doppiamente dannosa per l’Unione europea: tali condotte incidono quantitativamente sull'ammontare delle risorse proprie dell’Unione e sulle entrate fiscali dei singoli Stati membri nonché violano il principio di concorrenza e producono distorsioni nel mercato unico. È in questo contesto che intervengono i giudici nazionali e la Corte di Giustizia, al fine di porre un freno a tali fenomeni patologici. Quest’ultima, chiamata a far rispettare il diritto comunitario, ha sviluppato una misura antifrode e antiabuso consistente nel diniego del diritto alla detrazione qualora lo stesso venga invocato dal soggetto passivo abusivamente o fraudolentemente. Vedremo però che il problema non può essere facilmente ridotto a formule operative: al di là dello schema, fin troppo scontato, dell’operatore apertamente disonesto e degli operatori con esso dichiaratamente correi, rimane il territorio grigio dei soggetti coinvolti, qualche volta inconsapevolmente qualche volta consapevolmente, ma senza concreta partecipazione nella frode da altri orchestrata. Permane a questo punto la domanda se sia coerente - in un sistema impositivo che privilegia i profili oggettivi, prescindendo, salvo gli aspetti sanzionatori, da quelli soggettivi- negare il diritto alla detrazione Iva per asserita consapevolezza di comportamenti fraudolenti altrui o se non vi siano regole più adatte al fine di porre un freno alle frodi e dunque più conformi al principio di proporzionalità.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Il sistema comune europeo dell’imposta sul valore aggiunto privilegia caratteri e finalità economiche nel definire chi siano gli operatori economici soggetti all’IVA. Una disciplina particolare è, tuttavia, prevista per i soggetti di diritto pubblico che, oltre alla principale attività istituzionale, esercitano un’attività di carattere economico. Ai sensi dell’articolo 13 della Direttiva del 28 novembre 2006, 2006/112/CE, gli Stati, le Regioni, le Province, i Comuni e gli altri enti di diritto pubblico, in relazione alle attività ed operazioni che essi effettuano in quanto pubbliche autorità, non sono considerati soggetti passivi IVA anche se in relazione ad esse percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni. La vigente disciplina europea delle attività economiche esercitate dagli enti pubblici, oltre che inadeguata al contesto economico attuale, rischia di diventare un fattore che influenza negativamente l’efficacia del modello impositivo dell’IVA e l’agire degli enti pubblici. La tesi propone un modello alternativo che prevede l’inversione dell’impostazione attuale della Direttiva IVA al fine di considerare, di regola, soggetti passivi IVA gli organismi pubblici che svolgono - ancorché nella veste di pubblica autorità - attività oggettivamente economiche.