16 resultados para DNA GLYCOSYLASE-I
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
DNA elongation is performed by Pol III α subunit in E. coli, stimulated by the association with ε and θ subunits. These three subunits define the DNA Pol III catalytic core. There is controversy about the DNA Pol III assembly for the simultaneous control of lagging and leading strands replication, since some Authors propose a dimeric model with two cores, whereas others have assembled in vitro a trimeric DNA Pol III with a third catalytic core, which increases the efficiency of DNA replication. Moreover, the function of the PHP domain, located at the N-terminus of α subunit, is still unknown. Previous studies hypothesized a possible pyrophosphatase activity, not confirmed yet. The present Thesis highlights by the first time the production in vivo of a trimeric E. coli DNA Pol III by co-expressing α, τ, ε and θ subunits. This trimeric complex has been enzymatically characterized and a molecular model has been proposed, with 2 α subunits sustaining the lagging-strand replication whereas the third core replicates the leading strand. In addition, the pyrophosphatase activity of the PHP domain has been confirmed. This activity involves, at least, the H12 and the D19 residues, whereas the D201 regulates phosphate release. On the other hand, an artificial polymerase (HoLaMa), designed by deleting the exonuclease domain of Klenow Fragment, has been expressed, purified and characterized for a better understanding of bacterial polymerases mechanism. The absence of exonuclease domain impaired enzyme processivity, since this domain is involved in DNA binding. Finally, Klenow enzyme, HoLaMa, α subunit and DNA Pol III αεθ have been characterized at the single-molecule level by FRET analysis, combining ALEX and TIRF microscopy. Fluorescently-labeled DNA molecules were immobilized, and changes in FRET efficiency enabled us to study polymerase binding and DNA polymerization.
Resumo:
La variabilità genetica è un importante strumento per lo studio e la conservazione della biodiversità in specie rare e minacciate di estinzione. Durante il mio dottorato mi sono quindi occupata di mettere a punto diverse metodologie molecolari al fine di valutare la diversità genetica in due specie rare della flora italiana che presentano problematiche diverse e specifiche. I marcatori arbitrari RAPD e i marcatori semi-arbitrari ISSR sono stati utilizzati per valutare la diversità genetica in Quercus crenata Lam. e per confermare l’ipotesi della sua origine ibridogena dalle due specie presunte parentali Quercus cerris L. e Quercus suber L., essendo Q. crenata presente in Italia settentrionale dove Q. suber è attualmente assente. I marcatori SSR o microsatelliti sono invece stati messi a punto su una specie a rischio di estinzione, endemica dell’Appennino Tosco-Emiliano, Primula apennina Widmer, applicando una metodologia specifica, basata sulla costruzione di una libreria genomica arricchita per l’isolamento di primer specifici. I marcatori RAPD e ISSR, utilizzati su un totale di 85 campioni, hanno mostrato alti livelli di diversità molecolare entro le specie studiate, eccetto per Q. suber le cui popolazioni rappresentano il margine orientale di distribuzione della specie, per questo più sottoposte ad impoverimento genetico. Oltre alla cluster analysis (UPGMA) e alla Analisi delle Componenti Principali effettuate per entrambi i marcatori, che confermano l’ipotesi dell’origine ibrida degli individui di Q. crenata diffusi in Italia Settentrionale, sono stati calcolati l’indice di ibridità basato sul maximum likelihood, che dimostra una introgressione asimmetrica di Q. crenata verso il parentale caratterizzato da superiorità demografica (Q. cerris) e il test di Mantel. Quest’ultimo ha permesso di confrontare i due marcatori RAPD e ISSR utilizzati ottenendo una bassa correlazione, a conferma del fatto che, amplificando tratti differenti del DNA nucleare, i dati non sono sovrapponibili, sebbene forniscano risultati analoghi. Per l’isolamento di loci microsatelliti ipervariabili ho utilizzato il protocolllo FIASCO (Fast isolation by AFLP of sequences containing repeats- Zane et al. 2002) che permette di costruire una libreria genomica arricchita partendo dal DNA estratto da P. apennina. Tale procedura ha previsto la digestione del DNA genomico per la produzione di una miscela di frammenti di DNA. Tramite ibridazione con opportune sonde sono stati isolati i frammenti contenenti i microsatelliti. Sequenziando i cloni ricombinanti, ho ottenuto sequenze contenenti repeats sulle cui regioni fiancheggianti sono stati costruiti 15 coppie di primer che potranno, in seguito, essere utilizzate per definire la quota di riproduzione clonale in P. apennina e per valutare la diversità genetica delle popolazioni che coprono l’areale di distribuzione della specie. Data la loro natura altamente variabile e la loro abbondanza nel DNA, gli SSR saranno, come i marcatori RAPD e gli ISSR, ugualmente validi per lo studio della variabilità genetica e per l’analisi di problematiche specifiche legate alle specie rare.
