18 resultados para MEMORIA HISTORICA

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Questo lavoro di tesi nasce da un progetto di ricerca promosso nel 2001 dal Prof. Leonardo Seccia (Seconda Facoltà di Ingegneria, sede di Forlì, e C.I.R.A.M., Università di Bologna), dal Prof. Nicola Santopuoli (Facoltà di Architettura Valle Giulia, Sapienza Università di Roma), dal Prof. Ingo Muller e dal Dott. André Musolff (Technical University Berlin, Facultat III, Thermodynamics). Tale progetto ha avuto come obiettivo lo studio, la progettazione e la realizzazione di un dispositivo di ancoraggio in lega a memoria di forma per il restauro di affreschi e mosaici parietali, che presentino distacchi più o meno evidenti fra gli strati di intonaco di supporto, proponendosi come mezzo efficace per la salvaguardia strutturale di tali zone variamente ammalorate. In particolare, è stata programmata una serie di prove di laboratorio per caratterizzare in modo preciso il comportamento del materiale prescelto, al fine di realizzare un prototipo rispondente alle caratteristiche di progetto ed anche per implementare un modello numerico sufficientemente realistico. A questo proposito, è stato anche approfondito il problema della scelta del modello costitutivo più adeguato. Successivamente, i risultati ottenuti sono stati impiegati nella progettazione e realizzazione di nuovi dispositivi in lega a memoria di forma da impiegare nel campo dei beni culturali, fra cui sistemi reversibili per il ricongiungimento di parti fratturate e sistemi di movimentazione intelligenti sia per lastre di protezione di superfici affrescate, sia per finestre da inserire in contesti museali per il controllo del microclima.

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Descrizione, tema e obiettivi della ricerca La ricerca si propone lo studio delle possibili influenze che la teoria di Aldo Rossi ha avuto sulla pratica progettuale nella Penisola Iberica, intende quindi affrontare i caratteri fondamentali della teoria che sta alla base di un metodo progettuale ed in particolar modo porre l'attenzione alle nuove costruzioni quando queste si confrontano con le città storiche. Ha come oggetto principale lo studio dei documenti, saggi e scritti riguardanti il tema della costruzione all'interno delle città storiche. Dallo studio di testi selezionati di Aldo Rossi sulla città si vuole concentrare l'attenzione sull'influenza che tale teoria ha avuto nei progetti della Penisola Iberica, studiare come è stata recepita e trasmessa successivamente, attraverso gli scritti di autori spagnoli e come ha visto un suo concretizzarsi poi nei progetti di nuove costruzioni all'interno delle città storiche. Si intende restringere il campo su un periodo ed un luogo precisi, Spagna e Portogallo a partire dagli anni Settanta, tramite la lettura di un importante evento che ha ufficializzato il contatto dell'architetto italiano con la Penisola Iberica, quale il Seminario di Santiago de Compostela tenutosi nel 1976. Al Seminario parteciparono numerosi architetti che si confrontarono su di un progetto per la città di Santiago e furono invitati personaggi di fama internazionale a tenere lezioni introduttive sul tema di dibattito in merito al progetto e alla città storica. Il Seminario di Santiago si colloca in un periodo storico cruciale per la Penisola Iberica, nel 1974 cade il regime salazarista in Portogallo e nel 1975 cade il regime franchista in Spagna ed è quindi di rilevante importanza capire il legame tra l'architettura e la nuova situazione politica. Dallo studio degli interventi, dei progetti che furono prodotti durante il Seminario, della relazione tra questo evento ed il periodo storico in cui esso va contestualizzato, si intende giungere alla individuazione delle tracce della reale presenza di tale eredità. Presupposti metodologici. Percorso e strumenti di ricerca La ricerca può quindi essere articolata in distinte fasi corrispondenti per lo più ai capitoli in cui si articola la tesi: una prima fase con carattere prevalentemente storica, di ricerca del materiale per poter definire il contesto in cui si sviluppano poi le vicende oggetto della tesi; una seconda fase di impronta teorica, ossia di ricerca bibliografica del materiale e delle testimonianze che provvedono alla definizione della reale presenza di effetti scaturiti dai contatti tra Rossi e la Penisola Iberica, per andare a costruire