2 resultados para SERUM TESTOSTERONE

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Come noto, il testosterone (T) gioca un ruolo importante in differenti funzioni fisiologiche. Il ruolo del T nelle donne è tuttavia largamente sconosciuto. Recenti studi riportano un ruolo del T nella modulazione della funzionalità sessuale femminile. SCOPO: Indagare gli effetti del T nelle donne, su parametri metabolici, ossei e composizione corporea e studiare gli effetti del T sulla proliferazione e innervazione della vagina. METODI: 16 soggetti FtM ovariectomizzati sono stati sottoposti a terapia con TU 1000 mg im + placebo o dutasteride. Alla settimana 0 e 54 sono stati valutati: parametri metabolici e composizione corporea. 16 campioni di tessuto vaginale ottenuti da soggetti FtM trattati con T, 16 donne PrM e 16 donne M sono stati analizzati. Sono stati valutati: morfologia, contenuto di glicogeno, espressione del Ki-67, recettori per estrogeni e androgeni ed innervazione. RISULTATI: La somministrazione di T in soggetti FtM determina aumento del colesterolo LDL e riduzione delle HDL. L’HOMA si riduce significativamente nel gruppo TU e tende ad aumentare nel gruppo TU+D. L’ematocrito aumenta. BMI, WHR e grasso tendono a ridursi, la massa magra ad aumentare. Non riportiamo cambiamenti del metabolismo osseo. Nel tessuto vaginale di FtM osserviamo perdita della normale architettura dell’epitelio. La somministrazione di T determina riduzione della proliferazione cellulare. I recettori per E e il PGP 9.5 sono significativamente ridotti nei FtM. La presenza di recettori per A è dimostrata nello stroma e nell’epitelio. L’espressione di AR si riduce con l’età e non cambia con la terapia con T nella mucosa, mentre aumenta nello stroma dopo somministrazione di T. CONCLUSIONI: Non riportiamo effetti avversi maggiori dopo somministrazione di T. La terapia con T determina ridotta proliferazione dell’epitelio vaginale. I recettori per AR sono presenti sia nello stroma che nell’epitelio. T aumenta l’espressione di AR nello stroma.

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The development of anti-IFNα antibodies is an occurrence described in chronic hepatitis C patients during treatment with Interferonα/PEG-Interferonα. However, its relevance, especially in difficult-to treat patients, has not been defined. Methods: We retrospectively measured the serum levels of anti-IFNα antibodies (baseline and week 12) and IFNα levels (week 12) by ELISA in 76 previous non-responders, and in 14 naive patients treated with Pegylated-IFNα and Ribavirin. A group of 57 healthy donors (HD) was also assessed as control. Positivity to anti-IFNα antibodies was established on the values of HD. Results: Baseline anti-IFNα antibodies were detected in 15.5% of patients and in 7% of HD, with significantly higher concentrations in patients than HD (181.5±389.9 vs 95.9±143.0 ng mL−1, p=0.0023). All positive patients were IFNα-experienced. At week 12, the prevalence of positivity increased to 22.3 and 28.5% in experienced and naïve patients, respectively, and the levels of anti-IFNα antibodies did not differ between the two groups (391±792.3 vs 384.7±662.6 ng mL−1, respectively). IFNα concentrations were significantly lower in antibody-positive patients than in antibody-negatives (988.2±1402 vs 3462±830.8 pg mL−1, p≤0.0001) and the levels of antibodies and IFNα were inversely correlated (r=-0.405, p=0.0001). The antibody-positive population clustered in null responders (67%) and 19/21 patients (90%) did not achieve SVR. Conclusions: The development of anti-IFNα antibodies is a non-negligible occurrence in patients treated with PEG-IFNα, is stable over time, and has a relevant clinical impact when associated with low levels of circulating PEG-IFNα. It should be considered in patients undergoing treatments including PEG-IFNα.