Resumo:
La narcolessia è un disturbo del sonno disabilitante caratterizzato da eccessiva sonnolenza diurna associata a disturbi del sonno REM che si manifestano con cataplessia (improvvisa perdita del tono muscolare scatenata da forti emozioni), paralisi del sonno (all’addormentamento o al risveglio) e allucinazioni ipnagogiche. Al momento attuale sono in corso studi di genome-wide solo sul genoma nucleare, l'unico ulteriore materiale genetico non indagato finora per una eventuale predisposizione genetica multifattoriale alla narcolessia è il genoma mitocondriale, che, a causa della sua variabilità, possiede un potenziale ruolo protettivo/predisponente nell’ambito di diverse malattie neurodegenerative, metaboliche ed infettive. Come obiettivo della tesi si propone la ricerca di eventuali polimorfismi sul DNA mitocondriale in grado di agire come fattori di suscettibilità/protezione nei confronti della narcolessia e di confermare quindi l’importante legame tra metabolismo bioenergetico, beta ossidazione e narcolessia. In particolare, vista la già nota capacità degli aplogruppi mitocondriali di modulare l’espressione di diverse malattie neurodegenerative, sono stati identificati i principali aplogruppi mitocondriali in un campione di pazienti con narcolessia successivamente confrontati con una popolazione di controllo per cercare eventuali differenze di distribuzione statisticamente significative tra le due popolazioni. I risultati presentati in questo studio completano con l’analisi del DNA mitocondriale i precedenti studi “genome wide”. L’assenza di associazione statisticamente significativa tra aplogruppi mitocondriali e narcolessia non esclude ancora il ruolo che la variabilità genetica del DNA mitocondriale può giocare nella patogenesi della narcolessia. La definitiva esclusione può essere conclusa solo espandendo la coorte dei pazienti studiati e considerando possibilmente origini etnico-geografiche diverse.
Resumo:
The repressor element 1-silencing transcription factor (REST) was first identified as a protein that binds to a 21-bp DNA sequence element (known as repressor element 1 (RE1)) resulting in transcriptional repression of the neural-specific genes [Chong et al., 1995; Schoenherr and Anderson, 1995]. The original proposed role for REST was that of a factor responsible for restricting neuronal gene expression to the nervous system by silencing expression of these genes in non-neuronal cells. Although it was initially thought to repress neuronal genes in non-neuronal cells, the role of REST is complex and tissue dependent. In this study I investigated any role played by REST in the induction and patterning of differentiation of SH-SY5Y human neuroblastoma cells exposed to IGF-I. and phorbol 12- myristate 13-acetate (PMA) To down-regulate REST expression we developed an antisense (AS) strategy based on the use of phosphorothioate oligonucleotides (ODNs). In order to evaluate REST mRNA levels, we developed a real-time PCR technique and REST protein levels were evaluated by western blotting. Results showed that nuclear REST is increased in SH-SY5Y neuroblastoma cells cultured in SFM and exposed to IGF-I for 2-days and it then declines in 5-day-treated cells concomitant with a progressive neurite extension. Also the phorbol ester PMA was able to increase nuclear REST levels after 3-days treatment concomitant to neuronal differentiation of neuroblastoma cells, whereas, at later stages, it is down-regulated. Supporting these data, the exposure to PKC inhibitors (GF10923X and Gö6976) and PMA (16nM) reverted the effects observed with PMA alone. REST levels were related to morphological differentiation, expression of growth coneassociated protein 43 (GAP-43; a gene not regulated by REST) and of synapsin I and βIII tubulin (genes regulated by REST), proteins involved in the early stage of neuronal development. We observed that differentiation of SH-SY5Y cells by IGF-I and PMA was accompanied by a significant increase of these neuronal markers, an effect that was concomitant with REST decrease. In order to relate the decreased REST expression with a progressive neurite extension, I investigated any possible involvement of the ubiquitin–proteasome system (UPS), a multienzymatic pathway which degrades polyubiquinated soluble cytoplasmic proteins [Pickart and Cohen, 2004]. For this purpose, SH-SY5Y cells are concomitantly exposed to PMA and the proteasome inhibitor MG132. In SH-SY5Y exposed to PMA and MG 132, we observed an inverse pattern of expression of synapsin I and β- tubulin III, two neuronal differentiation markers regulated by REST. Their cytoplasmic levels are reduced when compared to cells exposed to PMA alone, as a consequence of the increase of REST expression by proteasome inhibitor. The majority of proteasome substrates identified to date are marked for degradation by polyubiquitinylation; however, exceptions to this principle, are well documented [Hoyt and Coffino, 2004]. Interestingly, REST degradation seems to be completely ubiquitin-independent. The expression pattern of REST could be consistent with the theory that, during early neuronal differentiation induced by IGF-I and PKC, it may help to repress the expression of several genes