7 resultados para HTS bifilar coil

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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The quench characteristics of second generation (2 G) YBCO Coated Conductor (CC) tapes are of fundamental importance for the design and safe operation of superconducting cables and magnets based on this material. Their ability to transport high current densities at high temperature, up to 77 K, and at very high fields, over 20 T, together with the increasing knowledge in their manufacturing, which is reducing their cost, are pushing the use of this innovative material in numerous system applications, from high field magnets for research to motors and generators as well as for cables. The aim of this Ph. D. thesis is the experimental analysis and numerical simulations of quench in superconducting HTS tapes and coils. A measurements facility for the characterization of superconducting tapes and coils was designed, assembled and tested. The facility consist of a cryostat, a cryocooler, a vacuum system, resistive and superconducting current leads and signal feedthrough. Moreover, the data acquisition system and the software for critical current and quench measurements were developed. A 2D model was developed using the finite element code COMSOL Multiphysics R . The problem of modeling the high aspect ratio of the tape is tackled by multiplying the tape thickness by a constant factor, compensating the heat and electrical balance equations by introducing a material anisotropy. The model was then validated both with the results of a 1D quench model based on a non-linear electric circuit coupled to a thermal model of the tape, to literature measurements and to critical current and quench measurements made in the cryogenic facility. Finally the model was extended to the study of coils and windings with the definition of the tape and stack homogenized properties. The procedure allows the definition of a multi-scale hierarchical model, able to simulate the windings with different degrees of detail.

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Negli ultimi anni, un crescente numero di studiosi ha focalizzato la propria attenzione sullo sviluppo di strategie che permettessero di caratterizzare le proprietà ADMET dei farmaci in via di sviluppo, il più rapidamente possibile. Questa tendenza origina dalla consapevolezza che circa la metà dei farmaci in via di sviluppo non viene commercializzato perché ha carenze nelle caratteristiche ADME, e che almeno la metà delle molecole che riescono ad essere commercializzate, hanno comunque qualche problema tossicologico o ADME [1]. Infatti, poco importa quanto una molecola possa essere attiva o specifica: perché possa diventare farmaco è necessario che venga ben assorbita, distribuita nell’organismo, metabolizzata non troppo rapidamente, ne troppo lentamente e completamente eliminata. Inoltre la molecola e i suoi metaboliti non dovrebbero essere tossici per l’organismo. Quindi è chiaro come una rapida determinazione dei parametri ADMET in fasi precoci dello sviluppo del farmaco, consenta di risparmiare tempo e denaro, permettendo di selezionare da subito i composti più promettenti e di lasciar perdere quelli con caratteristiche negative. Questa tesi si colloca in questo contesto, e mostra l’applicazione di una tecnica semplice, la biocromatografia, per caratterizzare rapidamente il legame di librerie di composti alla sieroalbumina umana (HSA). Inoltre mostra l’utilizzo di un’altra tecnica indipendente, il dicroismo circolare, che permette di studiare gli stessi sistemi farmaco-proteina, in soluzione, dando informazioni supplementari riguardo alla stereochimica del processo di legame. La HSA è la proteina più abbondante presente nel sangue. Questa proteina funziona da carrier per un gran numero di molecole, sia endogene, come ad esempio bilirubina, tiroxina, ormoni steroidei, acidi grassi, che xenobiotici. Inoltre aumenta la solubilità di molecole lipofile poco solubili in ambiente acquoso, come ad esempio i tassani. Il legame alla HSA è generalmente stereoselettivo e ad avviene a livello di siti di legame ad alta affinità. Inoltre è ben noto che la competizione tra farmaci o tra un farmaco e metaboliti endogeni, possa variare in maniera significativa la loro frazione libera, modificandone l’attività e la tossicità. Per queste sue proprietà la HSA può influenzare sia le proprietà farmacocinetiche che farmacodinamiche dei farmaci. Non è inusuale che un intero progetto di sviluppo di un farmaco possa venire abbandonato a causa di un’affinità troppo elevata alla HSA, o a un tempo di emivita troppo corto, o a una scarsa distribuzione dovuta ad un debole legame alla HSA. Dal punto di vista farmacocinetico, quindi, la HSA è la proteina di trasporto del plasma più importante. Un gran numero di pubblicazioni dimostra