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em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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La ricerca si propone di definire le linee guida per la stesura di un Piano che si occupi di qualità della vita e di benessere. Il richiamo alla qualità e al benessere è positivamente innovativo, in quanto impone agli organi decisionali di sintonizzarsi con la soggettività attiva dei cittadini e, contemporaneamente, rende evidente la necessità di un approccio più ampio e trasversale al tema della città e di una più stretta relazione dei tecnici/esperti con i responsabili degli organismi politicoamministrativi. La ricerca vuole indagare i limiti dell’urbanistica moderna di fronte alla complessità di bisogni e di nuove necessità espresse dalle popolazioni urbane contemporanee. La domanda dei servizi è notevolmente cambiata rispetto a quella degli anni Sessanta, oltre che sul piano quantitativo anche e soprattutto sul piano qualitativo, a causa degli intervenuti cambiamenti sociali che hanno trasformato la città moderna non solo dal punto di vista strutturale ma anche dal punto di vista culturale: l’intermittenza della cittadinanza, per cui le città sono sempre più vissute e godute da cittadini del mondo (turisti e/o visitatori, temporaneamente presenti) e da cittadini diffusi (suburbani, provinciali, metropolitani); la radicale trasformazione della struttura familiare, per cui la famiglia-tipo costituita da una coppia con figli, solido riferimento per l’economia e la politica, è oggi minoritaria; l’irregolarità e flessibilità dei calendari, delle agende e dei ritmi di vita della popolazione attiva; la mobilità sociale, per cui gli individui hanno traiettorie di vita e pratiche quotidiane meno determinate dalle loro origini sociali di quanto avveniva nel passato; l’elevazione del livello di istruzione e quindi l’incremento della domanda di cultura; la crescita della popolazione anziana e la forte individualizzazione sociale hanno generato una domanda di città espressa dalla gente estremamente variegata ed eterogenea, frammentata e volatile, e per alcuni aspetti assolutamente nuova. Accanto a vecchie e consolidate richieste – la città efficiente, funzionale, produttiva, accessibile a tutti – sorgono nuove domande, ideali e bisogni che hanno come oggetto la bellezza, la varietà, la fruibilità, la sicurezza, la capacità di stupire e divertire, la sostenibilità, la ricerca di nuove identità, domande che esprimono il desiderio di vivere e di godere la città, di stare bene in città, domande che non possono essere più soddisfatte attraverso un’idea di welfare semplicemente basata sull’istruzione, la sanità, il sistema pensionistico e l’assistenza sociale. La città moderna ovvero l’idea moderna della città, organizzata solo sui concetti di ordine, regolarità, pulizia, uguaglianza e buon governo, è stata consegnata alla storia passata trasformandosi ora in qualcosa di assai diverso che facciamo fatica a rappresentare, a descrivere, a raccontare. La città contemporanea può essere rappresentata in molteplici modi, sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista sociale: nella letteratura recente è evidente la difficoltà di definire e di racchiudere entro limiti certi l’oggetto “città” e la mancanza di un convincimento forte nell’interpretazione delle trasformazioni politiche, economiche e sociali che hanno investito la società e il mondo nel secolo scorso. La città contemporanea, al di là degli ambiti amministrativi, delle espansioni territoriali e degli assetti urbanistici, delle infrastrutture, della tecnologia, del funzionalismo e dei mercati globali, è anche luogo delle relazioni umane, rappresentazione dei rapporti tra gli individui e dello spazio urbano in cui queste relazioni si muovono. La città è sia concentrazione fisica di persone e di edifici, ma anche varietà di usi e di gruppi, densità di rapporti sociali; è il luogo in cui avvengono i processi di coesione o di esclusione sociale, luogo delle norme culturali che regolano i comportamenti, dell’identità che si esprime materialmente e simbolicamente nello spazio pubblico della vita cittadina. Per studiare la città contemporanea è necessario utilizzare un approccio nuovo, fatto di contaminazioni e saperi trasversali forniti da altre discipline, come la sociologia e le scienze umane, che