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em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Il tema della Logistica Urbana è un argomento complesso che coinvolge diverse discipline. Infatti, non è possibile affrontare la distribuzione delle merci da un solo punto di vista. Da un lato, infatti, manifesta l’esigenza della città e della società in generale di migliorare la qualità della vita anche attraverso azioni di contenimento del traffico, dell’inquinamento e degli sprechi energetici. A questo riguardo, è utile ricordare che il trasporto merci su gomma costituisce uno dei maggiori fattori di impatto su ambiente, sicurezza stradale e congestione della viabilità urbana. Dall’altro lato vi sono le esigenze di sviluppo economico e di crescita del territorio dalle quali non è possibile prescindere. In questa chiave, le applicazioni inerenti la logistica urbana si rivolgono alla ricerca di soluzioni bilanciate che possano arrecare benefici sociali ed economici al territorio anche attraverso progetti concertati tra i diversi attori coinvolti. Alla base di tali proposte di pratiche e progetti, si pone il concetto di esternalità inteso come l’insieme dei costi esterni sostenuti dalla società imputabili al trasporto, in particolare al trasporto merci su gomma. La valutazione di questi costi, che rappresentano spesso una misurazione qualitativa, è un argomento delicato in quanto, come è facile immaginare, non può essere frutto di misure dirette, ma deve essere dedotto attraverso meccanismi inferenziali. Tuttavia una corretta definizione delle esternalità definisce un importante punto di partenza per qualsiasi approccio al problema della Logistica Urbana. Tra gli altri fattori determinanti che sono stati esplorati con maggiore dettaglio nel testo integrale della tesi, va qui accennata l’importanza assunta dal cosiddetto Supply Chain Management nell’attuale assetto organizzativo industriale. Da esso dipendono approvvigionamenti di materie prime e consegne dei prodotti finiti, ma non solo. Il sistema stesso della distribuzione fa oggi parte di quei servizi che si integrano con la qualità del prodotto e dell’immagine della Azienda. L’importanza di questo settore è accentuata dal fatto che le evoluzioni del commercio e l’appiattimento dei differenziali tra i sistemi di produzione hanno portato agli estremi la competizione. In questa ottica, minimi vantaggi in termini di servizio e di qualità si traducono in enormi vantaggi in termini di competitività e di acquisizione di mercato. A questo si aggiunge una nuova logica di taglio dei costi che porta a ridurre le giacenze di magazzino accorciando la pipeline di produzione ai minimi termini in tutte le fasi di filiera. Naturalmente questo si traduce, al punto vendita in una quasi totale assenza di magazzino. Tecnicamente, il nuovo modello di approvvigionamento viene chiamato just-in-time. La ricerca che è stata sviluppata in questi tre anni di Dottorato, sotto la supervisione del Prof. Piero Secondini, ha portato ad un approfondimento di questi aspetti in una chiave di lettura ad ampio spettro. La ricerca si è quindi articolata in 5 fasi: 1. Ricognizione della letteratura italiana e straniera in materia di logistica e di logistica urbana; 2. Studio delle pratiche nazionali ed europee 3. Analisi delle esperienze realizzate e delle problematiche operative legate ai progetti sostenuti dalla Regione Emilia Romagna 4. Il caso di studio di Reggio Emilia e redazione di più proposte progettuali 5. Valutazione dei risultati e conclusioni Come prima cosa si è quindi studiata la letteratura in materia di Logistica Urbana a livello nazionale. Data la relativamente recente datazione dei primi approcci nazionali ed europei al problema, non erano presenti molti testi in lingua italiana. Per contro, la letteratura straniera si riferisce generalmente a sistemi urbani di dimensione e configurazione non confrontabili con le realtà nazionali. Ad esempio, una delle nazioni che hanno affrontato per prime tale tematica e sviluppato un certo numero di soluzioni è stata il Giappone. Naturalmente, città come Tokyo e Kyoto sono notevolmente diverse dalle città europee ed hanno necessità ed esigenze assai diverse. Pertanto, soluzioni tecnologiche e organizzative applicate in questi contesti sono per la maggior parte inattuabili nei contesti del vecchio continente. Le fonti che hanno costituito maggiore riferimento per lo sviluppo del costrutto teorico della tesi, quindi, sono state i saggi che la Regione Emilia Romagna ha prodotto in occasione dello sviluppo del progetto City Ports di cui la Regione stessa era coordinatore di numerosi partners nazionali ed europei. In ragione di questo progetto di ricerca internazionale, l’Emilia Romagna ha incluso il trattamento della logistica delle merci negli “Accordi di Programma per il miglioramento della qualità dell’aria” con le province ed i capoluoghi. In Questo modo si è posta l’attenzione sulla sensibilizzazione delle Pubbliche Amministrazioni locali verso la mobilità sostenibile anche nell’ambito di distribuzione urbana delle merci. Si noti infatti che l’impatto sulle esternalità dei veicoli leggeri per il trasporto merci, quelli cioè che si occupano del cosiddetto “ultimo miglio” sono di due ordini di grandezza superiori