9 resultados para Image. Cultura viva. Film. Ordinary person

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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La ricerca si propone come studio teorico e analitico basato sulla traduzione letteraria e audiovisiva del genere diasporico, esemplificato nel romanzo The Namesake – L’omonimo di J. Lahiri e nel film The Namesake – Il destino nel nome di M. Nair. Si sviluppa, quindi, un doppio percorso di analisi, concentrandosi sulla traduzione interlinguistica di due modalità testuali differenti, quella letteraria (il testo narrativo) e quella audiovisiva (in particolare, il doppiaggio). L’approccio teorico è di stampo interdisciplinare, come risulta sempre più imprescindibile nel campo dei Translation Studies: infatti, si cerca di coniugare prospettive di natura più linguistica, quali i Descriptive Translation Studies (in particolare, Toury 1995) e lo sviluppo degli studi sui cosiddetti ‘universali traduttivi’, con approcci di stampo più culturalista, in particolare gli studi sulla traduzione post-coloniali, con le loro riflessioni sui concetti di ‘alterità’ e ‘ibridismo’. Completa il quadro teorico di riferimento una necessaria definizione e descrizione del genere diasporico relativo alla cultura indiana, in rapporto sia al contesto di partenza (statunitense) sia al contesto di arrivo (italiano) per entrambi i testi presi in considerazione. La metodologia scelta per l’indagine è principalmente di natura linguistica, con l’adozione del modello elaborato dallo studioso J. Malone (1988). L’analisi empirica, accompagnata da una serie di riflessioni teoriche e linguistiche specifiche, si concentra su tre aspetti cruciali per entrambe le tipologie testuali, quali: la resa della naturalezza dei dialoghi nel discorso letterario e in quello filmico, la rappresentazione del multiculturalismo e delle varietà linguistiche caratterizzanti i due testi di partenza e i numerosi riferimenti culturo-specifici delle due opere e la loro traduzione in italiano. Si propongono, infine, alcune considerazioni in ottica intersemiotica in relazione alle tre aree individuate, a integrazione dell’indagine in chiave interlinguistica.

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La tesi affronta il ruolo problematico della documentazione nella Land art, sia per quanto riguarda l’immagine diffusa dai magazine e dalle riviste d’arte, sia affrontando nello specifico il rapporto con i media nella poetica degli artisti, dedicando particolare attenzione a De Maria, Heizer, Oppenheim, Smithson, Holt, Dibbets, Long, Fulton e Christo e Jeanne-Claude.

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La pratica del remix è al giorno d’oggi sempre più diffusa e un numero sempre più vasto di persone ha ora le competenze e gli strumenti tecnologici adeguati per eseguire operazioni un tempo riservate a nicchie ristrette. Tuttavia, nella sua forma audiovisiva, il remix ha ottenuto scarsa attenzione a livello accademico. Questo lavoro esplora la pratica del remix intesa al contempo come declinazione contemporanea di una pratica di lungo corso all’interno della storia della produzione audiovisiva – ovvero il riuso di immagini – sia come forma caratteristica della contemporaneità mediale, atto di appropriazione grassroots dei contenuti mainstream da parte degli utenti. La tesi si articola in due sezioni. Nella prima, l’analisi di tipo teorico e storico-critico è suddivisa in due macro-aree di intervento: da una parte il remix inteso come pratica, atto di appropriazione, gesto di riciclo, decontestualizzazione e risemantizzazione delle immagini mediali che ha attraversato la storia dei media audiovisivi [primo capitolo]. Dall’altra, la remix culture, ovvero il contesto culturale e sociale che informa l’ambiente mediale entro il quale la pratica del remix ha conosciuto, nell’ultimo decennio, la diffusione capillare che lo caratterizza oggi [secondo capitolo]. La seconda, che corrisponde al terzo capitolo, fornisce una dettagliata panoramica su un caso di studio, la pratica del fan vidding. Forma di remix praticata quasi esclusivamente da donne, il vidding consiste nel creare fan video a partire da un montaggio d’immagini tratte da film o serie televisive che utilizza come accompagnamento musicale una canzone. Le vidders, usando specifiche tecniche di montaggio, realizzano delle letture critiche dei prodotti mediali di cui si appropriano, per commentare, criticare o celebrare gli oggetti di loro interesse. Attraverso il vidding il presente lavoro indaga le tattiche di rielaborazione e riscrittura dell’immaginario mediale attraverso il riuso di immagini, con particolare attenzione al remix inteso come pratica di genere.