una eredità ; una terza fase che entra nel merito della composizione attraverso lo studio e la verifica delle prime due parti, tramite l'analisi grafica applicata ad uno specifico esempio architettonico selezionato; una quarta fase dove il punto di vista viene ribaltato e si indaga l'influenza dei luoghi visitati e dei contatti intrattenuti con alcuni personaggi della Penisola Iberica sull'architettura di Rossi, ricercandone i riferimenti. La ricerca è stata condotta attraverso lo studio di alcuni eventi selezionati nel corso degli anni che si sono mostrati significativi per l'indagine, per la risonanza che hanno avuto sulla storia dell'architettura della Penisola. A questo scopo si sono utilizzati principalmente tre strumenti: lo studio dei documenti, le pubblicazioni e le riviste prodotte in Spagna, gli scritti di Aldo Rossi in merito, e la testimonianza diretta attraverso interviste di personaggi chiave. La ricerca ha prodotto un testo suddiviso per capitoli che rispetta l'organizzazione in fasi di lavoro. A seguito di determinate condizioni storiche e politiche, studiate nella ricerca a supporto della tesi espressa, nella Penisola Iberica si è verificato il diffondersi della necessità e del desiderio di guardare e prendere a riferimento l'architettura europea e in particolar modo quella italiana. Il periodo sul quale viene focalizzata l'attenzione ha inizio negli anni Sessanta, gli ultimi prima della caduta delle dittature, scenario dei primi viaggi di Aldo Rossi nella Penisola Iberica. Questi primi contatti pongono le basi per intense e significative relazioni future. Attraverso l'approfondimento e la studio dei materiali relativi all'oggetto della tesi, si è cercato di mettere in luce il contesto culturale, l'attenzione e l'interesse per l'apertura di un dibattito intorno all'architettura, non solo a livello nazionale, ma europeo. Ciò ha evidenziato il desiderio di innescare un meccanismo di discussione e scambio di idee, facendo leva sull'importanza dello sviluppo e ricerca di una base teorica comune che rende coerente i lavori prodotti nel panorama architettonico iberico, seppur ottenendo risultati che si differenziano gli uni dagli altri. E' emerso un forte interesse per il discorso teorico sull'architettura, trasmissibile e comunicabile, che diventa punto di partenza per un metodo progettuale. Ciò ha reso palese una condivisione di intenti e l'assunzione della teoria di Aldo Rossi, acquisita, diffusa e discussa, attraverso la pubblicazione dei suoi saggi, la conoscenza diretta con l'architetto e la sua architettura, conferenze, seminari, come base teorica su cui fondare il proprio sapere architettonico ed il processo metodologico progettuale da applicare di volta in volta negli interventi concreti. Si è giunti così alla definizione di determinati eventi che hanno permesso di entrare nel profondo della questione e di sondare la relazione tra Rossi e la Penisola Iberica, il materiale fornito dallo studio di tali episodi, quali il I SIAC, la diffusione della rivista "2C. Construccion de la Ciudad", la Coleccion Arquitectura y Critica di Gustavo Gili, hanno poi dato impulso per il reperimento di una rete di ulteriori riferimenti. E' stato possibile quindi individuare un gruppo di architetti spagnoli, che si identificano come allievi del maestro Rossi, impegnato per altro in quegli anni nella formazione di una Scuola e di un insegnamento, che non viene recepito tanto nelle forme, piuttosto nei contenuti. I punti su cui si fondano le connessioni tra l'analisi urbana e il progetto architettonico si centrano attorno due temi di base che riprendono la teoria esposta da Rossi nel saggio L'architettura della città : - relazione tra l'area-studio e la città nella sua globalità, - relazione tra la tipologia edificatoria e gli aspetti morfologici. La ricerca presentata ha visto nelle sue successive fasi di approfondimento, come si è detto, lo sviluppo parallelo di più tematiche. Nell'affrontare ciascuna fase è stato necessario, di volta in volta, operare una verifica delle tappe percorse precedentemente, per mantenere costante il filo del discorso col lavoro svolto e ritrovare, durante lo svolgimento stesso della ricerca, gli elementi di connessione tra i diversi episodi analizzati. Tale operazione ha messo in luce talvolta nodi della ricerca rimasti in sospeso che richiedevano un ulteriore approfondimento o talvolta solo una rivisitazione