4 resultados para Problem Solving
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Il presente lavoro comincia con una descrizione dettagliata del McMaster Model of Family Functionig (MMFF), modello che al suo interno integra una teoria multidimensionale sul funzionamento familiare, diversi strumenti di auto ed etero valutazione e chiare indicazioni terapeutiche racchiuse allinterno della Problem Centered System Therapy of the Family (PCSTF). Grazie alla sua completezza il Modello fornisce ai clinici metodi coerenti, pratici ed empiricamente validi per valutare e trattare le famiglie, essi inoltre, sono stati formulati in modo da essere adattabili a differenti setting clinici e di ricerca, applicabili ad unampia gamma di problematiche e verificabili empiricamente. Obiettivo finale della presente ricerca stato quello di porre le basi per lesportazione del MMFF in Italia e poter quindi procedere alla sua applicazione in ambito clinico. La ricerca cominciata alla Brown University con la traduzione dallinglese allitaliano del Family Assessment Device (FAD), uno degli strumenti di autovalutazione compresi nel MMFF, ed in seguito continuata con la validazione del suddetto strumento in un campione di 317 soggetti appartenenti alla popolazione generale italiana. Il FAD si dimostrato uno strumento valido ed affidabile, in grado quindi di fornire valutazioni stabili e coerenti anche nella sua versione italiana. Il passo successivo stato caratterizzato dalla somministrazione di FAD, Symptom Questionnaire (SQ) e delle Psychological Well-Being scales (PWB) a 289 soggetti reclutati nella popolazione generale. In accordo con il modello bipsicosociale che vede lambiente familiare come il pi immediato gruppo di influenza psicosociale dello stato di benessere o malessere dellindividuo, i nostri dati confermano una stretta relazione tra scarso funzionamento familiare, spesso espresso attraverso difficolt di comunicazione, di problem solving e scarso coinvolgimento affettivo e distress psicologico esperito con sintomi depressivi, ansiogeni ed ostilit. I nostri dati sottoliano inoltre come un funzionamento familiare positivo sia altamente correlato ad elevati livelli di benessere psicologico. Obiettivo della parte finale del lavoro ed anche il pi importante, stato quello di esplorare lefficacia della Problem Centered Systems Therapy of the Family nella gestione della perdita di efficacia degli antidepressivi nel trattamento della depressione ricorrente. 20 soggetti con diagnosi di depressione maggiore ricorrente secondo il DSM-IV sono stati randomizzati a due diverse condizioni di trattamento: 1) aumento del dosaggio dellantidepressivo e clinical management, oppure 2) mantenimento dello stesso dosaggio di antidepressivo e PCSTF. I dati di questo studio mettono in evidenza come, nel breve termine, PCSTF e farmacoterapia sono ugualmente efficaci nel ridurre la sintomatologia depressiva. Diversamente, ad un follow-up di 12 mesi, la PCSTF si dimostrata altamente superiore allaumento del farmaco ner prevenire le ricadute. Nel gruppo sottoposto allaumento del farmaco infatti ben 6 soggetti su 7 ricadono entro lanno. Nel gruppo assegnato a terapia familiare invece solo 1 soggetto su 7 ricade. Questi risultati sono in linea con i dati della letteratura che sottolineano lelevata probabilit di una seconda ricaduta dopo laumento dellantidepressivo allinterno di una farmacoterapia di mantenimento e suggeriscono lefficacia dellutilizzo di strategie psicoterapiche nella prevenzione della ricaduta in pazienti con depressione ricorrente.
Resumo:
Nelle attuali organizzazioni sanitarie non raro trovare operatori sanitari i quali ritengono che la relazione con il paziente consista nell'avere adeguate competenze tecniche inerenti la professione e nell'applicarle con attenzione e diligenza. Peraltro si tende ad invocare il fattore umano, ma si lamenta poi che loperatore si rapporti col paziente in modo asettico e spersonalizzato. Da un punto di vista scientifico il termine relazione in psicologia si riferisce essenzialmente ai significati impliciti e quasi sempre non consapevoli veicolati da qualunque relazione: dipende pertanto dalla struttura psichica dei due interlocutori investendo in particolare la sfera dellaffettivit e procede per processi comunicativi che travalicano il linguaggio verbale e con esso le intenzioni razionali e coscienti. La relazione interpersonale quindi rientra nel pi ampio quadro dei processi di comunicazione: sono questi o meglio i relativi veicoli comunicazionali, che ci dicono della qualit delle relazioni e non viceversa e cio che i processi comunicazionali vengano regolati in funzione della relazione che si vuole avere (Imbasciati, Margiotta, 2005). Molti studi in materia hanno dimostrato come, oltre alle competenze tecnicamente caratterizzanti la figura dellinfermiere, altre competenze, di natura squisitamente relazionale, giochino un ruolo fondamentale nel processo di ospedalizzazione e nella massimizzazione delladerenza al trattamento da parte del paziente, la cui non osservanza spesso causa di fallimenti terapeutici e origine di aumentati costi sanitari e sociali. Questo aspetto per spesso messo in discussione a favore di un maggiore accento sugli aspetti tecnico professionali. Da un modello delle competenze inteso tecnicisticamente prende origine infatti un protocollo di assistenza infermieristica basato sullapplicazione sistematica del problem solving method: un protocollo preciso (diagnosi e pianificazione) guida linterazione professionale fra infermiere e la persona assistita. A lato di questa procedura il processo di assistenza infermieristica riconosce per anche un versante relazionale, spesso a torto detto umanistico riferendosi alla soggettivit dei protagonisti interagenti: il professionista e il beneficiario dellassistenza intesi nella loro globalit bio-fisiologica, psicologica e socio culturale. Nel pensiero infermieristico il significato della parola relazione viene per in genere tradotto come corrispondenza continua infermiere-paziente, basata sulle dimensioni personali del bisogno di assistenza infermieristica e caratterizzata da un modo di procedere dialogico e personalizzato centrato per sugli aspetti assistenziali, in cui dallincontro degli interlocutori