3 resultados para Pressão abdominal
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
La Piana di foce del Garigliano (al confine tra Lazio e Campania) è caratterizzata, fino ad epoche recenti, dalla presenza di aree palustri e umide. Lo studio in corso cerca di ricostruire l’evoluzione dell’ambiente costiero mettendolo in relazione alla presenza dell’uomo, alla gestione del territorio, alle vicende storiche e alle variazioni climatiche utilizzando molteplici metodologie tipiche della geoarcheologia. Si tratta di un approccio multidisciplinare che cerca di mettere insieme analisi tipiche dell’archeologia, della topografia antica, della geomorfologia, della geologia e della paleobotanica. Fino all’età del Ferro l’unica traccia di popolamento viene da Monte d’Argento, uno sperone roccioso isolato lungo la costa, posto al limite occidentale di un ambiente sottostante che sembra una palude chiusa e isolata da apporti sedimentari esterni. Con il passaggio all’età del ferro si verifica un mutamento ambientale con la fine della grande palude e la formazione di una piccola laguna parzialmente comunicante con il mare. L’arrivo dei romani alla fine del III secolo a.C. segna la scomparsa dei grandi centri degli Aurunci e la deduzione di tre colonie (Sessa Aurunca, Sinuessa, Minturno). Le attività di sistemazione territoriale non riguardarono però le aree umide costiere, che non vennero bonificate o utilizzate per scopi agricoli, ma mantennero la loro natura di piccoli laghi costieri. Quest’epoca è dunque caratterizzata da una diffusione capillare di insediamenti, basati su piccole fattorie o installazioni legate allo sfruttamento agricolo. Poche sono le aree archeologiche che hanno restituito materiali successivi al II-III secolo d.C. La città resta comunque abitata fino al VI-VII secolo, quando l’instabilità politica e l’impaludamento dovettero rendere la zona non troppo sicura favorendo uno spostamento verso le zone collinari. Un insediamento medievale è attestato solo a Monte d’Argento e una frequentazione saracena dell’inizio del IX secolo è riportata dalle fonti letterarie, ma non vi è ancora nessuna documentazione archeologica.
Resumo:
Obiettivo: capire la relazione che intercorre tra le coliche del cavallo e le parassitosi intestinali, quindi capire l’effettiva rilevanza clinica delle infezioni parassitarie. Tipo di studio: studio clinico-chirurgico e parassitologico. Metodi: in questo studio sono stati presi in esame 92 cavalli afferiti presso il servizio SARGA del Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie durante gli anni 2009-2011. 27 di questi soggetti sono stati sottoposti a laparotomia esplorativa per colica, 22 avevano una colica che si è risolta con terapia medica, sono stati 43 i cavalli afferiti presso il servizio per patologie diverse dall’addome acuto. I cavalli da cui è stato possibile prelevare un’adeguato quantitativo di feci (# 86) sono stati sottoposti ad esami coprologici, qualitativi e quantitativi. I dati ottenuti sono stati sottoposti ad analisi statistica descrittiva, al test del Chi quadrato e al test di Kuskall-Wallis rispettivamente per le prevalenze e i dati quantitativi, oltre ad una regressione logistica per evidenziare i fattori di rischio. Dai cavalli sottoposti a celiotomia è stato prelevato il contenuto intestinale per la raccolta dei parassiti adulti. Risultati: la prevalenza e l’abbondanza degli strongili è risultata significativamente minore nei cavalli sottoposti a chirurgia addominale rispetto al totale della popolazione presa in esame. Differenze significative di prevalenza sono state evidenziate anche tra i cavalli in colica medica e chirurgica. L’unico fattore di rischio evidenziato dall’analisi di regressione logistica è rappresentato dall’età per le sole coliche trattate chirurgicamente. Né strongili né ascaridi sembrano aumentare il rischio di colica. La probabilità di decesso aumenta significativamente in caso di colica chirurgica ma non è influenzata in alcun modo dalle infezioni parassitarie.
Resumo:
Background. Ageing and inflammation are critical for the occurrence of aortic diseases. Extensive inflammatory infiltrate and excessive ECM proteloysis, mediated by MMPs, are typical features of abdominal aortic aneurysm (AAA). Mesenchymal Stromal Cells (MSCs) have been detected within the vascular wall and represent attractive candidates for regenerative medicine, in virtue of mesodermal lineage differentiation and immunomodulatory activity. Meanwhile, many works have underlined an impaired MSC behaviour under pathological conditions. This study was aimed to define a potential role of vascular MSCs to AAA development. Methods. Aortic tissues were collected from AAA patients and healthy donors. Our analysis was organized on three levels: 1) histology of AAA wall; 2) detection of MSCs and evaluation of MMP-9 expression on AAA tissue; 3) MSC isolation from AAA wall and characterization for mesenchymal/stemness markers, MMP-2, MMP-9, TIMP-1, TIMP-2 and EMMPRIN. AAA-MSCs were tested for immunomodulation, when cultured together with activated peripheral blood mononuclear cells (PBMCs). In addition, a co-colture of both healthy and AAA MSCs was assessed and afterwards MMP-2/9 mRNA levels were analyzed. Results. AAA-MSCs showed basic mesenchymal properties: fibroblastic shape, MSC antigens, stemness genes. MMP-9 mRNA, protein and enzymatic activity were significantly increased in AAA-MSCs. Moreover, AAA-MSCs displayed a weak immunosuppressive activity, as shown by PBMC ongoing along cell cycle. MMP-9 was shown to be modulated at the transcriptional level through the direct contact as well as the paracrine action of healthy MSCs. Discussion. Vascular injury did not affect the MSC basic phenotype, but altered their function, a increased MMP-9 expression and ineffective immunmodulation. These data suggest that vascular MSCs can contribute to aortic disease. In this view, the study of key processes to restore MSC immunomodulation could be relevant to find a pharmacological approach for monitoring the aneurysm progression.