l’affidabilità della tecnica biocromatografica nello studio dei fenomeni di bioriconoscimento tra proteine e piccole molecole [2-6]. Il mio lavoro si è focalizzato principalmente sull’uso della biocromatografia come metodo per valutare le caratteristiche di legame di alcune serie di composti di interesse farmaceutico alla HSA, e sul miglioramento di tale tecnica. Per ottenere una miglior comprensione dei meccanismi di legame delle molecole studiate, gli stessi sistemi farmaco-HSA sono stati studiati anche con il dicroismo circolare (CD). Inizialmente, la HSA è stata immobilizzata su una colonna di silice epossidica impaccata 50 x 4.6 mm di diametro interno, utilizzando una procedura precedentemente riportata in letteratura [7], con alcune piccole modifiche. In breve, l’immobilizzazione è stata effettuata ponendo a ricircolo, attraverso una colonna precedentemente impaccata, una soluzione di HSA in determinate condizioni di pH e forza ionica. La colonna è stata quindi caratterizzata per quanto riguarda la quantità di proteina correttamente immobilizzata, attraverso l’analisi frontale di L-triptofano [8]. Di seguito, sono stati iniettati in colonna alcune soluzioni raceme di molecole note legare la HSA in maniera enantioselettiva, per controllare che la procedura di immobilizzazione non avesse modificato le proprietà di legame della proteina. Dopo essere stata caratterizzata, la colonna è stata utilizzata per determinare la percentuale di legame di una piccola serie di inibitori della proteasi HIV (IPs), e per individuarne il sito(i) di legame. La percentuale di legame è stata calcolata attraverso il fattore di capacità (k) dei campioni. Questo parametro in fase acquosa è stato estrapolato linearmente dal grafico log k contro la percentuale (v/v) di 1-propanolo presente nella fase mobile. Solamente per due dei cinque composti analizzati è stato possibile misurare direttamente il valore di k in assenza di solvente organico. Tutti gli IPs analizzati hanno mostrato un’elevata percentuale di legame alla HSA: in particolare, il valore per ritonavir, lopinavir e saquinavir è risultato maggiore del 95%. Questi risultati sono in accordo con dati presenti in letteratura, ottenuti attraverso il biosensore ottico [9]. Inoltre, questi risultati sono coerenti con la significativa riduzione di attività inibitoria di questi composti osservata in presenza di HSA. Questa riduzione sembra essere maggiore per i composti che legano maggiormente la proteina [10]. Successivamente sono stati eseguiti degli studi di competizione tramite cromatografia zonale. Questo metodo prevede di utilizzare una soluzione a concentrazione nota di un competitore come fase mobile, mentre piccole quantità di analita vengono iniettate nella colonna funzionalizzata con HSA. I competitori sono stati selezionati in base al loro legame selettivo ad uno dei principali siti di legame sulla proteina. In particolare, sono stati utilizzati salicilato di sodio, ibuprofene e valproato di sodio come marker dei siti I, II e sito della bilirubina, rispettivamente. Questi studi hanno mostrato un legame indipendente dei PIs ai siti I e II, mentre è stata osservata una debole anticooperatività per il sito della bilirubina. Lo stesso sistema farmaco-proteina è stato infine investigato in soluzione attraverso l’uso del dicroismo circolare. In particolare, è stato monitorata la variazione del segnale CD indotto di un complesso equimolare [HSA]/[bilirubina], a seguito dell’aggiunta di aliquote di ritonavir, scelto come rappresentante della serie. I risultati confermano la lieve anticooperatività per il sito della bilirubina osservato precedentemente negli studi biocromatografici. Successivamente, lo stesso protocollo descritto precedentemente è stato applicato a una colonna di silice epossidica monolitica 50 x 4.6 mm, per valutare l’affidabilità del supporto monolitico per applicazioni biocromatografiche. Il supporto monolitico monolitico ha mostrato buone caratteristiche cromatografiche in termini di contropressione, efficienza e stabilità, oltre che affidabilità nella determinazione dei parametri di legame alla HSA. Questa colonna è stata utilizzata per la determinazione della percentuale di legame alla HSA di una serie di poliamminochinoni sviluppati nell’ambito di una ricerca sulla malattia di Alzheimer. Tutti i composti hanno mostrato una percentuale di legame superiore al 95%. Inoltre, è stata osservata una correlazione tra percentuale di legame è caratteristiche della catena laterale (lunghezza e numero di gruppi amminici). Successivamente sono stati effettuati studi di competizione dei composti in esame tramite il dicroismo circolare in cui è stato evidenziato un effetto anticooperativo dei poliamminochinoni ai siti I e II, mentre rispetto al sito della bilirubina il legame si è dimostrato indipendente. Le conoscenze acquisite con il supporto monolitico