6 resultados para Negative factor counting method
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
The Ph chromosome is the most frequent cytogenetic aberration associated with adult ALL and it represents the single most significant adverse prognostic marker. Despite imatinib has led to significant improvements in the treatment of patients with Ph+ ALL, in the majority of cases resistance developed quickly and disease progressed. Some mechanisms of resistance have been widely described but the full knowledge of contributing factors, driving both the disease and resistance, remains to be defined. The observation of rapid development of lymphoblastic leukemia in mice expressing altered Ikaros (Ik) isoforms represented the background of this study. Ikaros is a zinc finger transcription factor required for normal hemopoietic differentiation and proliferation, particularly in the lymphoid lineages. By means of alternative splicing, Ikaros encodes several proteins that differ in their abilities to bind to a consensus DNA-binding site. Shorter, DNA nonbinding isoforms exert a dominant negative effect, inhibiting the ability of longer heterodimer partners to bind DNA. The differential expression pattern of Ik isoforms in Ph+ ALL patients was analyzed in order to determine if molecular abnormalities involving the Ik gene could associate with resistance to imatinib and dasatinib. Bone marrow and peripheral blood samples from 46 adult patients (median age 55 yrs, 18-76) with Ph+ ALL at diagnosis and during treatment with imatinib (16 pts) or dasatinib (30 pts) were collected. We set up a fast, high-throughput method based on capillary electrophoresis technology to detect and quantify splice variants. 41% Ph+ ALL patients expressed high levels of the non DNA-binding dominant negative Ik6 isoform lacking critical N-terminal zinc-fingers which display abnormal subcellular compartmentalization pattern. Nuclear extracts from patients expressed Ik6 failed to bind DNA in mobility shift assay using a DNA probe containing an Ikaros-specific DNA binding sequence. In 59% Ph+ ALL patients there was the coexistence in the same PCR sample and at the same time of many splice variants corresponded to Ik1, Ik2, Ik4, Ik4A, Ik5A, Ik6, Ik6 and Ik8 isoforms. In these patients aberrant full-length Ikaros isoforms in Ph+ ALL characterized by a 60-bp insertion immediately downstream of exon 3 and a recurring 30-bp in-frame deletion at the end of exon 7 involving most frequently the Ik2, Ik4 isoforms were also identified. Both the insertion and deletion were due to the selection of alternative splice donor and acceptor sites. The molecular monitoring of minimal residual disease showed for the first time in vivo that the Ik6 expression strongly correlated with the BCR-ABL transcript levels suggesting that this alteration could depend on the Bcr-Abl activity. Patient-derived leukaemia cells expressed dominant-negative Ik6 at diagnosis and at the time of relapse, but never during remission. In order to mechanistically demonstrated whether in vitro the overexpression of Ik6 impairs the response to tyrosine kinase inhibitors (TKIs) and contributes to resistance, an imatinib-sensitive Ik6-negative Ph+ ALL cell line (SUP-B15) was transfected with the complete Ik6 DNA coding sequence. The expression of Ik6 strongly increased proliferation and inhibited apoptosis in TKI sensitive cells establishing a previously unknown link between specific molecular defects that involve the Ikaros gene and the resistance to TKIs in Ph+ ALL patients. Amplification and genomic sequence analysis of the exon splice junction regions showed the presence of 2 single nucleotide polymorphisms (SNPs): rs10251980 [A/G] in the exon2/3 splice junction and of rs10262731 [A/G] in the exon 7/8 splice junction in 50% and 36% of patients, respectively. A variant of the rs11329346 [-/C], in 16% of patients was also found. Other two different single nucleotide substitutions not recognized as SNP were observed. Some mutations were predicted by computational analyses (RESCUE approach) to alter cis-splicing elements. In conclusion, these findings demonstrated that the post-transcriptional regulation of alternative splicing of Ikaros gene is defective in the majority of Ph+ ALL patients treated with TKIs. The overexpression of Ik6 blocking B-cell differentiation could contribute to resistance opening a time frame, during which leukaemia cells acquire secondary transforming events that confer definitive resistance to imatinib and dasatinib.