not yet required by the differentiation program and then it declines later. Interestingly, the observation that REST expression is progressively reduced in parallel with cell proliferation seems to indicate that the role of this transcription factor could also be related to cell survival or to counteract apotosis events [Lawinger et al., 2000] although, as shown by AS-ODN experiments, it does not seem to be directly involved in cell proliferation. Therefore, the decline of REST expression is a comparatively later event during maturation of neuroroblasts in vitro. Thus, we propose that REST is regulated by growth factors, like IGF-I, and PKC activators in a time-dependent manner: it is elevated during early steps of neural induction and could contribute to down-regulate genes not yet required by the differentiation program while it declines later for the acquisition of neural phenotypes, concomitantly with a progressive neurite extension. This later decline is regulated by the proteasome system activation in an ubiquitin-indipendent way and adds more evidences to the hypothesis that REST down-regulation contributes to differentiation and arrest of proliferation of neuroblastoma cells. Finally, the glycosylation pattern of the REST protein was analysed, moving from the observation that the molecular weight calculated on REST sequence is about 116 kDa but using western blotting this transcription factor appears to have distinct apparent molecular weight (see Table 1.1): this difference could be explained by post-translational modifications of the proteins, like glycosylation. In fact recently, several studies underlined the importance of O-glycosylation in modulating transcriptional silencing, protein phosphorylation, protein degradation by proteasome and protein–protein interactions [Julenius et al., 2005; Zachara and Hart, 2006]. Deglycosilating analysis showed that REST protein in SH-SY5Y and HEK293 cells is Oglycosylated and not N-glycosylated. Moreover, using several combination of deglycosilating enzymes it is possible to hypothesize the presence of Gal-β(1-3)-GalNAc residues on the endogenous REST, while β(1-4)-linked galactose residues may be present on recombinant REST protein expressed in HEK293 cells. However, the O-glycosylation process produces an immense multiplicity of chemical structures and monosaccharides must be sequentially hydrolyzed by a series of exoglycosidase. Further experiments are needed to characterize all the post-translational modification of the transcription factor REST.
Resumo:
Theory of aging postulates that aging is a remodeling process where the body of survivors progressively adapts to internal and external damaging agents they are exposed to during several decades. Thus , stress response and adaptation mechanisms play a fundamental role in the aging process where the capability of adaptating effects, certainly, also is related the lifespan of each individual. A key gene linking aging to stress response is indeed p21, an induction of cyclin-dependent kinase inhibitor which triggers cell growth arrest associated with senescence and damage response and notably is involved in the up-regulation of multiple genes that have been associated with senescence or implicated in age-related . This PhD thesis project that has been performed in collaboration with the Roninson Lab at Ordway Research Institute in Albany, NY had two main aims: -the testing the hypothesis that p21 polymorphisms are involved in longevity -Evaluating age-associated differences in gene expression and transcriptional response to p21 and DNA damage In the first project, trough PCR-sequencing and Sequenom strategies, we we found out that there are about 30 polymorphic variants in the p21 gene. In addition, we found an haplotpype located in -5kb region of the p21 promoter whose frequency is ~ 2 fold higher in centenarians than in the general population (Large-scale analysis of haplotype frequencies is currently in progress). Functional studies I carried out on the promoter highilighted that the ―centenarian‖ haplotype doesn’t affect the basal p21 promoter activity or its response to p53. However, there are many other possible physiological conditions in which the centenarian allele of the p21 promoter may potentially show a different response (IL6, IFN,progesterone, vitamin E, Vitamin D etc). In the second part, project #2, trough Microarrays we seeked to evaluate the differences in gene expression between centenarians, elderly, young in dermal fibroblast cultures and their response to p21 and DNA damage. Microarray analysis of gene expression in dermal fibroblast cultures of individuals of different ages yielded a tentative "centenarian signature". A subset of genes that were up- or downregulated in centenarians showed the same response to ectopic expression of p21, yielding a putative "p21-centenarian" signature. Trough RQ-PCR (as well Microarrays studies whose analysis is in progress) we tested the DNA damage response of the p21-centenarian signature genes showing a correlation stress/aging in additional sets of young and old samples treated with p21-inducing drug doxorubicin thus finding for a subset of of them , a response to stress age-related.
