7 resultados para Late-colonial period

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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La dissertazione si articola attorno all’idea di tradizione e alla concettualizzazione di genere nella musica di villaggio dei Banyoro e dei Batooro dell’Uganda occidentale. Il lavoro si sviluppa nel complesso in tre parti principali. Nella prima si presentano le trasformazioni storiche intervenute nelle relazioni di genere dal periodo precoloniale al presente e si introduce la musica di villaggio delle popolazioni considerate, ponendola a confronto con la musica di corte e con quella religiosa. La seconda sezione è dedicata allo studio dei repertori vocali e di danza di villaggio, a partire dalla documentazione realizzata con informatori anziani: di queste musiche sono considerate le caratteristiche stilistiche ed è condotta un’analisi che mira a mettere in luce le idee di genere trasmesse attraverso questi repertori. L’ultima parte del lavoro prende in considerazione le trasformazioni intervenute nel panorama musicale ugandese nell’ultimo secolo, a partire dall’influenza di musiche esterne, dall’insegnamento della musica tradizionale nelle scuole e dall’istituzione di festival scolastici e di gruppi folklorici: diverse performance attuali di canti e di danza sotto sottoposte a studio analitico. Nel complesso, si rileva una generale rifunzionalizzazione di musiche e idee di genere che si rifanno al passato, ma hanno valore soprattutto per il recupero della cultura locale nel presente,connotato dal contesto multiculturale dell’Uganda contemporanea e dalle politiche, promosse dal Governo, che favoriscono l’emancipazione femminile.

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La VI regio augustea di Roma rappresenta uno dei settori urbani maggiormente investiti dalle modifiche radicali compiute dall’uomo nel processo di urbanizzazione della città che ne hanno modificato profondamente la situazione altimetrica e la conformazione originaria. Questi notevoli cambiamenti ebbero origine sin dall’età antica, ma si intensificarono profondamente soprattutto nel periodo rinascimentale quando a partire da Pio IV e soprattutto con Sisto V, attivo in tante altre zone della città, si svilupparono numerose opere di rinnovamento urbanistico che incisero notevolmente sul volto e sulle caratteristiche della zona in esame. A partire dal Rinascimento fino ad arrivare ai grandi scavi della fine del 1800 tutto il quartiere incominciò a “popolarsi” di numerosi edifici di grande mole che andarono ad intaccare completamente le vestigia del periodo antico: la costruzione del Palazzo del Quirinale e dei vari palazzi nobiliari ma soprattutto la costruzione dei numerosi ministeri e della prima stazione Termini alla fine dell’800 comportarono numerosi sventramenti senza la produzione di una adeguata documentazione delle indagini di scavo. Questa ricerca intende ricostruire, in un’ottica diacronica, la topografia di uno dei quartieri centrali della Roma antica attraverso l’analisi dei principali fenomeni che contraddistinguono l’evoluzione del tessuto urbano sia per quanto riguarda le strutture pubbliche che in particolar modo quelle private. Infatti, il dato principale che emerge da questa ricerca è che questa regio si configura, a partire già dal periodo tardo-repubblicano, come un quartiere a vocazione prevalentemente residenziale, abitato soprattutto dall’alta aristocrazia appartenente alle più alte cariche dello Stato romano; oltre a domus ed insulae, sul Quirinale, vennero costruiti lungo il corso di tutta l’età repubblicana alcuni tra i più antichi templi della città che con la loro mole occuparono parte dello spazio collinare fino all’età tardoantica, rappresentando così una macroscopica e costante presenza nell’ingombro dello spazio edificato.

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La tesi adotta una prospettiva etnostorica rafforzata da una metodologia etnografica per analizzare lo sviluppo dei processi di politicizzazione nel territorio boliviano dal periodo coloniale ad oggi, collocandoli all’interno di un più ampio sistema di relazioni economiche, politiche e sociali dettate dall’eterogeneo sviluppo del capitalismo globale; la tesi mostra sia il modo specifico in cui, nelle varie contingenze storiche, queste relazioni hanno riorganizzato l’«abigarrada» società boliviana e inciso sui processi di politicizzazione, sia il modo in cui i soggetti hanno contestato e messo in tensione tale riorganizzazione. Per l’analisi si partirà dalla posizione di quei soggetti che sono stati definiti alternativamente come indios, indigeni, campesinos nel territorio boliviano, guardando alle connessioni politiche che questi hanno messo in campo con diversi soggetti – donne, lavoratori, attivisti urbani. Questa posizione offre una «prospettiva epistemologica privilegiata» per indagare il modo in cui i movimenti sociali impattano nell’articolazione tra Stato, società civile e capitale, non perché tali soggetti sono portatori di un’autenticità alternativa al capitalismo, ma perché il modo in cui riattivano quell’insieme di miti, credenze e residui precapitalistici – i «resabios» – che concorrono alla «memoria larga» delle lotte, innestandoli su elementi introdotti dal capitalismo, mostra la loro capacità di sovvertire la posizione subalterna che la riproduzione del capitale nel territorio boliviano ha imposto loro. Si mostreranno anche le tensioni e i conflitti dati dalle diverse posizioni che donne e uomini, giovani e anziani, figure d’autorità e ‘base’ assumono all’interno della loro identificazione come indigeni. La ricerca permette di affermare che l’identità indigena è il prodotto della risposta istituzionale che di volta in volta è stata data per neutralizzare l’emergenza politica di soggetti la cui eterogeneità non ha impedito, ma al contrario ha reso possibile, un’accumulazione di forza tale da mettere in crisi gli assetti politici, economici e istituzionali dello Stato post-coloniale.