pure contribuiscono a costruire l’immagine comunemente percepita della città e del territorio, del paesaggio e dell’ambiente. La rappresentazione del sociale urbano varia in base all’idea di cosa è, in un dato momento storico e in un dato contesto, una situazione di benessere delle persone. L’urbanistica moderna mirava al massimo benessere del singolo e della collettività e a modellarsi sulle “effettive necessità delle persone”: nei vecchi manuali di urbanistica compare come appendice al piano regolatore il “Piano dei servizi”, che comprende i servizi distribuiti sul territorio circostante, una sorta di “piano regolatore sociale”, per evitare quartieri separati per fasce di popolazione o per classi. Nella città contemporanea la globalizzazione, le nuove forme di marginalizzazione e di esclusione, l’avvento della cosiddetta “new economy”, la ridefinizione della base produttiva e del mercato del lavoro urbani sono espressione di una complessità sociale che può essere definita sulla base delle transazioni e gli scambi simbolici piuttosto che sui processi di industrializzazione e di modernizzazione verso cui era orientata la città storica, definita moderna. Tutto ciò costituisce quel complesso di questioni che attualmente viene definito “nuovo welfare”, in contrapposizione a quello essenzialmente basato sull’istruzione, sulla sanità, sul sistema pensionistico e sull’assistenza sociale. La ricerca ha quindi analizzato gli strumenti tradizionali della pianificazione e programmazione territoriale, nella loro dimensione operativa e istituzionale: la destinazione principale di tali strumenti consiste nella classificazione e nella sistemazione dei servizi e dei contenitori urbanistici. E’ chiaro, tuttavia, che per poter rispondere alla molteplice complessità di domande, bisogni e desideri espressi dalla società contemporanea le dotazioni effettive per “fare città” devono necessariamente superare i concetti di “standard” e di “zonizzazione”, che risultano essere troppo rigidi e quindi incapaci di adattarsi all’evoluzione di una domanda crescente di qualità e di servizi e allo stesso tempo inadeguati nella gestione del rapporto tra lo spazio domestico e lo spazio collettivo. In questo senso è rilevante il rapporto tra le tipologie abitative e la morfologia urbana e quindi anche l’ambiente intorno alla casa, che stabilisce il rapporto “dalla casa alla città”, perché è in questa dualità che si definisce il rapporto tra spazi privati e spazi pubblici e si contestualizzano i temi della strada, dei negozi, dei luoghi di incontro, degli accessi. Dopo la convergenza dalla scala urbana alla scala edilizia si passa quindi dalla scala edilizia a quella urbana, dal momento che il criterio del benessere attraversa le diverse scale dello spazio abitabile. Non solo, nei sistemi territoriali in cui si è raggiunto un benessere diffuso ed un alto livello di sviluppo economico è emersa la consapevolezza che il concetto stesso di benessere sia non più legato esclusivamente alla capacità di reddito collettiva e/o individuale: oggi la qualità della vita si misura in termini di qualità ambientale e sociale. Ecco dunque la necessità di uno strumento di conoscenza della città contemporanea, da allegare al Piano, in cui vengano definiti i criteri da osservare nella progettazione dello spazio urbano al fine di determinare la qualità e il benessere dell’ambiente costruito, inteso come benessere generalizzato, nel suo significato di “qualità dello star bene”. E’ evidente che per raggiungere tale livello di qualità e benessere è necessario provvedere al soddisfacimento da una parte degli aspetti macroscopici del funzionamento sociale e del tenore di vita attraverso gli indicatori di reddito, occupazione, povertà, criminalità, abitazione, istruzione, etc.; dall’altra dei bisogni primari, elementari e di base, e di quelli secondari, culturali e quindi mutevoli, trapassando dal welfare state allo star bene o well being personale, alla wellness in senso olistico, tutte espressioni di un desiderio di bellezza mentale e fisica e di un nuovo rapporto del corpo con l’ambiente, quindi manifestazione concreta di un’esigenza di ben-essere individuale e collettivo. Ed è questa esigenza, nuova e difficile, che crea la diffusa sensazione dell’inizio di una nuova stagione urbana, molto più di quanto facciano pensare le stesse modifiche fisiche della città.

