11 resultados para Epoxy para cresol novolac (ECN)

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Epoxy resins are mainly produced by reacting bisphenol A with epichlorohydrin. Growing concerns about the negative health effects of bisphenol A are urging researchers to find alternatives. In this work diphenolic acid is suggested, as it derives from levulinic acid, obtained from renewable resources. Nevertheless, it is also synthesized from phenol, from fossil resources, which, in the current paper has been substituted by plant-based phenols. Two interesting derivatives were identified: diphenolic acid from catechol and from resorcinol. Epichlorohydrin on the other hand, is highly carcinogenic and volatile, leading to a tremendous risk of exposure. Thus, two approaches have been investigated and compared with epichlorohydrin. The resulting resins have been characterized to find an appropriate application, as epoxy are commonly used for a wide range of products, ranging from composite materials for boats to films for food cans. Self-curing capacity was observed for the resin deriving from diphenolic acid from catechol. The glycidyl ether of the diphenolic acid from resorcinol, a fully renewable compound, was cured in isothermal and non-isothermal tests tracked by DSC. Two aliphatic amines were used, namely 1,4-butanediamine and 1,6-hexamethylendiamine, in order to determine the effect of chain length on the curing of an epoxy-amine system and determine the kinetic parameters. The latter are crucial to plan any industrial application. Both diamines demonstrated superior properties compared to traditional bisphenol A-amine systems.

Relevância:

20.00% 20.00%

Publicador:

Resumo:

