6 resultados para Mathieu functions
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
La tesi si occupa della teoria delle ranking functions di W. Spohn, dottrina epistemologica il cui fine è dare una veste logica rigorosa ai concetti di causalità, legge di natura, spiegazione scientifica, a partire dalla nozione di credenza. Di tale teoria manca ancora una esposizione organica e unitaria e, soprattutto, formulata in linguaggio immediatamente accessibile. Nel mio lavoro, che si presenta come introduzione ad essa, è anche messa a raffronto con le teorie che maggiormente l’hanno influenzata o rispetto alle quali si pone come avversaria. Il PRIMO CAPITOLO si concentra sulla teoria di P. Gärdenfors, il più diretto predecessore e ispiratore di Spohn. Questo consente al lettore di acquisire familiarità con le nozioni di base della logica epistemica. La conoscenza, nella teoria del filosofo svedese, è concepita come processo di acquisizione ed espulsione di credenze, identificate con proposizioni, da un insieme. I tre maggiori fenomeni epistemici sono l’espansione, la revisione e la contrazione. Nel primo caso si immagazzina una proposizione in precedenza sconosciuta, nel secondo se ne espelle una a causa dell’acquisizione della sua contraddittoria, nel terzo si cancella una proposizione per amore di ipotesi e si investigano le conseguenze di tale cancellazione. Controparte linguistica di quest’ultimo fenomeno è la formulazione di un condizionale controfattuale. L’epistemologo, così come Gärdenfors concepisce il suo compito, è fondamentalmente un logico che deve specificare funzioni: vale a dire, le regole che deve rispettare ciascun passaggio da un insieme epistemico a un successivo per via di espansione, revisione e contrazione. Il SECONDO CAPITOLO tratta infine della teoria di Spohn, cercando di esporla in modo esauriente ma anche molto semplice. Anche in Spohn evidentemente il concetto fondamentale è quello di funzione: si tratta però in questo caso di quella regola di giudizio soggettivo che, a ciascuna credenza, identificata con una proposizione, associa un grado (un rank), espresso da un numero naturale positivo o dallo zero. Un rank è un grado di non-credenza (disbelief). Perché la non-credenza (che comporta un notevole appesantimento concettuale)? Perché le leggi della credenza così concepite presentano quella che Spohn chiama una “pervasiva analogia” rispetto alle leggi della probabilità (Spohn la chiama persino “armonia prestabilita” ed è un campo su cui sta ancora lavorando). Essenziale è il concetto di condizionalizzazione (analogo a quello di probabilità condizionale): a una credenza si associa un rank sulla base di (almeno) un’altra credenza. Grazie a tale concetto Spohn può formalizzare un fenomeno che a Gärdenfors sfugge, ossia la presenza di correlazioni interdoxastiche tra le credenze di un soggetto. Nella logica epistemica del predecessore, infatti, tutto si riduce all’inclusione o meno di una proposizione nell’insieme, non si considerano né gradi di credenza né l’idea che una credenza sia creduta sulla base di un’altra. Il TERZO CAPITOLO passa alla teoria della causalità di Spohn. Anche questa nozione è affrontata in prospettiva epistemica. Non ha senso, secondo Spohn, chiedersi quali siano i tratti “reali” della causalità “nel mondo”, occorre invece studiare che cosa accade quando si crede che tra due fatti o eventi sussista una correlazione causale. Anche quest’ultima è fatta oggetto di una formalizzazione logica rigorosa (e diversificata, infatti Spohn riconosce vari tipi di causa). Una causa “innalza lo status epistemico” dell’effetto: vale a dire, quest’ultimo è creduto con rank maggiore (ossia minore, se ci si concentra sulla non-credenza) se condizionalizzato sulla causa. Nello stesso capitolo espongo la teoria della