5 resultados para Isolated bound-state solution

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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My research PhD work is focused on the Electrochemically Generated Luminescence (ECL) investigation of several different homogeneous and heterogeneous systems. ECL is a redox induced emission, a process whereby species, generated at electrodes, undergo a high-energy electron transfer reaction to form excited states that emit light. Since its first application, the ECL technique has become a very powerful analytical tool and has widely been used in biosensor transduction. ECL presents an intrinsically low noise and high sensitivity; moreover, the electrochemical generation of the excited state prevents scattering of the light source: for all these characteristics, it is an elective technique for ultrasensitive immunoassay detection. The majority of ECL systems involve species in solution where the emission occurs in the diffusion layer near to the electrode surface. However, over the past few years, an intense research has been focused on the ECL generated from species constrained on the electrode surface. The aim of my work is to study the behavior of ECL-generating molecular systems upon the progressive increase of their spatial constraints, that is, passing from isolated species in solution, to fluorophores embedded within a polymeric film and, finally, to patterned surfaces bearing “one-dimensional” emitting spots. In order to describe these trends, I use different “dimensions” to indicate the different classes of compounds. My thesis was mostly developed in the electrochemistry group of Bologna with the supervision of Prof Francesco Paolucci and Dr Massimo Marcaccio. With their help and also thanks to their long experience in the molecular and supramolecular ECL fields and in the surface investigations using scanning probe microscopy techniques, I was able to obtain the results herein described. Moreover, during my research work, I have established a new collaboration with the group of Nanobiotechnology of Prof. Robert Forster (Dublin City University) where I spent a research period. Prof. Forster has a broad experience in the biomedical field, especially he focuses his research on film surfaces biosensor based on the ECL transduction. This thesis can be divided into three sections described as follows: (i) in the fist section, homogeneous molecular and supramolecular ECL-active systems, either organic or inorganic species (i.e., corannulene, dendrimers and iridium metal complex), are described. Driving force for this kind of studies includes the search for new luminophores that display on one hand higher ECL efficiencies and on the other simple mechanisms for modulating intensity and energy of their emission in view of their effective use in bioconjugation applications. (ii) in the second section, the investigation of some heterogeneous ECL systems is reported. Redox polymers comprising inorganic luminophores were described. In such a context, a new conducting platform, based on carbon nanotubes, was developed aimed to accomplish both the binding of a biological molecule and its electronic wiring to the electrode. This is an essential step for the ECL application in the field of biosensors. (iii) in the third section, different patterns were produced on the electrode surface using a Scanning Electrochemical Microscopy. I developed a new methods for locally functionalizing an inert surface and reacting this surface with a luminescent probe. In this way, I successfully obtained a locally ECL active platform for multi-array application.

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I studied the effects exerted by the modifications on structures and biological activities of the compounds so obtained. I prepared peptide analogues containing unusual amino acids such as halogenated, alkylated (S)- or (R)-tryptophans, useful for the synthesis of mimetics of the endogenous opioid peptide endomorphin-1, or 2-oxo-1,3-oxazolidine-4-carboxylic acids, utilized as pseudo-prolines having a clear all-trans configuration of the preceding peptide bond. The latter gave access to a series of constrained peptidomimetics with potential interest in medicinal chemistry and in the field of the foldamers. In particular, I have dedicated much efforts to the preparation of cyclopentapeptides containing D-configured, alfa-, or beta-aminoacids, and also of cyclotetrapeptides including the retro-inverso modification. The conformational analyses confirmed that these cyclic compounds can be utilized as rigid scaffolds mimicking gamma- or beta-turns, allowing to generate new molecular and 3D diversity. Much work has been dedicated to the structural analysis in solution and in the receptor-bound state, fundamental for giving a rationale to the experimentally determined bioactivity, as well as for predicting the activity of virtual compounds (in silico pre-screen). The conformational analyses in solution has been done mostly by NMR (2D gCosy, Roesy, VT, molecular dynamics, etc.). A special section is dedicated to the prediction of plausible poses of the ligands when bound to the receptors by Molecular Docking. This computational method proved to be a powerful tool for the investigation of ligand-receptor interactions, and for the design of selective agonists and antagonists. Another practical use of cyclic peptidomimetics was the synthesis and biological evaluation of cyclic analogues of endomorphin-1 lacking in a protonable amino group. The studies revealed that a inverse type II beta-turn on D-Trp-Phe constituted the bioactive conformation.