per renderne possibile un più proficuo collegamento con la rete di informazioni accumulate. La ricerca ha percorso strade diverse che corrono parallele, per quanto riguarda il periodo preso in analisi: - i testi sulla storia dell'architettura spagnola e la situazione contestuale agli anni Settanta - il materiale riguardante il I SIAC - le interviste ai partecipanti al I SIAC - le traduzioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica - la rivista "2C. Construccion de la Ciudad" Esse hanno portato alla luce una notevole quantità di tematiche, attraverso le quali, queste strade vengono ad intrecciarsi e a coincidere, verificando l'una la veridicità dell'altra e rafforzandone il valore delle affermazioni. Esposizione sintetica dei principali contenuti esposti dalla ricerca Andiamo ora a vedere brevemente i contenuti dei singoli capitoli. Nel primo capitolo Anni Settanta. Periodo di transizione per la Penisola Iberica si è cercato di dare un contesto storico agli eventi studiati successivamente, andando ad evidenziare gli elementi chiave che permettono di rintracciare la presenza della predisposizione ad un cambiamento culturale. La fase di passaggio da una condizione di chiusura rispetto alle contaminazioni provenienti dall'esterno, che caratterizza Spagna e Portogallo negli anni Sessanta, lascia il posto ad un graduale abbandono della situazione di isolamento venutasi a creare intorno al Paese a causa del regime dittatoriale, fino a giungere all'apertura e all'interesse nei confronti degli apporti culturali esterni. E' in questo contesto che si gettano le basi per la realizzazione del I Seminario Internazionale di Architettura Contemporanea a Santiago de Compostela, del 1976, diretto da Aldo Rossi e organizzato da César Portela e Salvador Tarragó, di cui tratta il capitolo secondo. Questo è uno degli eventi rintracciati nella storia delle relazioni tra Rossi e la Penisola Iberica, attraverso il quale è stato possibile constatare la presenza di uno scambio culturale e l'importazione in Spagna delle teorie di Aldo Rossi. Organizzato all'indomani della caduta del franchismo, ne conserva una reminescenza formale. Il capitolo è organizzato in tre parti, la prima si occupa della ricostruzione dei momenti salienti del Seminario Proyecto y ciudad historica, dagli interventi di architetti di fama internazionale, quali lo stesso Aldo Rossi, Carlo Aymonino, James Stirling, Oswald Mathias Ungers e molti altri, che si confrontano sul tema delle città storiche, alle giornate seminariali dedicate all’elaborazione di un progetto per cinque aree individuate all’interno di Santiago de Compostela e quindi dell’applicazione alla pratica progettuale dell’inscindibile base teorica esposta. Segue la seconda parte dello stesso capitolo riguardante La selezione di interviste ai partecipanti al Seminario. Esso contiene la raccolta dei colloqui avuti con alcuni dei personaggi che presero parte al Seminario e attraverso le loro parole si è cercato di approfondire la materia, in particolar modo andando ad evidenziare l’ambiente culturale in cui nacque l’idea del Seminario, il ruolo avuto nella diffusione della teoria di Aldo Rossi in Spagna e la ripercussione che ebbe nella pratica costruttiva. Le diverse interviste, seppur rivolte a persone che oggi vivono in contesti distanti e che in seguito a questa esperienza collettiva hanno intrapreso strade diverse, hanno fatto emergere aspetti comuni, tale unanimità ha dato ancor più importanza al valore di testimonianza offerta. L’elemento che risulta più evidente è il lascito teorico, di molto prevalente rispetto a quello progettuale che si è andato mescolando di volta in volta con la tradizione e l’esperienza dei cosiddetti allievi di Aldo Rossi. Negli stessi anni comincia a farsi strada l’importanza del confronto e del dibattito circa i temi architettonici e nel capitolo La fortuna critica della teoria di Aldo Rossi nella Penisola Iberica è stato affrontato proprio questo rinnovato interesse per la teoria che in quegli anni si stava diffondendo. Si è portato avanti lo studio delle pubblicazioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, pubblica e traduce in lingua spagnola i più importanti saggi di architettura, tra i quali La arquitectura de la ciudad di Aldo Rossi, nel 1971, e Comlejidad y contradiccion en arquitectura di Robert Venturi nel 1972. Entrambi fondamentali per il modo di affrontare