9 resultados para Cohesion

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Abstract This dissertation investigates the notion of equivalence with particular reference to lexical cohesion in the translation of political speeches. Lexical cohesion poses a particular challenge to the translators of political speeches and thus preserving lexical cohesion elements as one of the major elements of cohesion is undoubtedly crucial to their translation equivalence. We rely on Halliday’s (1994) classification of lexical cohesion which comprises: repetition, synonymy, antonymy, meronymy and hyponymy. Other traditional models of lexical cohesion are examined. We include Grammatical Parallelism for its role in creating textual semantic unity which is what cohesion is all about. The study shed light on the function of lexical cohesion elements as rhetorical device. The study also deals with lexical problems resulting from the transfer of lexical cohesion elements from the SL into the TL, which is often beset by many problems that most often result from the differences between languages. Three key issues are identified as being fundamental to equivalence and lexical cohesion in the translation of political speeches: sociosemiotic approach, register analysis, rhetoric, and poetic function. The study also investigates the lexical cohesion elements in the translation of political speeches from English into Arabic, Italian and French in relation to ideology, and its control, through bias and distortion. The findings are discussed, implications examined and topics for further research suggested.

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La ricerca si propone di definire le linee guida per la stesura di un Piano che si occupi di qualità della vita e di benessere. Il richiamo alla qualità e al benessere è positivamente innovativo, in quanto impone agli organi decisionali di sintonizzarsi con la soggettività attiva dei cittadini e, contemporaneamente, rende evidente la necessità di un approccio più ampio e trasversale al tema della città e di una più stretta relazione dei tecnici/esperti con i responsabili degli organismi politicoamministrativi. La ricerca vuole indagare i limiti dell’urbanistica moderna di fronte alla complessità di bisogni e di nuove necessità espresse dalle popolazioni urbane contemporanee. La domanda dei servizi è notevolmente cambiata rispetto a quella degli anni Sessanta, oltre che sul piano quantitativo anche e soprattutto sul piano qualitativo, a causa degli intervenuti cambiamenti sociali che hanno trasformato la città moderna non solo dal punto di vista strutturale ma anche dal punto di vista culturale: l’intermittenza della cittadinanza, per cui le città sono sempre più vissute e godute da cittadini del mondo (turisti e/o visitatori, temporaneamente presenti) e da cittadini diffusi (suburbani, provinciali, metropolitani); la radicale trasformazione della struttura familiare, per cui la famiglia-tipo costituita da una coppia con figli, solido riferimento per l’economia e la politica, è oggi minoritaria; l’irregolarità e flessibilità dei calendari, delle agende e dei ritmi di vita della popolazione attiva; la mobilità sociale, per cui gli individui hanno traiettorie di vita e pratiche quotidiane meno determinate dalle loro origini sociali di quanto avveniva nel passato; l’elevazione del livello di istruzione e quindi l’incremento della domanda di cultura; la crescita della popolazione anziana e la forte individualizzazione sociale hanno generato una domanda di città espressa dalla gente estremamente variegata ed eterogenea, frammentata e volatile, e per alcuni aspetti assolutamente nuova. Accanto a vecchie e consolidate richieste – la città efficiente, funzionale, produttiva, accessibile a tutti – sorgono nuove domande, ideali e bisogni che hanno come oggetto la bellezza, la varietà, la fruibilità, la sicurezza, la capacità di stupire e divertire, la sostenibilità, la ricerca di nuove identità, domande che esprimono il desiderio di vivere e di godere la città, di stare bene in città, domande che non possono essere più soddisfatte attraverso un’idea di welfare semplicemente basata sull’istruzione, la sanità, il sistema pensionistico e l’assistenza sociale. La città moderna ovvero l’idea moderna della città, organizzata solo sui concetti di ordine, regolarità, pulizia, uguaglianza e buon governo, è stata consegnata alla storia passata trasformandosi ora in qualcosa di assai diverso che facciamo fatica a rappresentare, a descrivere, a raccontare. La città contemporanea può essere rappresentata in molteplici modi, sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista sociale: nella letteratura recente è evidente la difficoltà di definire e di racchiudere entro limiti certi l’oggetto “città” e la mancanza di un convincimento forte nell’interpretazione delle trasformazioni politiche, economiche e sociali che hanno investito la società e il mondo nel secolo scorso. La città contemporanea, al di là degli ambiti amministrativi, delle espansioni territoriali e degli assetti urbanistici, delle infrastrutture, della tecnologia, del funzionalismo e dei mercati globali, è anche luogo delle relazioni umane, rappresentazione dei rapporti tra gli individui e dello spazio urbano in cui queste relazioni si muovono. La città è sia concentrazione fisica di persone e di edifici, ma anche varietà di usi e di gruppi, densità di rapporti sociali; è il luogo in cui avvengono i processi di coesione o di esclusione sociale, luogo delle norme culturali che regolano i comportamenti, dell’identità che si esprime materialmente e simbolicamente nello spazio pubblico della vita cittadina. Per studiare la città contemporanea è necessario utilizzare un approccio nuovo, fatto di contaminazioni e saperi trasversali forniti da altre discipline, come la sociologia e le