Resumo:
Negli ultimi anni, un crescente numero di studiosi ha focalizzato la propria attenzione sullo sviluppo di strategie che permettessero di caratterizzare le proprietà ADMET dei farmaci in via di sviluppo, il più rapidamente possibile. Questa tendenza origina dalla consapevolezza che circa la metà dei farmaci in via di sviluppo non viene commercializzato perché ha carenze nelle caratteristiche ADME, e che almeno la metà delle molecole che riescono ad essere commercializzate, hanno comunque qualche problema tossicologico o ADME [1]. Infatti, poco importa quanto una molecola possa essere attiva o specifica: perché possa diventare farmaco è necessario che venga ben assorbita, distribuita nell’organismo, metabolizzata non troppo rapidamente, ne troppo lentamente e completamente eliminata. Inoltre la molecola e i suoi metaboliti non dovrebbero essere tossici per l’organismo. Quindi è chiaro come una rapida determinazione dei parametri ADMET in fasi precoci dello sviluppo del farmaco, consenta di risparmiare tempo e denaro, permettendo di selezionare da subito i composti più promettenti e di lasciar perdere quelli con caratteristiche negative. Questa tesi si colloca in questo contesto, e mostra l’applicazione di una tecnica semplice, la biocromatografia, per caratterizzare rapidamente il legame di librerie di composti alla sieroalbumina umana (HSA). Inoltre mostra l’utilizzo di un’altra tecnica indipendente, il dicroismo circolare, che permette di studiare gli stessi sistemi farmaco-proteina, in soluzione, dando informazioni supplementari riguardo alla stereochimica del processo di legame. La HSA è la proteina più abbondante presente nel sangue. Questa proteina funziona da carrier per un gran numero di molecole, sia endogene, come ad esempio bilirubina, tiroxina, ormoni steroidei, acidi grassi, che xenobiotici. Inoltre aumenta la solubilità di molecole lipofile poco solubili in ambiente acquoso, come ad esempio i tassani. Il legame alla HSA è generalmente stereoselettivo e ad avviene a livello di siti di legame ad alta affinità. Inoltre è ben noto che la competizione tra farmaci o tra un farmaco e metaboliti endogeni, possa variare in maniera significativa la loro frazione libera, modificandone l’attività e la tossicità. Per queste sue proprietà la HSA può influenzare sia le proprietà farmacocinetiche che farmacodinamiche dei farmaci. Non è inusuale che un intero progetto di sviluppo di un farmaco possa venire abbandonato a causa di un’affinità troppo elevata alla HSA, o a un tempo di emivita troppo corto, o a una scarsa distribuzione dovuta ad un debole legame alla HSA. Dal punto di vista farmacocinetico, quindi, la HSA è la proteina di trasporto del plasma più importante. Un gran numero di pubblicazioni dimostra l’affidabilità della tecnica biocromatografica nello studio dei fenomeni di bioriconoscimento tra proteine e piccole molecole [2-6]. Il mio lavoro si è focalizzato principalmente sull’uso della biocromatografia come metodo per valutare le caratteristiche di legame di alcune serie di composti di interesse farmaceutico alla HSA, e sul miglioramento di tale tecnica. Per ottenere una miglior comprensione dei meccanismi di legame delle molecole studiate, gli stessi sistemi farmaco-HSA sono stati studiati anche con il dicroismo circolare (CD). Inizialmente, la HSA è stata immobilizzata su una colonna di silice epossidica impaccata 50 x 4.6 mm di diametro interno, utilizzando una procedura precedentemente riportata in letteratura [7], con alcune piccole modifiche. In breve, l’immobilizzazione è stata effettuata ponendo a ricircolo, attraverso una colonna precedentemente impaccata, una soluzione di HSA in determinate condizioni di pH e forza ionica. La colonna è stata quindi caratterizzata per quanto riguarda la quantità di proteina correttamente immobilizzata, attraverso l’analisi frontale di L-triptofano [8]. Di seguito, sono stati iniettati in colonna alcune soluzioni raceme di molecole note legare la HSA in maniera enantioselettiva, per controllare che la procedura di immobilizzazione non avesse modificato le proprietà di legame della proteina. Dopo essere stata caratterizzata, la colonna è stata utilizzata per determinare la percentuale di legame di una piccola serie di inibitori della proteasi HIV (IPs), e per individuarne il sito(i) di legame. La percentuale di legame è stata calcolata attraverso il fattore di capacità (k) dei campioni. Questo parametro in fase acquosa è stato estrapolato linearmente dal grafico log k contro la percentuale (v/v) di 1-propanolo presente nella fase mobile. Solamente per due dei cinque composti analizzati è stato possibile misurare direttamente il valore di k in assenza di solvente organico. Tutti gli IPs analizzati hanno mostrato un’elevata percentuale di legame alla HSA: in particolare, il valore per ritonavir, lopinavir e saquinavir è risultato maggiore del 95%. Questi risultati sono in accordo con dati