4 resultados para Demographic Data

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Deep learning methods are extremely promising machine learning tools to analyze neuroimaging data. However, their potential use in clinical settings is limited because of the existing challenges of applying these methods to neuroimaging data. In this study, first a data leakage type caused by slice-level data split that is introduced during training and validation of a 2D CNN is surveyed and a quantitative assessment of the model’s performance overestimation is presented. Second, an interpretable, leakage-fee deep learning software written in a python language with a wide range of options has been developed to conduct both classification and regression analysis. The software was applied to the study of mild cognitive impairment (MCI) in patients with small vessel disease (SVD) using multi-parametric MRI data where the cognitive performance of 58 patients measured by five neuropsychological tests is predicted using a multi-input CNN model taking brain image and demographic data. Each of the cognitive test scores was predicted using different MRI-derived features. As MCI due to SVD has been hypothesized to be the effect of white matter damage, DTI-derived features MD and FA produced the best prediction outcome of the TMT-A score which is consistent with the existing literature. In a second study, an interpretable deep learning system aimed at 1) classifying Alzheimer disease and healthy subjects 2) examining the neural correlates of the disease that causes a cognitive decline in AD patients using CNN visualization tools and 3) highlighting the potential of interpretability techniques to capture a biased deep learning model is developed. Structural magnetic resonance imaging (MRI) data of 200 subjects was used by the proposed CNN model which was trained using a transfer learning-based approach producing a balanced accuracy of 71.6%. Brain regions in the frontal and parietal lobe showing the cerebral cortex atrophy were highlighted by the visualization tools.

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Il danno epatico indotto dall'assunzione di farmaci viene comunemente indicato con il termine inglese DILI (Drug-Induced Liver Injury). Il paracetamolo rappresenta la causa più comune di DILI, seguito da antibiotici, FANS e farmaci antitubercolari. In particolare, i FANS sono una delle classi di farmaci maggiormente impiegate in terapia. Numerosi case report descrivono pazienti che hanno sviluppato danno epatico fatale durante il trattamento con FANS; molti di questi farmaci sono stati ritirati dal commercio in seguito a gravi reazioni avverse a carico del fegato. L'ultimo segnale di epatotossicità indotto da FANS è associato alla nimesulide; in alcuni paesi europei come la Finlandia, la Spagna e l'Irlanda, la nimesulide è stata sospesa dalla commercializzazione perché associata ad un'alta frequenza di epatotossicità. Sulla base dei dati disponibili fino a questo momento, l'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha recentemente concluso che i benefici del farmaco superano i rischi; un possibile aumento del rischio di epatotossicità associato a nimesulide rimane tuttavia una discussione aperta di cui ancora molto si dibatte. Tra le altre classi di farmaci che possono causare danno epatico acuto la cui incidenza tuttavia non è sempre ben definita sono gli antibiotici, quali amoxicillina e macrolidi, le statine e gli antidepressivi.Obiettivo dello studio è stato quello di determinare il rischio relativo di danno epatico indotto da farmaci con una prevalenza d'uso nella popolazione italiana maggiore o uguale al 6%. E’ stato disegnato uno studio caso controllo sviluppato intervistando pazienti ricoverati in reparti di diversi ospedali d’Italia. Il nostro studio ha messo in evidenza che il danno epatico da farmaci riguarda numerose classi farmacologiche e che la segnalazione di tali reazioni risulta essere statisticamente significativa per numerosi principi attivi. I dati preliminari hanno mostrato un valore di odds ratio significativo statisticamente per la nimesulide, i FANS, alcuni antibiotici come i macrolidi e il paracetamolo.

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OBIETTIVO : Quantificare le CECs/ml nei pazienti affetti da ischemia critica (IC) degli arti inferiori, eventuali correlazioni tra i fattori di rischio, lo stadio clinico con l’ aumento delle CECs. Valutare i cambiamenti strutturali (calcificazione ed infiltratto infiammatorio) e l’ angiogenesi (numero di capillari /sezione) della parete arteriosa. MATERIALI E METODI: Da Maggio 2006 ad Aprile 2008 in modo prospettico abbiamo arruolato paziente affetti da IC da sottoporre ad intervento chirurgico. In un data base abbiamo raccolto : caratteristiche demografiche, fattori di rischio, stadiazione dell'IC secondo Leriche-Fontaine (L-F), il tipo di intervento chirurgico. Per ogni paziente abbiamo effettuato un prelievo ematico di 2 ml per la quantificazione immunomagnetica delle CECs e prelievo di parete arteriosa. RISULTATI: In modo consecutivo abbiamo arruolato 33 pazienti (75.8% maschi) con età media di 71 aa (range 34-91aa), affetti da arteriopatia ostruttiva cronica periferica al IV stadio di L-F nel 84.8%, da cardiopatia ischemica cronica nel 60.6%, da ipertensione arteriosa nel 72.7% e da diabete mellito di II tipo nel 66.6%. Il valore medio di CECs/ml è risultato significativamente più elevato (p= 0.001) nei soggetti affetti da IC (CECs/ml =531.24 range 107- 3330) rispetto ai casi controllo (CECs/ml = 125.8 range 19-346 ). Le CECs/ml nei pazienti diabetici sono maggiori rispetto alle CECs/ml nei pazienti non diabetici ( 726.7 /ml vs 325.5/ml ), p< 0.05 I pazienti diabetici hanno presentato maggior incidenza di lesioni arteriose complesse rispetto ai non diabetici (66% vs 47%) e minor densità capillare (65% vs 87%). Conclusioni : Le CECs sono un marker sierologico attendibile di danno vascolare parietale, la loro quantità è maggiore nei pazienti diabetici e ipertesi. La minor capacità angiogenetica della parete arteriosa in presenza di maggior calcificazioni ed infiltrato infiammatorio nei diabetici, dimostra un danno istopatologico di parete maggiore .

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The aim of the thesis is to assess the impact of depression in people with type 2 diabetes. Using Healthcare Utilization Databases, I estimated in a large population-based cohort with type 2 diabetes the incidence of depression over 10 year-period, identified the demographic and clinical predictors of depression, and determined the extent to which depression is a risk factor for acute and long-term complications and mortality. In the context of COVID-19 pandemic, I evaluated whether the presence of a history of depression in type 2 diabetes increased the Emergency Department (ED) access rate for diabetes-related complications, and I investigated changes in the incidence of depression during the first year of the pandemic. Findings from the first study indicated that developing depression was associated with being a woman, being over 65 years, living in rural areas, having insulin as initial diabetes medication and having comorbid conditions; the study also confirmed that depression was associated with an increased risk for acute and long-term diabetes complications and all-cause mortality. The second observational study showed a higher rate of ED access for diabetes-related complications during the pandemic in people with type 2 diabetes and a history of depression than in those without a history of depression, similar to what was observed in a pre-pandemic period. As shown in the third population-based study, the incidence of depression decreased in 2020 compared to 2019, mainly during the first and the second waves of the COVID-19 pandemic, when people probably had difficulty reaching healthcare services. This new real-world evidence will help healthcare professionals identify timely patients at high risk of developing depression. Lastly, policymakers and physicians will benefit from new evidence of the effects of the COVID-19 pandemic on depression in people with type 2 diabetes to ensure a high level of care during crisis periods.