determinate tematiche di cui sempre più in quegli anni si stava interessando la cultura architettonica iberica, diventando così ¬ testi di riferimento anche nelle scuole. Le tracce dell’influenza di Rossi sulla Penisola Iberica si sono poi ricercate nella rivista “2C. Construccion de la Ciudad” individuata come strumento di espressione di una teoria condivisa. Con la nascita nel 1972 a Barcellona di questa rivista viene portato avanti l’impegno di promuovere la Tendenza, facendo riferimento all’opera e alle idee di Rossi ed altri architetti europei, mirando inoltre al recupero di un ruolo privilegiato dell’architettura catalana. A questo proposito sono emersi due fondamentali aspetti che hanno legittimato l’indagine e lo studio di questa fonte: - la diffusione della cultura architettonica, il controllo ideologico e di informazione operato dal lavoro compiuto dalla rivista; - la documentazione circa i criteri di scelta della redazione a proposito del materiale pubblicato. E’ infatti attraverso le pubblicazioni di “2C. Construccion de la Ciudad” che è stato possibile il ritrovamento delle notizie sulla mostra Arquitectura y razionalismo. Aldo Rossi + 21 arquitectos españoles, che accomuna in un’unica esposizione le opere del maestro e di ventuno giovani allievi che hanno recepito e condiviso la teoria espressa ne “L’architettura della città”. Tale mostra viene poi riproposta nella Sezione Internazionale di Architettura della XV Triennale di Milano, la quale dedica un Padiglione col titolo Barcelona, tres epocas tres propuestas. Dalla disamina dei progetti presentati è emerso un interessante caso di confronto tra le Viviendas para gitanos di César Portela e la Casa Bay di Borgo Ticino di Aldo Rossi, di cui si è occupato l’ultimo paragrafo di questo capitolo. Nel corso degli studi è poi emerso un interessante risvolto della ricerca che, capovolgendone l’oggetto stesso, ne ha approfondito gli aspetti cercando di scavare più in profondità nell’analisi della reciproca influenza tra la cultura iberica e Aldo Rossi, questa parte, sviscerata nell’ultimo capitolo, La Penisola Iberica nel “magazzino della memoria” di Aldo Rossi, ha preso il posto di quello che inizialmente doveva presentarsi come il risvolto progettuale della tesi. Era previsto infatti, al termine dello studio dell’influenza di Aldo Rossi sulla Penisola Iberica, un capitolo che concentrava l’attenzione sulla produzione progettuale. A seguito dell’emergere di un’influenza di carattere prettamente teorica, che ha sicuramente modificato la pratica dal punto di vista delle scelte architettoniche, senza però rendersi esplicita dal punto di vista formale, si è preferito, anche per la difficoltà di individuare un solo esempio rappresentativo di quanto espresso, sostituire quest’ultima parte con lo studio dell’altra faccia della medaglia, ossia l’importanza che a sua volta ha avuto la cultura iberica nella formazione della collezione dei riferimenti di Aldo Rossi. L’articolarsi della tesi in fasi distinte, strettamente connesse tra loro da un filo conduttore, ha reso necessari successivi aggiustamenti nel percorso intrapreso, dettati dall’emergere durante la ricerca di nuovi elementi di indagine. Si è pertanto resa esplicita la ricercata eredità di Aldo Rossi, configurandosi però prevalentemente come un’influenza teorica che ha preso le sfumature del contesto e dell’esperienza personale di chi se ne è fatto ricevente, diventandone così un continuatore attraverso il proprio percorso autonomo o collettivo intrapreso in seguito. Come suggerisce José Charters Monteiro, l’eredità di Rossi può essere letta attraverso tre aspetti su cui si basa la sua lezione: la biografia, la teoria dell’architettura, l’opera. In particolar modo per quanto riguarda la Penisola Iberica si può parlare dell’individuazione di un insegnamento riferito alla seconda categoria, i suoi libri di testo, le sue partecipazioni, le traduzioni. Questo è un lascito che rende possibile la continuazione di un dibattito in merito ai temi della teoria dell’architettura, della sue finalità e delle concrete applicazioni nelle opere, che ha permesso il verificarsi di una apertura mentale che mette in relazione l’architettura con altre discipline umanistiche e scientifiche, dalla politica, alla sociologia, comprendendo l’arte, le città la morfologia, la topografia, mediate e messe in relazione proprio attraverso l’architettura.