precedentemente descritto, sono state applicate a una colonna di silice epossidica più corta (10 x 4.6 mm). Il metodo di determinazione della percentuale di legame utilizzato negli studi precedenti si basa su dati ottenuti con più esperimenti, quindi è necessario molto tempo prima di ottenere il dato finale. L’uso di una colonna più corta permette di ridurre i tempi di ritenzione degli analiti, per cui la determinazione della percentuale di legame alla HSA diventa molto più rapida. Si passa quindi da una analisi a medio rendimento a una analisi di screening ad alto rendimento (highthroughput- screening, HTS). Inoltre, la riduzione dei tempi di analisi, permette di evitare l’uso di soventi organici nella fase mobile. Dopo aver caratterizzato la colonna da 10 mm con lo stesso metodo precedentemente descritto per le altre colonne, sono stati iniettati una serie di standard variando il flusso della fase mobile, per valutare la possibilità di utilizzare flussi elevati. La colonna è stata quindi impiegata per stimare la percentuale di legame di una serie di molecole con differenti caratteristiche chimiche. Successivamente è stata valutata la possibilità di utilizzare una colonna così corta, anche per studi di competizione, ed è stata indagato il legame di una serie di composti al sito I. Infine è stata effettuata una valutazione della stabilità della colonna in seguito ad un uso estensivo. L’uso di supporti cromatografici funzionalizzati con albumine di diversa origine (ratto, cane, guinea pig, hamster, topo, coniglio), può essere proposto come applicazione futura di queste colonne HTS. Infatti, la possibilità di ottenere informazioni del legame dei farmaci in via di sviluppo alle diverse albumine, permetterebbe un migliore paragone tra i dati ottenuti tramite esperimenti in vitro e i dati ottenuti con esperimenti sull’animale, facilitando la successiva estrapolazione all’uomo, con la velocità di un metodo HTS. Inoltre, verrebbe ridotto anche il numero di animali utilizzati nelle sperimentazioni. Alcuni lavori presenti in letteratura dimostrano l’affidabilita di colonne funzionalizzate con albumine di diversa origine [11-13]: l’utilizzo di colonne più corte potrebbe aumentarne le applicazioni.

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The vast majority of known proteins have not yet been experimentally characterized and little is known about their function. The design and implementation of computational tools can provide insight into the function of proteins based on their sequence, their structure, their evolutionary history and their association with other proteins. Knowledge of the three-dimensional (3D) structure of a protein can lead to a deep understanding of its mode of action and interaction, but currently the structures of <1% of sequences have been experimentally solved. For this reason, it became urgent to develop new methods that are able to computationally extract relevant information from protein sequence and structure. The starting point of my work has been the study of the properties of contacts between protein residues, since they constrain protein folding and characterize different protein structures. Prediction of residue contacts in proteins is an interesting problem whose solution may be useful in protein folding recognition and de novo design. The prediction of these contacts requires the study of the protein inter-residue distances related to the specific type of amino acid pair that are encoded in the so-called contact map. An interesting new way of analyzing those structures came out when network studies were introduced, with pivotal papers demonstrating that protein contact networks also exhibit small-world behavior. In order to highlight constraints for the prediction of protein contact maps and for applications in the field of protein structure prediction and/or reconstruction from experimentally determined contact maps, I studied to which extent the characteristic path length and clustering coefficient of the protein contacts network are values that reveal characteristic features of protein contact maps. Provided that residue contacts are known for a protein sequence, the major features of its 3D structure could be deduced by combining this knowledge with correctly predicted motifs of secondary structure. In the second part of my work I focused on a particular protein structural motif, the coiled-coil, known to mediate a variety of fundamental biological interactions. Coiled-coils are found in a variety of structural forms and in a wide range of proteins including, for example, small units such as leucine zippers that drive the dimerization of many transcription factors or more complex structures such as the family of viral proteins responsible for virus-host membrane fusion. The coiled-coil structural motif is estimated to account for 5-10% of the