causalità di Gärdenfors, che però è meno articolata e minata da alcuni errori. Il QUARTO CAPITOLO è tutto dedicato a David Lewis e alla sua teoria controfattuale della causalità, che è il maggiore avversario tanto di Spohn quanto di Gärdenfors. Secondo Lewis la migliore definizione di causa può essere data in termini controfattuali: la causa è un evento tale che, se non fosse accaduto, nemmeno l’effetto sarebbe accaduto. Naturalmente questo lo obbliga a specificare una teoria delle condizioni di verità di tale classe di enunciati che, andando contro i fatti per definizione, non possono essere paragonati alla realtà. Lewis ricorre allora alla dottrina dei mondi possibili e della loro somiglianza comparativa, concludendo che un controfattuale è vero se il mondo possibile in cui il suo antecedente e il suo conseguente sono veri è più simile al mondo attuale del controfattuale in cui il suo antecedente è vero e il conseguente è falso. Il QUINTO CAPITOLO mette a confronto la teoria di Lewis con quelle di Spohn e Gärdenfors. Quest’ultimo riduce i controfattuali a un fenomeno linguistico che segnala il processo epistemico di contrazione, trattato nel primo capitolo, rifiutando così completamente la dottrina dei mondi possibili. Spohn non affronta direttamente i controfattuali (in quanto a suo dire sovraccarichi di sottigliezze linguistiche di cui non vuole occuparsi – ha solo un abbozzo di teoria dei condizionali) ma dimostra che la sua teoria è superiore a quella di Lewis perché riesce a rendere conto, con estrema esattezza, di casi problematici di causalità che sfuggono alla formulazione controfattuale. Si tratta di quei casi in cui sono in gioco, rafforzandosi a vicenda o “concorrendo” allo stesso effetto, più fattori causali (casi noti nella letteratura come preemption, trumping etc.). Spohn riesce a renderne conto proprio perché ha a disposizione i rank numerici, che consentono un’analisi secondo cui a ciascun fattore causale è assegnato un preciso ruolo quantitativamente espresso, mentre la dottrina controfattuale è incapace di operare simili distinzioni (un controfattuale infatti è vero o falso, senza gradazioni). Il SESTO CAPITOLO si concentra sui modelli di spiegazione scientifica di Hempel e Salmon, e sulla nozione di causalità sviluppata da quest’ultimo, mettendo in luce soprattutto il ruolo (problematico) delle leggi di natura e degli enunciati controfattuali (a questo proposito sono prese in considerazione anche le famose critiche di Goodman e Chisholm). Proprio dalla riflessione su questi modelli infatti è scaturita la teoria di Gärdenfors, e tanto la dottrina del filosofo svedese quanto quella di Spohn possono essere viste come finalizzate a rendere conto della spiegazione scientifica confrontandosi con questi modelli meno recenti. Il SETTIMO CAPITOLO si concentra sull’analisi che la logica epistemica fornisce delle leggi di natura, che nel capitolo precedente sono ovviamente emerse come elemento fondamentale della spiegazione scientifica. Secondo Spohn le leggi sono innanzitutto proposizioni generali affermative, che sono credute in modo speciale. In primo luogo sono credute persistentemente, vale a dire, non sono mai messe in dubbio (tanto che se si incappa in una loro contro-istanza si va alla ricerca di una violazione della normalità che la giustifichi). In secondo luogo, guidano e fondano la credenza in altre credenze specifiche, che sono su di esse condizionalizzate (si riprendono, con nuovo rigore logico, le vecchie idee di Wittgenstein e di Ramsey e il concetto di legge come inference ticket). In terzo luogo sono generalizzazioni ricavate induttivamente: sono oggettivazioni di schemi induttivi. Questo capitolo si sofferma anche sulla teoria di legge offerta da Gärdenfors (analoga ma embrionale) e sull’analisi che Spohn fornisce della