13 resultados para Linfoma de Burkitt
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Recent reports showed that early-interim PET-scan is the only tool predicting treatment outcome in advanced-stage classical Hodgkin lymphoma (asCHL). We evaluated the prognostic impact of a series of immunohistochemical markers, mentioned in literature as prognostic factors, on tissue microarrays assembled from biopsies of 220 patients: STAT1, SAP, TOP2A, PCNA and CD20, both in neoplastic (HRSC) and microenvironment cells (MC); RRM2, MAD2, CDC2, BCL2, P53, BCL11A and EBER in HRSC; ALDH1A1, TIA-1, granzyme B, perforin, FOXP3, and PD-1 in MC. All patients had been treated with standard ABVD ± Rx therapy. Interim-PET after 2 ABVD courses was evaluated according to the criteria indicated by Gallamini in his study (Journal of Clinical Oncology, 2007). The survival analysis has been performed in a subset of 138 patients whose complete clinical information were available: the mean age was 33.3 years (14-79), the stage III-IVB in 98 and IIB in 40, and the mean follow-up 38.1 months (7.6-71.9). Histopathology review showed: NS-I 75, NS-II 22, MC 20, DL 3, and CHL/nos 18 cases. Interim-PET was positive in 30 patients, while treatment failure was recorded in 32. In univariate analysis the factors related to treatment outcome were BCL2 on HRSC (cut-off value 50%), STAT1/SAP on MC, and PET (Log-rank 6.9, 7.9 and 93.9 respectively). The combined expression of STAT1 and SAP was scored in three levels depending on the architectural pattern: score 0 for expression of both with a diffuse/rosetting pattern; score 1 for discordant combination of diffuse/rosetting and scattered patterns; score 2 for both markers with a scattered pattern; the 3y-PFS were 87.4%, 69.9% and 61.9% respectively. In multivariate analysis PET, BCL2 and STAT1/SAP remained significant (HR: 24.8, 4.6, 7.5 and 5.6, respectively; p<.01). The proposed model is able to predict treatment response in AsCHL, even if with a lower efficacy than PET. However, unlike PET, it can be applied upfront therapy.
Resumo:
Obiettivi: nonostante i miglioramenti nel trattamento, circa il 30% dei pazienti pediatrici affetti da Linfoma di Hodgkin (LH) in stadio avanzato recidiva o muore per progressione di malattia e i correnti metodi predittivi biologico-clinici non consentono di individuare tali pazienti. L’obiettivo dello studio è stato quello di definire un profilo molecolare di rischio che correli con l’outcome in questi pazienti. Materiali e metodi: studio retrospettico condotto su pazienti pediatrici affetti da LH omogeneamente trattati dal 2004 in poi. Su tali pazienti è stato intrapreso uno studio di validazione di marcatori molecolari già identificati in studi esplorativi precedenti. 27 geni sono stati analizzati in RT PCR su campioni di tessuto istologico prelevato alla diagnosi fissato in formalina e processato in paraffina relativi a una coorte di 37 pazienti, 12 ad outcome sfavorevole e 25 ad outcome favorevole. Risultati: dall’analisi univariata è emerso che solo l’espressione di CASP3 e CYCS, appartenenti al pathway apoptotico, è in grado di influenzare l’EFS in modo significativo nella nostra coorte di pazienti. Lo studio delle possibili combinazioni di questi geni ha mostrato l’esistenza di 3 gruppi di rischio che correlano con l’EFS: alto rischio (down regolazione di entrambi i geni), rischio intermedio (down regolazione di uno solo dei 2 geni), basso rischio (up regolazione di entrambi i geni). Dall’analisi multivariata è emerso che CASP3 è l’unica variabile che mantiene la sua indipendenza nell’influenzare la prognosi con un rischio di eventi di oltre il doppio di chi ha un’espressione bassa di questo gene. Conclusioni: i risultati ottenuti sulla nostra coorte di pazienti pediatrici affetti da LH confermano l’impatto sulla prognosi di due marcatori molecolari CASP3 e CYCS coinvolti nel patwhay apoptotico. La valutazione del profilo di espressione di tali geni, potrebbe pertanto essere utilizzata in corso di stadiazione, come criterio di predittività.
