2 resultados para Microbe dialogue

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Host-Pathogen Interaction is a very vast field of biological sciences, indeed every year many un- known pathogens are uncovered leading to an exponential growth of this field. The present work lyes between its boundaries, touching different aspects of host-pathogen interaction: We have evaluate the permissiveness of Mesenchimal Stem cell (FM-MSC from now on) to all known human affecting herpesvirus. Our study demonstrate that FM-MSC are full permissive to HSV1, HSV2, HCMV and VZV. On the other hand HHV6, HHV7, EBV and HHV8 are susceptible, but failed to activate a lytic infection program. FM-MSC are pluripotent stem cell and have been studied intensely in last decade. FM-MSC are employed in some clinical applications. For this reason it is important to known the degree of susceptibility to transmittable pathogens. Our atten- tion has then moved to bacterial pathogens: we have performed a proteome-wide in silico analy- sis of Chlamydiaceae family, searching for putative Nuclear localization Signal (NLS). Chlamy- diaceae are a family of obligate intracellular parasites. It’s reasonably to think that its members could delivered to nucleus effector proteins via NLS sequences: if that were the case the identifi- cation of NLS carrying proteins could open the way to therapeutic approaches. Our results strengthen this hypothesis: we have identified 72 protein bearing NLS, and verified their func- tionality with in vivo assays. Finally we have conceived a molecular scissor, creating a fusion protein between HIV-1 IN protein and FokI catalytic domain (a deoxyexonuclease domain). Our aim is to obtain chimeric enzyme (trojIN) which selectively identify IN naturally occurring target (HIV LTR sites) and cleaves subsequently LTR carrying DNA (for example integrated HIV1 DNA). Our preliminary results are promising since we have identified trojIN mutated version capable to selectively recognize LTR carrying DNA in an in vitro experiments.

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Attraverso un excursus storico, teorico e metodologico, questa tesi di dottorato analizza la nascita, gli sviluppi e l’attuale dimensione costitutivo-identitaria dei Performance Studies, un ambito di ricerca accademica che, nato negli Stati Uniti alla fine degli anni Settanta, ha sempre palesato una natura restia nei confronti di qualunque tentativo definitorio. Se i Performance Studies concepiscono la performance sia come oggetto d’analisi sia come lente metodologica, e se, come evidenziato da Richard Schechner, praticamente tutto può essere “elevato a performance” e quindi indagato secondo le categorie analitiche di questa disciplina, ecco allora che, con uno slittamento transitivo e “meta-metodologico”, questa ricerca dottorale ha scelto come proprio oggetto di studio i Performance Studies stessi, osservandoli “as performance” e avvalendosi degli strumenti metodologici suggeriti dal suo stesso oggetto d’analisi. Questo lavoro indaga come l’oggetto di studio dei Performance Studies sia, seguendo la teoria schechneriana, il “behaved behavior”, e dunque come di conseguenza, il repertorio, prima ancora che l’archivio, possa essere considerato il fedele custode delle “pratiche incorporate”. Soffermandosi su esempi di “reenactment” performativo come quelli messi in atto da Marina Abramović e Clifford Owens, così come sui tentativi condotti dalla sezione dell’Intangible Cultural Heritage dell’UNESCO, suggerisce validi esempi di “archiviazione” della performance. L’elaborato prende poi in esame casi che esemplificano la proficua identificazione tra “studiare performance” e “fare performance”, sottolinea il ruolo cruciale e imprenscindibile determinato dal lavoro di ricerca sul campo inteso come “osservazione partecipante”, ed evidenzia il costante coinvolgimento sociale e politico assunto dai Performance Studies. Questa dissertazione affronta e supporta l’efficacia dei Performance Studies nel proporsi come uno strumento innovativo in grado di analizzare un mondo sempre più performativo nelle sue dinamiche. La loro natura tanto interdisciplinare quanto interculturale sembra farne una lente adeguata attraverso cui promuovere livelli diversi di performance dialogica tra culture localmente distinte ma globalmente assimilabili.