nozione di clausola ceteris paribus. L’OTTAVO CAPITOLO termina l’analisi cominciata con il sesto, considerando finalmente il modello epistemico della spiegazione scientifica. Si comincia dal modello di Gärdenfors, che si mostra essere minato da alcuni errori o comunque caratterizzato in modo non sufficientemente chiaro (soprattutto perché non fa ricorso, stranamente, al concetto di legge). Segue il modello di Spohn; secondo Spohn le spiegazioni scientifiche sono caratterizzate dal fatto che forniscono (o sono finalizzate a fornire) ragioni stabili, vale a dire, riconducono determinati fenomeni alle loro cause e tali cause sono credute in modo persistente. Con una dimostrazione logica molto dettagliata e di acutezza sorprendente Spohn argomenta che simili ragioni, nel lungo periodo, devono essere incontrate. La sua quindi non è solo una teoria della spiegazione scientifica che elabori un modello epistemico di che cosa succede quando un fenomeno è spiegato, ma anche una teoria dello sviluppo della scienza in generale, che incoraggia a perseguire la ricerca delle cause come necessariamente coronata da successo. Le OSSERVAZIONI CONCLUSIVE fanno il punto sulle teorie esposte e sul loro raffronto. E’ riconosciuta la superiorità della teoria di Spohn, di cui si mostra anche che raccoglie in pieno l’eredità costruttiva di Hume, al quale gli avversari si rifanno costantemente ma in modo frammentario. Si analizzano poi gli elementi delle teorie di Hempel e Salmon che hanno precorso l’impostazione epistemica. La teoria di Spohn non è esente però da alcuni punti ancora problematici. Innanzitutto, il ruolo della verità; in un primo tempo Spohn sembra rinunciare, come fa esplicitamente il suo predecessore, a trattare la verità, salvo poi invocarla quando si pone il grave problema dell’oggettivazione delle ranking functions (il problema si presenta poiché di esse inizialmente si dice che sono regole soggettive di giudizio e poi si identificano in parte con le leggi di natura). C’è poi la dottrina dei gradi di credenza che Spohn dice presentarsi “unitamente alle proposizioni” e che costituisce un inutile distacco dal realismo psicologico (critica consueta alla teoria): basterebbe osservare che i gradi di credenza sono ricavati o per condizionalizzazione automatica sulla base del tipo di fonte da cui una proposizione proviene, o per paragone immaginario con altre fonti (la maggiore o minore credenza infatti è un concetto relazionale: si crede di più o di meno “sulla base di…” o “rispetto a…”). Anche la trattazione delle leggi di natura è problematica; Spohn sostiene che sono ranking functions: a mio avviso invece esse concorrono a regole di giudizio, che prescrivono di impiegare le leggi stesse per valutare proposizioni o aspettative. Una legge di natura è un ingranaggio, per così dire, di una valutazione di certezza ma non si identifica totalmente con una legge di giudizio. I tre criteri che Spohn individua per distinguere le leggi poi non sono rispettati da tutte e sole le leggi stesse: la generalizzazione induttiva può anche dare adito a pregiudizi, e non di tutte le leggi si sono viste, individualmente, istanze ripetute tanto da giustificarle induttivamente. Infine, un episodio reale di storia della scienza come la scoperta della sintesi dell’urea da parte di F. Wöhler (1828 – ottenendo carbammide, organico, da due sostanze inorganiche, dimostra che non è vera la legge di natura fini a quel momento presunta tale secondo cui “sostanze organiche non possono essere ricavate da sostanze inorganiche”) è indice che le leggi di natura non sono sempre credute in modo persistente, cosicché per comprendere il momento della scoperta è pur sempre necessario rifarsi a una teoria di tipo popperiano, rispetto alla quale Spohn presenta invece la propria in assoluta antitesi.