Epoxy resins are widely used in many applications, such as paints, adhesives and matrices for composites materials, since they present the possibility to be easily and conveniently tailored in order to display a unique combination of characteristics. In literature, various examples of bio-based epoxy resins produced from a wide range of renewable sources can be found. Nevertheless, the toxicity and safety of curing agents have not been deeply investigated and it was observed that all of them still present some environmental drawback. Therefore, the development of new environmentally friendly fully bio-based epoxy systems is of great importance for designing green and sustainable materials. In this context, the present project aims at further exploring the possibility of using bio-based compounds as curing agents for epoxy resin precursors. A preliminary evaluation of several amine-based compounds demonstrated the feasibility of using Adenine as epoxy resin hardener. In order to better understand the crosslinking mechanism, the reaction of Adenine with the mono-epoxy compound Glycidyl 2-methylphenyl ether (G2MPE), was study by 1H-NMR analysis. Then Adenine was investigated as hardener of Diglycidil ether of bisphenol A (DGEBA), which is the simplest epoxy resin based on bisphenol A, in order to determine the best hardener/resin stoichiometric ratio, and evaluate the crosslinking kinetics and conversion and the final mechanical properties of the cured resin. Then, Adenine was tested as hardener of commercial epoxy resins, in particular the infusion resin Elan-tron® EC 157 (Elantas), the impregnation resin EPON™ Resin 828 (Hexion) and the bio-based resin SUPER SAP® CLR (Entropyresins). Such systems were used for the production of composites materials reinforced with chopped recycled carbon fibers and natural fibers (flax and jute). The thermo-mechanical properties of these materials have been studied in comparison with those ones of composites obtained with the same thermosetting resin reinforced with chopped virgin carbon fibers.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Negli ultimi anni, un crescente numero di studiosi ha focalizzato la propria attenzione sullo sviluppo di strategie che permettessero di caratterizzare le proprietà ADMET dei farmaci in via di sviluppo, il più rapidamente possibile. Questa tendenza origina dalla consapevolezza che circa la metà dei farmaci in via di sviluppo non viene commercializzato perché ha carenze nelle caratteristiche ADME, e che almeno la metà delle molecole che riescono ad essere commercializzate, hanno comunque qualche problema tossicologico o ADME [1]. Infatti, poco importa quanto una molecola possa essere attiva o specifica: perché possa diventare farmaco è necessario che venga ben assorbita, distribuita nell’organismo, metabolizzata non troppo rapidamente, ne troppo lentamente e completamente eliminata. Inoltre la molecola e i suoi metaboliti non dovrebbero essere tossici per l’organismo. Quindi è chiaro come una rapida determinazione dei parametri ADMET in fasi precoci dello sviluppo del farmaco, consenta di risparmiare tempo e denaro, permettendo di selezionare da subito i composti più promettenti e di lasciar perdere quelli con caratteristiche negative. Questa tesi si colloca in questo contesto, e mostra l’applicazione di una tecnica semplice, la biocromatografia, per caratterizzare rapidamente il legame di librerie di composti alla sieroalbumina umana (HSA). Inoltre mostra l’utilizzo di un’altra tecnica indipendente, il dicroismo circolare, che permette di studiare gli stessi sistemi farmaco-proteina, in soluzione, dando informazioni supplementari riguardo alla stereochimica del processo di legame. La HSA è la proteina più abbondante presente nel sangue. Questa proteina funziona da carrier per un gran numero di molecole, sia endogene, come ad esempio bilirubina, tiroxina, ormoni steroidei, acidi grassi, che xenobiotici. Inoltre aumenta la solubilità di molecole lipofile poco solubili in ambiente acquoso, come ad esempio i tassani. Il legame alla HSA è generalmente stereoselettivo e ad avviene a livello di siti di legame ad alta affinità. Inoltre è ben noto che la competizione tra farmaci o tra un farmaco e metaboliti endogeni, possa variare in maniera significativa la loro frazione libera, modificandone l’attività e la tossicità. Per queste sue proprietà la HSA può influenzare sia le proprietà farmacocinetiche che farmacodinamiche dei farmaci. Non è inusuale che un intero progetto di sviluppo di un farmaco possa venire abbandonato a causa di un’affinità troppo elevata alla HSA, o a un tempo di emivita troppo corto, o a una scarsa distribuzione dovuta ad un debole legame alla HSA. Dal punto di vista farmacocinetico, quindi, la HSA è la proteina di trasporto del plasma più importante. Un gran numero di pubblicazioni dimostra l’affidabilità della tecnica biocromatografica nello studio dei fenomeni di bioriconoscimento tra proteine e piccole molecole [2-6]. Il mio lavoro si è focalizzato principalmente sull’uso della biocromatografia come metodo per valutare le caratteristiche di legame di alcune serie di composti di interesse farmaceutico alla HSA, e sul miglioramento di tale tecnica. Per ottenere una miglior comprensione dei meccanismi di legame delle molecole studiate, gli stessi sistemi farmaco-HSA sono stati studiati anche con il dicroismo circolare (CD). Inizialmente, la HSA è stata immobilizzata su una colonna di silice epossidica impaccata 50 x 4.6 mm di diametro interno, utilizzando una procedura precedentemente riportata in letteratura [7], con alcune piccole modifiche. In breve, l’immobilizzazione è stata effettuata ponendo a ricircolo, attraverso una colonna precedentemente impaccata, una soluzione di HSA in determinate condizioni di pH e forza ionica. La colonna è stata quindi caratterizzata per quanto riguarda la quantità di proteina correttamente immobilizzata, attraverso l’analisi frontale di L-triptofano [8]. Di seguito, sono stati