5 resultados para Kim, Jaegwon: Physicalism, or something near enough

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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L’ermeneutica filosofica di Hans-Georg Gadamer – indubbiamente uno dei capisaldi del pensiero novecentesco – rappresenta una filosofia molto composita, sfaccettata e articolata, per così dire formata da una molteplicità di dimensioni diverse che si intrecciano l’una con l’altra. Ciò risulta evidente già da un semplice sguardo alla composizione interna della sua opera principale, Wahrheit und Methode (1960), nella quale si presenta una teoria del comprendere che prende in esame tre differenti dimensioni dell’esperienza umana – arte, storia e linguaggio – ovviamente concepite come fondamentalmente correlate tra loro. Ma questo quadro d’insieme si complica notevolmente non appena si prendano in esame perlomeno alcuni dei numerosi contributi che Gadamer ha scritto e pubblicato prima e dopo il suo opus magnum: contributi che testimoniano l’importante presenza nel suo pensiero di altre tematiche. Di tale complessità, però, non sempre gli interpreti di Gadamer hanno tenuto pienamente conto, visto che una gran parte dei contributi esegetici sul suo pensiero risultano essenzialmente incentrati sul capolavoro del 1960 (ed in particolare sui problemi della legittimazione delle Geisteswissenschaften), dedicando invece minore attenzione agli altri percorsi che egli ha seguito e, in particolare, alla dimensione propriamente etica e politica della sua filosofia ermeneutica. Inoltre, mi sembra che non sempre si sia prestata la giusta attenzione alla fondamentale unitarietà – da non confondere con una presunta “sistematicità”, da Gadamer esplicitamente respinta – che a dispetto dell’indubbia molteplicità ed eterogeneità del pensiero gadameriano comunque vige al suo interno. La mia tesi, dunque, è che estetica e scienze umane, filosofia del linguaggio e filosofia morale, dialogo con i Greci e confronto critico col pensiero moderno, considerazioni su problematiche antropologiche e riflessioni sulla nostra attualità sociopolitica e tecnoscientifica, rappresentino le diverse dimensioni di un solo pensiero, le quali in qualche modo vengono a convergere verso un unico centro. Un centro “unificante” che, a mio avviso, va individuato in quello che potremmo chiamare il disagio della modernità. In altre parole, mi sembra cioè che tutta la riflessione filosofica di Gadamer, in fondo, scaturisca dalla presa d’atto di una situazione di crisi o disagio nella quale si troverebbero oggi il nostro mondo e la nostra civiltà. Una crisi che, data la sua profondità e complessità, si è per così dire “ramificata” in molteplici direzioni, andando ad investire svariati ambiti dell’esistenza umana. Ambiti che pertanto vengono analizzati e indagati da Gadamer con occhio critico, cercando di far emergere i principali nodi problematici e, alla luce di ciò, di avanzare proposte alternative, rimedi, “correttivi” e possibili soluzioni. A partire da una tale comprensione di fondo, la mia ricerca si articola allora in tre grandi sezioni dedicate rispettivamente alla pars destruens dell’ermeneutica gadameriana (prima e seconda sezione) ed alla sua pars costruens (terza sezione). Nella prima sezione – intitolata Una fenomenologia della modernità: i molteplici sintomi della crisi – dopo aver evidenziato come buona parte della filosofia del Novecento sia stata dominata dall’idea di una crisi in cui verserebbe attualmente la civiltà occidentale, e come anche l’ermeneutica di Gadamer possa essere fatta rientrare in questo discorso filosofico di fondo, cerco di illustrare uno per volta quelli che, agli occhi del filosofo di Verità e metodo, rappresentano i principali sintomi della crisi attuale. Tali sintomi includono: le patologie socioeconomiche del nostro mondo “amministrato” e burocratizzato; l’indiscriminata espansione planetaria dello stile di vita occidentale a danno di altre culture; la crisi dei valori e delle certezze, con la concomitante diffusione di relativismo, scetticismo e nichilismo; la crescente incapacità a relazionarsi in maniera adeguata e significativa all’arte, alla poesia e alla cultura, sempre più degradate a mero entertainment; infine, le problematiche legate alla diffusione di armi di distruzione di massa, alla concreta possibilità di una catastrofe ecologica ed alle inquietanti prospettive dischiuse da alcune recenti scoperte scientifiche (soprattutto nell’ambito della genetica). Una volta delineato il profilo generale che Gadamer fornisce della nostra epoca, nella seconda sezione – intitolata Una diagnosi del disagio della modernità: il dilagare della razionalità strumentale tecnico-scientifica – cerco di mostrare come alla base di tutti questi fenomeni egli scorga fondamentalmente un’unica radice, coincidente peraltro a suo giudizio con l’origine stessa della modernità. Ossia, la nascita della scienza moderna ed il suo intrinseco legame con la tecnica e con una specifica forma di razionalità che Gadamer – facendo evidentemente riferimento a categorie interpretative elaborate da Max Weber, Martin Heidegger e dalla Scuola di Francoforte – definisce anche «razionalità strumentale» o «pensiero calcolante». A partire da una tale visione di fondo, cerco quindi di fornire un’analisi della concezione gadameriana della tecnoscienza, evidenziando al contempo alcuni aspetti, e cioè: primo, come l’ermeneutica filosofica di Gadamer non vada interpretata come una filosofia unilateralmente antiscientifica, bensì piuttosto come una filosofia antiscientista (il che naturalmente è qualcosa di ben diverso); secondo, come la sua ricostruzione della crisi della modernità non sfoci mai in una critica “totalizzante” della ragione, né in una filosofia della storia pessimistico-negativa incentrata sull’idea di un corso ineluttabile degli eventi guidato da una razionalità “irrazionale” e contaminata dalla brama di potere e di dominio; terzo, infine, come la filosofia di Gadamer – a dispetto delle inveterate interpretazioni che sono solite scorgervi un pensiero tradizionalista, autoritario e radicalmente anti-illuminista – non intenda affatto respingere l’illuminismo scientifico moderno tout court, né rinnegarne le più importanti conquiste, ma più semplicemente “correggerne” alcune tendenze e recuperare una nozione più ampia e comprensiva di ragione, in grado di render conto anche di quegli aspetti dell’esperienza umana che, agli occhi di una razionalità “limitata” come quella scientista, non possono che apparire come meri residui di irrazionalità. Dopo aver così esaminato nelle prime due sezioni quella che possiamo definire la pars destruens della filosofia di Gadamer, nella terza ed ultima sezione – intitolata Una terapia per la crisi della modernità: la riscoperta dell’esperienza e del sapere pratico – passo quindi ad esaminare la sua pars costruens, consistente a mio giudizio in un recupero critico di quello che egli chiama «un altro tipo di sapere». Ossia, in un tentativo di riabilitazione di tutte quelle forme pre- ed extra-scientifiche di sapere e di esperienza che Gadamer considera costitutive della «dimensione ermeneutica» dell’esistenza umana. La mia analisi della concezione gadameriana del Verstehen e dell’Erfahrung – in quanto forme di un «sapere pratico (praktisches Wissen)» differente in linea di principio da quello teorico e tecnico – conduce quindi ad un’interpretazione complessiva dell’ermeneutica filosofica come vera e propria filosofia pratica. Cioè, come uno sforzo di chiarificazione filosofica di quel sapere prescientifico, intersoggettivo e “di senso comune” effettivamente vigente nella sfera della nostra Lebenswelt e della nostra esistenza pratica. Ciò, infine, conduce anche inevitabilmente ad un’accentuazione dei risvolti etico-politici dell’ermeneutica di Gadamer. In particolare, cerco di esaminare la concezione gadameriana dell’etica – tenendo conto dei suoi rapporti con le dottrine morali di Platone, Aristotele, Kant e Hegel – e di delineare alla fine un profilo della sua ermeneutica filosofica come filosofia del dialogo, della solidarietà e della libertà.