Resumo:
Fifty-two cases of monomorphic post-transplant lymphoproliferative disorders (M-PTLD), developed in patients undergone solid organ or bone marrow transplantation, were studied by the application of the tissue micro-array (TMA) technology. They included 50 cases of diffuse large B-cell lymphomas (DLBCL) and 2 Burkitt lymphomas (BL). In order to evaluate the immune-profile a large panel of antibodies was applied including several new markers (Cyclin D2, Cyclin D3, p27, PKC-β, FOXP-1 and Survivin) identified as negative prognostic factors in DLBCL of the immunocompetent patient. Out of 50 DLBCL, 23 cases (46%) had an Activated B Cell (ABC) phenotype, 8 (16%) a Germinal Centre B-cell (GCB) phenotype, and 11 (22%) an Unclassified (UC) phenotype. In 8 cases (16%) the subtype was not demonstrable due to sub-optimal preservation or loss of the tissue core. FISH analysis detected BCL2 gene amplification and MYC rearrangement. EBV was identified in 32 cases (64%) performing immunohistochemistry (LMP-1) and in situ hybridization (EBER). Clinical data and follow-up were available in all cases of malignant lymphomas but one. Thirty-two patients died for progression of disease or complications related to transplant (bleeding, bacterial infections, and multi-organ failure); 17 patients are actually alive and disease-free. M-PTLD are aggressive lymphomas characterized by very poor outcome. The neoplastic process is stimulated by a prolonged immunosuppressive status which is capable to induce alterations of the immune system and allow EBV reactivation in previously infected patients. Indeed EBV infection seems to be the most significant risk factor to predict the development of a PTLD while age, sex, site of involvement and type of transplant do not have significant correlation. Furthermore DLBCL arisen in a setting of immunodeficiency share phenotypic and molecular features with DLBCL of the immunocompetent patient. In particular, the former shows a high incidence of BCL2 gene amplification and this aberration typically correlates with “non-GCB” phenotype. Also M-PTLD do express prognostic markers (PKC-β, cyclin D2, FOXP-1, and Survivin): notably, in our study, PKC-β and FOXP-1 were frequently expressed and they were predictive of a shorter overall survival even in lymphomas recognized to have a good prognosis (GCB-type). Given the fact that such molecules are detectable at the time of the diagnosis, we postulate whether a “tailored” or more specific therapy might be applied in the management of the immune-compromised patient.
Resumo:
Numerosi studi hanno mostrato come i meccanismi epigenetici di regolazione della cromatina svolgano un ruolo centrale nel controllare la trascrizione genica. E’ stato infatti dimostrato che complessi inibitori come SWI/SNF e gli enzimi ad esso associati quali istone deacetilasi (HDAC) e protein arginin-metiltrasferasi (PRMT), siano coinvolti nel controllo della crescita, differenziazione e proliferazione cellulare. Diversi studi hanno mostrato come i meccanismi epigenetici di controllo della trascrizione genica svolgano un ruolo di primo piano nel promuovere la sopravvivenza cellulare in leucemie/linfomi di derivazione dai linfociti B come la leucemia linfatica cronica, il linfoma mantellare ed i linfomi associati al virus di Epstein-Barr (EBV). Tuttavia, molto poco e’ conosciuto circa i meccanismi epigenetici di controllo della trascrizione che divengono operativi e che contribuiscono al processo di trasformazione dei linfociti B. PRMT5 e’ un enzima che di-metila specificamente residui argininici sugli istoni (H) 3 (H3R8) ed 4 (H4R3). PRMT5 ed HDAC lavorano in concerto per reprimere la trascrizione di specifici geni oncosoppressori. In questo progetto sono stati studiati i meccanismi e le conseguenze dell’iperespressione di PRMT5 durante il processo di trasformazione dei linfociti B indotto da EBV, e’ stata dimostrata l’importanza di questo enzima nel processo di trasformazione, e sono stati studiati nuovi metodi per inibirne l’espressione/attivita’. In particolare si e’ dimostrato che l’espressione di PRMT5 e’ ridotta o assente in linfociti B normali (o attivati da stimoli fisiologici) ed elevata in linee cellulari linfoblastoidi immortalizzate o completamente trasformate. Elevati livelli citosolici di PRMT5 sono detectabili dopo 4 giorni dall’infezione di linfociti B normali con EBV, PRMT5 e’ detectabile a livello nucleare, dove esercita la sua funzione repressoria la trascrizione, a partire dal giorno 8. L’utilizzo di specifici small interference RNAs (siRNA) in linee cellulari linfoblastoidi ha permesso di dimostrare la riduzione dell’espressione di PRMT5, la riduzione della metilazione degli istoni target di PRMT5, inibizione della proliferazione cellulare e abbassamento della soglia di sensibilita’ cellulare a stimoli pro-apoptotici. Esperimenti di co-immunoprecipitazione cromatinica hanno permesso di evidenziare che in queste cellule PRMT5 e’ parte di un complesso proteico a funzione inibitoria e che questo complesso si lega alla regione promotrice di specifici geni oncosoppressori quali ST7, GAS e NM23, inibendone la trascrizione. Si e’ inoltre provveduto a sviluppare una categoria di inibitori allosterici di PRMT5: l’attivita’ terapeutica/la specificita’ in vitro e la modalita’ di somministrazione ottimale in modelli murini di linfoma non-Hodgkin, sono in corso di valutazione.
