3 resultados para GENERACIÓN DEL 30
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Obiettivo: Il nostro obiettivo è stato quello di confrontare la tomoterapia (HT) e la protonterapia ad intensità modulata (IMPT) nel trattamento del tumore prostatico, seguendo un protocollo di boost simultaneo (SIB) e moderatamente ipofrazionato. Materiali e metodi: Abbiamo selezionato 8 pazienti, trattati con HT e abbiamo rielaborato i piani con 2 campi IMPT. La dose prescritta è stata di 74 Gy sul PTV1 (prostata e vescicole seminali prossimali), 65.8 Gy sul PTV2 (vescicole seminali distali) e 54 Gy sul PTV3 (linfonodi pelvici). Risultati: Sia con IMPT che con HT abbiamo ottenuto una copertura e una omogeneità di dose del target sovrapponibile. Oltre i 65 Gy, HT e IMPT erano equivalenti per il retto, mentre con l’IMPT c’era maggior risparmio della vescica e del bulbo penieno da 0 a 70 Gy. Da 0 fino a 60 Gy, i valori dosimetrici dell’IMPT erano molto più bassi per tutti gli organi a rischio (OARs), eccetto che per le teste femorali, dove la HT aveva un vantaggio dosimetrico rispetto all’IMPT nel range di dose 25-35 Gy. La dose media agli OARs era ridotta del 30-50% con l’IMPT. Conclusioni: Con le due tecniche di trattamento (HT e IMPT) si ottiene una simile distribuzione di dose nel target. Un chiaro vantaggio dosimetrico dell’IMPT sul HT è ottenuto dalle medie e basse dosi. Le attuali conoscenze sulle relazioni dose-effetto e sul risparmio delle madie e basse dosi con l’IMPT non sono ancora state quantificate dal punto di vista clinico.
Resumo:
I materiali zirconiferi, in particolare i silicati di zirconio e l’ossido di zirconio, vengono ampiamente utilizzati in diverse applicazioni industriali: fra queste, l’industria delle piastrelle ceramiche e di produzione dei materiali refrattari ne consuma quantitativi consistenti. Misure di spettrometria gamma condotte su diversi campioni di materiale zirconifero (farine di zirconio e sabbie zirconifere) utilizzati nell’industria ceramica per la produzione del gres porcellanato e delle piastrelle smaltate, hanno messo in evidenza valori di concentrazione di attività superiori a quelli presenti mediamente sulla crosta terrestre (35, 30 Bqkg-1 per il 238U e il 232Th, rispettivamente [Unscear, 2000]). L’aggiunta del materiale zirconifero nella preparazione delle piastrelle ceramiche in particolare di quelle smaltate (in una percentuale in peso pari al 10-20%) del gres porcellanato (in una percentuale in peso di 1-10%) e delle lamine di gres porcellanato “sottile” (in una percentuale in peso dell’ordine del 30%), conferisce al prodotto finale un alto grado di bianco, buone caratteristiche meccaniche ed un elevato effetto opacizzante, ma comporta anche un arricchimento in radionuclidi naturali. L’obiettivo principale di questo lavoro di tesi è stato quello di mettere a punto una metodologia (teorica e sperimentale) per valutare l’incremento di esposizione che possono ricevere un lavoratore standard di una industria ceramica ed una persona del pubblico che soggiorna in un ambiente rivestito con piastrelle. Da un lato, la presenza di radioattività nelle sabbie zirconifere, utilizzate come materie prime per la produzione di piastrelle, porta a considerare il problema dell’incremento di esposizione che può subire un lavoratore impiegato in ambiente di lavoro dove sono stoccati e manipolati consistenti quantitativi di materiale, dall’altro il contenuto di radioattività nel prodotto finito porta a considerare l’esposizione per una persona della popolazione che soggiorna in una stanza rivestita con materiale ceramico. Le numerose misure effettuate, unitamente allo sviluppo dei modelli necessari per valutare le dosi di esposizione per le persone del pubblico e dei lavoratori impiegati nel processo di produzione di piastrelle ceramiche, hanno permesso di mettere a punto una procedura che fornisce le garanzie necessarie per dichiarare accettabili le condizioni di lavoro nelle industrie ceramiche e più in generale il rispetto delle norme radioprotezionistiche per gli occupanti di ambienti rivestiti con piastrelle italiane.
Resumo:
L’acquifero freatico costiero ravennate è intensamente salinizzato fino a diversi km nell’entroterra. Il corpo dell’acquifero è formato da sabbie che poggiano su un substrato argilloso ad una profondità media di 25 m, i depositi affioranti sono sabbie e argille. Il lavoro svolto consiste in una caratterizzazione dello stato di salinizzazione con metodologie indirette (geoelettrica) e metodologie dirette (letture dei parametri fisici delle acque in pozzo). I sondaggi elettrici verticali (V.E.S.) mostrano stagionalità dovuta alle differenti quantità di pioggia e quindi di ricarica, le aree con depositi superficiali ad alta conducibilità idraulica (sabbie) hanno una lente d’acqua dolce compresa tra 0,1 e 2,25 m di spessore, al di sotto della quale troviamo una zona di mescolamento con spessori che vanno da 1,00 a 12,00 m, mentre quando in superficie abbiamo depositi a bassa conducibilità idraulica (limi sabbiosi e argille sabbiose) la lente d’acqua dolce scompare e la zona di mescolamento è sottile. Le misure dirette in pozzo mostrano una profondità della tavola d’acqua quasi ovunque sotto il livello del mare in entrambi i mesi monitorati, Giugno e Dicembre 2010, presentando una profondità leggermente maggiore nel mese di Dicembre. Dalla ricostruzione litologica risulta un acquifero composto da 4×109 m3 di sabbia, per cui ipotizzando una porosità media del 30% sono presenti 1,2×109 m3 di acqua. Dalla modellazione numerica (Modflow-SEAWAT 2000) risulta che l’origine dell’acqua salata che si trova in falda trova più facilmente spiegazione ipotizzando la sua presenza fin dalla formazione dell’acquifero, residuo delle acque marine che regredivano. Un’altra problematica analizzata è valutare l’applicazione della metodologia a minifiltri in uno studio sulla salinizzazione delle acque di falda. É stata implementata la costruzione di un transetto sperimentale, che ha permesso la mappatura dell’interfaccia acqua dolce/salmastra/salata con una precisione finora non raggiungibile.