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Se il lavoro dello storico è capire il passato come è stato compreso dalla gente che lo ha vissuto, allora forse non è azzardato pensare che sia anche necessario comunicare i risultati delle ricerche con strumenti propri che appartengono a un'epoca e che influenzano la mentalità di chi in quell'epoca vive. Emergenti tecnologie, specialmente nell’area della multimedialità come la realtà virtuale, permettono agli storici di comunicare l’esperienza del passato in più sensi. In che modo la storia collabora con le tecnologie informatiche soffermandosi sulla possibilità di fare ricostruzioni storiche virtuali, con relativi esempi e recensioni? Quello che maggiormente preoccupa gli storici è se una ricostruzione di un fatto passato vissuto attraverso la sua ricreazione in pixels sia un metodo di conoscenza della storia che possa essere considerato valido. Ovvero l'emozione che la navigazione in una realtà 3D può suscitare, è un mezzo in grado di trasmettere conoscenza? O forse l'idea che abbiamo del passato e del suo studio viene sottilmente cambiato nel momento in cui lo si divulga attraverso la grafica 3D? Da tempo però la disciplina ha cominciato a fare i conti con questa situazione, costretta soprattutto dall'invasività di questo tipo di media, dalla spettacolarizzazione del passato e da una divulgazione del passato parziale e antiscientifica. In un mondo post letterario bisogna cominciare a pensare che la cultura visuale nella quale siamo immersi sta cambiando il nostro rapporto con il passato: non per questo le conoscenze maturate fino ad oggi sono false, ma è necessario riconoscere che esiste più di una verità storica, a volte scritta a volte visuale. Il computer è diventato una piattaforma onnipresente per la rappresentazione e diffusione dell’informazione. I metodi di interazione e rappresentazione stanno evolvendo di continuo. Ed è su questi due binari che è si muove l’offerta delle tecnologie informatiche al servizio della storia. Lo scopo di questa tesi è proprio quello di esplorare, attraverso l’utilizzo e la sperimentazione di diversi strumenti e tecnologie informatiche, come si può raccontare efficacemente il passato attraverso oggetti tridimensionali e gli ambienti virtuali, e come, nel loro essere elementi caratterizzanti di comunicazione, in che modo possono collaborare, in questo caso particolare, con la disciplina storica. La presente ricerca ricostruisce alcune linee di storia delle principali fabbriche attive a Torino durante la seconda guerra mondiale, ricordando stretta relazione che esiste tra strutture ed individui e in questa città in particolare tra fabbrica e movimento operaio, è inevitabile addentrarsi nelle vicende del movimento operaio torinese che nel periodo della lotta di Liberazione in città fu un soggetto politico e sociale di primo rilievo. Nella città, intesa come entità biologica coinvolta nella guerra, la fabbrica (o le fabbriche) diventa il nucleo concettuale attraverso il quale leggere la città: sono le fabbriche gli obiettivi principali dei bombardamenti ed è nelle fabbriche che si combatte una guerra di liberazione tra classe operaia e autorità, di fabbrica e cittadine. La fabbrica diventa il luogo di "usurpazione del potere" di cui parla Weber, il palcoscenico in cui si tengono i diversi episodi della guerra: scioperi, deportazioni, occupazioni .... Il modello della città qui rappresentata non è una semplice visualizzazione ma un sistema informativo dove la realtà modellata è rappresentata da oggetti, che fanno da teatro allo svolgimento di avvenimenti con una precisa collocazione cronologica, al cui interno è possibile effettuare operazioni di selezione di render statici (immagini), di filmati precalcolati (animazioni) e di scenari navigabili interattivamente oltre ad attività di ricerca di fonti bibliografiche e commenti di studiosi segnatamente legati all'evento in oggetto. Obiettivo di questo lavoro è far interagire, attraverso diversi progetti, le discipline storiche e l’informatica, nelle diverse opportunità tecnologiche che questa presenta. Le possibilità di ricostruzione offerte dal 3D vengono così messe a servizio della ricerca, offrendo una visione integrale in grado di avvicinarci alla realtà dell’epoca presa in considerazione e convogliando in un’unica piattaforma espositiva tutti i risultati. Divulgazione Progetto Mappa Informativa Multimediale Torino 1945 Sul piano pratico il progetto prevede una interfaccia navigabile (tecnologia Flash) che rappresenti la pianta della città dell’epoca, attraverso la quale sia possibile avere una visione dei luoghi e dei tempi in cui la Liberazione prese forma, sia a livello concettuale, sia a livello pratico. Questo intreccio di coordinate nello spazio e nel tempo non solo migliora la comprensione dei fenomeni, ma crea un maggiore interesse sull’argomento attraverso l’utilizzo