Resumo:
La regolazione dell’espressione genica è un processo molto complesso e finemente controllato da fattori multipli, tra i quali quelli epigenetici hanno richiamato l’attenzione nell’ultima decade. I meccanismi di regolazione epigenetica comprendono la metilazione del DNA a livello delle isole CpG nella regione del promotore del gene e le modifiche istoniche post-traduzionali, quali acetilazioni e metilazioni. Questa serie di elementi di regolazione concorre a determinare uno stato di impacchettamento della cromatina più o meno rilassato, che influenzerà la trascrizione di geni critici, per esempio nello sviluppo o nelle neoplasie. Gli ambiti nei quali lo studio del profilo epigenetico ha assunto maggiore rilievo sono effettivamente quello oncologico e quello del differenziamento di cellule staminali, due contesti nei quali si è svolto il mio programma di Dottorato, nel quale ho seguito in parallelo più progetti presentati nella tesi in modo indipendente. La ricerca in campo tumorale è centrata sull’indagine di nuovi marcatori e sull’individuazione di profili epigenetici specifici per un determinato tumore che possano aiutare la diagnostica precoce, la classificazione e la sorveglianza dell’evoluzione clinica della neoplasia. In questo contesto si inserisce il progetto finalizzato alla costruzione di quadri associativi di metilazione in due tumori cerebrali, il glioblastoma (GBM) e l’oligodendroglioma (ODG). La casistica di GBM e di ODG in dotazione è stata valutata dal punto di vista della metilazione dei promotori di geni (MGMT, EMP3,..) con funzioni oncosoppressive e trovati ipermetilati anche in altri tumori o localizzati in regioni citologicamente instabili, per poter correlare questi dati con la risposta terapeutica nel caso del GBM o con i dati di perdita di eterozigosità (LOH) 1p19q nel caso dell’ODG. Parallelamente all’individuazione di marcatori epigenetici in ambito oncologico, la ricerca si sta muovendo anche nell’indagine di nuove potenziali terapie farmacologiche antitumorali su base epigenetica. In questo contesto, con lo scopo di approfondire le relazioni tra i meccanismi alla base della regolazione epigenetica, ci si è riproposti di valutare la correlazione tra il meccanismo di metilazione/demetilazione del DNA e quello di acetilazione/deacetilazione istonica e la loro vicendevole influenza nel determinare silenziamento genico piuttosto che riattivazione dell’espressione di geni ipermetilati. Sono stati usati farmaci epigenetici demetilanti, quali Azacitidina e Decitabina, inibitori della istone deacetilasi, quali la Tricostatina A, e inibitori della via di sintesi di molecole, le poliammine, coinvolte nella regolazione dell’espressione genica con modalità ancora da precisare in modo definitivo. Sebbene i meccanismi di regolazione epigenetica vengano studiati per lo più nel cancro, a causa delle gravi conseguenze che una loro disregolazione porta in termini di silenziamento di geni oncosoppressori, essi sono implicati fisiologicamente anche nel differenziamento di cellule staminali. Gli ultimi due progetti trattati nella tesi si contestualizzano in questo ambito. In particolare viene presentata la messa a punto di una metodologia di immunoprecipitazione sequenziale della cromatina finalizzata all’individuazione di due modificazioni istoniche associate alla stessa regione di DNA. Le modifiche hanno riguardato i marcatori rappresenatativi di cromatina trascrizionalmente repressa H3K27me3 (trimetilazione della Lys27 dell’istone H3) e di cromatina trascrizionalmente attiva H3K24me2 (dimetilazione della Lys4 dell’istone H3) che definiscono i domini detti bivalenti, associati a geni che codificano per fattori di trascrizione che regolano lo sviluppo in cellule embrionali staminali, mantenendoli pronti per un veloce indirizzamento verso l’ attivazione trascrizionale. Il ruolo che la regolazione epigenetica svolge durante il differenziamento di cellule staminali non è ancora noto con precisione. È chiaro però che la memoria della linea cellulare verso la quale si differenzia una cellula staminale adulta, implica l’utilizzo di modifiche epigenetiche, quali la metilazione del DNA e correlati pattern di metilazione e acetilazione istonica. L’ultimo progetto, trattato, è stato finalizzato a verificare il coinvolgimento dell’epigenetica e in particolare della metilazione dei promotori di fattori trascrizionali precocemente attivati durante il differenziamento verso il fenotipo muscolare cardiaco di cellule staminali umane derivate da tessuto adiposo (ADSCs).