si determinerebbe la natura delle cure da fornire ed i mezzi con cui metterle in opera (Colliere, 1992; Motta, 2000). Nellorientamento infermieristico viene affermata dunque la presenza di una relazione. Ma di che relazione si tratta? Quali sono le capacit necessarie per avere una buona relazione? E cosa si intende per bisogni personali? Innanzitutto occorre stabilire cosa sia la buona relazione. La buona o cattiva relazione il prodotto della modalit con cui loperatore entra comunque in interazione con il proprio paziente ed modulata essenzialmente dalle capacit che la sua struttura, consapevole o no, mette in campo. DISEGNO DELLA LA RICERCA 1 STUDIO Obiettivo del primo studio della presente ricerca, unosservazione delle capacit relazionali rilevabili nel rapporto infermiere/paziente, rapporto che si presume essere un caring. Si voluto fissare lattenzione principalmente su quelle dimensioni che possono costituire le capacit relazionali dellinfermiere. Questo basandoci anche su un confronto con le aspettative di relazione del paziente e cercando di esplorare quali collegamenti vi siano tra le une e le altre. La relazione e soprattutto la buona relazione non la si pu stabilire con la buona volont, n con la cosiddetta sensibilit umana, ma necessita di capacit che non tutti hanno e che per essere acquisite necessitano di un tipo di formazione che incida sulle strutture profonde della personalit. E possibile ipotizzare che la personalit e le sue dimensioni siano il contenitore e gli elementi di base sui quali fare crescere e sviluppare capacit relazionali mature. Le dimensioni di personalit risultano quindi lo snodo principale da cui la ricerca pu produrre i suoi risultati e da cui si orientata per individuare gli strumenti di misura. La motivazione della nostra scelta dello strumento da ricercare quindi nel tentativo di esplorare lincidenza delle dimensioni e sottodimensioni di personalit. Tra queste si ritenuto importante il costrutto dellAlessitimia, caratteristico nel possesso e quindi nellutilizzo, pi o meno adeguato, di capacit relazionali nel processo di caring,
Resumo:
Management and organization literature has extensively noticed the crucial role that improvisation assumes in organizations, both as a learning process (Miner, Bassoff & Moorman, 2001), a creative process (Fisher & Amabile, 2008), a capability (Vera & Crossan, 2005), and a personal disposition (Hmielesky & Corbett, 2006; 2008). My dissertation aims to contribute to the existing literature on improvisation, addressing two general research questions: 1) How does improvisation unfold at an individual level? 2) What are the potential antecedents and consequences of individual proclivity to improvise? This dissertation is based on a mixed methodology that allowed me to deal with these two general research questions and enabled a constant interaction between the theoretical framework and the empirical results. The selected empirical field is haute cuisine and the respondents are the executive chefs of the restaurants awarded by Michelin Guide in 2010 in Italy. The qualitative section of the dissertation is based on the analysis of 26 inductive case studies and offers a multifaceted contribution. First, I describe how improvisation works both as a learning and creative process. Second, I introduce a new categorization of individual improvisational scenarios (demanded creative improvisation, problem solving improvisation, and pure creative improvisation). Third, I describe the differences between improvisation and other creative processes detected in the field (experimentation, brainstorming, trial and error through analytical procedure, trial and error, and imagination). The quantitative inquiry is founded on a Structural Equation Model, which allowed me to test simultaneously the relationships between proclivity to improvise and its antecedents and consequences. In particular, using a newly developed scale to measure individual proclivity to improvise, I test the positive influence of industry experience, self-efficacy, and age on proclivity to improvise and the negative impact of proclivity to improvise on outcome deviation. Theoretical contributions and practical implications of the results are discussed.
Resumo:
Copper(I) halide clusters are recently considered as good candidate for optoelectronic devices such as OLEDs . Although the copper halide clusters, in particular copper iodide, are very well known since the beginning of the 20th century, only in the late 70s the interest on these compounds grew dramatically due their particular photophysical behaviour. These complexes are characterized by a dual triplet emission bands, named Cluster Centred (3CC) and Halogen-to-Ligand charge transfer (3XLCT), the intensities of which are strictly related with the temperature. The CC transition, due to the presence of a metallophylic interactions, is prevalent at ambient temperature while the XLCT transition, located preferentially on the ligand part, became more prominent at low temperature. Since these pioneering works, it was easy to understand the photophysical properties of this compounds became more interesting in solid-state respect to solution with an improvement in emission efficiency. In this work we aim to characterize in SS organocopper(I)iodide compounds to valuate the correlation between the molecular crystal structure and the photophysical properties. It is also considered to hike new strategies to synthesize CuI complexes from the wet reactions to the more green solvent free methods. The advantages in using these strategies are evident but, obtain a single crystal suitable for SCXRD analysis from these batches is quite impossible. The structure solution still remains the key point in this research so we tackle this problem solving the structure by X-ray powder diffraction data. When the sample was fully characterized we moved to design and development of the associated OLED-device. Since copper iodide complexes are often insoluble in organic solvents, the high vacuum deposition technique is preferred. A new non-conventional deposition process have also been proposed to avoid the low complex stability in this practice with an in-situ complex formation in a layer-by layer deposition route.