Resumo:
The DNA topology is an important modifier of DNA functions. Torsional stress is generated when right handed DNA is either over- or underwound, producing structural deformations which drive or are driven by processes such as replication, transcription, recombination and repair. DNA topoisomerases are molecular machines that regulate the topological state of the DNA in the cell. These enzymes accomplish this task by either passing one strand of the DNA through a break in the opposing strand or by passing a region of the duplex from the same or a different molecule through a double-stranded cut generated in the DNA. Because of their ability to cut one or two strands of DNA they are also target for some of the most successful anticancer drugs used in standard combination therapies of human cancers. An effective anticancer drug is Camptothecin (CPT) that specifically targets DNA topoisomerase 1 (TOP 1). The research project of the present thesis has been focused on the role of human TOP 1 during transcription and on the transcriptional consequences associated with TOP 1 inhibition by CPT in human cell lines. Previous findings demonstrate that TOP 1 inhibition by CPT perturbs RNA polymerase (RNAP II) density at promoters and along transcribed genes suggesting an involvement of TOP 1 in RNAP II promoter proximal pausing site. Within the transcription cycle, promoter pausing is a fundamental step the importance of which has been well established as a means of coupling elongation to RNA maturation. By measuring nascent RNA transcripts bound to chromatin, we demonstrated that TOP 1 inhibition by CPT can enhance RNAP II escape from promoter proximal pausing site of the human Hypoxia Inducible Factor 1 (HIF-1) and c-MYC genes in a dose dependent manner. This effect is dependent from Cdk7/Cdk9 activities since it can be reversed by the kinases inhibitor DRB. Since CPT affects RNAP II by promoting the hyperphosphorylation of its Rpb1 subunit the findings suggest that TOP 1inhibition by CPT may increase the activity of Cdks which in turn phosphorylate the Rpb1 subunit of RNAP II enhancing its escape from pausing. Interestingly, the transcriptional consequences of CPT induced topological stress are wider than expected. CPT increased co-transcriptional splicing of exon1 and 2 and markedly affected alternative splicing at exon 11. Surprisingly despite its well-established transcription inhibitory activity, CPT can trigger the production of a novel long RNA (5’aHIF-1) antisense to the human HIF-1 mRNA and a known antisense RNA at the 3’ end of the gene, while decreasing mRNA levels. The effects require TOP 1 and are independent from CPT induced DNA damage. Thus, when the supercoiling imbalance promoted by CPT occurs at promoter, it may trigger deregulation of the RNAP II pausing, increased chromatin accessibility and activation/derepression of antisense transcripts in a Cdks dependent manner. A changed balance of antisense transcripts and mRNAs may regulate the activity of HIF-1 and contribute to the control of tumor progression After focusing our TOP 1 investigations at a single gene level, we have extended the study to the whole genome by developing the “Topo-Seq” approach which generates a map of genome-wide distribution of sites of TOP 1 activity sites in human cells. The preliminary data revealed that TOP 1 preferentially localizes at intragenic regions and in particular at 5’ and 3’ ends of genes. Surprisingly upon TOP 1 downregulation, which impairs protein expression by 80%, TOP 1 molecules are mostly localized around 3’ ends of genes, thus suggesting that its activity is essential at these regions and can be compensate at 5’ ends. The developed procedure is a pioneer tool for the detection of TOP 1 cleavage sites across the genome and can open the way to further investigations of the enzyme roles in different nuclear processes.
Resumo:
The ability of integrating into a unified percept sensory inputs deriving from different sensory modalities, but related to the same external event, is called multisensory integration and might represent an efficient mechanism of sensory compensation when a sensory modality is damaged by a cortical lesion. This hypothesis has been discussed in the present dissertation. Experiment 1 explored the role of superior colliculus (SC) in multisensory integration, testing patients with collicular lesions, patients with subcortical lesions not involving the SC and healthy control subjects in a multisensory task. The results revealed that patients with collicular lesions, paralleling the evidence of animal studies, demonstrated a loss of multisensory enhancement, in contrast with control subjects, providing the first lesional evidence in humans of the essential role of SC in mediating audio-visual integration. Experiment 2 investigated the role of cortex in mediating multisensory integrative effects, inducing virtual lesions by inhibitory theta-burst stimulation on temporo-parietal cortex, occipital cortex and posterior parietal cortex, demonstrating that only temporo-parietal cortex was causally involved in modulating the integration of audio-visual stimuli at the same spatial location. Given the involvement of the retino-colliculo-extrastriate pathway in mediating audio-visual integration, the functional sparing of this circuit in hemianopic patients is extremely relevant in the perspective of a multisensory-based approach to the recovery of unisensory defects. Experiment 3 demonstrated the spared functional activity of this circuit in a group of hemianopic patients, revealing the presence of implicit recognition of the fearful content of unseen visual stimuli (i.e. affective blindsight), an ability mediated by the retino-colliculo-extrastriate pathway and its connections with amygdala. Finally, Experiment 4 provided evidence that a systematic audio-visual stimulation is effective in inducing long-lasting clinical improvements in patients with visual field defect and revealed that the activity of the spared retino-colliculo-extrastriate pathway is responsible of the observed clinical amelioration, as suggested by the greater improvement observed in patients with cortical lesions limited to the occipital cortex, compared to patients with lesions extending to other cortical areas, found in tasks high demanding in terms of spatial orienting. Overall, the present results indicated that multisensory integration is mediated by the retino-colliculo-extrastriate pathway and that a systematic audio-visual stimulation, activating this spared neural circuit, is able to affect orientation towards the blind field in hemianopic patients and, therefore, might constitute an effective and innovative approach for the rehabilitation of unisensory visual impairments.