Resumo:
The mitochondrion is an essential cytoplasmic organelle that provides most of the energy necessary for eukaryotic cell physiology. Mitochondrial structure and functions are maintained by proteins of both mitochondrial and nuclear origin. These organelles are organized in an extended network that dynamically fuses and divides. Mitochondrial morphology results from the equilibrium between fusion and fission processes, controlled by a family of “mitochondria-shaping” proteins. It is becoming clear that defects in mitochondrial dynamics can impair mitochondrial respiration, morphology and motility, leading to apoptotic cell death in vitro and more or less severe neurodegenerative disorders in vivo in humans. Mutations in OPA1, a nuclear encoded mitochondrial protein, cause autosomal Dominant Optic Atrophy (DOA), a heterogeneous blinding disease characterized by retinal ganglion cell degeneration leading to optic neuropathy (Delettre et al., 2000; Alexander et al., 2000). OPA1 is a mitochondrial dynamin-related guanosine triphosphatase (GTPase) protein involved in mitochondrial network dynamics, cytochrome c storage and apoptosis. This protein is anchored or associated on the inner mitochondrial membrane facing the intermembrane space. Eight OPA1 isoforms resulting from alternative splicing combinations of exon 4, 4b and 5b have been described (Delettre et al., 2001). These variants greatly vary among diverse organs and the presence of specific isoforms has been associated with various mitochondrial functions. The different spliced exons encode domains included in the amino-terminal region and contribute to determine OPA1 functions (Olichon et al., 2006). It has been shown that exon 4, that is conserved throughout evolution, confers functions to OPA1 involved in maintenance of the mitochondrial membrane potential and in the fusion of the network. Conversely, exon 4b and exon 5b, which are vertebrate specific, are involved in regulation of cytochrome c release from mitochondria, and activation of apoptosis, a process restricted to vertebrates (Olichon et al., 2007). While Mgm1p has been identified thanks to its role in mtDNA maintenance, it is only recently that OPA1 has been linked to mtDNA stability. Missense mutations in OPA1 cause accumulation of multiple deletions in skeletal muscle. The syndrome associated to these mutations (DOA-1 plus) is complex, consisting of a combination of dominant optic atrophy, progressive external ophtalmoplegia, peripheral neuropathy, ataxia and deafness (Amati- Bonneau et al., 2008; Hudson et al., 2008). OPA1 is the fifth gene associated with mtDNA “breakage syndrome” together with ANT1, PolG1-2 and TYMP (Spinazzola et al., 2009). In this thesis we show for the first time that specific OPA1 isoforms associated to exon 4b are important for mtDNA stability, by anchoring the nucleoids to the inner mitochondrial membrane. Our results clearly demonstrate that OPA1 isoforms including exon 4b are intimately associated to the maintenance of the mitochondrial genome, as their silencing leads to mtDNA depletion. The mechanism leading to mtDNA loss is associated with replication inhibition in cells where exon 4b containing isoforms were down-regulated. Furthermore silencing of exon 4b associated isoforms is responsible for alteration in mtDNA-nucleoids distribution in the mitochondrial network. In this study it was evidenced that OPA1 exon 4b isoform is cleaved to provide a 10kd peptide embedded in the inner membrane by a second transmembrane domain, that seems to be crucial for mitochondrial genome maintenance and does correspond to the second transmembrane domain of the yeasts orthologue encoded by MGM1 or Msp1, which is also mandatory for this process (Diot et al., 2009; Herlan et al., 2003). Furthermore in this thesis we show that the NT-OPA1-exon 4b peptide co-immuno-precipitates with mtDNA and specifically interacts with two major components of the mitochondrial nucleoids: the polymerase gamma and Tfam. Thus, from these experiments the conclusion is that NT-OPA1- exon 4b peptide contributes to the nucleoid anchoring in the inner mitochondrial membrane, a process that is required for the initiation of mtDNA replication and for the distribution of nucleoids along the network. These data provide new crucial insights in understanding the mechanism involved in maintenance of mtDNA integrity, because they clearly demonstrate that, besides genes implicated in mtDNA replications (i.e. polymerase gamma, Tfam, twinkle and genes involved in the nucleotide pool metabolism), OPA1 and mitochondrial membrane dynamics play also an important role. Noticeably, the effect on mtDNA is different depending on the specific OPA1 isoforms down-regulated, suggesting the involvement of two different combined mechanisms. Over two hundred OPA1 mutations, spread throughout the coding region of the gene, have been described to date, including substitutions, deletions or insertions. Some mutations are predicted to generate a truncated protein inducing haploinsufficiency, whereas the missense nucleotide substitutions result in aminoacidic changes which affect conserved positions of the OPA1 protein. So far, the functional consequences of OPA1 mutations in cells from DOA patients are poorly understood. Phosphorus MR spectroscopy in patients with the c.2708delTTAG deletion revealed a defect in oxidative phosphorylation in muscles (Lodi et al., 2004). An energetic impairment has been also show in fibroblasts with the severe OPA1 R445H mutation (Amati-Bonneau et al., 2005). It has been previously reported by our group that OPA1 mutations leading to haploinsufficiency are associated in fibroblasts to an oxidative phosphorylation dysfunction, mainly involving the respiratory complex I (Zanna et al., 2008). In this study we have evaluated the energetic efficiency of a panel of skin fibroblasts derived from DOA patients, five fibroblast cell lines with OPA1 mutations causing haploinsufficiency (DOA-H) and two cell lines bearing