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The research project presented in this dissertation is about text and memory. The title of the work is "Text and memory between Semiotics and Cognitive Science: an experimental setting about remembering a movie". The object of the research is the relationship between texts or "textuality" - using a more general semiotic term - and memory. The goal is to analyze the link between those semiotic artifacts that a culture defines as autonomous meaningful objects - namely texts - and the cognitive performance of memory that allows to remember them. An active dialogue between Semiotics and Cognitive Science is the theoretical paradigm in which this research is set, the major intend is to establish a productive alignment between the "theory of text" developed in Semiotics and the "theory of memory" outlined in Cognitive Science. In particular the research is an attempt to study how human subjects remember and/or misremember a film, as a specific case study; in semiotics, films are “cinematographic texts”. The research is based on the production of a corpus of data gained through the qualitative method of interviewing. After an initial screening of a fulllength feature film each participant of the experiment has been interviewed twice, according to a pre-established set of questions. The first interview immediately after the screening: the subsequent, follow-up interview three months from screening. The purpose of this design is to elicit two types of recall from the participants. In order to conduce a comparative inquiry, three films have been used in the experimental setting. Each film has been watched by thirteen subjects, that have been interviewed twice. The corpus of data is then made by seventy-eight interviews. The present dissertation displays the results of the investigation of these interviews. It is divided into six main parts. Chapter one presents a theoretical framework about the two main issues: memory and text. The issue of the memory is introduced through many recherches drown up in the field of Cognitive Science and Neuroscience. It is developed, at the same time, a possible relationship with a semiotic approach. The theoretical debate about textuality, characterizing the field of Semiotics, is examined in the same chapter. Chapter two deals with methodology, showing the process of definition of the whole method used for production of the corpus of data. The interview is explored in detail: how it is born, what are the expected results, what are the main underlying hypothesis. In Chapter three the investigation of the answers given by the spectators starts. It is examined the phenomenon of the outstanding details of the process of remembering, trying to define them in a semiotic way. Moreover there is an investigation of the most remembered scenes in the movie. Chapter four considers how the spectators deal with the whole narrative. At the same time it is examined what they think about the global meaning of the film. Chapter five is about affects. It tries to define the role of emotions in the process of comprehension and remembering. Chapter six presents a study of how the spectators account for a single scene of the movie. The complete work offers a broad perspective about the semiotic issue of textuality, using both a semiotic competence and a cognitive one. At the same time it presents a new outlook on the issue of memory, opening several direction of research.

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La tesi propone un approccio semiotico ai videogiochi e indaga le relazioni tra videogioco, memoria e senso, a partire dall’analisi di un ampio corpus di videogiochi, trasversale rispetto ai generi. Il lavoro intende mostrare la proficuità di un incontro tra semiotica e videogiochi sotto un duplice punto di vista: da un lato i videogiochi, in quanto oggetti “nuovi”, rappresentano un buon banco di prova per la teoria e la metodologia semiotica; dall’altro lato la semiotica permette di comprendere meglio i videogiochi, ricostruendo i meccanismi semiotici che contribuiscono a generare gli effetti di senso tipici di questa forma testuale (es. immersività, interattività, flusso…). Il lavoro si propone quindi il duplice obiettivo di individuare le peculiarità del videogioco in quanto oggetto di analisi semiotica (cap. 1) e i meccanismi che in diversi generi videoludici portano alla creazione di effetti di senso peculiari e alla costruzione di una nuova memoria (capp. 3, 4, 5). Il primo capitolo è dedicato a una riflessione teorica e metodologica che intende preparare il campo per l’analisi, provando a “testare” modelli, concetti e strumenti più o meno assestati con lo scopo di riconoscere lo statuto semiotico dei videogiochi e di individuare il modo migliore per analizzarli semioticamente. Inoltre nel cap. 1 si affrontano, ancora in un’ottica generale, le dinamiche tra memoria del gioco e memoria del giocatore e l’importanza dei processi di apprendimento per l’interpretazione videoludica. Gli ultimi tre capitoli sono invece dedicati ai risultati delle analisi, condotte su un corpus ampio di videogiochi, affiancato da un corpus “di controllo” costituito da video di partite concrete, immagini user-generated, interfacce fisiche di gioco e “discorsi su” i videogiochi inseriti nel corpus principale. Il terzo capitolo individua i meccanismi semiotici che contribuiscono a costruire, de-costruire e ricostruire l’identità del giocatore nel corso della partita. Il quarto capitolo affronta la relazione tra tempo del gioco e tempo del giocatore, concentrandosi sulle modalità di configurazione del tempo in atto nei diversi generi videoludici. L’ultimo capitolo è dedicato all’approfondimento di un aspetto particolare della testualità videoludica: la capacità dei videogiochi di generare esperienze embodied, cioè esperienze ‘incarnate’ e ‘situate’.