scienze umane, che pure contribuiscono a costruire l’immagine comunemente percepita della città e del territorio, del paesaggio e dell’ambiente. La rappresentazione del sociale urbano varia in base all’idea di cosa è, in un dato momento storico e in un dato contesto, una situazione di benessere delle persone. L’urbanistica moderna mirava al massimo benessere del singolo e della collettività e a modellarsi sulle “effettive necessità delle persone”: nei vecchi manuali di urbanistica compare come appendice al piano regolatore il “Piano dei servizi”, che comprende i servizi distribuiti sul territorio circostante, una sorta di “piano regolatore sociale”, per evitare quartieri separati per fasce di popolazione o per classi. Nella città contemporanea la globalizzazione, le nuove forme di marginalizzazione e di esclusione, l’avvento della cosiddetta “new economy”, la ridefinizione della base produttiva e del mercato del lavoro urbani sono espressione di una complessità sociale che può essere definita sulla base delle transazioni e gli scambi simbolici piuttosto che sui processi di industrializzazione e di modernizzazione verso cui era orientata la città storica, definita moderna. Tutto ciò costituisce quel complesso di questioni che attualmente viene definito “nuovo welfare”, in contrapposizione a quello essenzialmente basato sull’istruzione, sulla sanità, sul sistema pensionistico e sull’assistenza sociale. La ricerca ha quindi analizzato gli strumenti tradizionali della pianificazione e programmazione territoriale, nella loro dimensione operativa e istituzionale: la destinazione principale di tali strumenti consiste nella classificazione e nella sistemazione dei servizi e dei contenitori urbanistici. E’ chiaro, tuttavia, che per poter rispondere alla molteplice complessità di domande, bisogni e desideri espressi dalla società contemporanea le dotazioni effettive per “fare città” devono necessariamente superare i concetti di “standard” e di “zonizzazione”, che risultano essere troppo rigidi e quindi incapaci di adattarsi all’evoluzione di una domanda crescente di qualità e di servizi e allo stesso tempo inadeguati nella gestione del rapporto tra lo spazio domestico e lo spazio collettivo. In questo senso è rilevante il rapporto tra le tipologie abitative e la morfologia urbana e quindi anche l’ambiente intorno alla casa, che stabilisce il rapporto “dalla casa alla città”, perché è in questa dualità che si definisce il rapporto tra spazi privati e spazi pubblici e si contestualizzano i temi della strada, dei negozi, dei luoghi di incontro, degli accessi. Dopo la convergenza dalla scala urbana alla scala edilizia si passa quindi dalla scala edilizia a quella urbana, dal momento che il criterio del benessere attraversa le diverse scale dello spazio abitabile. Non solo, nei sistemi territoriali in cui si è raggiunto un benessere diffuso ed un alto livello di sviluppo economico è emersa la consapevolezza che il concetto stesso di benessere sia non più legato esclusivamente alla capacità di reddito collettiva e/o individuale: oggi la qualità della vita si misura in termini di qualità ambientale e sociale. Ecco dunque la necessità di uno strumento di conoscenza della città contemporanea, da allegare al Piano, in cui vengano definiti i criteri da osservare nella progettazione dello spazio urbano al fine di determinare la qualità e il benessere dell’ambiente costruito, inteso come benessere generalizzato, nel suo significato di “qualità dello star bene”. E’ evidente che per raggiungere tale livello di qualità e benessere è necessario provvedere al soddisfacimento da una parte degli aspetti macroscopici del funzionamento sociale e del tenore di vita attraverso gli indicatori di reddito, occupazione, povertà, criminalità, abitazione, istruzione, etc.; dall’altra dei bisogni primari, elementari e di base, e di quelli secondari, culturali e quindi mutevoli, trapassando dal welfare state allo star bene o well being personale, alla wellness in senso olistico, tutte espressioni di un desiderio di bellezza mentale e fisica e di un nuovo rapporto del corpo con l’ambiente, quindi manifestazione concreta di un’esigenza di ben-essere individuale e collettivo. Ed è questa esigenza, nuova e difficile, che crea la diffusa sensazione dell’inizio di una nuova stagione urbana, molto più di quanto facciano pensare le stesse modifiche fisiche della città.

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This PhD thesis aims at providing an evaluation of EU Cohesion policy impact on regional growth. It employs methodologies and data sources never before applied for this purpose. Main contributions to the literature concerning EU regional policy effectiveness have been extensively analysed. Moreover, having carried out an overview of the current literature on Cohesion Policy, we deduce that this work introduces innovative features in the field. The work enriches the current literature with regards to two aspects. The first aspect concerns the use of the instrument of Regression Discontinuity Design in order to examine the presence of a different outcome in terms of growth between Objectives 1 regions and non-Objective 1 regions at the cut-off point (75 percent of EU-15 GDP per capita in PPS) during the two programming periods, 1994-1999 and 2000-2006. The results confirm a significant difference higher than 0.5 percent per year between the two groups. The other empirical evaluation regards the study of a cross-section regression model based on the convergence theory that analyses the dependence relation between regional per capita growth and EU Cohesion policy expenditure in several fields of interventions. We have built a very fine dataset of spending variables (certified expenditure), using sources of data directly provided from the Regional Policy Directorate of the European Commission.