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Il continuo sdoppiamento e la riverberazione sono le matrici di sviluppo di questa tesi, in cui le ricerche di Grotowski legate al Parateatro e al Teatro delle Fonti sono indagate e interpretate a partire da un pensiero polivalente che prende avvio nella sociologia della cultura e si radica in un terreno antropologico. La ricerca si configura come un’interpretazione possibile delle scelte operate da Grotowski e, complessivamente, dal Teatro Laboratorio, nel contesto delle trasformazioni socio-culturali successive agli anni Sessanta verificando come nel periodo dal '70 all'82 le scelte stesse rispecchino i valori culturali dell’epoca.La ricerca ricorre alla categoria della “festa” - intesa come realtà quotidiana elevata alla forma rituale, attraverso gli elementi culturali e identitari del gruppo di appartenenza - e, a partire da essa, sovrappone criticamente la logica dell’“identità in performance” con la nozione di “Incontro” elaborata da Grotowski. Questa logica è, successivamente, problematizzata attraverso il “diamante culturale”, un dispositivo di analisi della sociologia della culturache, a sua volta, è discusso eridimensionato a partire dalpresuppostodi “Decostruzione” e dall’idea di “Decondizionamento”legata al lavoro del Performer, inteso come individuo.Tre immagini e un’incognita rivelano i campi d’azioneed i principi che permeano l’intera ricerca raddoppiandosi e congiungendo l’immagine del Performer come individuo riflessivo. L’immagine riflessa si configura nel contrasto fra apparenza e presenza: nella domanda posta da Grotowski “che si può fare con la propria solitudine?” si evidenzia uno dei problemi a cui deve far fronte l’individuo in una determinata struttura culturale e, al contempo, viene suggerita una possibilità di amplificazione della percezione di “se stesso” da parte dell’Attore-Performer come Individuo.

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Nella tesi si osserva come nella cultura russa cambiava l’immagine di Roma. Se ancora alla fine del settecento l’antichità romana poteva risultare solamente uno strumento retorico-filologico da utilizzare per fare il proprio discorso più convincente, la generazione dei decabristi la stessa antica romanità la accostava alla cultura e storia russe tramite gli elevati ideali civici. La romanità ora risultava uno strumento di analisi della esperienza storica e politica della Russia anche nel contesto europeo. Da qui nasceva una serie di modelli russi legati all’antica Roma: il Catone di Radiscev, il Bruto dei decabristi, ecc. Vi attingeva generosamente anche una corrente di lirica russo-antica con i suoi ricchi riferimenti agli autori classici, Ovidio, Tacito, Orazio. Nasceva così una specie di Roma antica russa che viveva secondo le sue regole etiche ed estetiche. Con il fallimento dell’esperienza decabrista cambia anche l’approccio alle antichità: ci si distacca dalla visione storico-morale dell’antico, Roma non è più una categoria da emulare, ma una storia a sé stante e chiusa in sé stessa come ogni periodo storico. Essa smette di essere un criterio universale di giudizio etico e morale. Allo stesso tempo, una parte integrante della cultura russa all’epoca era il viaggio a Roma. I russi cresciuti con interesse e amore verso la Roma antica, impazienti ed emozionati, desideravano ora di vedere quella patria dei classici. Era come se fosse un appuntamento fra gli amici di vecchia data. Si affrettava a verificare di persona le muse di storia e di poesia. E con tutto questo si imparavano ad amare tutti i defetti della Roma reale, spesso inospitale, la Roma del dolore e della fatica. La voce importante nel racconto romano dei russi era anche la Roma del cristianesimo, dove ritrovare e ricoprire la propria “anima cristiana”.

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Il presente lavoro di ricerca si focalizza sulla rappresentazione della cultura arabo-islamica, così come viene restituita nei libri di storia per la scuola secondaria di primo grado. Il fatto che il mondo di oggi è caratterizzato, ora più che mai, da continui e inevitabili incontri tra persone con multiple appartenenze esige un forte impegno volto a favorire pacifici rapporti interculturali. A tale scopo si ritiene che i contenuti dei libri di testo abbiano un ruolo molto rilevante. Di qui, uno degli obiettivi consiste nel verificare se i libri di testo veicolano un’efficace educazione alla conoscenza e al rispetto delle altre culture e religioni, all’ascolto e al dialogo interculturale; nonché al superamento dell'etnocentrismo, degli stereotipi e dei pregiudizi. Si è cercato così di verificare – nel campione dei libri di testo presi in esame – quali eventuali pregiudizi ricorrenti, stereotipi o prospettive etnocentriche vengono costruite, consolidate, reiterate e trasmesse, consapevolmente o inconsapevolmente, attraverso le affermazioni o le immagini che illustrano la cultura arabo-islamica. La prima parte della tesi, quella teorica, è dedicata all'approfondimento di due temi: il primo riguarda il rapporto Oriente-Occidente e la rappresentazione dell'altro e il secondo riguarda invece la condizione della donna musulmana tra stereotipi e realtà. La seconda parte invece, quella empirica, è dedicata principalmente all'analisi del contenuto dei testi di storia. Dall'analisi effettuata è evidente l'interesse, da parte degli autori e degli editori dei libri di testo, per il tema della cultura arabo-islamica. Nonostante ciò, si è potuto riscontrare nei libri presi in esame, sebbene in misura differente, la presenza (o compresenza) di stereotipi, generalizzazioni e informazioni parziali, imprecise o errate attorno alla cultura arabo-islamica e a chi vi appartiene.