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Negli ultimi anni, un crescente numero di studiosi ha focalizzato la propria attenzione sullo sviluppo di strategie che permettessero di caratterizzare le proprietà ADMET dei farmaci in via di sviluppo, il più rapidamente possibile. Questa tendenza origina dalla consapevolezza che circa la metà dei farmaci in via di sviluppo non viene commercializzato perché ha carenze nelle caratteristiche ADME, e che almeno la metà delle molecole che riescono ad essere commercializzate, hanno comunque qualche problema tossicologico o ADME [1]. Infatti, poco importa quanto una molecola possa essere attiva o specifica: perché possa diventare farmaco è necessario che venga ben assorbita, distribuita nell’organismo, metabolizzata non troppo rapidamente, ne troppo lentamente e completamente eliminata. Inoltre la molecola e i suoi metaboliti non dovrebbero essere tossici per l’organismo. Quindi è chiaro come una rapida determinazione dei parametri ADMET in fasi precoci dello sviluppo del farmaco, consenta di risparmiare tempo e denaro, permettendo di selezionare da subito i composti più promettenti e di lasciar perdere quelli con caratteristiche negative. Questa tesi si colloca in questo contesto, e mostra l’applicazione di una tecnica semplice, la biocromatografia, per caratterizzare rapidamente il legame di librerie di composti alla sieroalbumina umana (HSA). Inoltre mostra l’utilizzo di un’altra tecnica indipendente, il dicroismo circolare, che permette di studiare gli stessi sistemi farmaco-proteina, in soluzione, dando informazioni supplementari riguardo alla stereochimica del processo di legame. La HSA è la proteina più abbondante presente nel sangue. Questa proteina funziona da carrier per un gran numero di molecole, sia endogene, come ad esempio bilirubina, tiroxina, ormoni steroidei, acidi grassi, che xenobiotici. Inoltre aumenta la solubilità di molecole lipofile poco solubili in ambiente acquoso, come ad esempio i tassani. Il legame alla HSA è generalmente stereoselettivo e ad avviene a livello di siti di legame ad alta affinità. Inoltre è ben noto che la competizione tra farmaci o tra un farmaco e metaboliti endogeni, possa variare in maniera significativa la loro frazione libera, modificandone l’attività e la tossicità. Per queste sue proprietà la HSA può influenzare sia le proprietà farmacocinetiche che farmacodinamiche dei farmaci. Non è inusuale che un intero progetto di sviluppo di un farmaco possa venire abbandonato a causa di un’affinità troppo elevata alla HSA, o a un tempo di emivita troppo corto, o a una scarsa distribuzione dovuta ad un debole legame alla HSA. Dal punto di vista farmacocinetico, quindi, la HSA è la proteina di trasporto del plasma più importante. Un gran numero di pubblicazioni dimostra l’affidabilità della tecnica biocromatografica nello studio dei fenomeni di bioriconoscimento tra proteine e piccole molecole [2-6]. Il mio lavoro si è focalizzato principalmente sull’uso della biocromatografia come metodo per valutare le caratteristiche di legame di alcune serie di composti di interesse farmaceutico alla HSA, e sul miglioramento di tale tecnica. Per ottenere una miglior comprensione dei meccanismi di legame delle molecole studiate, gli stessi sistemi farmaco-HSA sono stati studiati anche con il dicroismo circolare (CD). Inizialmente, la HSA è stata immobilizzata su una colonna di silice epossidica impaccata 50 x 4.6 mm di diametro interno, utilizzando una procedura precedentemente riportata in letteratura [7], con alcune piccole modifiche. In breve, l’immobilizzazione è stata effettuata ponendo a ricircolo, attraverso una colonna precedentemente impaccata, una soluzione di HSA in determinate condizioni di pH e forza ionica. La colonna è stata quindi caratterizzata per quanto riguarda la quantità di proteina correttamente immobilizzata, attraverso l’analisi frontale di L-triptofano [8]. Di seguito, sono stati iniettati in colonna alcune soluzioni raceme di molecole note legare la HSA in maniera enantioselettiva, per controllare che la procedura di immobilizzazione non avesse modificato le proprietà di legame della proteina. Dopo essere stata caratterizzata, la colonna è stata