iniettati in colonna alcune soluzioni raceme di molecole note legare la HSA in maniera enantioselettiva, per controllare che la procedura di immobilizzazione non avesse modificato le proprietà di legame della proteina. Dopo essere stata caratterizzata, la colonna è stata utilizzata per determinare la percentuale di legame di una piccola serie di inibitori della proteasi HIV (IPs), e per individuarne il sito(i) di legame. La percentuale di legame è stata calcolata attraverso il fattore di capacità (k) dei campioni. Questo parametro in fase acquosa è stato estrapolato linearmente dal grafico log k contro la percentuale (v/v) di 1-propanolo presente nella fase mobile. Solamente per due dei cinque composti analizzati è stato possibile misurare direttamente il valore di k in assenza di solvente organico. Tutti gli IPs analizzati hanno mostrato un’elevata percentuale di legame alla HSA: in particolare, il valore per ritonavir, lopinavir e saquinavir è risultato maggiore del 95%. Questi risultati sono in accordo con dati presenti in letteratura, ottenuti attraverso il biosensore ottico [9]. Inoltre, questi risultati sono coerenti con la significativa riduzione di attività inibitoria di questi composti osservata in presenza di HSA. Questa riduzione sembra essere maggiore per i composti che legano maggiormente la proteina [10]. Successivamente sono stati eseguiti degli studi di competizione tramite cromatografia zonale. Questo metodo prevede di utilizzare una soluzione a concentrazione nota di un competitore come fase mobile, mentre piccole quantità di analita vengono iniettate nella colonna funzionalizzata con HSA. I competitori sono stati selezionati in base al loro legame selettivo ad uno dei principali siti di legame sulla proteina. In particolare, sono stati utilizzati salicilato di sodio, ibuprofene e valproato di sodio come marker dei siti I, II e sito della bilirubina, rispettivamente. Questi studi hanno mostrato un legame indipendente dei PIs ai siti I e II, mentre è stata osservata una debole anticooperatività per il sito della bilirubina. Lo stesso sistema farmaco-proteina è stato infine investigato in soluzione attraverso l’uso del dicroismo circolare. In particolare, è stato monitorata la variazione del segnale CD indotto di un complesso equimolare [HSA]/[bilirubina], a seguito dell’aggiunta di aliquote di ritonavir, scelto come rappresentante della serie. I risultati confermano la lieve anticooperatività per il sito della bilirubina osservato precedentemente negli studi biocromatografici. Successivamente, lo stesso protocollo descritto precedentemente è stato applicato a una colonna di silice epossidica monolitica 50 x 4.6 mm, per valutare l’affidabilità del supporto monolitico per applicazioni biocromatografiche. Il supporto monolitico monolitico ha mostrato buone caratteristiche cromatografiche in termini di contropressione, efficienza e stabilità, oltre che affidabilità nella determinazione dei parametri di legame alla HSA. Questa colonna è stata utilizzata per la determinazione della percentuale di legame alla HSA di una serie di poliamminochinoni sviluppati nell’ambito di una ricerca sulla malattia di Alzheimer. Tutti i composti hanno mostrato una percentuale di legame superiore al 95%. Inoltre, è stata osservata una correlazione tra percentuale di legame è caratteristiche della catena laterale (lunghezza e numero di gruppi amminici). Successivamente sono stati effettuati studi di competizione dei composti in esame tramite il dicroismo circolare in cui è stato evidenziato un effetto anticooperativo dei poliamminochinoni ai siti I e II, mentre rispetto al sito della bilirubina il legame si è dimostrato indipendente. Le conoscenze acquisite con il supporto monolitico precedentemente descritto, sono state applicate a una colonna di silice epossidica più corta (10 x 4.6 mm). Il metodo di determinazione della percentuale di legame utilizzato negli studi precedenti si basa su dati ottenuti con più esperimenti, quindi è necessario molto tempo prima di ottenere il dato finale. L’uso di una colonna più corta permette di ridurre i tempi di ritenzione degli analiti, per cui la determinazione della percentuale di legame alla HSA diventa molto più rapida. Si passa quindi da una analisi a medio rendimento a una analisi di screening ad alto rendimento (highthroughput- screening, HTS). Inoltre, la riduzione dei tempi di analisi, permette di evitare l’uso di soventi organici nella fase mobile. Dopo aver caratterizzato la colonna da 10 mm con lo stesso metodo precedentemente descritto per le altre colonne, sono stati iniettati una serie di standard variando il flusso della fase mobile, per valutare la possibilità di utilizzare flussi elevati. La colonna è stata quindi impiegata per stimare la percentuale di legame di una serie di molecole con differenti caratteristiche chimiche. Successivamente è stata valutata la possibilità di utilizzare una colonna così corta, anche per studi di competizione, ed è stata indagato il legame di una serie di composti al sito I. Infine è stata effettuata una valutazione della stabilità della colonna in seguito ad un uso estensivo. L’uso di supporti cromatografici funzionalizzati con albumine di diversa origine (ratto, cane, guinea pig, hamster, topo, coniglio), può essere proposto come applicazione futura di queste colonne HTS. Infatti, la possibilità di ottenere informazioni del legame dei farmaci in via di sviluppo alle diverse albumine, permetterebbe un migliore paragone tra i dati ottenuti tramite esperimenti in vitro e i dati ottenuti con esperimenti sull’animale, facilitando la successiva estrapolazione all’uomo, con la velocità di un metodo HTS. Inoltre, verrebbe ridotto anche il numero di animali utilizzati nelle sperimentazioni. Alcuni lavori presenti in letteratura dimostrano l’affidabilita di colonne funzionalizzate con albumine di diversa origine [11-13]: l’utilizzo di colonne più corte potrebbe aumentarne le applicazioni.