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Siegfried Kracauer (1889-1966) fu di formazione ingegnere-architetto, giornalista. Egli fu un instancabile osservatore critico della superficie della realtà, convinto quale era che solo dall’osservazione dei fenomeni superficiali si potesse davvero intuire la realtà di un’epoca. L’obiettivo della tesi è cercare di cogliere il rapporto tra forma e critica della realtà attraverso saggi, articoli di giornale, recensioni di libri e film, biografie e autobiografie. All’interno di questo lavoro si sono isolate alcune immagini e opere che permettono, a nostro parere, di cogliere il senso della decifrazione della modernità in Kracauer. La luce come figura ambigua della fantasmagoria e della metropoli, il mito e la razionalizzazione capitalistica, la figura di Ginster, personaggio letterario chiaramente autobiografico incaricato di descrivere le tensioni nel passaggio dall’esperienza della prima guerra mondale al mondo moderno dell’improvvisazione e della perdita dei confini e, infine, Jacques Offenbach e l’operetta, incursione storica di Kracauer alla ricerca di una biografia sociale della città di Parigi come archeologia della modernità sviluppando un parallelo tra l’epoca del Secondo Impero di Napoleone III e l’avvento del nazismo. A ognuno di questi momenti è dedicato un capitolo che cerca di sviluppare continuità e discontinuità del pensiero di Kracauer nei confronti delle eredità filosofiche e metodologiche di György Lukács, Georg Simmel, Karl Marx. mL’attenzione è stata rivolta alle testimonianze dei rapporti e dei confronti, talora aspri, con i suoi colleghi e amici a partire da quelli complicati con Benjamin e Adorno che restituiscono un’immagine di un pensatore originale e complesso alla ricerca e, paradossalmente sulla soglia, di una via per pensare l’irruzione della cultura di massa e del potere assoggettante delle immagini.

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Lower limb amputation is an event that inevitably changes the lifestyle of the person with a significant impact on quality of life. The socket-type prosthesis entails that the residual limb is in direct contact with the socket which often implies numerous disadvantages. Osseointegrated prosthesis is a solution that avoids skin problems because not include the presence of the socket. In this type of prosthesis, a stem is surgically inserted inside the medullary canal and connected with the external prosthetic limb. Therefore, this thesis aims to highlight and explore the main strengths and problems of osseointegrated prostheses and to examine the role of physical activity, with attention to functional capacity and bone quality. The objectives of the thesis will be developed through 5 studies: (I) A gait analysis of a 44 years-old male patient who underwent surgery for the implantation of an osseointegrated prosthesis; (II) A systematic review to investigate the state of stump bone quality in patients with limb amputations; (III) A systematic review of the technologies involved in such devices has been carried out to identify the most fruitful ones in improving bone quality; (IV) A systematic review investigating the topic of physical activity and bone turnover biomarkers; (V) A systematic review to investigate the effects of physical activity interventions combined with drug treatments on bone biomarkers in people with osteopenia and osteoporosis. The integrated prosthesis is a good solution for people with lower limb amputation who cannot use their traditional socket-type prosthesis. Although many objectives have already been achieved, there are still many aspects that we can improve. These include the creation of a multidisciplinary path that support patients along their path, with particular attention to the pre-surgery and the post-rehabilitation phase that is still lacking even if of fundamental impact in determining the quality of life.

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Il presente elaborato verte sulla figura di intellettuale dell’umanista Pellegrino Prisciani (1435ca-1518), il primo tomo, prova a ridiscutere alla luce della sua esperienza culturale la biografia, tra letteratura ed impegno politico. Chiude il tomo una lunga e articolata appendice di tutte le lettere da e per il ferrarese, che riguardano l’intera parabola di vita. Il secondo tomo prende in esame i due manoscritti miscellanei a questi attribuiti: nel primo capitolo se ne discute autorialità, datazione e contenuti, nel secondo si riflette sulla partecipazione di Pellegrino al revival antiquario del XV secolo, testimoniata tanto dalla presenza di trascrizioni di epigrafi quanto dall’uso di scritture all’antica, come le maiuscole epigrafiche. Il secondo tomo si conclude con le trascrizioni semi-integrali dei due manoscritti.