di strumenti divulgativi di grande efficacia (e appeal) senza perdere di vista la necessità di valicare le tesi storiche proponendosi come piattaforma didattica. Un tale contesto richiede uno studio approfondito degli eventi storici al fine di ricostruire con chiarezza una mappa della città che sia precisa sia topograficamente sia a livello di navigazione multimediale. La preparazione della cartina deve seguire gli standard del momento, perciò le soluzioni informatiche utilizzate sono quelle fornite da Adobe Illustrator per la realizzazione della topografia, e da Macromedia Flash per la creazione di un’interfaccia di navigazione. La base dei dati descrittivi è ovviamente consultabile essendo contenuta nel supporto media e totalmente annotata nella bibliografia. È il continuo evolvere delle tecnologie d'informazione e la massiccia diffusione dell’uso dei computer che ci porta a un cambiamento sostanziale nello studio e nell’apprendimento storico; le strutture accademiche e gli operatori economici hanno fatto propria la richiesta che giunge dall'utenza (insegnanti, studenti, operatori dei Beni Culturali) di una maggiore diffusione della conoscenza storica attraverso la sua rappresentazione informatizzata. Sul fronte didattico la ricostruzione di una realtà storica attraverso strumenti informatici consente anche ai non-storici di toccare con mano quelle che sono le problematiche della ricerca quali fonti mancanti, buchi della cronologia e valutazione della veridicità dei fatti attraverso prove. Le tecnologie informatiche permettono una visione completa, unitaria ed esauriente del passato, convogliando tutte le informazioni su un'unica piattaforma, permettendo anche a chi non è specializzato di comprendere immediatamente di cosa si parla. Il miglior libro di storia, per sua natura, non può farlo in quanto divide e organizza le notizie in modo diverso. In questo modo agli studenti viene data l'opportunità di apprendere tramite una rappresentazione diversa rispetto a quelle a cui sono abituati. La premessa centrale del progetto è che i risultati nell'apprendimento degli studenti possono essere migliorati se un concetto o un contenuto viene comunicato attraverso più canali di espressione, nel nostro caso attraverso un testo, immagini e un oggetto multimediale. Didattica La Conceria Fiorio è uno dei luoghi-simbolo della Resistenza torinese. Il progetto è una ricostruzione in realtà virtuale della Conceria Fiorio di Torino. La ricostruzione serve a arricchire la cultura storica sia a chi la produce, attraverso una ricerca accurata delle fonti, sia a chi può poi usufruirne, soprattutto i giovani, che, attratti dall’aspetto ludico della ricostruzione, apprendono con più facilità. La costruzione di un manufatto in 3D fornisce agli studenti le basi per riconoscere ed esprimere la giusta relazione fra il modello e l’oggetto storico. Le fasi di lavoro attraverso cui si è giunti alla ricostruzione in 3D della Conceria: . una ricerca storica approfondita, basata sulle fonti, che possono essere documenti degli archivi o scavi archeologici, fonti iconografiche, cartografiche, ecc.; . La modellazione degli edifici sulla base delle ricerche storiche, per fornire la struttura geometrica poligonale che permetta la navigazione tridimensionale; . La realizzazione, attraverso gli strumenti della computer graphic della navigazione in 3D. Unreal Technology è il nome dato al motore grafico utilizzato in numerosi videogiochi commerciali. Una delle caratteristiche fondamentali di tale prodotto è quella di avere uno strumento chiamato Unreal editor con cui è possibile costruire mondi virtuali, e che è quello utilizzato per questo progetto. UnrealEd (Ued) è il software per creare livelli per Unreal e i giochi basati sul motore di Unreal. E’ stata utilizzata la versione gratuita dell’editor. Il risultato finale del progetto è un ambiente virtuale navigabile raffigurante una ricostruzione accurata della Conceria Fiorio ai tempi della Resistenza. L’utente può visitare l’edificio e visualizzare informazioni specifiche su alcuni punti di interesse. La navigazione viene effettuata in prima persona, un processo di “spettacolarizzazione” degli ambienti visitati attraverso un arredamento consono permette all'utente una maggiore immersività rendendo l’ambiente più credibile e immediatamente codificabile. L’architettura Unreal Technology ha permesso di ottenere un buon risultato in un tempo brevissimo, senza che fossero necessari interventi di programmazione. Questo motore è, quindi, particolarmente adatto alla realizzazione rapida di prototipi di una discreta qualità, La presenza di un certo numero di bug lo rende, però, in parte inaffidabile. Utilizzare un editor da videogame per questa ricostruzione auspica la possibilità di un suo impiego nella didattica, quello che le simulazioni in 3D permettono nel caso specifico è di permettere agli studenti di sperimentare