utilizzata per determinare la percentuale di legame di una piccola serie di inibitori della proteasi HIV (IPs), e per individuarne il sito(i) di legame. La percentuale di legame è stata calcolata attraverso il fattore di capacità (k) dei campioni. Questo parametro in fase acquosa è stato estrapolato linearmente dal grafico log k contro la percentuale (v/v) di 1-propanolo presente nella fase mobile. Solamente per due dei cinque composti analizzati è stato possibile misurare direttamente il valore di k in assenza di solvente organico. Tutti gli IPs analizzati hanno mostrato un’elevata percentuale di legame alla HSA: in particolare, il valore per ritonavir, lopinavir e saquinavir è risultato maggiore del 95%. Questi risultati sono in accordo con dati presenti in letteratura, ottenuti attraverso il biosensore ottico [9]. Inoltre, questi risultati sono coerenti con la significativa riduzione di attività inibitoria di questi composti osservata in presenza di HSA. Questa riduzione sembra essere maggiore per i composti che legano maggiormente la proteina [10]. Successivamente sono stati eseguiti degli studi di competizione tramite cromatografia zonale. Questo metodo prevede di utilizzare una soluzione a concentrazione nota di un competitore come fase mobile, mentre piccole quantità di analita vengono iniettate nella colonna funzionalizzata con HSA. I competitori sono stati selezionati in base al loro legame selettivo ad uno dei principali siti di legame sulla proteina. In particolare, sono stati utilizzati salicilato di sodio, ibuprofene e valproato di sodio come marker dei siti I, II e sito della bilirubina, rispettivamente. Questi studi hanno mostrato un legame indipendente dei PIs ai siti I e II, mentre è stata osservata una debole anticooperatività per il sito della bilirubina. Lo stesso sistema farmaco-proteina è stato infine investigato in soluzione attraverso l’uso del dicroismo circolare. In particolare, è stato monitorata la variazione del segnale CD indotto di un complesso equimolare [HSA]/[bilirubina], a seguito dell’aggiunta di aliquote di ritonavir, scelto come rappresentante della serie. I risultati confermano la lieve anticooperatività per il sito della bilirubina osservato precedentemente negli studi biocromatografici. Successivamente, lo stesso protocollo descritto precedentemente è stato applicato a una colonna di silice epossidica monolitica 50 x 4.6 mm, per valutare l’affidabilità del supporto monolitico per applicazioni biocromatografiche. Il supporto monolitico monolitico ha mostrato buone caratteristiche cromatografiche in termini di contropressione, efficienza e stabilità, oltre che affidabilità nella determinazione dei parametri di legame alla HSA. Questa colonna è stata utilizzata per la determinazione della percentuale di legame alla HSA di una serie di poliamminochinoni sviluppati nell’ambito di una ricerca sulla malattia di Alzheimer. Tutti i composti hanno mostrato una percentuale di legame superiore al 95%. Inoltre, è stata osservata una correlazione tra percentuale di legame è caratteristiche della catena laterale (lunghezza e numero di gruppi amminici). Successivamente sono stati effettuati studi di competizione dei composti in esame tramite il dicroismo circolare in cui è stato evidenziato un effetto anticooperativo dei poliamminochinoni ai siti I e II, mentre rispetto al sito della bilirubina il legame si è dimostrato indipendente. Le conoscenze acquisite con il supporto monolitico precedentemente descritto, sono state applicate a una colonna di silice epossidica più corta (10 x 4.6 mm). Il metodo di determinazione della percentuale di legame utilizzato negli studi precedenti si basa su dati ottenuti con più esperimenti, quindi è necessario molto tempo prima di ottenere il dato finale. L’uso di una colonna più corta permette di ridurre i tempi di ritenzione degli analiti, per cui la determinazione della percentuale di legame alla HSA diventa molto più rapida. Si passa quindi da una analisi a medio rendimento a una analisi di screening ad alto rendimento (highthroughput- screening, HTS). Inoltre, la riduzione dei tempi di analisi, permette di evitare l’uso di soventi organici nella fase mobile. Dopo aver caratterizzato la