rispetto a quelli dei veicoli passeggeri. Nella seconda fase, la partecipazione a convegni di ambito regionale e nazionale ha permesso di arricchire le conoscenze delle best-practice attuate in Italia per lo sviluppo di strumenti finalizzati ad condividere i costi esterni della mobilità delle merci con gli operatori logistici. In questi contesti è stato possibile verificare la disponibilità di tre linee di azione sulle quali, all’interno del testo della tesi si farà riferimento molto spesso: - linea tecnologica; - linea amministrativa; - linea economico/finanziaria. Nel discutere di questa tematica, all’interno di questi contesti misti in cui partecipavano esponenti della cultura accademica, delle pubbliche amministrazioni e degli operatori, ci si è potuti confrontare con la complessità che il tema assume. La terza fase ha costituito la preparazione fondamentale allo studio del caso di studio. Come detto sopra, la Regione Emilia Romagna, all’interno degli Accordi di Programma con le Province, ha deliberato lo stanziamento di co-finanziamenti per lo sviluppo di progetti, integrati con le pratiche della mobilità, inerenti la distribuzione delle merci in città. Inizialmente, per tutti i capoluoghi di provincia, la misura 5.2 degli A.d.P. prevedeva la costruzione di un Centro di Distribuzione Urbana e l’individuazione di un gestore dei servizi resi dallo stesso. Successive considerazioni hanno poi portato a modifiche della misura lasciando una maggiore elasticità alle amministrazioni locali. Tramite una esperienza di ricerca parallela e compatibile con quella del Dottorato finanziata da un assegno di ricerca sostenuto dall’Azienda Consorziale Trasporti di Reggio Emilia, si è potuto partecipare a riunioni e seminari presentati dalla Regione Emilia Romagna in cui si è potuto prendere conoscenza delle proposte progettuali di tutte le province. L’esperienza di Reggio Emilia costituisce il caso di studio della tesi di Dottorato. Le molteplici problematiche che si sono affrontate si sono protratte per tempi lunghi che hanno visto anche modifiche consistenti nell’assetto della giunta e del consiglio comunali. Il fatto ha evidenziato l’ennesimo aspetto problematico legato al mantenimento del patrimonio conoscitivo acquisito, delle metodiche adottate e di mantenimento della coerenza dell’impostazione – in termini di finalità ed obiettivi – da parte dell’Amministrazione Pubblica. Essendo numerosi gli attori coinvolti, in un progetto di logistica urbana è determinante per la realizzazione e la riuscita del progetto che ogni fattore sia allineato e ben informato dell’evoluzione del progetto. In termini di programmazione economica e di pianificazione degli interventi, inoltre, la pubblica amministrazione deve essere estremamente coordinata internamente. Naturalmente, questi sono fattori determinanti per ogni progetto che riguarda le trasformazioni urbane e lo sviluppo delle città. In particolare, i diversi settori (assessorati) coinvolti su questa tematica, fanno o possno fare entrare in situazioni critiche e rischiose la solidità politica dello schieramento di maggioranza. Basti pensare che la distribuzione delle merci in città coinvolge gli assessorati della mobilità, del commercio, del centro storico, dell’ambiente, delle attività produttive. In funzione poi delle filiere che si ritiene di coinvolgere, anche la salute e la sicurezza posso partecipare al tavolo in quanto coinvolte rispettivamente nella distribuzione delle categorie merceologiche dei farmaci e nella security dei valori e della safety dei trasporti. L’esperienza di Reggio Emilia è stata una opportunità preziosissima da molteplici punti di vista. Innanzitutto ha dato modo di affrontare in termini pratici il problema, di constatare le difficoltà obiettive, ad esempio nella concertazione tra gli attori coinvolti, di verificare gli aspetti convergenti su questo tema. Non ultimo in termini di importanza, la relazione tra la sostenibilità economica del progetto in relazione alle esigenze degli operatori commerciali e produttivi che ne configurano gli spazi di azione. Le conclusioni del lavoro sono molteplici. Da quelle già accennate relative alla individuazione delle criticità e dei rischi a quelle dei punti di forza delle diverse soluzioni. Si sono affrontate, all’interno del testo, le problematiche più evidenti cercando di darne una lettura costruttiva. Si sono evidenziate anche le situazioni da evitare nel percorso di concertazione e si è proposto, in tal proposito, un assetto organizzativo efficiente. Si è presentato inoltre un modello di costruzione del progetto sulla base anche di una valutazione economica dei risultati per quanto riguarda il Business Plan del gestore in rapporto con gli investimenti della P.A.. Si sono descritti diversi modelli di ordinanza comunale per la regolamentazione della circolazione dei mezzi leggeri per la distribuzione delle merci in centro storico con una valutazione comparativa di meriti ed impatti negativi delle stesse. Sono inoltre state valutate alcune combinazioni di rapporto tra il risparmio in termini di costi esterni ed i possibili interventi economico finanziario. Infine si è analizzato il metodo City Ports evidenziando punti di forza e di debolezza emersi nelle esperienze applicative studiate.