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Partendo dal problema del rapporto fra la ricostruzione di un evento storico e lo statuto del testo che lo ricostruisce, la tesi si concentra nella lettura di opere riguardanti la Seconda guerra mondiale. Sono in questo senso cruciali due opere autobiografiche trattate nella prima parte del lavoro, Rue Labat Rue Ordener di Sarah Kofman (1993) e Kindheitsmuster di Christa Wolf (1976). In questi due testi la dottoranda prova a recuperare da una parte la rimemorazione letteraria di due esperienze infantili della guerra insieme opposte e complementari dal punto di vista del posizionamento della testimonianza. Il testo della Wolf ibrida la narrazione finzionale e la memoria dell’evento storico vissuto nel ricordo di una bambina tedesca, il testo della Kofman recupera in una maniera quasi psicanalitica la memoria di una bambina ebrea vittima inconsapevole e quesi incosciente della Shoah. Di fronte a due topoi apparentemente già piu volte ripercorsi nella letteratura critica del trauma postconflitto, la tesi in questione cerca di individuare il costituirsi quasi inevitabile di un soggetto identitario che osserva, vive e successivamente recupera e racconta il trauma. Se alcune posizioni della moderna storiografia e della contemporanea riflessione sulla scrittura storiografica, sottolineano la forza e l’importanza dell’elemento narrativo all’interno della ricostruzione storica e dell’analisi dei documenti, questa tesi sembra indicare una via possibile di studio per la letteratura comparata. Una via, cioè, che non si soffermi sui fattori e sui criteri veridizionali del testo, criteri e fattori che devono restare oggetto di studio per gli storici , ma che piuttosto indaghi sul nesso ineludibile e fondativo che la scrittura stessa svela e pone in essere: il trauma, l’irrompere dell’evento storico nell’individuo diventa elemento costitutivo della propria identità, elemento al quale è difficile dare una posizione stabile ma che allo stesso tempo non si può evitare di raccontare, di mettere in discorso. Nella narrazione letteraria di eventi storici esiste dunque un surplus di senso che sta tutto nella costituzione di una posizione dalla quale raccontare, di un punto di vista. Il punto di vista (come ci ricorda De Certeau ne Les lieux des autres in quel saggio dedicato ai cannibali di Montaigne,che viene poi ripreso senza essere mai citato da Ginzburg ne Il filo e le tracce) non è mai dato a priori nel discorso, è il risultato di un conflitto e di una lotta. Il testo che rende conto e recupera la memoria di un passato storico, in particolare di un passato storico conflittuale, di una guerra, di una violenza, per quanto presenti un punto di vista preciso e posizionato, per quanto possa apparire un frutto di determinate strategie testuali e di determinati obiettivi pragmatici, è pur sempre una narrazione il cui soggetto porta in sé, identitariamente, le ferite e i traumi dell’evento storico. Nei casi di Wolf e Kofman abbiamo quindi un rispecchiamento reciproco che fra il tentativo di una ricostruzione della memoria infantile e il recupero dell’elemento intersoggettivo e storico si apre alla scrittura e alla narrazione. La posizione del soggetto che ha vissuto l’irrompere del dramma storico nel discorso lo costituisce e lo delega a essere colui che parla e colui che vede. In un qualche modo la Storia per quanto possa essere creatrice di eventi e per quanto possa trasformare l’esistenza del soggetto non è essa stessa percepibile finché non si posiziona attraverso il soggetto trasformato e modificato all’interno del discorso. In questa continua ricerca di un equilibrio possibile fra realtà e discorso si pone il problema dell’essere soggetto in mezzo ad altri soggetti. E questo in un duplice aspetto: nell’aspetto della rappresentazione dell’altro, cioè nel problema di come la memoria riorganizzi e ricrei i soggetti in gioco nell’evento storico; e poi nella rappresentazione di se stesso per gli altri, nella rappresentazione cioe del punto di vista. Se nel romanzo autobiografico di Kofman tutta la storia veniva a ricondursi alla narrazione privata del soggetto che, come in una seduta psicanalitica recupera e insieme si libera del proprio conflitto interiore, della propria memoria offesa; se nel romanzo di Wolf si cercava un equilibrio fra una soggettivita infantile ormai distante in terza persona e una soggettività rammemorante che prendeva posizione nel romanzo nella seconda persona; la cerniera sia epistemologica sia narratologica fra la prima e la seconda parte della tesi pare essere Elsa Morante e il suo romanzo La Storia. L’opera della Morante sembra infatti farsi pieno carico della responsabilità di non poter piu ridurre la narrazione del trauma alla semplice presa in carico del soggetto autobiografico. Il soggetto che, per dirla ancora con De Certeau, può esprimere il proprio punto di vista perche in qualche