Resumo:
La micosi fungoide (MF) è un linfoma a cellule T primitivo della cute usualmente indolente negli stadi iniziali, ma con prognosi decisamente peggiore nelle fasi avanzate, ove attualmente non sono presenti strategie terapeutiche tali da indurre remissioni durature. Recenti osservazioni indicano che alti livelli di espressione del vascular endothelial growth factor (VEGF) nelle cellule della MF sembrano correlare con una prognosi peggiore. Nel presente studio, sono state vagliate le eventuali differenze di espressione di VEGF nella MF e nei linfociti T normali. In primo luogo sono stati raffrontati 63 casi di MF con 20 campioni corrispondenti alle diverse sottopopolazioni di linfociti T normali, per stabilire quale fra questi esprimesse maggiori livelli di VEGF. Tale esperimento ha dimostrato che il gene è notevolmente più espresso nella MF. Si è provveduto a stabilire se tale dato sia da correlarsi ad un fenomeno patologico o fisiologico. Quindi sono state eseguite indagini di gene expression profiling (GEP) allo scopo di vagliare i livelli di VEGF nella popolazione linfocitaria T normale (CD4+, CD8+, HLA-DR+ e HLA-DR-): da ciò è risultato che i linfociti T attivati esprimono maggiormente VEGF e che il loro GEP è globalmente paragonabile a quello della MF. Pertanto, i linfociti T attivati sono stati considerati la controparte normale delle cellule della MF. Successivamente si è confrontata l’espressione quantitativa di VEGF nei linfociti T attivati e nelle cellule della MF, evidenziando come questa sia maggiore nella popolazione neoplastica indipendentemente dallo stadio della malattia. Le indagini immunoistochimiche condotte su 18 casi di MF, hanno confermato quanto evidenziato attraverso il GEP. Concludendo, la ricerca ha dimostrato per la prima volta l’espressione di VEGF negli elementi della MF. Ciò porta a supporre che la de-regolazione genica della via di VEGF sia correlata nella patogenesi della MF e che tale molecola possa considerarsi un potenziale bersaglio terapeutico.
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I linfomi primitivi cutanei riconosciuti nella classificazione della WHO/EORTC si presentano come “entità cliniche distinte” su base clinica, morfologica, immunofenotipica e molecolare. Il fenotipo linfocitario T helper CD4+ caratterizza i CTCL, ma alcune entità a prognosi aggressiva presentano un immunofenotipo citotossico CD8+. Numerosi studi di citogenetica (CGH) e gene-expression profiling (GEP) sono stati condotti negli ultimi anni sui CTCL e sono state riscontrate numerose aberrazioni cromosomiche correlate ai meccanismi di controllo del ciclo cellulare. Scopo del nostro studio è la valutazione delle alterazioni genomiche coinvolte nella tumorigenesi di alcuni CTCL aggressivi: il linfoma extranodale NK/T nasal-type, il linfoma primitivo cutaneo aggressivo epidermotropo (AECTCL) e il gruppo dei PTCL/NOS pleomorfo CD8+. Il materiale bioptico dei pazienti è stato sottoposto alla metodica dell’array-CGH per identificare le anomalie cromosomiche; in alcuni casi di AECTCL è stata applicata la GEP, che evidenzia il profilo di espressione genica delle cellule neoplastiche. I dati ottenuti sono stati valutati in modo statistico, evidenziando le alterazioni cromosomiche comuni significative di ogni entità. In CGH, sono state evidenziate alcune aberrazioni comuni fra le entità studiate, la delezione di 9p21.3, l’amplificazione di 17q, 19p13, 19q13.11-q13.32 , 12q13 e 16p13.3, che determinano la delezione dei geni CDKN2A e CDKN2B e l’attivazione del JAK/STAT signaling pathway. Altre alterazioni definiscono l’amplificazione di c-MYC (8q24) e CCND1/CDK4-6 (11q13). In particolare, sono state evidenziate numerose anomalie genomiche comuni in casi di AECTCL e PTCL/NOS pleomorfo. L’applicazione della GEP in 5 casi di AECTCL ha confermato l’alterata espressione dei geni CDKN2A, JAK3 e STAT6, che potrebbero avere un ruolo diretto nella linfomagenesi. Lo studio di un numero maggiore di casi in GEP e l’introduzione delle nuove indagini molecolari come l’analisi dei miRNA, della whole-exome e whole genome sequences consentiranno di evidenziare alterazioni molecolari correlate con la prognosi, definendo anche nuovi target terapeutici.