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This PhD research investigates sealing practices in the Near East during the Late Bronze II period (ca. 1375-1175 BCE). Sealings from archaeological contexts in the Southern Levant, North Syria, Upper and Lower Mesopotamia and South-Western Iran are taken under consideration and analyzed on multiple aspects at local, regional, and international levels. The contextual, functional, and iconographic analysis of these materials, in fact, allows to reconstruct the nature of the transactions and the agents involved in the sealing operations within local administrative systems, highlighting at the same time aspects of inter-regional interactions during the age of internationalism. Following a survey of the available evidence, a corpus consisting of 1845 records from 28 different sites across the ANE, has been filed using MS Access and MS Excel, including 740 unpublished sealing from Karkemish. Among this large evidence, the corpus of recently discovered sealings from Karkemish and the other scattered sealings from the North Syrian provinces, for instance, provide insights on the core-periphery relationships under the Hittite Empire; while the deposit from Building P at Tell Sheikh Hamad, that of the Middle Assyrian houses at Tell Fekheriye, and of the dunnu of Tell Sabi Abyad, significantly contributes to defining the administration of provinces within the Middle Assyrian state and the regional circulation of good. The less extensive evidence from South Mesopotamia under the Kassite rule and from Middle Elamite contexts in South-Western Iran somewhat contribute as well to the understanding of sealing practices in the LB II period. The South Levantine kingdoms, on the other hand, seems participates to the Egyptian regional network of exchanges and sealing practices.

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Analysis and description of the furniture shown on Italian portraits from the late eighteenth century to the period of the Restoration. We have studied real examples of environments still exist with their furniture, chairs, mirrors, lamps, etc. in different areas of Italy. All this to explain the refined taste and cosmopolitan of the characters painted in the portraits, that for this reason they were considered fashionable

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The aim of this study is to evaluate if spinal cord ischemia (SCI), especially its late presentation, and can be correlated to the results of intraoperative evoked potential monitoring (IOM). Methods. This study is a physician-initiated, retrospective, single-center, non-randomized study. Data from all patients undergoing a thoracoabdominal aortic aneurysm surgical repair (TAAA SR) between January 2016 and March 2020 IOM was collected and analyzed. Results. During the study period, 261 patients underwent TAAA SR with MEP/SSEPs monitoring [190 males, 73%; median age 65 (57-71)]. Thirty-seven patients suffered from SCI, for an overall rate of 14% (permanent 9%). When stratifying patients according to the SCI onset, 18 patients presented with an early (11 permanent) and 19 with a late SCI (<24h) (11 permanent). Of 261 patients undergoing TAAA SR with IOM, 15 were excluded due to changes in the upper extremity motor evoked potentials. For the remaining 246, the association between SCI and IOM was investigated: only irreversible IOM loss without peripheral changes have been found to be a risk factor for late onset SCI (p=.006). Furthermore, given that no statistical differences were found between the two groups when no IOM changes were recorded (p=.679), this situation cannot reliably rule out any SCI in our cohort. Independent risk factors for late spinal cord ischemia onset found at multivariate analysis were smoking history (p=.008), BMI>28 (p=.048) and TAAA extent II (p=.009). The irreversible MEP change without peripheral showed a trend of significance (p=.052). Conclusions. Evoked potential intraoperative monitoring is an important adjunct during thoracoabdominal aortic open repair to predict and possibly prevent spinal cord ischemia. Irreversible IOM loss without peripheral changes was predictive of late SCI, therefore more attention should be paid to the postoperative management of this subgroup of patients.

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The venture of socialist Eastern Europe in assisting the development efforts of the post-colonial countries opened up official migratory channels to the Global South for a specific labour group engaged under international technical cooperation programmes. By taking post-colonial Algeria as a space of East-South interactions and intense inter-socialist competition, the thesis studies labour mobility from socialist Yugoslavia of a heterogeneous group labelled “technical cooperation experts” in the period from 1962 to 1990. While CMEA members dispatched to the country personnel in great numbers, after 1965, Yugoslavia failed to do so. Tracing them beyond the institutional level, the thesis aims at detecting and exposing factors which inhibited the attempts to increase the presence of Yugoslav technical experts in Algeria. It argues that instead of building an alternative, solidarity-based aid model, Yugoslav technical cooperation with the developing countries was reduced to mediation in the employment of highly-skilled labour abroad. The cooperation scheme, which differed from one of its Eastern European counterparts, manifested in the employment and legal status as well as everyday life and work experiences of Yugoslav citizens. Relying on the methodological approach of global microhistory, which strongly favours the micro-historical analysis of primary sources in studying global processes, the thesis provides a more comprehensive and nuanced understanding of Yugoslav globalization endeavours. By shifting the focus to the experiences of ordinary people who were under the strong influence of globalization forces of the Cold War era, the thesis adds a “human” dimension to the history of East-South relations.