il lavoro della ricostruzione storica, con tutti i problemi che lo storico deve affrontare nel ricreare il passato. Questo lavoro vuole essere per gli storici una esperienza nella direzione della creazione di un repertorio espressivo più ampio, che includa gli ambienti tridimensionali. Il rischio di impiegare del tempo per imparare come funziona questa tecnologia per generare spazi virtuali rende scettici quanti si impegnano nell'insegnamento, ma le esperienze di progetti sviluppati, soprattutto all’estero, servono a capire che sono un buon investimento. Il fatto che una software house, che crea un videogame di grande successo di pubblico, includa nel suo prodotto, una serie di strumenti che consentano all'utente la creazione di mondi propri in cui giocare, è sintomatico che l'alfabetizzazione informatica degli utenti medi sta crescendo sempre più rapidamente e che l'utilizzo di un editor come Unreal Engine sarà in futuro una attività alla portata di un pubblico sempre più vasto. Questo ci mette nelle condizioni di progettare moduli di insegnamento più immersivi, in cui l'esperienza della ricerca e della ricostruzione del passato si intreccino con lo studio più tradizionale degli avvenimenti di una certa epoca. I mondi virtuali interattivi vengono spesso definiti come la forma culturale chiave del XXI secolo, come il cinema lo è stato per il XX. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di suggerire che vi sono grosse opportunità per gli storici impiegando gli oggetti e le ambientazioni in 3D, e che essi devono coglierle. Si consideri il fatto che l’estetica abbia un effetto sull’epistemologia. O almeno sulla forma che i risultati delle ricerche storiche assumono nel momento in cui devono essere diffuse. Un’analisi storica fatta in maniera superficiale o con presupposti errati può comunque essere diffusa e avere credito in numerosi ambienti se diffusa con mezzi accattivanti e moderni. Ecco perchè non conviene seppellire un buon lavoro in qualche biblioteca, in attesa che qualcuno lo scopra. Ecco perchè gli storici non devono ignorare il 3D. La nostra capacità, come studiosi e studenti, di percepire idee ed orientamenti importanti dipende spesso dai metodi che impieghiamo per rappresentare i dati e l’evidenza. Perché gli storici possano ottenere il beneficio che il 3D porta con sè, tuttavia, devono sviluppare un’agenda di ricerca volta ad accertarsi che il 3D sostenga i loro obiettivi di ricercatori e insegnanti. Una ricostruzione storica può essere molto utile dal punto di vista educativo non sono da chi la visita ma, anche da chi la realizza. La fase di ricerca necessaria per la ricostruzione non può fare altro che aumentare il background culturale dello sviluppatore. Conclusioni La cosa più importante è stata la possibilità di fare esperienze nell’uso di mezzi di comunicazione di questo genere per raccontare e far conoscere il passato. Rovesciando il paradigma conoscitivo che avevo appreso negli studi umanistici, ho cercato di desumere quelle che potremo chiamare “leggi universali” dai dati oggettivi emersi da questi esperimenti. Da punto di vista epistemologico l’informatica, con la sua capacità di gestire masse impressionanti di dati, dà agli studiosi la possibilità di formulare delle ipotesi e poi accertarle o smentirle tramite ricostruzioni e simulazioni. Il mio lavoro è andato in questa direzione, cercando conoscere e usare strumenti attuali che nel futuro avranno sempre maggiore presenza nella comunicazione (anche scientifica) e che sono i mezzi di comunicazione d’eccellenza per determinate fasce d’età (adolescenti). Volendo spingere all’estremo i termini possiamo dire che la sfida che oggi la cultura visuale pone ai metodi tradizionali del fare storia è la stessa che Erodoto e Tucidide contrapposero ai narratori di miti e leggende. Prima di Erodoto esisteva il mito, che era un mezzo perfettamente adeguato per raccontare e dare significato al passato di una tribù o di una città. In un mondo post letterario la nostra conoscenza del passato sta sottilmente mutando nel momento in cui lo vediamo rappresentato da pixel o quando le informazioni scaturiscono non da sole, ma grazie all’interattività con il mezzo. La nostra capacità come studiosi e studenti di percepire idee ed orientamenti importanti dipende spesso dai metodi che impieghiamo per rappresentare i dati e l’evidenza. Perché gli storici possano ottenere il beneficio sottinteso al 3D, tuttavia, devono sviluppare un’agenda di ricerca volta ad accertarsi che il 3D sostenga i loro obiettivi di ricercatori e insegnanti. Le esperienze raccolte nelle pagine precedenti ci portano a pensare che in un futuro non troppo lontano uno strumento come il computer sarà l’unico mezzo attraverso cui trasmettere conoscenze, e dal punto di vista didattico la sua interattività consente coinvolgimento negli studenti come nessun altro mezzo di comunicazione moderno.