modo si è salvato dalla temperie della storia, non si pone nel discorso come punto di inizio e di fine di qualsiasi percezione del trauma, ma si incarna in uno o più personaggi che in un qualche modo rappresentino l’irrapresentabile e l’irrapresentato. La storia diventa quindi elemento non costitutivo di un'identità capace di ri-raccontarsi o almeno non solo, diventa fattore costitutivo di un’identità capace di raccontare l’altro, anzi gli altri, tutti coloro che il conflitto, la violenza ha in un qualche modo cancellato. Così accade all’infanzia tradita e offesa del piccolo Useppe, che viene soffocato non solo nella sua possibilita di svilupparsi, di essere punto di vista del discorso, ma anche nella possibilita di essere osservatore vivo dell’evento; cosi accade a Ida, donna e madre, che la Storia lentamente e inesorabilmente spersonalizza riducendola a essere soggetto passivo e vittima degli eventi. Ecco quindi che la strada aperta dalla Morante permette alla memoria di proiettarsi in una narrazione comune e di condividere e suddividere la posizione centrale del soggetto in una costellazione differente di soggetti. A questo punto si apre, attraverso le tecniche della storia orale e la loro narrativizzazione, una strategia di recupero della memoria evidenziata nell’ultima parte della tesi. La strada intrapresa da autori come i Wu Ming e come Andrea Levy ne è un esempio. Sganciati per evidenti ragioni biografiche e anagrafiche (sono tutti nati ben dopo la fine del secondo conflitto mondiale) da qualsiasi tentazione autobiografica, i primi intraprendono una vera e propria ridistribuzione dei punti di vista sulla storia. In romanzi come Manituana si viene a perdere, almeno a un primo e forse piu superficiale livello, qualsiasi imposizione fissa del punto di vista. Una molteplicità di soggetti si prende carico di raccontare la storia da differenti posizioni, ma la apparente molteplicità degli sguardi non si riduce a una frammentazione dell’etica del racconto quanto piuttosto alla volontà di fare emergere tra gli altri anche il punto di vista dello sconfitto e dell’inerme. Al passato oscuro della violenza storica si contrappone in un qualche modo la messa in discorso del soggetto che cerca attraverso la costituzione non solo di un soggetto ma di una pluralitàdi voci , di ritrovare un’ armonia, di riassimilare la propria memoria condividendola nel testo letterario.

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The dissertation regards The memory on the Italian Risorgimento in “Justice and Freedom”(1929-1940) a theoretical core point in the history of the Movement, which so far has not been granted due attention. The work herewith presented is therefore aimed at filling a storiographical gap, analysing the historical events which continue to operate as traditions, raising feelings and passions and hence operating in politics, although as secondary factors. The point made is that the Justice and Freedom Movement, an antifascist political movement born in Paris in October 1929, bases its strength on the heroic choice of the antifascism movement to fight a Second Risorgimento, connecting the fight against the regime to the battles previously fought for the justice and the freedom, an entirely isolated event in the political opposition’s panorama. The dissertation, thus, attempts to explain how and why Justice and Freedom is so tightly interconnected in its political action to the Risorgimento tradition. The first chapter sets the cultural background of the foundation of the Justice and Freedom Movement. The centre of such foundation was Florence, where Gaetano Salvemini, along with a group of young people, would later on carry out some cultural experiences that ideally prepare the ground for the movement’s birth. In the second chapter are found the sites of the memory where the passage of the Risorgimento tradition between the generations takes place. The work therefore shifts from a public to a private level, concentrating on biographical paths. The choice made was for Nello Rosselli, a man very close to the Justice and Freedom Movement but who, as opposed to his comrades-in-arms, did not chose the political way to express his ethical choice, but rather the theoretical one, becoming a Risorgimento historian. The third chapter concentrates on the birth of the Justice and Freedom Movement in France, trying to reconstruct the cultural ties and the confrontation places and sites where the members of the Movement could interact with the French intellectual milieu, bringing back to light the propagandistic usage of the Risorgimento myth carried out by the Movement. Lastly, the fourth chapter focuses on the cultural debate on the Risorgimento, which took place on the press organs of the Movement, pointing out and periodizing the theoretical passages and the propagandistic uses of the myth as related to the stages of the Movement and the political needs.