colonna da 10 mm con lo stesso metodo precedentemente descritto per le altre colonne, sono stati iniettati una serie di standard variando il flusso della fase mobile, per valutare la possibilità di utilizzare flussi elevati. La colonna è stata quindi impiegata per stimare la percentuale di legame di una serie di molecole con differenti caratteristiche chimiche. Successivamente è stata valutata la possibilità di utilizzare una colonna così corta, anche per studi di competizione, ed è stata indagato il legame di una serie di composti al sito I. Infine è stata effettuata una valutazione della stabilità della colonna in seguito ad un uso estensivo. L’uso di supporti cromatografici funzionalizzati con albumine di diversa origine (ratto, cane, guinea pig, hamster, topo, coniglio), può essere proposto come applicazione futura di queste colonne HTS. Infatti, la possibilità di ottenere informazioni del legame dei farmaci in via di sviluppo alle diverse albumine, permetterebbe un migliore paragone tra i dati ottenuti tramite esperimenti in vitro e i dati ottenuti con esperimenti sull’animale, facilitando la successiva estrapolazione all’uomo, con la velocità di un metodo HTS. Inoltre, verrebbe ridotto anche il numero di animali utilizzati nelle sperimentazioni. Alcuni lavori presenti in letteratura dimostrano l’affidabilita di colonne funzionalizzate con albumine di diversa origine [11-13]: l’utilizzo di colonne più corte potrebbe aumentarne le applicazioni.

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The H+/ATP ratio in the catalysis of ATP synthase has generally been considered a fixed parameter. However, Melandri and coworkers have recently shown that, in the ATP synthase of the photosynthetic bacterium Rb.capsulatus, this ratio can significantly decrease during ATP hydrolysis when the concentration of either ADP or Pi is maintained at a low level (Turina et al., 2004). The present work has dealt with the ATP synthase of E.coli, looking for evidence of this phenomenon of intrinsic uncoupling in this organism as well. First of all, we have shown that the DCCD-sensitive ATP hydrolysis activity of E.coli internal membranes was strongly inhibited by ADP and Pi, with a half-maximal effect in the submicromolar range for ADP and at 140 µM for Pi. In contrast to this monotonic inhibition, however, the proton pumping activity of the enzyme, as estimated under the same conditions by the fluorescence quenching of the ΔpH-sensitive probe ACMA, showed a clearly biphasic progression, both for Pi, increasing from 0 up to approximately 200 µM, and for ADP, increasing from 0 up to a few µM. We have interpreted these results as indicating that the occupancy of ADP and Pi binding sites shifts the enzyme from a partially uncoupled state to a fully coupled state, and we expect that the ADP- and Pi-modulated intrinsic uncoupling is likely to be a general feature of prokaryotic ATP synthases. Moreover, the biphasicity of the proton pumping data suggested that two Pi binding sites are involved. In order to verify whether the same behaviour could be observed in the isolated enzyme, we have purified the ATP synthase of E.coli and reconstituted it into liposomes. Similarly as observed in the internal membrane preparation, in the isolated and reconstituted enzyme it was possible to observe inhibition of the hydrolytic activity by ADP and Pi (with half-maximal effects at few µM for ADP and at 400 µM for Pi) with a concomitant stimulation of proton pumping. Both the inhibition of ATP hydrolysis and the stimulation of proton pumping as a function of Pi were lost upon ADP removal by an ADP trap. These data have made it possible to conclude that the results obtained in E.coli internal membranes are not due to the artefactual interference of enzymatic activities other than the ones of the ATP synthase. In addition, data obtained with liposomes have allowed a calibration of the ACMA signal by ΔpH transitions of known extent, leading to a quantitative evaluation of the proton pumping data. Finally, we have focused our efforts on searching for a possible structural candidate involved in the phenomenon of intrinsic uncoupling. The ε-subunit of the ATP-synthase is known as an endogenous