mis-sense aminoacidic substitutions (DOA-AA), and compared with control fibroblasts. Although both types of DOA fibroblasts maintained a similar ATP content when incubated in a glucose-free medium, i.e. when forced to utilize the oxidative phosphorylation only to produce ATP, the mitochondrial ATP synthesis through complex I, measured in digitonin-permeabilized cells, was significantly reduced in cells with OPA1 haploinsufficiency only, whereas it was similar to controls in cells with the missense substitutions. Furthermore, evaluation of the mitochondrial membrane potential (DYm) in the two fibroblast lines DOA-AA and in two DOA-H fibroblasts, namely those bearing the c.2819-2A>C mutation and the c.2708delTTAG microdeletion, revealed an anomalous depolarizing response to oligomycin in DOA-H cell lines only. This finding clearly supports the hypothesis that these mutations cause a significant alteration in the respiratory chain function, which can be unmasked only when the operation of the ATP synthase is prevented. Noticeably, oligomycin-induced depolarization in these cells was almost completely prevented by preincubation with cyclosporin A, a well known inhibitor of the permeability transition pore (PTP). This results is very important because it suggests for the first time that the voltage threshold for PTP opening is altered in DOA-H fibroblasts. Although this issue has not yet been addressed in the present study, several are the mechanisms that have been proposed to lead to PTP deregulation, including in particular increased reactive oxygen species production and alteration of Ca2+ homeostasis, whose role in DOA fibroblasts PTP opening is currently under investigation. Identification of the mechanisms leading to altered threshold for PTP regulation will help our understanding of the pathophysiology of DOA, but also provide a strategy for therapeutic intervention.
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REST is a zinc-finger transcription factor implicated in several processes such as maintenance of embryonic stem cell pluripotency and regulation of mitotic fidelity in non-neuronal cells [Chong et al., 1995]. The gene encodes for a 116-kDa protein that acts as a molecular platform for co-repressors recruitment and promotes modifications of DNA and histones [Ballas, 2005]. REST showed different apparent molecular weights, consistent with the possible presence of post-translational modifications [Lee et al., 2000]. Among these the most common is glycosylation, the covalent attachment of carbohydrates during or after protein synthesis [Apweiler et al., 1999] My thesis has ascertained, for the first time, the presence of glycan chians in the transcription factor REST. Through enzymatic deglycosylation and MS, oligosaccharide composition of glycan chains was evaluated: a complex mixture of glycans, composed of N-acetylgalactosamine, galactose and mannose, was observed thus confirming the presence of O- and N-linked glycan chains. Glycosylation site mapping was done using a 18O-labeling method and MS/MS and twelve potential N-glycosylation sites were identified. The most probable glycosylation target residues were mutated through site-directed mutagenesis and REST mutants were expressed in different cell lines. Variations in the protein molecular weight and mutant REST ability to bind the RE-1 sequence were analyzed. Gene reporter assays showed that, altogether, removal of N-linked glycan chains causes loss of transcriptional repressor function, except for mutant N59 which showed a slight residual repressor activity in presence of IGF-I. Taken togheter these results demonstrate the presence of complex glycan chians in the transcription factor REST: I have depicted their composition, started defining their position on the protein backbone and identified their possible role in the transcription factor functioning. Considering the crucial role of glycosylation and transcription factors activity in the aetiology of many diseases, any further knowledge could find important and interesting pharmacological application.
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L’ampliamento dello spettro d’ospite è strettamente connesso al processo evolutivo a cui i virus sono assoggettati e rappresenta una notevole sfida alla loro capacità di adattarsi. L’attitudine a superare le barriere di specie è conseguente alla costante e relativamente rapida evoluzione che caratterizza i virus; allo stesso tempo, la forza selettiva esercitata dal nuovo ospite rappresenterà un ulteriore stimolo per le capacità adattative del virus. Ad oggi, i meccanismi genetici ed evolutivi responsabili del salto di specie virale, cioè la trasmissione di un virus da un ospite tradizionale ad uno precedentemente resistente all’infezione, sono parzialmente sconosciuti. Nel seguente lavoro verranno presentati gli studi effettuati sulle dinamiche evolutive caratterizzanti virus a RNA e a DNA in cui si sono osservate variazioni dello spettro d’ospite. Gli studi hanno riguardato i coronavirus, con particolare riferimento al ruolo svolto dai pipistrelli nell’evoluzione dei coronavirus SARS-correlati, e l’importanza del gatto nell’evoluzione dei parvovirus dei carnivori. Nella prima sezione saranno mostrate le correlazioni genetiche dei coronavirus identificati in Italia nei pipistrelli appartenenti alla specie Rhinolophus ferrumequinum con i ceppi europei e del resto del mondo, allo scopo di chiarire l’origine evolutiva dei coronavirus dei pipistrelli correlati al virus della SARS (Bat-SARS-like CoV) europei, gli eventi migratori che hanno caratterizzato la loro diffusione nel continente e le potenziali ripercussioni sulla salute pubblica. Nella seconda sezione saranno evidenziate le caratteristiche molecolari dei ceppi di parvovirus circolanti nella popolazione felina, valutandone la diversità di sequenza e la complessità genetica, allo scopo di ottenere importanti informazioni in merito all’evoluzione del virus e alle interazioni tra il parvovirus e l’ospite.