presenti in letteratura, ottenuti attraverso il biosensore ottico [9]. Inoltre, questi risultati sono coerenti con la significativa riduzione di attività inibitoria di questi composti osservata in presenza di HSA. Questa riduzione sembra essere maggiore per i composti che legano maggiormente la proteina [10]. Successivamente sono stati eseguiti degli studi di competizione tramite cromatografia zonale. Questo metodo prevede di utilizzare una soluzione a concentrazione nota di un competitore come fase mobile, mentre piccole quantità di analita vengono iniettate nella colonna funzionalizzata con HSA. I competitori sono stati selezionati in base al loro legame selettivo ad uno dei principali siti di legame sulla proteina. In particolare, sono stati utilizzati salicilato di sodio, ibuprofene e valproato di sodio come marker dei siti I, II e sito della bilirubina, rispettivamente. Questi studi hanno mostrato un legame indipendente dei PIs ai siti I e II, mentre è stata osservata una debole anticooperatività per il sito della bilirubina. Lo stesso sistema farmaco-proteina è stato infine investigato in soluzione attraverso l’uso del dicroismo circolare. In particolare, è stato monitorata la variazione del segnale CD indotto di un complesso equimolare [HSA]/[bilirubina], a seguito dell’aggiunta di aliquote di ritonavir, scelto come rappresentante della serie. I risultati confermano la lieve anticooperatività per il sito della bilirubina osservato precedentemente negli studi biocromatografici. Successivamente, lo stesso protocollo descritto precedentemente è stato applicato a una colonna di silice epossidica monolitica 50 x 4.6 mm, per valutare l’affidabilità del supporto monolitico per applicazioni biocromatografiche. Il supporto monolitico monolitico ha mostrato buone caratteristiche cromatografiche in termini di contropressione, efficienza e stabilità, oltre che affidabilità nella determinazione dei parametri di legame alla HSA. Questa colonna è stata utilizzata per la determinazione della percentuale di legame alla HSA di una serie di poliamminochinoni sviluppati nell’ambito di una ricerca sulla malattia di Alzheimer. Tutti i composti hanno mostrato una percentuale di legame superiore al 95%. Inoltre, è stata osservata una correlazione tra percentuale di legame è caratteristiche della catena laterale (lunghezza e numero di gruppi amminici). Successivamente sono stati effettuati studi di competizione dei composti in esame tramite il dicroismo circolare in cui è stato evidenziato un effetto anticooperativo dei poliamminochinoni ai siti I e II, mentre rispetto al sito della bilirubina il legame si è dimostrato indipendente. Le conoscenze acquisite con il supporto monolitico precedentemente descritto, sono state applicate a una colonna di silice epossidica più corta (10 x 4.6 mm). Il metodo di determinazione della percentuale di legame utilizzato negli studi precedenti si basa su dati ottenuti con più esperimenti, quindi è necessario molto tempo prima di ottenere il dato finale. L’uso di una colonna più corta permette di ridurre i tempi di ritenzione degli analiti, per cui la determinazione della percentuale di legame alla HSA diventa molto più rapida. Si passa quindi da una analisi a medio rendimento a una analisi di screening ad alto rendimento (highthroughput- screening, HTS). Inoltre, la riduzione dei tempi di analisi, permette di evitare l’uso di soventi organici nella fase mobile. Dopo aver caratterizzato la colonna da 10 mm con lo stesso metodo precedentemente descritto per le altre colonne, sono stati iniettati una serie di standard variando il flusso della fase mobile, per valutare la possibilità di utilizzare flussi elevati. La colonna è stata quindi impiegata per stimare la percentuale di legame di una serie di molecole con differenti caratteristiche chimiche. Successivamente è stata valutata la possibilità di utilizzare una colonna così corta, anche per studi di competizione, ed è stata indagato il legame di una serie di composti al sito I. Infine è stata effettuata una valutazione della stabilità della colonna in seguito ad un uso estensivo. L’uso di supporti cromatografici funzionalizzati con albumine di diversa origine (ratto, cane, guinea pig, hamster, topo, coniglio), può essere proposto come applicazione futura di queste colonne HTS. Infatti, la possibilità di ottenere informazioni del legame dei farmaci in via di sviluppo alle diverse albumine, permetterebbe un migliore paragone tra i dati ottenuti tramite esperimenti in vitro e i dati ottenuti con esperimenti sull’animale, facilitando la successiva estrapolazione all’uomo, con la velocità di un metodo HTS. Inoltre, verrebbe ridotto anche il numero di animali utilizzati nelle sperimentazioni. Alcuni lavori presenti in letteratura dimostrano l’affidabilita di colonne funzionalizzate con albumine di diversa origine [11-13]: l’utilizzo di colonne più corte potrebbe aumentarne le applicazioni.