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La ricerca ha per oggetto il progetto del Foro Bonaparte a Milano redatto da Giovanni Antonio Antolini a seguito del decreto del 23 giugno 1800 che stabiliva l’abbattimento delle mura del Castello Sforzesco. Si affronta il tema dell’architettura avendo come obiettivo una lettura critica di tale progetto servendosi dell’analisi compositiva come strumento in grado di stabilire i rapporti che intercorrono tra la città, l’architettura e il tipo. Attraverso lo studio del progetto urbano la ricerca conferma l’ipotesi per la quale la grande forma totalizzante, perentoria e assoluta è capace di mutare la struttura urbana, offrendo un nuovo modello con cui rinnovare la città. L’ambizione di Antolini di veder realizzata l’opera è destinata a svanire nell’arco di pochi anni, ma il progetto per il Foro Bonaparte continuerà per lungo tempo ad evocare la sua idea innovativa fino ai giorni nostri. Sebbene l’opera sia destinata a rimanere un’architettura solo disegnata, le varie pubblicazioni continuano a circolare nelle accademie prima e nelle università successivamente, costituendo un importante patrimonio di studio e di ricerca per generazioni di architetti, fino alla riscoperta avvenuta con Aldo Rossi e Manfredo Tafuri negli anni sessanta del secolo scorso. Dalle lezioni formulate nelle architetture del passato è possibile avanzare nuove ipotesi e alimentare riflessioni e dibattiti sul ruolo dell’architettura nella città contemporanea. La ricerca si occupa del progetto d’architettura per offrire un ulteriore contributo al tema, attraverso una lettura di carattere compositivo, supportata da una serie di schemi e disegni di studio necessari per completare il testo e per verificare i concetti esposti. Dopo aver raccolto, catalogato ed analizzato il materiale iconografico relativo al progetto per il Foro Bonaparte si è scelto di basare il ridisegno sulla raccolta di disegni conservati presso la Biblioteca Nazionale di Francia.

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Il tema principale affrontato dalla presente ricerca è quello dell’architettura della città; attraverso lo studio dei progetti urbani redatti dall’architetto Willem Marinus Dudok per la città di Hilversum, la tesi vuole confermare l’ipotesi che la costruzione dei “luoghi urbani” collettivi è il fulcro dell’idea di architettura che porta alla costruzione della città. La ricerca si propone di studiare il contributo dato da Dudok al progetto dello sviluppo urbano della città olandese, considerando un arco temporale che va dal 1915, anno in cui l’architetto viene designato a ricoprire la carica di direttore del locale ufficio Lavori Pubblici, al 1954, anno simbolico della sua nomina a cittadino onorario di Hilversum. Il lavoro di ricerca vuole individuare quelle caratteristiche formali e tipologiche, insite nei quartieri progettati dall’architetto olandese, in grado di definire una struttura urbana capace di sostenere un ragionamento architettonico indipendente dal luogo e dal tempo, un ragionamento impostato sulla definizione della forma urbis. Non desidera certo delineare un modello, vista la consapevolezza che ogni progetto ha un proprio luogo e un proprio tempo, cerca di tratteggiare, piuttosto, uno scenario possibile per il progetto urbano, capace di assurgere ad exemplum per la costruzione della città. I progetti analizzati riguardano edifici residenziali e spazi urbani per la collettività; questi rappresentano veri e propri nuclei aggregativi per la costruzione dei complessi di alloggi popolari, dei quali definiscono la scena fissa delle vicende umane. Lo studio di questi quartieri rappresenta, pertanto, il tentativo di decodificare un “modo” di comporre la città dal quale sia possibile estrapolare temi validi e di carattere generale che permettano di formalizzare una serie di utili insegnamenti, tramite i quali poter pensare alla realizzazione della stessa, nella convinzione che “la qualità del progetto consiste nella qualità dei caratteri del tema e nel loro riconoscimento nelle forme dell’architettura”.