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La diagnosi di linfoma non Hodgkin B della zona marginale si basa su criteri morfologici e sulla sostanziale negatività per marcatori immunoistochimici espressi in altri sottotipi di linfoma B. L’ obiettivo di questo lavoro è stato, quindi, quello di ricercare una molecola specifica associata ai linfomi della zona marginale. Materiali e Metodi. Sono stati esaminati 2.104 linfomi periferici di entità nosologia eterogenea mediante un anticorpo monoclonale, diretto contro la molecola IRTA1, che riconosce la zona marginale nei tessuti linfoidi umani. Risultati. Si è riscontrata espressione di IRTA1 nel 93% dei linfomi della zona marginale ad insorgenza extranodale e nel 74% di quelli primitivi linfonodali suggerendo la possibilità che questi linfomi possano originare dalle cellule perifollicolari o monocitoidi IRTA1+ riscontrabili nei linfonodi reattivi. La valutazione immunoistochimica mediante doppia colorazione (IRTA1/bcl6), ha inoltre dimostrato come vi sia una modulazione fenotipica nelle cellule marginali neoplastiche nel momento in cui esse colonizzano i follicoli linfoidi e durante la loro circolazione nei centri germinativi. Le cellule marginali neoplastiche che differenziano in senso plasmacellulare perdono l’ espressione di IRTA1 Discussione. In conclusione, tali evidenze hanno permesso di ampliare la conoscenza sulla biologia dei linfomi marginali e sottolineano come IRTA1 sia il primo marcatore diagnostico positivo per queste neoplasie.
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The recent finding that MYC-driven cancers are sensitive to inhibition of the DNA damage response (DDR) pathway, prompted us to investigate the role of DDR pathway as therapeutic target in diffuse large B-cell lymphoma (DLBCL), which frequently overexpresses the MYC oncogene. In a preliminary immunohistochemical study conducted on 99 consecutive DLBCL patients, we found that about half of DLBCLs showed constitutive expression of the phosphorylated forms of checkpoint kinases (CHK) and CDC25c, markers of DDR activation, and of phosphorylated histone H2AX (γH2AX), marker of DNA damage and genomic instability. Constitutive γH2AX expression correlated with c-MYC levels and DDR activation, and defined a subset of tumors characterised by poor outcome. Next, we used the CHK inhibitor PF-0477736 as a tool to investigate whether the inhibition of the DDR pathway might represent a novel therapeutic approach in DLBCL. Submicromolar concentrations of PF-0477736 hindered proliferation in DLBCL cell lines with activated DDR pathway. These results were fully recapitulated with a different CHK inhibitor (AZD-7762). Inhibition of checkpoint kinases induced rapid DNA damage accumulation and apoptosis in DLBCL cell lines and primary cells. These data suggest that pharmacologic inhibition of DDR through targeting of CHK kinases may represent a novel therapeutic strategy in DLBCL. The second part of this work is the clinical, molecular and functional description of a paradigmatic case of primary refractory Burkitt lymphoma characterized by spatial intratumor heterogeneity for the TP53 mutational status, high expression levels of genomic instability and DDR activation markers, primary resistance to chemotherapy and exquisite sensitivity to DDR inhibitors.
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Backgrounds:Treatment of patients with relapsed/refractory (R/R) diffuse large B-cell lymphoma (DLBCL) not eligible to high dose therapy represents an unmet medical need. Panobinostat showed encouraging therapeutic activity in studies conducted in lymphoma cell lines and in vivo in patients with advanced hematologic malignancies.Purpose:FIL-PanAL10 (NCT01523834) is a phase II, prospective multicenter trial of the Fondazione Italiana Linfomi (FIL) to evaluate safety and efficacy of single agent Panobinostat as salvage therapy for R/R DLBCL patients and to evaluate a possible relationships between response and any biological features. Patients and Methods:Patients with R/R DLBCL were included. The treatment plan included 6 induction courses with Panobinostat monotherapy followed by other 6 courses of consolidation. The primary objective was to evaluate Panobinostat activity in terms of overall response (OR); secondary objectives were: CR rate, time to response (TTR), progression-free survival (PFS), safety and feasibility of Panobinostat. We included evaluation of the impact of pharmacogenetics, immunohistochemical patterns and patient’s specific gene expression and mutations as potential predictors of response to Panobinostat as explorative objectives. To this aim a pre-enrollment new tissue biopsy was mandatory. ResultsThirty-five patients, 21 males (60%), were enrolled between June 2011 and March 2014. At the end of induction phase, 7 responses (20%) were observed, including 4 CR (11%), while 28 patients (80%) discontinued treatment due to progressive disease (PD) in 21 (60%) or adverse events in 7 (20%). Median TTR in 9 responders was 2.6 months (range 1.8-12). With a median follow up of 6 months (range 1-34), the estimated 12 months PFS and OS were 27% and 30.5%, respectively. Grade 3-4 thrombocytopenia and neutropenia were the most common toxicities (in 29 (83%) and 12 (34%) patients, respectively. Conclusions The results of this study indicate that Panobinostat might be remarkably active in some patients with R/R DLBCL, showing durable CR