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Introduction and Background: Multiple system atrophy (MSA) is a sporadic, adult-onset, progressive neurodegenerative disease characterized clinically by parkinsonism, cerebellar ataxia, and autonomic failure. We investigated cognitive functions longitudinally in a group of probable MSA patients, matching data with sleep parameters. Patients and Methods: 10 patients (7m/3f) underwent a detailed interview, a general and neurological examination, laboratory exams, MRI scans, a cardiovascular reflexes study, a battery of neuropsychological tests, and video-polysomnographic recording (VPSG). Patients were revaluated (T1) a mean of 16±5 (range: 12-28) months after the initial evaluation (T0). At T1, the neuropsychological assessment and VPSG were repeated. Results: The mean patient age was 57.8±6.4 years (range: 47-64) with a mean age at disease onset of 53.2±7.1 years (range: 43-61) and symptoms duration at T0 of 60±48 months (range: 12-144). At T0, 7 patients showed no cognitive deficits while 3 patients showed isolated cognitive deficits. At T1, 1 patient worsened developing multiple cognitive deficits from a normal condition. At T0 and T1, sleep efficiency was reduced, REM latency increased, NREM sleep stages 1-2 slightly increased. Comparisons between T1 and T0 showed a significant worsening in two tests of attention and no significant differences of VPSG parameters. No correlation was found between neuropsychological results and VPSG findings or RBD duration. Discussion and Conclusions: The majority of our patients do not show any cognitive deficits at T0 and T1, while isolated cognitive deficits are present in the remaining patients. Attention is the cognitive function which significantly worsened. Our data confirm the previous findings concerning the prevalence, type and the evolution of cognitive deficits in MSA. Regarding the developing of a condition of dementia, our data did not show a clear-cut diagnosis of dementia. We confirm a mild alteration of sleep structure. RBD duration does not correlate with neuropsychological findings.
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With this work I elucidated new and unexpected mechanisms of two strong and highly specific transcription inhibitors: Triptolide and Campthotecin. Triptolide (TPL) is a diterpene epoxide derived from the Chinese plant Trypterigium Wilfoordii Hook F. TPL inhibits the ATPase activity of XPB, a subunit of the general transcription factor TFIIH. In this thesis I found that degradation of Rbp1 (the largest subunit of RNA Polymerase II) caused by TPL treatments, is preceded by an hyperphosphorylation event at serine 5 of the carboxy-terminal domain (CTD) of Rbp1. This event is concomitant with a block of RNA Polymerase II at promoters of active genes. The enzyme responsible for Ser5 hyperphosphorylation event is CDK7. Notably, CDK7 downregulation rescued both Ser5 hyperphosphorylation and Rbp1 degradation triggered by TPL. Camptothecin (CPT), derived from the plant Camptotheca acuminata, specifically inhibits topoisomerase 1 (Top1). We first found that CPT induced antisense transcription at divergent CpG islands promoter. Interestingly, by immunofluorescence experiments, CPT was found to induce a burst of R loop structures (DNA/RNA hybrids) at nucleoli and mitochondria. We then decided to investigate the role of Top1 in R loop homeostasis through a short interfering RNA approach (RNAi). Using DNA/RNA immunoprecipitation techniques coupled to NGS I found that Top1 depletion induces an increase of R loops at a genome-wide level. We found that such increase occurs on the entire gene body. At a subset of loci R loops resulted particularly stressed after Top1 depletion: some of these genes showed the formation of new R loops structures, whereas other loci showed a reduction of R loops. Interestingly we found that new peaks usually appear at tandem or divergent genes in the entire gene body, while losses of R loop peaks seems to be a feature specific of 3’ end regions of convergent genes.