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The objective of the Ph.D. thesis is to put the basis of an all-embracing link analysis procedure that may form a general reference scheme for the future state-of-the-art of RF/microwave link design: it is basically meant as a circuit-level simulation of an entire radio link, with – generally multiple – transmitting and receiving antennas examined by EM analysis. In this way the influence of mutual couplings on the frequency-dependent near-field and far-field performance of each element is fully accounted for. The set of transmitters is treated as a unique nonlinear system loaded by the multiport antenna, and is analyzed by nonlinear circuit techniques. In order to establish the connection between transmitters and receivers, the far-fields incident onto the receivers are evaluated by EM analysis and are combined by extending an available Ray Tracing technique to the link study. EM theory is used to describe the receiving array as a linear active multiport network. Link performances in terms of bit error rate (BER) are eventually verified a posteriori by a fast system-level algorithm. In order to validate the proposed approach, four heterogeneous application contexts are provided. A complete MIMO link design in a realistic propagation scenario is meant to constitute the reference case study. The second one regards the design, optimization and testing of various typologies of rectennas for power generation by common RF sources. Finally, the project and implementation of two typologies of radio identification tags, at X-band and V-band respectively. In all the cases the importance of an exhaustive nonlinear/electromagnetic co-simulation and co-design is demonstrated to be essential for any accurate system performance prediction.