inhibitor of the hydrolysis activity of the complex and appears to undergo drastic conformational changes between a non-inhibitory form (down-state) and an inhibitory form (up-state)(Rodgers & Wilce, 2000; Gibbons et al., 2000). In addition, the results of Cipriano & Dunn (2006) indicated that the C-terminal domain of this subunit played an important role in the coupling mechanism of the pump, and those of Capaldi et al. (2001), Suzuki et al. (2003) were consistent with the down-state showing a higher hydrolysis-to-synthesis ratio than the up-state. Therefore, we decided to search for modulation of pumping efficiency in a C-terminally truncated ε mutant. A low copy number expression vector has been built, carrying an extra copy of uncC, with the aim of generating an ε-overexpressing E.coli strain in which normal levels of assembly of the mutated ATP-synthase complex would be promoted. We have then compared the ATP hydrolysis and the proton pumping activity in membranes prepared from these ε-overexpressing E.coli strains, which carried either the WT ε subunit or the ε88-stop truncated form. Both strains yielded well energized membranes. Noticeably, they showed a marked difference in the inhibition of hydrolysis by Pi, this effect being largely lost in the truncated mutant. However, pre-incubation of the mutated enzyme with ADP at low nanomolar concentrations (apparent Kd = 0.7nM) restored the hydrolysis inhibition, together with the modulation of intrinsic uncoupling by Pi, indicating that, contrary to wild-type, during membrane preparation the truncated mutant had lost the ADP bound at this high-affinity site, evidently due to a lower affinity (and/or higher release) for ADP of the mutant relative to wild type. Therefore, one of the effects of the C-terminal domain of ε appears to be to modulate the affinity of at least one of the binding sites for ADP. The lack of this domain does not appear so much to influence the modulability of coupling efficiency, but instead the extent of this modulation. At higher preincubated ADP concentrations (apparent Kd = 117nM), the only observed effects were inhibition of both hydrolysis and synthesis, providing a direct proof that two ADP-binding sites on the enzyme are involved in the inhibition of hydrolysis, of which only the one at higher affinity also modulates the coupling efficiency.

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Ion channels are pore-forming proteins that regulate the flow of ions across biological cell membranes. Ion channels are fundamental in generating and regulating the electrical activity of cells in the nervous system and the contraction of muscolar cells. Solid-state nanopores are nanometer-scale pores located in electrically insulating membranes. They can be adopted as detectors of specific molecules in electrolytic solutions. Permeation of ions from one electrolytic solution to another, through a protein channel or a synthetic pore is a process of considerable importance and realistic analysis of the main dependencies of ion current on the geometrical and compositional characteristics of these structures are highly required. The project described by this thesis is an effort to improve the understanding of ion channels by devising methods for computer simulation that can predict channel conductance from channel structure. This project describes theory, algorithms and implementation techniques used to develop a novel 3-D numerical simulator of ion channels and synthetic nanopores based on the Brownian Dynamics technique. This numerical simulator could represent a valid tool for the study of protein ion channel and synthetic nanopores, allowing to investigate at the atomic-level the complex electrostatic interactions that determine channel conductance and ion selectivity. Moreover it will provide insights on how parameters like temperature, applied voltage, and pore shape could influence ion translocation dynamics. Furthermore it will help making predictions of conductance of given channel structures and it will add information like electrostatic potential or ionic concentrations throughout the simulation domain helping the understanding of ion flow through membrane pores.