protein sequences in the various genomes. Given their biological importance, in my work I introduced a Hidden Markov Model (HMM) that exploits the evolutionary information derived from multiple sequence alignments, to predict coiled-coil regions and to discriminate coiled-coil sequences. The results indicate that the new HMM outperforms all the existing programs and can be adopted for the coiled-coil prediction and for large-scale genome annotation. Genome annotation is a key issue in modern computational biology, being the starting point towards the understanding of the complex processes involved in biological networks. The rapid growth in the number of protein sequences and structures available poses new fundamental problems that still deserve an interpretation. Nevertheless, these data are at the basis of the design of new strategies for tackling problems such as the prediction of protein structure and function. Experimental determination of the functions of all these proteins would be a hugely time-consuming and costly task and, in most instances, has not been carried out. As an example, currently, approximately only 20% of annotated proteins in the Homo sapiens genome have been experimentally characterized. A commonly adopted procedure for annotating protein sequences relies on the "inheritance through homology" based on the notion that similar sequences share similar functions and structures. This procedure consists in the assignment of sequences to a specific group of functionally related sequences which had been grouped through clustering techniques. The clustering procedure is based on suitable similarity rules, since predicting protein structure and function from sequence largely depends on the value of sequence identity. However, additional levels of complexity are due to multi-domain proteins, to proteins that share common domains but that do not necessarily share the same function, to the finding that different combinations of shared domains can lead to different biological roles. In the last part of this study I developed and validate a system that contributes to sequence annotation by taking advantage of a validated transfer through inheritance procedure of the molecular functions and of the structural templates. After a cross-genome comparison with the BLAST program, clusters were built on the basis of two stringent constraints on sequence identity and coverage of the alignment. The adopted measure explicity answers to the problem of multi-domain proteins annotation and allows a fine grain division of the whole set of proteomes used, that ensures cluster homogeneity in terms of sequence length. A high level of coverage of structure templates on the length of protein sequences within clusters ensures that multi-domain proteins when present can be templates for sequences of similar length. This annotation procedure includes the possibility of reliably transferring statistically validated functions and structures to sequences considering information available in the present data bases of molecular functions and structures.

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Aim of the research: to develop a prototype of homogeneous high-throughput screening (HTS) for identification of novel integrin antagonists for the treatment of ocular allergy and to better understand the mechanisms of action of integrin-mediated levocabastine antiallergic action. Results: This thesis provides evidence that adopting scintillation proximity assay (SPA) levocabastine (IC50=406 mM), but not the first-generation antihistamine chlorpheniramine, displaces [125I]fibronectin (FN) binding to human a4b1 integrin. This result is supported by flow cytometry analysis, where levocabastine antagonizes the binding of a primary antibody to integrin a4 expressed in Jurkat E6.1 cells. Levocabastine, but not chlorpheniramine, binds to a4b1 integrin and prevents eosinophil adhesion to VCAM-1, FN or human umbilical vein endothelial cells (HUVEC) cultured in vitro. Similarly, levocabastine affects aLb2/ICAM-1-mediated adhesion of Jurkat E6.1 cells. Analyzing the supernatant of TNF-a-treated (24h) eosinophilic cells (EoL-1), we report that levocabastine reduces the TNF-a-induced release of the cytokines IL-12p40, IL-8 and VEGF. Finally, in a model of allergic conjunctivitis, levocastine eye drops (0.05%) reduced the clinical aspects of the early and late phase reactions and the conjunctival expression of a4b1 integrin by reducing infiltrated eosinophils. Conclusions: SPA is a highly efficient, amenable to automation and robust binding assay to screen novel integrin antagonists in a HTS setting. We propose that blockade of integrinmediated cell adhesion might be a target of the anti-allergic action of levocabastine and may play a role in preventing eosinophil adhesion and infiltration in allergic conjunctivitis.