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Durante l'attività di ricerca sono stati sviluppati tre progetti legati allo sviluppo e ottimizzazione di materiali compositi. In particolare, il primo anno, siamo andati a produrre materiali ceramici ultrarefrattari tenacizzati con fibre di carburo di silicio, riuscendo a migliorare il ciclo produttivo e ottenendo un materiale ottimizzato. Durante il secondo anno di attività ci siamo concentrati nello sviluppo di resine epossidiche rinforzate con particelle di elastomeri florurati che rappresentano un nuovo materiale non presente nel mercato utile per applicazioni meccaniche e navali. L'ultimo anno di ricerca è stato svolto presso il laboratorio materiali di Ansaldo Energia dove è stato studiato il comportamenteo di materiali per turbine a gas.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Chromatography is the most widely used technique for high-resolution separation and analysis of proteins. This technique is very useful for the purification of delicate compounds, e.g. pharmaceuticals, because it is usually performed at milder conditions than separation processes typically used by chemical industry. This thesis focuses on affinity chromatography. Chromatographic processes are traditionally performed using columns packed with porous resin. However, these supports have several limitations, including the dependence on intra-particle diffusion, a slow mass transfer mechanism, for the transport of solute molecules to the binding sites within the pores and high pressure drop through the packed bed. These limitations can be overcome by using chromatographic supports like membranes or monoliths. Dye-ligands are considered important alternatives to natural ligands. Several reactive dyes, particularly Cibacron Blue F3GA, are used as affinity ligand for protein purification. Cibacron Blue F3GA is a triazine dye that interacts specifically and reversibly with albumin. The aim of this study is to prepare dye-affinity membranes and monoliths for efficient removal of albumin and to compare the three different affinity supports: membranes and monoliths and a commercial column HiTrapTM Blue HP, produced by GE Healthcare. A comparison among the three supports was performed in terms of binding capacity at saturation (DBC100%) and dynamic binding capacity at 10% breakthrough (DBC10%) using solutions of pure BSA. The results obtained show that the CB-RC membranes and CB-Epoxy monoliths can be compared to commercial support, column HiTrapTM Blue HP, for the separation of albumin. These results encourage a further characterization of the new supports examined.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Alcune patologie dell’occhio come la retinopatia diabetica, il pucker maculare, il distacco della retina possono essere curate con un intervento di vitrectomia. I rischi associati all’intervento potrebbero essere superati ricorrendo alla vitrectomia enzimatica con plasmina in associazione o in sostituzione della vitrectomia convenzionale. Inoltre, l’uso di plasmina autologa eviterebbe problemi di rigetto. La plasmina si ottiene attivando il plasminogeno con enzimi quali l’attivatore tissutale (tPA) e l’urochinasi ( uPA ) . La purificazione del plasminogeno dal sangue avviene normalmente attraverso cromatografia di affinità con resina. Tuttavia, le membrane di affinità costituiscono un supporto ideale per questa applicazione poiché possono essere facilmente impaccate prima dell’intervento, permettendo la realizzazione di un dispositivo monouso che fornisce un processo rapido ed economico. Obiettivo di questo lavoro è la preparazione di membrane di affinità per la purificazione del plasminogeno utilizzando L-lisina come ligando di affinità. Per questo scopo sono state usate membrane in cellulosa rigenerata ad attivazione epossidica, modificate con due diversi protocolli per l’immobilizzazione di L-lisina. La densità ligando è stata misurata mediante un saggio colorimetrico che usa l’acido arancio 7 come indicatore. La resa di immobilizzazione è stata studiata in funzione del tempo di reazione e della concentrazione di L-lisina. Le membrane ottimizzate sono state caratterizzate con esperimenti dinamici usando siero bovino e umano, i risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti in esperimenti paralleli condotti con una resina commerciale di affinità con L-lisina. Durante gli esperimenti con siero, le frazioni provenienti da ogni fase cromatografica sono state raccolte e analizzate con HPLC ed elettroforesi SDS-PAGE. In particolare, l’elettroforesi dei campioni eluiti presenta una banda del plasminogeno ben definita indicando che le membrane di affinità con L-lisina sono adatte alla purificazione del plasminogeno. Inoltre, è emerso che le membrane hanno maggiore produttività della resina commerciale di riferimento.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Composite laminates present important advantages compared to conventional monolithic materials, mainly because for equal stiffness and strength they have a weight up to four times lower. However, due to their ply-by-ply nature, they are susceptible to delamination, whose propagation can bring the structure to a rapid catastrophic failure. In this thesis, in order to increase the service life of composite materials, two different approaches were explored: increase the intrinsic resistance of the material or confer to them the capability of self-repair. The delamination has been hindered through interleaving the composite laminates with polymeric nanofibers, which completed the hierarchical reinforcement scale of the composite. The manufacturing process for the integration of the nanofibrous mat in the laminate was optimized, resulting in an enhancement of mode I fracture toughness up to 250%. The effect of the geometrical dimensions of the nano-reinforcement on the architecture of the micro one (UD and woven laminates) was studied on mode I and II. Moreover, different polymeric materials were employed as nanofibrous reinforcement (Nylon 66 and polyvinylidene fluoride). The nano toughening mechanism was studied by micrograph analysis of the crack path and SEM analysis of the fracture surface. The fatigue behavior to the onset of the delamination and the crack growth rate for woven laminates interleaved with Nylon 66 nanofibers was investigated. Furthermore, the impact behavior of GLARE aluminum-glass epoxy laminates, toughened with Nylon 66 nanofibers was investigated. Finally, the possibility of confer to the composite material the capability of self-repair was explored. An extrinsic self-healing-system, based on core-shell nanofibers filled with a two-component epoxy system, was developed by co-electrospinning technique. The healing potential of the nano vascular system has been proved by microscope electron observation of the healing agent release as result of the vessels rupture and the crosslinking reaction was verified by thermal analysis.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Composite materials characteristics are highly influenced by foreign objects impacts. My research focused on how a Low Velocity Impact and, therefore, Barely Visible Impact Damages, can reduce carbon/epoxy laminates compressive residual characteristics and which could be an improvement of their impact resistance. Solution was found out in Fibre Metal Laminates. Experimental and numerical analysis were performed on Carbon/Epoxy and Fibre Metal Laminate.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Monolithic materials cannot always satisfy the demands of today’s advanced requirements. Only by combining several materials at different length-scales, as nature does, the requested performances can be met. Polymer nanocomposites are intended to overcome the common drawbacks of pristine polymers, with a multidisciplinary collaboration of material science with chemistry, engineering, and nanotechnology. These materials are an active combination of polymers and nanomaterials, where at least one phase lies in the nanometer range. By mimicking nature’s materials is possible to develop new nanocomposites for structural applications demanding combinations of strength and toughness. In this perspective, nanofibers obtained by electrospinning have been increasingly adopted in the last decade to improve the fracture toughness of Fiber Reinforced Plastic (FRP) laminates. Although nanofibers have already found applications in various fields, their widespread introduction in the industrial context is still a long way to go. This thesis aims to develop methodologies and models able to predict the behaviour of nanofibrous-reinforced polymers, paving the way for their practical engineering applications. It consists of two main parts. The first one investigates the mechanisms that act at the nanoscale, systematically evaluating the mechanical properties of both the nanofibrous reinforcement phase (Chapter 1) and hosting polymeric matrix (Chapter 2). The second part deals with the implementation of different types of nanofibers for novel pioneering applications, trying to combine the well-known fracture toughness enhancement in composite laminates with improving other mechanical properties or including novel functionalities. Chapter 3 reports the development of novel adhesive carriers made of nylon 6,6 nanofibrous mats to increase the fracture toughness of epoxy-bonded joints. In Chapter 4, recently developed rubbery nanofibers are used to enhance the damping properties of unidirectional carbon fiber laminates. Lastly, in Chapter 5, a novel self-sensing composite laminate capable of detecting impacts on its surface using PVDF-TrFE piezoelectric nanofibers is presented.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Carbon Fiber Reinforced Polymers (CFRPs) display high specific mechanical properties, allowing the creation of lightweight components and products by metals replacement. To reach outstanding mechanical performances, the use of stiff thermoset matrices, like epoxy, is preferred. Laminated composites are commonly used for their ease of manipulation during object manufacturing. However, the natural anisotropic structure of laminates makes them vulnerable toward delamination. Moreover, epoxy-based CFRPs are very stiff materials, thus showing low damping capacity, which results in unwanted vibrations and structure-borne noise that may contribute to delamination triggering. Hence, searching for systems able to limit these drawbacks is of primary importance for safety reasons, as well as for economic ones. In this experimental thesis, the production and integration of innovative rubbery nanofibrous mats into CFRP laminates are presented. A smart approach, based on single-needle electrospinning of rubber-containing blends, is proposed for producing dimensionally stable rubbery nanofibers without the need for rubber crosslinking. Nano-modified laminates aim at obtaining structural composites with improved delamination resistance and enhanced damping capacity, without significantly lowering other relevant mechanical properties. The possibility of producing nanofibers nano-reinforced with graphene to be applied for reinforcing composite laminates is also investigated. Moreover, the use of piezoelectric nanofibrous mats in hybrid composite laminates for achieving self-sensing capability is presented too as a different approach to prevent the catastrophic consequences of possible structural laminate failure. Finally, an accurate, systematic, and critical study concerning tensile testing of nonwovens, using electrospun Nylon 66 random nanofibrous mats as a case study, is proposed. Nanofibers diameter and specimen geometry were investigated to thoroughly describe the nanomat tensile behaviour, also considering the polymer thermal properties, and the number of nanofibers crossings as a function of the nanofibers diameter. Stress-strain data were also analysed using a phenomenological data fitting model to interpret the tensile behaviour better.