Resumo:
Fire blight, caused by the gram negative bacterium Erwinia amylovora, is one of the most destructive bacterial diseases of Pomaceous plants. Therefore, the development of reliable methods to control this disease is desperately needed. This research investigated the possibility to interfere, by altering plant metabolism, on the interactions occurring between Erwinia amylovora, the host plant and the epiphytic microbial community in order to obtain a more effective control of fire blight. Prohexadione-calcium and trinexapac-ethyl, two dioxygenase inhibitors, were chosen as a chemical tool to influence plant metabolism. These compounds inhibit the 2-oxoglutarate-dependent dioxygenases and, therefore, they greatly influence plant metabolism. Moreover, dioxygenase inhibitors were found to enhance plant resistance to a wide range of pathogens. In particular, dioxygenase inhibitors application seems a promising method to control fire blight. From cited literature, it is assumed that these compounds increase plant defence mainly by a transient alteration of flavonoids metabolism. We tried to demonstrate, that the reduction of susceptibility to disease could be partially due to an indirect influence on the microbial community established on plant surface. The possibility to influence the interactions occurring in the epiphytic microbial community is particularly interesting, in fact, the relationships among different bacterial populations on plant surface is a key factor for a more effective biological control of plant diseases. Furthermore, we evaluated the possibility to combine the application of dioxygenase inhibitors with biological control in order to develop an integrate strategy for control of fire blight. The first step for this study was the isolation of a pathogenic strain of E. amylovora. In addition, we isolated different epiphytic bacteria, which respond to general requirements for biological control agents. Successively, the effect of dioxygenase inhibitors treatment on microbial community was investigated on different plant organs (stigmas, nectaries and leaves). An increase in epiphytic microbial population was found. Further experiments were performed with aim to explain this effect. In particular, changes in sugar content of nectar were observed. These changes, decreasing the osmotic potential of nectar, might allow a more consistent growth of epiphytic bacteria on blossoms. On leaves were found similar differences as well. As far as the interactions between E. amylovora and host plant, they were deeply investigated by advanced microscopical analysis. The influence of dioxygenase inhibitors and SAR inducers application on the infection process and migration of pathogen inside different plant tissues was studied. These microscopical techniques, combined with the use of gpf-labelled E. amylovora, allowed the development of a bioassay method for resistance inducers efficacy screening. The final part of the work demonstrated that the reduction of disease susceptibility observed in plants treated with prohexadione-calcium is mainly due to the accumulation of a novel phytoalexins: luteoforol. This 3-deoxyflavonoid was proven to have a strong antimicrobial activity.