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The role of mitochondrial dysfunction in cancer has long been a subject of great interest. In this study, such dysfunction has been examined with regards to thyroid oncocytoma, a rare form of cancer, accounting for less than 5% of all thyroid cancers. A peculiar characteristic of thyroid oncocytic cells is the presence of an abnormally large number of mitochondria in the cytoplasm. Such mitochondrial hyperplasia has also been observed in cells derived from patients suffering from mitochondrial encephalomyopathies, where mutations in the mitochondrial DNA(mtDNA) encoding the respiratory complexes result in oxidative phosphorylation dysfunction. An increase in the number of mitochondria occurs in the latter in order to compensate for the respiratory deficiency. This fact spurred the investigation into the presence of analogous mutations in thyroid oncocytic cells. In this study, the only available cell model of thyroid oncocytoma was utilised, the XTC-1 cell line, established from an oncocytic thyroid metastasis to the breast. In order to assess the energetic efficiency of these cells, they were incubated in a medium lacking glucose and supplemented instead with galactose. When subjected to such conditions, glycolysis is effectively inhibited and the cells are forced to use the mitochondria for energy production. Cell viability experiments revealed that XTC-1 cells were unable to survive in galactose medium. This was in marked contrast to the TPC-1 control cell line, a thyroid tumour cell line which does not display the oncocytic phenotype. In agreement with these findings, subsequent experiments assessing the levels of cellular ATP over incubation time in galactose medium, showed a drastic and continual decrease in ATP levels only in the XTC-1 cell line. Furthermore, experiments on digitonin-permeabilised cells revealed that the respiratory dysfunction in the latter was due to a defect in complex I of the respiratory chain. Subsequent experiments using cybrids demonstrated that this defect could be attributed to the mitochondrially-encoded subunits of complex I as opposed to the nuclearencoded subunits. Confirmation came with mtDNA sequencing, which detected the presence of a novel mutation in the ND1 subunit of complex I. In addition, a mutation in the cytochrome b subunit of complex III of the respiratory chain was detected. The fact that XTC-1 cells are unable to survive when incubated in galactose medium is consistent with the fact that many cancers are largely dependent on glycolysis for energy production. Indeed, numerous studies have shown that glycolytic inhibitors are able to induce apoptosis in various cancer cell lines. Subsequent experiments were therefore performed in order to identify the mode of XTC-1 cell death when subjected to the metabolic stress imposed by the forced use of the mitochondria for energy production. Cell shrinkage and mitochondrial fragmentation were observed in the dying cells, which would indicate an apoptotic type of cell death. Analysis of additional parameters however revealed a lack of both DNA fragmentation and caspase activation, thus excluding a classical apoptotic type of cell death. Interestingly, cleavage of the actin component of the cytoskeleton was observed, implicating the action of proteases in this mode of cell demise. However, experiments employing protease inhibitors failed to identify the specific protease involved. It has been reported in the literature that overexpression of Bcl-2 is able to rescue cells presenting a respiratory deficiency. As the XTC-1 cell line is not only respiration-deficient but also exhibits a marked decrease in Bcl-2 expression, it is a perfect model with which to study the relationship between Bcl-2 and oxidative phosphorylation in respiratory-deficient cells. Contrary to the reported literature studies on various cell lines harbouring defects in the respiratory chain, Bcl-2 overexpression was not shown to increase cell survival or rescue the energetic dysfunction in XTC-1 cells. Interestingly however, it had a noticeable impact on cell adhesion and morphology. Whereas XTC-1 cells shrank and detached from the growth surface under conditions of metabolic stress, Bcl-2-overexpressing XTC-1 cells appeared much healthier and were up to 45% more adherent. The target of Bcl-2 in this setting appeared to be the actin cytoskeleton, as the cleavage observed in XTC-1 cells expressing only endogenous levels of Bcl-2, was inhibited in Bcl-2-overexpressing cells. Thus, although unable to rescue XTC-1 cells in terms of cell viability, Bcl-2 is somehow able to stabilise the cytoskeleton, resulting in modifications in cell morphology and adhesion. The mitochondrial respiratory deficiency observed in cancer cells is thought not only to cause an increased dependency on glycolysis but it is also thought to blunt cellular responses to anticancer agents. The effects of several therapeutic agents were thus assessed for their death-inducing ability in XTC-1 cells. Cell viability experiments clearly showed that the cells were more resistant to stimuli which generate reactive oxygen species (tert-butylhydroperoxide) and to mitochondrial calcium-mediated apoptotic stimuli (C6-ceramide), as opposed to stimuli inflicting DNA damage (cisplatin) and damage to protein kinases(staurosporine). Various studies in the literature have reported that the peroxisome proliferator-activated receptor-coactivator 1(PGC-1α), which plays a fundamental role in mitochondrial biogenesis, is also involved in protecting cells against apoptosis caused by the former two types of stimuli. In accordance with these observations, real-time PCR experiments showed that XTC-1 cells express higher mRNA levels of this coactivator than do the control cells, implicating its importance in drug resistance. In conclusion, this study has revealed that XTC-1 cells, like many cancer cell lines, are characterised by a reduced energetic efficiency due to mitochondrial dysfunction. Said dysfunction has been attributed to mutations in respiratory genes encoded by the mitochondrial genome. Although the mechanism of cell demise in conditions of metabolic stress is unclear, the potential of targeting thyroid oncocytic cancers using glycolytic inhibitors has been illustrated. In addition, the discovery of mtDNA mutations in XTC-1 cells has enabled the use of this cell line as a model with which to study the relationship between Bcl-2 overexpression and oxidative phosphorylation in cells harbouring mtDNA mutations and also to investigate the significance of such mutations in establishing resistance to apoptotic stimuli.

