2 resultados para MWM

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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L’attuale condizione che caratterizza il settore energetico richiede un necessario processo di riconversione che, oltre a favorire il risparmio energetico, riduca la dipendenza dai combustibili fossili ed accresca l’impiego di fonti energetiche rinnovabili, dando un contributo fondamentale alla riduzione delle emissioni di gas serra come diversi accordi internazionali richiedono. Si rende pertanto necessario accelerare i processi che da alcuni anni stanno favorendo l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili. Tra queste, le fonti legate ai processi di trattamento biologico dei reflui stanno avendo un interessante sviluppo. Esistono numerosi processi biologici che consentono la produzione di energia in maniera indiretta, quali ad esempio i processi di digestione anaerobica finalizzati alla produzione di biogas e/o produzione biologica di idrogeno. In tale contesto si inserisce la tecnologia delle Microbial Fuel Cell, che consente la produzione diretta di energia elettrica, finalizzata al recupero energetico inteso al miglioramento dell’efficienza energetica e alla riduzione dei costi d’esercizio di impianti di trattamento biologico dei reflui. Il presente lavoro di Tesi di Dottorato sperimentale, svoltosi in collaborazione al laboratorio PROT.-IDR. della sede ENEA di Bologna, riporta i risultati dell’attività di ricerca condotta su una MFC (Microbial Fuel Cell) a doppio stadio biologico per il trattamento di reflui ad elevato carico organico e produzione continua di energia elettrica. E’ stata provata l’applicabilità della MFC con entrambi i comparti biotici utilizzando elettrodi di grafite non trattata ottenendo, con un carico organico in ingresso di circa 9 gd-1, valori di potenza massima prodotta che si attestano su 74 mWm-2, corrente elettrica massima generata di 175 mAm-2 ad una tensione di 421 mV, ed una conversione di COD in elettricità pari a 1,2 gCODm-2d-1. I risultati sono stati molto positivi per quanto riguarda le prestazioni depurative ottenute dalla MFC. L’efficienza di depurazione misurata ha raggiunto un valore massimo del 98% di rimozione del COD in ingresso, mentre e la concentrazione di azoto ammoniacale nell’effluente raccolto all’uscita del sedimentatore è sempre stata inferiore a 1 mgN-NH4+l-1. Tra gli obiettivi posti all’inizio della sperimentazione si è rivelata di notevole interesse la valutazione del possibile utilizzo della MFC come sistema per il monitoraggio on-line del COD e degli acidi grassi volatili (VFA) prodotti all’interno di un digestore anaerobico, attraverso la definizione di una correlazione tra i dati elettrici registrati in continuo e le concentrazioni di CODanaer e VFA misurate in diversi periodi della sperimentazione. L’analisi DGGE della biomassa catodica ha fornito uno strumento analitico utile allo studio della diversità della comunità microbica sospesa ed adesa al catodo e ha confermato la forte similarità delle specie batteriche riconosciute nei campioni analizzati. In particolare, le bande di sequenziamento ottenute sono affiliate ai gruppi batterici Firmicutes, -Proteobacteria,  -Proteobacteria, -Proteobacteria e Bacteroidetes. Da quanto emerso dalla sperimentazione condotta si può pertanto concludere che ad oggi le MFC sono in fase di evoluzione rispetto ai primi prototipi utilizzati per lo studio delle comunità microbiali e per la comprensione dei meccanismi di trasferimento elettronico. Sfruttarne la potenza prodotta in maniera commerciale diviene una grande sfida per il futuro, ed è opinione comune che le prime applicazioni pratiche delle MFC saranno come fonte di recupero energetico per i dispositivi utilizzati per il monitoraggio dell’ambiente e per il trattamento delle acque reflue.

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Alzheimer's disease (AD) is probably caused by both genetic and environmental risk factors. The major genetic risk factor is the E4 variant of apolipoprotein E gene called apoE4. Several risk factors for developing AD have been identified including lifestyle, such as dietary habits. The mechanisms behind the AD pathogenesis and the onset of cognitive decline in the AD brain are presently unknown. In this study we wanted to characterize the effects of the interaction between environmental risk factors and apoE genotype on neurodegeneration processes, with particular focus on behavioural studies and neurodegenerative processes at molecular level. Towards this aim, we used 6 months-old apoE4 and apoE3 Target Replacement (TR) mice fed on different diets (high intake of cholesterol and high intake of carbohydrates). These mice were evaluated for learning and memory deficits in spatial reference (Morris Water Maze (MWM)) and contextual learning (Passive Avoidance) tasks, which involve the hippocampus and the amygdala, respectively. From these behavioural studies we found that the initial cognitive impairments manifested as a retention deficit in apoE4 mice fed on high carbohydrate diet. Thus, the genetic risk factor apoE4 genotype associated with a high carbohydrate diet seems to affect cognitive functions in young mice, corroborating the theory that the combination of genetic and environmental risk factors greatly increases the risk of developing AD and leads to an earlier onset of cognitive deficits. The cellular and molecular bases of the cognitive decline in AD are largely unknown. In order to determine the molecular changes for the onset of the early cognitive impairment observed in the behavioural studies, we performed molecular studies, with particular focus on synaptic integrity and Tau phosphorylation. The most relevant finding of our molecular studies showed a significant decrease of Brain-derived Neurotrophic Factor (BDNF) in apoE4 mice fed on high carbohydrate diet. Our results may suggest that BDNF decrease found in apoE4 HS mice could be involved in the earliest impairment in long-term reference memory observed in behavioural studies. The second aim of this thesis was to study possible involvement of leptin in AD. There is growing evidence that leptin has neuroprotective properties in the Central Nervous System (CNS). Recent evidence has shown that leptin and its receptors are widespread in the CNS and may provide neuronal survival signals. However, there are still numerous questions, regarding the molecular mechanism by which leptin acts, that remain unanswered. Thus, given to the importance of the involvement of leptin in AD, we wanted to clarify the function of leptin in the pathogenesis of AD and to investigate if apoE genotype affect leptin levels through studies in vitro, in mice and in human. Our findings suggest that apoE4 TR mice showed an increase of leptin in the brain. Leptin levels are also increased in the cerebral spinal fluid of AD patients and apoE4 carriers with AD have higher levels of leptin than apoE3 carriers. Moreover, leptin seems to be expressed by reactive glial cells in AD brains. In vitro, ApoE4 together with Amyloid beta increases leptin production by microglia and astrocytes. Taken together, all these findings suggest that leptin replacement might not be a good strategy for AD therapy. Our results show that high leptin levels were found in AD brains. These findings suggest that, as high leptin levels do not promote satiety in obese individuals, it might be possible that they do not promote neuroprotection in AD patients. Therefore, we hypothesized that AD brain could suffer from leptin resistance. Further studies will be critical to determine whether or not the central leptin resistance in SNC could affect its potential neuroprotective effects.