Resumo:
REST is a zinc-finger transcription factor implicated in several processes such as maintenance of embryonic stem cell pluripotency and regulation of mitotic fidelity in non-neuronal cells [Chong et al., 1995]. The gene encodes for a 116-kDa protein that acts as a molecular platform for co-repressors recruitment and promotes modifications of DNA and histones [Ballas, 2005]. REST showed different apparent molecular weights, consistent with the possible presence of post-translational modifications [Lee et al., 2000]. Among these the most common is glycosylation, the covalent attachment of carbohydrates during or after protein synthesis [Apweiler et al., 1999] My thesis has ascertained, for the first time, the presence of glycan chians in the transcription factor REST. Through enzymatic deglycosylation and MS, oligosaccharide composition of glycan chains was evaluated: a complex mixture of glycans, composed of N-acetylgalactosamine, galactose and mannose, was observed thus confirming the presence of O- and N-linked glycan chains. Glycosylation site mapping was done using a 18O-labeling method and MS/MS and twelve potential N-glycosylation sites were identified. The most probable glycosylation target residues were mutated through site-directed mutagenesis and REST mutants were expressed in different cell lines. Variations in the protein molecular weight and mutant REST ability to bind the RE-1 sequence were analyzed. Gene reporter assays showed that, altogether, removal of N-linked glycan chains causes loss of transcriptional repressor function, except for mutant N59 which showed a slight residual repressor activity in presence of IGF-I. Taken togheter these results demonstrate the presence of complex glycan chians in the transcription factor REST: I have depicted their composition, started defining their position on the protein backbone and identified their possible role in the transcription factor functioning. Considering the crucial role of glycosylation and transcription factors activity in the aetiology of many diseases, any further knowledge could find important and interesting pharmacological application.
Resumo:
Workaholism is defined as the combination of two underlying dimensions: working excessively and working compulsively. The present thesis aims at achieving the following purposes: 1) to test whether the interaction between environmental and personal antecedents may enhance workaholism; 2) to develop a questionnaire aimed to assess overwork climate in the workplace; 3) to contrast focal employees’ and coworkers’ perceptions of employees’ workaholism and engagement. Concerning the first purpose, the interaction between overwork climate and person characteristics (achievement motivation, perfectionism, conscientiousness, self-efficacy) was explored on a sample of 333 Dutch employees. The results of moderated regression analyses showed that the interaction between overwork climate and person characteristics is related to workaholism. The second purpose was pursued with two interrelated studies. In Study 1 the Overwork Climate Scale (OWCS) was developed and tested using a principal component analysis (N = 395) and a confirmatory factor analysis (N = 396). Two overwork climate dimensions were distinguished, overwork endorsement and lacking overwork rewards. In Study 2 the total sample (N = 791) was used to explore the association of overwork climate with two types of working hard: work engagement and workaholism. Lacking overwork rewards was negatively associated with engagement, whereas overwork endorsement showed a positive association with workaholism. Concerning the third purpose, using a sample of 73 dyads composed by focal employees and their coworkers, a multitrait-multimethod matrix and a correlated trait-correlated method model, i.e. the CT-C(M–1) model, were examined. Our results showed a considerable agreement between raters on focal employees' engagement and workaholism. In contrast, we observed a significant difference concerning the cognitive dimension of workaholism, working compulsively. Moreover, we provided further evidence for the discriminant validity between engagement and workaholism. Overall, workaholism appears as a negative work-related state that could be better explained by assuming a multi-causal and multi-rater approach.
Resumo:
The recent advent of Next-generation sequencing technologies has revolutionized the way of analyzing the genome. This innovation allows to get deeper information at a lower cost and in less time, and provides data that are discrete measurements. One of the most important applications with these data is the differential analysis, that is investigating if one gene exhibit a different expression level in correspondence of two (or more) biological conditions (such as disease states, treatments received and so on). As for the statistical analysis, the final aim will be statistical testing and for modeling these data the Negative Binomial distribution is considered the most adequate one especially because it allows for "over dispersion". However, the estimation of the dispersion parameter is a very delicate issue because few information are usually available for estimating it. Many strategies have been proposed, but they often result in procedures based on plug-in estimates, and in this thesis we show that this discrepancy between the estimation and the testing framework can lead to uncontrolled first-type errors. We propose a mixture model that allows each gene to share information with other genes that exhibit similar variability. Afterwards, three consistent statistical tests are developed for differential expression analysis. We show that the proposed method improves the sensitivity of detecting differentially expressed genes with respect to the common procedures, since it is the best one in reaching the nominal value for the first-type error, while keeping elevate power. The method is finally illustrated on prostate cancer RNA-seq data.