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Magnetic resonance imaging (MRI) is today precluded to patients bearing active implantable medical devices AIMDs). The great advantages related to this diagnostic modality, together with the increasing number of people benefiting from implantable devices, in particular pacemakers(PM)and carioverter/defibrillators (ICD), is prompting the scientific community the study the possibility to extend MRI also to implanted patients. The MRI induced specific absorption rate (SAR) and the consequent heating of biological tissues is one of the major concerns that makes patients bearing metallic structures contraindicated for MRI scans. To date, both in-vivo and in-vitro studies have demonstrated the potentially dangerous temperature increase caused by the radiofrequency (RF) field generated during MRI procedures in the tissues surrounding thin metallic implants. On the other side, the technical evolution of MRI scanners and of AIMDs together with published data on the lack of adverse events have reopened the interest in this field and suggest that, under given conditions, MRI can be safely performed also in implanted patients. With a better understanding of the hazards of performing MRI scans on implanted patients as well as the development of MRI safe devices, we may soon enter an era where the ability of this imaging modality may be more widely used to assist in the appropriate diagnosis of patients with devices. In this study both experimental measures and numerical analysis were performed. Aim of the study is to systematically investigate the effects of the MRI RF filed on implantable devices and to identify the elements that play a major role in the induced heating. Furthermore, we aimed at developing a realistic numerical model able to simulate the interactions between an RF coil for MRI and biological tissues implanted with a PM, and to predict the induced SAR as a function of the particular path of the PM lead. The methods developed and validated during the PhD program led to the design of an experimental framework for the accurate measure of PM lead heating induced by MRI systems. In addition, numerical models based on Finite-Differences Time-Domain (FDTD) simulations were validated to obtain a general tool for investigating the large number of parameters and factors involved in this complex phenomenon. The results obtained demonstrated that the MRI induced heating on metallic implants is a real risk that represents a contraindication in extending MRI scans also to patient bearing a PM, an ICD, or other thin metallic objects. On the other side, both experimental data and numerical results show that, under particular conditions, MRI procedures might be consider reasonably safe also for an implanted patient. The complexity and the large number of variables involved, make difficult to define a unique set of such conditions: when the benefits of a MRI investigation cannot be obtained using other imaging techniques, the possibility to perform the scan should not be immediately excluded, but some considerations are always needed.

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The thesis topic concerns the limitation of fault current high temperature superconducting (HTS), reported in scientific literature by the acronym HTSFCL (High Temperature Superconducting Fault Current Limiter) or more commonly with SFCL. These devices, at least in their ideal concept, turn on limiting short-circuit current only when the event of failure occurs, and are transparent to the network during normal operating conditions. The thesis is therefore focused on the study of diff�erent types of SFCL and results in the production of a new and original concept of superconducting limiter, called "DC Resistive SFCL". It has designed and patented in the Department of Electrical Engineering University of Bologna. The author and ing. Antonio Morandi (tutor) are the inventors. The objective of the thesis is therefore to propose a type of SFCL which may have the potential to be a viable economic solution as well as technique. The innovative concept of DC Resistive SFCL device, in fact, provides a DC operating conditions for the used superconducting (SC). It allows the use of cryogen-free solutions for cooling system and the exploitation of cheap SC materials (MgB2), both of reality are already commercially existing and indeed precluded by the types of SFCL which provides an AC operating conditions for the used SC material.

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Hybrid technologies, thanks to the convergence of integrated microelectronic devices and new class of microfluidic structures could open new perspectives to the way how nanoscale events are discovered, monitored and controlled. The key point of this thesis is to evaluate the impact of such an approach into applications of ion-channel High Throughput Screening (HTS)platforms. This approach offers promising opportunities for the development of new classes of sensitive, reliable and cheap sensors. There are numerous advantages of embedding microelectronic readout structures strictly coupled to sensing elements. On the one hand the signal-to-noise-ratio is increased as a result of scaling. On the other, the readout miniaturization allows organization of sensors into arrays, increasing the capability of the platform in terms of number of acquired data, as required in the HTS approach, to improve sensing accuracy and reliabiity. However, accurate interface design is required to establish efficient communication between ionic-based and electronic-based signals. The work made in this thesis will show a first example of a complete parallel readout system with single ion channel resolution, using a compact and scalable hybrid architecture suitable to be interfaced to large array of sensors, ensuring simultaneous signal recording and smart control of the signal-to-noise ratio and bandwidth trade off. More specifically, an array of microfluidic polymer structures, hosting artificial lipid bilayers blocks where single ion channel pores are embededed, is coupled with an array of ultra-low noise current amplifiers for signal amplification and data processing. As demonstrating working example, the platform was used to acquire ultra small currents derived by single non-covalent molecular binding between alpha-hemolysin pores and beta-cyclodextrin molecules in artificial lipid membranes.