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The durability of stone building materials is an issue of utmost importance in the field of monument conservation. In order to be able to preserve our built cultural heritage, the thorough knowledge of its constituent materials and the understanding of the processes that affect them are indispensable. The main objective of this research was to evaluate the durability of a special stone type, the crystalline stones, in correlation with their intrinsic characteristics, the petrophysical properties. The crystalline stones are differentiated from the cemented stones on the basis of textural features. Their most important specific property is the usually low, fissure-like porosity. Stone types of significant monumental importance, like the marble or granite belong to this group. The selected materials for this investigation, indeed, are a marble (Macael marble, Spain) and a granite (Silvestre Vilachán granite, Spain). In addition, an andesite (Szob andesite, Hungary) also of significant monumental importance was selected. This way a wide range of crystalline rocks is covered in terms of petrogenesis: stones of metamorphic, magmatic and volcanic origin, which can be of importance in terms of mineralogical, petrological or physical characteristics. After the detailed characterization of the petrophysical properties of the selected stones, their durability was assessed by means of artificial ageing. The applied ageing tests were: the salt crystallization, the frost resistance in pure water and in the presence of soluble salts, the salt mist and the action of SO2 in the presence of humidity. The research aimed at the understanding of the mechanisms of each weathering process and at finding the petrophysical properties most decisive in the degradation of these materials. Among the several weathering mechanisms, the most important ones were found to be the physical stress due to crystallization pressure of both salt and ice, the thermal fatigue due to cyclic temperature changes and the chemical reactions (mostly the acidic attack) between the mineral phases and the external fluids. The properties that fundamentally control the degradation processes, and thus the durability of stones were found to be: the mineralogical and chemical composition; the hydraulic properties especially the water uptake, the permeability and the drying; the void space structure, especially the void size and aperture size distribution and the connectivity of the porous space; and the thermal and mechanical properties. Because of the complexity of the processes and the high number of determining properties, no mechanisms or characteristics could be identified as typical for crystalline stones. The durability or alterability of each stone type must be assessed according to its properties and not according to the textural or petrophysical classification they belong to. Finally, a critical review of standardized methods is presented, based on which an attempt was made for recommendations of the most adequate methodology for the characterization and durability assessment of crystalline stones.