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Heavy pig breeding in Italy is mainly oriented for the production of high quality processed products. Of particular importance is the dry cured ham production, which is strictly regulated and requires specific carcass characteristics correlated with green leg characteristics. Furthermore, as pigs are slaughtered at about 160 kg live weight, the Italian pig breeding sector faces severe problems of production efficiency that are related to all biological aspects linked to growth, feed conversion, fat deposition and so on. It is well known that production and carcass traits are in part genetically determined. Therefore, as a first step to understand genetic basis of traits that could have a direct or indirect impact on dry cured ham production, a candidate gene approach can be used to identify DNA markers associated with parameters of economic importance. In this thesis, we investigated three candidate genes for carcass and production traits (TRIB3, PCSK1, MUC4) in pig breeds used for dry cured ham production, using different experimental approaches in order to find molecular markers associated with these parameters.
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Il core catalitico della DNA polimerasi III, composto dalle tre subunità α, ε e θ, è il complesso minimo responsabile della replicazione del DNA cromosomiale in Escherichia coli. Nell'oloenzima, α ed ε possiedono rispettivamente un'attività 5'-3' polimerasica ed un'attività 3'-5' esonucleasica, mentre θ non ha funzioni enzimatiche. Il presente studio si è concentrato sulle regioni del core che interagiscono direttamente con ε, ovvero θ (interagente all'estremità N-terminale di ε) e il dominio PHP di α (interagente all'estremità C-terminale di ε), delle quali non è stato sinora identificato il ruolo. Al fine di assegnare loro una funzione sono state seguite tre linee di ricerca parallele. Innanzitutto il ruolo di θ è stato studiato utilizzando approcci ex-vivo ed in vivo. I risultati presentati in questo studio mostrano che θ incrementa significativamente la stabilità della subunità ε, intrinsecamente labile. Durante gli esperimenti condotti è stata anche identificata una nuova forma dimerica di ε. Per quanto la funzione del dimero non sia definita, si è dimostrato che esso è attivamente dissociato da θ, che potrebbe quindi fungere da suo regolatore. Inoltre, è stato ritrovato e caratterizzato il primo fenotipo di θ associato alla crescita. Per quanto concerne il dominio PHP, si è dimostrato che esso possiede un'attività pirofosfatasica utilizzando un nuovo saggio, progettato per seguire le cinetiche di reazione catalizzate da enzimi rilascianti fosfato o pirofosfato. L'idrolisi del pirofosfato catalizzata dal PHP è stata dimostrata in grado di sostenere l'attività polimerasica di α in vitro, il che suggerisce il suo possibile ruolo in vivo durante la replicazione del DNA. Infine, è stata messa a punto una nuova procedura per la coespressione e purificazione del complesso α-ε-θ
Resumo:
Recenti analisi sull’intero trascrittoma hanno rivelato una estensiva trascrizione di RNA non codificanti (ncRNA), le quali funzioni sono tuttavia in gran parte sconosciute. In questo lavoro è stato dimostrato che alte dosi di camptotecina (CPT), un farmaco antitumorale inibitore della Top1, aumentano la trascrizione di due ncRNA antisenso in 5’ e 3’ (5'aHIF-1α e 3'aHIF-1α rispettivamente) al locus genico di HIF-1α e diminuiscono i livelli dell’mRNA di HIF-1α stesso. Gli effetti del trattamento sono Top1-dipendenti, mentre non dipendono dal danno al DNA alla forca di replicazione o dai checkpoint attivati dal danno al DNA. I ncRNA vengono attivati in risposta a diversi tipi di stress, il 5'aHIF-1α è lungo circa 10 kb e possiede sia il CAP in 5’ sia poliadenilazione in 3’ (in letteratura è noto che il 3'aHIF-1α è un trascritto di 1,7 kb, senza 5’CAP né poliadenilazione). Analisi di localizzazione intracellulare hanno dimostrato che entrambi sono trascritti nucleari. In particolare 5'aHIF-1α co-localizza con proteine del complesso del poro nucleare, suggerendo un suo possibile ruolo come mediatore degli scambi della membrana nucleare. È stata dimostrata inoltre la trascrizione dei due ncRNA in tessuti di tumore umano del rene, evidenziandone possibili ruoli nello sviluppo del cancro. È anche noto in letteratura che basse dosi di CPT in condizioni di ipossia diminuiscono i livelli di proteina di HIF-1α. Dopo aver dimostrato su diverse linee cellulari che i due ncRNA sopracitati non potessero essere implicati in tale effetto, abbiamo studiato le variazioni dell’intero miRnoma alle nuove condizioni sperimentali. In tal modo abbiamo scoperto che il miR-X sembra essere il mediatore molecolare dell’abbattimento di HIF-1α dopo trattamento con basse dosi di CPT in ipossia. Complessivamente, questi risultati suggeriscono che il fattore di trascrizione HIF-1α venga finemente regolato da RNA non-codificanti indotti da danno al DNA.