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Cosa sappiamo del Genocidio? Cosa sappiamo del Rwanda? In che termini il giornalismo è elemento in comune di entrambi? La questione si fa più complicata in quanto vorremmo aggiungere a queste riflessioni il nodo della memoria. Che memoria abbiamo del Genocidio? Che memoria abbiamo del Rwanda? In che modo il giornalismo costruisce memoria? In questa tesi, abbiamo provato a rispondere a queste domande attraverso gli strumenti della semiotica del discorso e della cultura. Nella prima parte della ricerca abbiamo affrontato la nascita e l'affermazione della categoria di genocidio, l'invenzione e il Genocidio del Rwanda , indicando proposte per definire una possibile semiotica del genocidio. Nella seconda parte si è,invece, scesi nel particolare del discorso giornalistico, definendo i nodi teorici utili per mettere in luce i legami tra giornalismo e memoria e procedendo alle analisi della stampa italiana sul genocidio rwandese. Le conclusioni a cui si è giunti sono, rispetto alla costruzione giornalistica della realtà, che la stampa italiana ha ridotto quella complessità che ha caratterizzato ciò che abbiamo chiamato la biografia discorsiva del Rwanda. Questa stratificazione discorsiva viene risolta, o meglio, tradotta in enunciati che richiamano un odio tribale ancestrale, come se il Genocidio, laddove ne venisse descritta la pianificazione, non fosse altro che una conseguenza naturale di questo odio. Rispetto al rapporto tra memoria e giornalismo, abbiamo visto che è interrogabile rispetto alle dinamiche della cultura: si tratta, quindi, di considerare il ruolo di mediazione dei testi e la loro interpretazione. Ciò chiama in causa problemi di selezione e filtraggio, di inclusione ed esclusione, negoziazione di saperi condivisi, all’interno del problema più ampio della produzione del discorso e della cooperazione interpretativa.

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In ogni capitolo, l’atto del ricordare viene indagato nelle diverse valenze che lo mettono in rapporto diretto con la nostalgia e l’oblio. L’analisi dei testi letterari copre un arco di tempo di quasi un secolo, partendo dalle innovazioni tecnico-stilistiche realizzate da Katherine Mansfield fino all’eccezionale ricchezza e al meritato successo di pubblico e critica della scrittrice canadese Alice Munro. La bibliografia dei testi primari e secondari è strutturata con criteri tematici e cronologici.

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La tesi analizza la rappresentazione del maquis nella letteratura spagnola contemporanea, scritti in castigliano e pubblicati dal 1985 ad oggi. La tesi si articola in tre capitoli: il primo presenta a livello teorico la metodologia e gli strumenti utilizzati nello svolgimento dello studio, ed è incentrato innanzitutto sul tentativo di definizione e catalogazione dei romanzi del maquis, con una particolare attenzione alla temperie culturale cui fanno riferimento, presentando le estetiche postmoderna e neomoderna e cercando di situare le opere narrative facenti parte del corpus della ricerca. Nel secondo capitolo è centrale in cambio l’analisi dei rapporti tra Storia e narrazione: oltre a concentrarsi sul dibattito interdisciplinare circa le connessioni tra la Storia e la narrativa, si cerca di dar conto dei riflessi di questa riflessione contemporanea all’interno delle opere facenti parte del corpus. Infine, il terzo capitolo riguarda l’analisi delle metafore animali rintracciabili nei romanzi sul maquis scelti, concentrandosi principalmente su Luna de lobos di Julio Llamazares e La agonía del búho chico di Justo Vila. L’impiego di questa figura retorica, che si ritrova in vari gradi in tutte le opere narrative scelte, risponde tanto ad una ricerca di verosimiglianza quanto alle modalità di rappresentazione della realtà empirica, riportando l’attenzione sui metodi atti alla figurazione e all’accesso alla conoscenza del mondo. La proposta di un cambio di paradigma estetico e narrativo in atto nella letteratura contemporanea spagnola cerca quindi una conferma nel momento dell’analisi, attraverso la quale si cerca di indagare se, e in che misura, il romanzo sul maquis si inserisce nel dibattito letterario odierno, e quanto contribuisce allo sviluppo del medesimo paradigma estetico in via di definizione – quello neomoderno –, cercando una conferma che si basa sulla presenza di quelle tematiche segnalate nel momento della discussione teorica e metodologica come tratti basilari e strutturanti le opere.