Relevância:

10.00% 10.00%

Publicador:

Resumo:

Carbon Fiber Reinforced Polymers (CFRPs) are well renowned for their excellent mechanical properties, superior strength-to-weight characteristics, low thermal expansion coefficient, and fatigue resistance over any conventional polymer or metal. Due to the high stiffness of carbon fibers and thermosetting matrix, CFRP laminates may display some drawbacks, limiting their use in specific applications. Indeed, the overall laminate stiffness may lead to structural problems arising from their laminar structure, which makes them susceptible to structural failure by delamination. Moreover, such stiffness given by the constituents makes them poor at damping vibration, making the component more sensitive to noise and leading, at times, to delamination triggering. Nanofibrous mat interleaving is a smart way to increase the interlaminar fracture toughness: the use of thermoplastic polymers, such as poly(ε- caprolactone) (PCL) and polyamides (Nylons), as nonwovens are common and well established. Here, in this PhD thesis, a new method for the production of rubber-rich nanofibrous mats is presented. The use of rubbery nanofibers blended with PCL, widely reported in the literature, was used as matrix tougheners, processing DCB test results by evaluating Acoustic Emissions (AE). Moreover, water-soluble electrospun polyethylene oxide (PEO) nanofibers were proposed as an innovative method for reinforcing layers and hindering delamination in epoxy-based CFRP laminates. A nano-modified CFRP was then aged in water for 1 month and its delamination behaviour compared with the ones of the commercial laminate. A comprehensive study on the use of nanofibers with high rubber content, blended with a crystalline counterpart, as enhancers of the interlaminar properties were then investigated. Finally, PEO, PCL, and Nylon 66 nanofibers, plain or reinforced with Graphene (G), were integrated into epoxy-matrix CFRP to evaluate the effect of polymers and polymers + G on the laminate mechanical properties.