Resumo:
Diseases due to mutations in mitochondrial DNA probably represent the most common form of metabolic disorders, including cancer, as highlighted in the last years. Approximately 300 mtDNA alterations have been identified as the genetic cause of mitochondrial diseases and one-third of these alterations are located in the coding genes for OXPHOS proteins. Despite progress in identification of their molecular mechanisms, little has been done with regard to the therapy. Recently, a particular gene therapy approach, namely allotopic expression, has been proposed and optimized, although the results obtained are rather controversial. In fact, this approach consists in synthesis of a wild-type version of mutated OXPHOS protein in the cytosolic compartment and in its import into mitochondria, but the available evidence is based only on the partial phenotype rescue and not on the demonstration of effective incorporation of the functional protein into respiratory complexes. In the present study, we took advantage of a previously analyzed cell model bearing the m.3571insC mutation in MTND1 gene for the ND1 subunit of respiratory chain complex I. This frame-shift mutation induces in fact translation of a truncated ND1 protein then degraded, causing complex I disassembly, and for this reason not in competition with that allotopically expressed. We show here that allotopic ND1 protein is correctly imported into mitochondria and incorporated in complex I, promoting its proper assembly and rescue of its function. This result allowed us to further confirm what we have previously demonstrated about the role of complex I in tumorigenesis process. Injection of the allotopic clone in nude mice showed indeed that the rescue of complex I assembly and function increases tumor growth, inducing stabilization of HIF1α, the master regulator of tumoral progression, and consequently its downstream gene expression activation.
Resumo:
I virus tumorali inducono oncogenesi nel loro ospite naturale o in sistemi animali sperimentali, manipolando diverse vie cellulari. Ad oggi, sono stati identificati sette virus capaci di causare specifici tumori umani. Inoltre HPV, JCV ed SV40, sono stati associati con un grande numero di tumori umani in sedi corporee non convenzionali, ma, nonostante molti anni di ricerca, nessuna eziologia virale è stata ancora confermata. Lo scopo di questo studio è stato di valutare la presenza ed il significato sia di JCV ed SV40 in tumori ossei umani, e di HPV nel carcinoma della mammella (BC), galattoforectomie (GF), secrezioni mammarie patologiche (ND) e glioblastoma multiforme (GBM). Tecniche di biologia molecolare sono state impiegate per esaminare campioni di tessuto tumorale di 70 tumori ossei (20 osteosarcomi [OS], 20 tumori a cellule giganti [TCG], 30 condrosarcomi [CS]), 168 BCs , 30 GFs, 59 GBM e 30 campioni di ND. Il genoma di SV40 e JCV è stato trovato nel 70% dei CS + 20% degli OS, e nel 13% dei CS +10% dei TCG, rispettivamente. Il DNA di HPV è stato rilevato nel 30% dei pazienti con BC, nel 27% dei campioni GF e nel 13% dei NDs. HPV16 è stato il genotipo maggiormente osservato in tutti questi campioni, seguito da HPV18 e HPV35. Inoltre, il DNA di HPV è stato trovato nel 22% dei pazienti con GBM, in questo tumore HPV6 era il tipo più frequentemente rilevato, seguito da HPV16. L’ ISH ha mostrato che il DNA di HPV è situato all’interno di cellule tumorali mammarie e di GBM. I nostri risultati suggeriscono un possibile ruolo di JCV, SV40 e HPV in questi tumori, se non come induttori come promotori del processo neoplastico, tuttavia diversi criteri devono ancora essere soddisfatti prima di chiarirne il ruolo.