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In a previous study on maize (Zea mays, L.) several quantitative trait loci (QTL) showing high dominance-additive ratio for agronomic traits were identified in a population of recombinant inbred lines derived from B73 × H99. For four of these mapped QTL, namely 3.05, 4.10, 7.03 and 10.03 according to their chromosome and bin position, families of near-isogenic lines (NILs) were developed, i.e., couples of homozygous lines nearly identical except for the QTL region that is homozygote either for the allele provided by B73 or by H99. For two of these QTL (3.05 and 4.10) the NILs families were produced in two different genetic backgrounds. The present research was conducted in order to: (i) characterize these QTL by estimating additive and dominance effects; (ii) investigate if these effects can be affected by genetic background, inbreeding level and environmental growing conditions (low vs. high plant density). The six NILs’ families were tested across three years and in three Experiments at different inbreeding levels as NILs per se and their reciprocal crosses (Experiment 1), NILs crossed to related inbreds B73 and H99 (Experiment 2) and NILs crossed to four unrelated inbreds (Experiment 3). Experiment 2 was conducted at two plant densities (4.5 and 9.0 plants m-2). Results of Experiments 1 and 2 confirmed previous findings as to QTL effects, with dominance-additive ratio superior to 1 for several traits, especially for grain yield per plant and its component traits; as a tendency, dominance effects were more pronounced in Experiment 1. The QTL effects were also confirmed in Experiment 3. The interactions involving QTL effects, families and plant density were generally negligible, suggesting a certain stability of the QTL. Results emphasize the importance of dominance effects for these QTL, suggesting that they might deserve further studies, using NILs’ families and their crosses as base materials.

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The work of the present thesis is focused on the implementation of microelectronic voltage sensing devices, with the purpose of transmitting and extracting analog information between devices of different nature at short distances or upon contact. Initally, chip-to-chip communication has been studied, and circuitry for 3D capacitive coupling has been implemented. Such circuits allow the communication between dies fabricated in different technologies. Due to their novelty, they are not standardized and currently not supported by standard CAD tools. In order to overcome such burden, a novel approach for the characterization of such communicating links has been proposed. This results in shorter design times and increased accuracy. Communication between an integrated circuit (IC) and a probe card has been extensively studied as well. Today wafer probing is a costly test procedure with many drawbacks, which could be overcome by a different communication approach such as capacitive coupling. For this reason wireless wafer probing has been investigated as an alternative approach to standard on-contact wafer probing. Interfaces between integrated circuits and biological systems have also been investigated. Active electrodes for simultaneous electroencephalography (EEG) and electrical impedance tomography (EIT) have been implemented for the first time in a 0.35 um process. Number of wires has been minimized by sharing the analog outputs and supply on a single wire, thus implementing electrodes that require only 4 wires for their operation. Minimization of wires reduces the cable weight and thus limits the patient's discomfort. The physical channel for communication between an IC and a biological medium is represented by the electrode itself. As this is a very crucial point for biopotential acquisitions, large efforts have been carried in order to investigate the different electrode technologies and geometries and an electromagnetic model is presented in order to characterize the properties of the electrode to skin interface.

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This PhD research investigates sealing practices in the Near East during the Late Bronze II period (ca. 1375-1175 BCE). Sealings from archaeological contexts in the Southern Levant, North Syria, Upper and Lower Mesopotamia and South-Western Iran are taken under consideration and analyzed on multiple aspects at local, regional, and international levels. The contextual, functional, and iconographic analysis of these materials, in fact, allows to reconstruct the nature of the transactions and the agents involved in the sealing operations within local administrative systems, highlighting at the same time aspects of inter-regional interactions during the age of internationalism. Following a survey of the available evidence, a corpus consisting of 1845 records from 28 different sites across the ANE, has been filed using MS Access and MS Excel, including 740 unpublished sealing from Karkemish. Among this large evidence, the corpus of recently discovered sealings from Karkemish and the other scattered sealings from the North Syrian provinces, for instance, provide insights on the core-periphery relationships under the Hittite Empire; while the deposit from Building P at Tell Sheikh Hamad, that of the Middle Assyrian houses at Tell Fekheriye, and of the dunnu of Tell Sabi Abyad, significantly contributes to defining the administration of provinces within the Middle Assyrian state and the regional circulation of good. The less extensive evidence from South Mesopotamia under the Kassite rule and from Middle Elamite contexts in South-Western Iran somewhat contribute as well to the understanding of sealing practices in the LB II period. The South Levantine kingdoms, on the other hand, seems participates to the Egyptian regional network of exchanges and sealing practices.