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The hydrogen production in the green microalga Chlamydomonas reinhardtii was evaluated by means of a detailed physiological and biotechnological study. First, a wide screening of the hydrogen productivity was done on 22 strains of C. reinhardtii, most of which mutated at the level of the D1 protein. The screening revealed for the first time that mutations upon the D1 protein may result on an increased hydrogen production. Indeed, productions ranged between 0 and more than 500 mL hydrogen per liter of culture (Torzillo, Scoma et al., 2007a), the highest producer (L159I-N230Y) being up to 5 times more performant than the strain cc124 widely adopted in literature (Torzillo, Scoma, et al., 2007b). Improved productivities by D1 protein mutants were generally a result of high photosynthetic capabilities counteracted by high respiration rates. Optimization of culture conditions were addressed according to the results of the physiological study of selected strains. In a first step, the photobioreactor (PBR) was provided with a multiple-impeller stirring system designed, developed and tested by us, using the strain cc124. It was found that the impeller system was effectively able to induce regular and turbulent mixing, which led to improved photosynthetic yields by means of light/dark cycles. Moreover, improved mixing regime sustained higher respiration rates, compared to what obtained with the commonly used stir bar mixing system. As far as the results of the initial screening phase are considered, both these factors are relevant to the hydrogen production. Indeed, very high energy conversion efficiencies (light to hydrogen) were obtained with the impeller device, prooving that our PBR was a good tool to both improve and study photosynthetic processes (Giannelli, Scoma et al., 2009). In the second part of the optimization, an accurate analysis of all the positive features of the high performance strain L159I-N230Y pointed out, respect to the WT, it has: (1) a larger chlorophyll optical cross-section; (2) a higher electron transfer rate by PSII; (3) a higher respiration rate; (4) a higher efficiency of utilization of the hydrogenase; (5) a higher starch synthesis capability; (6) a higher per cell D1 protein amount; (7) a higher zeaxanthin synthesis capability (Torzillo, Scoma et al., 2009). These information were gathered with those obtained with the impeller mixing device to find out the best culture conditions to optimize productivity with strain L159I-N230Y. The main aim was to sustain as long as possible the direct PSII contribution, which leads to hydrogen production without net CO2 release. Finally, an outstanding maximum rate of 11.1 ± 1.0 mL/L/h was reached and maintained for 21.8 ± 7.7 hours, when the effective photochemical efficiency of PSII (ΔF/F'm) underwent a last drop to zero. If expressed in terms of chl (24.0 ± 2.2 µmoles/mg chl/h), these rates of production are 4 times higher than what reported in literature to date (Scoma et al., 2010a submitted). DCMU addition experiments confirmed the key role played by PSII in sustaining such rates. On the other hand, experiments carried out in similar conditions with the control strain cc124 showed an improved final productivity, but no constant PSII direct contribution. These results showed that, aside from fermentation processes, if proper conditions are supplied to selected strains, hydrogen production can be substantially enhanced by means of biophotolysis. A last study on the physiology of the process was carried out with the mutant IL. Although able to express and very efficiently utilize the hydrogenase enzyme, this strain was unable to produce hydrogen when sulfur deprived. However, in a specific set of experiments this goal was finally reached, pointing out that other than (1) a state 1-2 transition of the photosynthetic apparatus, (2) starch storage and (3) anaerobiosis establishment, a timely transition to the hydrogen production is also needed in sulfur deprivation to induce the process before energy reserves are driven towards other processes necessary for the survival of the cell. This information turned out to be crucial when moving outdoor for the hydrogen production in a tubular horizontal 50-liter PBR under sunlight radiation. First attempts with laboratory grown cultures showed that no hydrogen production under sulfur starvation can be induced if a previous adaptation of the culture is not pursued outdoor. Indeed, in these conditions the hydrogen production under direct sunlight radiation with C. reinhardtii was finally achieved for the first time in literature (Scoma et al., 2010b submitted). Experiments were also made to optimize productivity in outdoor conditions, with respect to the light dilution within the culture layers. Finally, a brief study of the anaerobic metabolism of C. reinhardtii during hydrogen oxidation has been carried out. This study represents a good integration to the understanding of the complex interplay of pathways that operate concomitantly in this microalga.

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In the first chapter, we consider the joint estimation of objective and risk-neutral parameters for SV option pricing models. We propose a strategy which exploits the information contained in large heterogeneous panels of options, and we apply it to S&P 500 index and index call options data. Our approach breaks the stochastic singularity between contemporaneous option prices by assuming that every observation is affected by measurement error. We evaluate the likelihood function by using a MC-IS strategy combined with a Particle Filter algorithm. The second chapter examines the impact of different categories of traders on market transactions. We estimate a model which takes into account traders’ identities at the transaction level, and we find that the stock prices follow the direction of institutional trading. These results are carried out with data from an anonymous market. To explain our estimates, we examine the informativeness of a wide set of market variables and we find that most of them are unambiguously significant to infer the identity of traders. The third chapter investigates the relationship between the categories of market traders and three definitions of financial durations. We consider trade, price and volume durations, and we adopt a Log-ACD model where we include information on traders at the transaction level. As to trade durations, we observe an increase of the trading frequency when informed traders and the liquidity provider intensify their presence in the market. For price and volume durations, we find the same effect to depend on the state of the market activity. The fourth chapter proposes a strategy to express order aggressiveness in quantitative terms. We consider a simultaneous equation model to examine price and volume aggressiveness at Euronext Paris, and we analyse the impact of a wide set of order book variables on the price-quantity decision.