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Il campo d’interesse della ricerca è stato l’attuale processo di ricentralizzazione del Social Housing nelle periferie urbane in una parte del contesto internazionale, che sembra stia portando le città a ricrearsi e ripensarsi grazie alla presa di coscienza delle differenze esistenti, rispetto al passato, nei nuovi processi di trasformazione nei quali la città è intesa sia come spazio costruito ma anche sociale. In virtù di quest’ultimi due aspetti complementari della città, oggi, il ruolo della periferia contemporanea sembra essere diversamente interpretato, così come gli interventi di riqualificazione di tipo assistenziale - migliorativo tenderebbero a trasformarne i suoi caratteri alla ricerca del “modello di città”. L’interesse alla tematica è inoltre scaturito dalla constatazione che alla base della crisi dei modelli d’intervento pubblico starebbero sia l’insostenibilità economica ma soprattutto l’errata lettura dei bisogni delle famiglie nella loro specificità e diversità e che in tal senso l’eventuale partecipazione della cittadinanza costituirebbe effettivamente una proposta valida, anche per risolvere la crescente domanda abitativa che si pone a livello mondiale. L’obiettivo della ricerca è stato quello d’analizzare, nel contesto internazionale del Social Housing, le caratteristiche di partecipazione e sussidiarietà che connotano particolarmente gli interventi di riqualificazione destinati a famiglie economicamente carenti, nello specifico analizzando i metodi e gli strumenti atti alla comunicazione partecipativa del progetto in aree urbane periferiche italiane e brasiliane. Nella prima e seconda fase della ricerca è stato svolto, rispettivamente, un lavoro di analisi bibliografica sul tema dell’emergenza casa e sulle nuove politiche abitative di sviluppo urbano ed uno specifico sulla tematica della riqualificazione partecipata del Social Housing in aree della periferia urbana, infine nella terza fase sono stati analizzati i casi di studio prescelti dando rilievo all’analisi delle caratteristiche e requisiti prestazionali delle tecniche partecipative di rappresentazione - comunicazione, più idonee ad influenzare positivamente il suddetto processo.

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Scopo di questo lavoro è quello di analizzare le componenti tattiche, strategiche e sociali della guerriglia antiromana in Britannia e in Giudea, in un periodo che va dal I secolo a. C. al III secolo d. C., con l'obiettivo di mettere in luce la differente efficacia delle tattiche non ortodosse rispetto a quelle convenzionali; e di analizzare le risposte teoriche ed empiriche concepite dai Romani per affrontare questa forma di lotta. La tesi è stata articolata nel modo seguente: una prima parte analizza gli aspetti tattici, strategici e sociali della guerriglia e della controguerriglia, anche attraverso il metodo comparativo, mettendo cioè a confronto alcuni dei principali testi sulla guerra non convenzionale redatti in epoche e contesti diversi, dai quali si è cercato di delle costanti potenzialmente applicabili a qualsiasi periodo storico e a qualsiasi area geografica. Nella seconda parte si cerca di applicare tali costanti alla realtà storico – sociale dell'impero romano. Particolare attenzione è stata riservata al rapporto tra la mentalità romana, basata sul concetto di bellum iustum, e le tattiche non ortodosse. La terza e la quarta parte analizzano la resistenza antiromana in Britannia e in Giudea, mettendone in luce tutti gli aspetti, in particolare quelli legati alla guerriglia rurale, a quella urbana, al terrorismo, all'evoluzione della guerriglia da guerra per bande a guerra convenzionale e alla controguerriglia. La scelta di queste due province non è casuale. In province così lontane e diverse tra loro, Roma inviò spesso gli stessi generali esperti di controguerriglia. Questo particolare permette di notare la presenza, a Roma, di una grand strategy che, consapevole del fenomeno della guerriglia, ne affidò la repressione agli stessi generali, specialisti della controguerriglia, non esitando a spostarli, in caso di necessità, da un capo all'altro dell'impero.