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There have been almost fifty years since Harry Eckstein' s classic monograph, A Theory of Stable Democracy (Princeton, 1961), where he sketched out the basic tenets of the “congruence theory”, which was to become one of the most important and innovative contributions to understanding democratic rule. His next work, Division and Cohesion in Democracy, (Princeton University Press: 1966) is designed to serve as a plausibility probe for this 'theory' (ftn.) and is a case study of a Northern democratic system, Norway. What is more, this line of his work best exemplifies the contribution Eckstein brought to the methodology of comparative politics through his seminal article, “ “Case Study and Theory in Political Science” ” (in Greenstein and Polsby, eds., Handbook of Political Science, 1975), on the importance of the case study as an approach to empirical theory. This article demonstrates the special utility of “crucial case studies” in testing theory, thereby undermining the accepted wisdom in comparative research that the larger the number of cases the better. Although not along the same lines, but shifting the case study unit of research, I intend to take up here the challenge and build upon an equally unique political system, the Swedish one. Bearing in mind the peculiarities of the Swedish political system, my unit of analysis is going to be further restricted to the Swedish Social Democratic Party, the Svenska Arbetare Partiet. However, my research stays within the methodological framework of the case study theory inasmuch as it focuses on a single political system and party. The Swedish SAP endurance in government office and its electoral success throughout half a century (ftn. As of the 1991 election, there were about 56 years - more than half century - of interrupted social democratic "reign" in Sweden.) are undeniably a performance no other Social Democrat party has yet achieved in democratic conditions. Therefore, it is legitimate to inquire about the exceptionality of this unique political power combination. Which were the different components of this dominance power position, which made possible for SAP's governmental office stamina? I will argue here that it was the end-product of a combination of multifarious factors such as a key position in the party system, strong party leadership and organization, a carefully designed strategy regarding class politics and welfare policy. My research is divided into three main parts, the historical incursion, the 'welfare' part and the 'environment' part. The first part is a historical account of the main political events and issues, which are relevant for my case study. Chapter 2 is devoted to the historical events unfolding in the 1920-1960 period: the Saltsjoebaden Agreement, the series of workers' strikes in the 1920s and SAP's inception. It exposes SAP's ascent to power in the mid 1930s and the party's ensuing strategies for winning and keeping political office, that is its economic program and key economic goals. The following chapter - chapter 3 - explores the next period, i.e. the period from 1960s to 1990s and covers the party's troubled political times, its peak and the beginnings of the decline. The 1960s are relevant for SAP's planning of a long term economic strategy - the Rehn Meidner model, a new way of macroeconomic steering, based on the Keynesian model, but adapted to the new economic realities of welfare capitalist societies. The second and third parts of this study develop several hypotheses related to SAP's 'dominant position' (endurance in politics and in office) and test them afterwards. Mainly, the twin issues of economics and environment are raised and their political relevance for the party analyzed. On one hand, globalization and its spillover effects over the Swedish welfare system are important causal factors in explaining the transformative social-economic challenges the party had to put up with. On the other hand, Europeanization and environmental change influenced to a great deal SAP's foreign policy choices and its domestic electoral strategies. The implications of globalization on the Swedish welfare system will make the subject of two chapters - chapters four and five, respectively, whereupon the Europeanization consequences will be treated at length in the third part of this work - chapters six and seven, respectively. Apparently, at first sight, the link between foreign policy and electoral strategy is difficult to prove and uncanny, in the least. However, in the SAP's case there is a bulk of literature and public opinion statistical data able to show that governmental domestic policy and party politics are in a tight dependence to foreign policy decisions and sovereignty issues. Again, these country characteristics and peculiar causal relationships are outlined in the first chapters and explained in the second and third parts. The sixth chapter explores the presupposed relationship between Europeanization and environmental policy, on one hand, and SAP's environmental policy formulation and simultaneous agenda-setting at the international level, on the other hand. This chapter describes Swedish leadership in environmental policy formulation on two simultaneous fronts and across two different time spans. The last chapter, chapter eight - while trying to develop a conclusion, explores the alternative theories plausible in explaining the outlined hypotheses and points out the reasons why these theories do not fit as valid alternative explanation to my systemic corporatism thesis as the main causal factor determining SAP's 'dominant position'. Among the alternative theories, I would consider Traedgaardh L. and Bo Rothstein's historical exceptionalism thesis and the public opinion thesis, which alone are not able to explain the half century social democratic endurance in government in the Swedish case.

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Se le trasformazioni sociali in atto tendono a esasperare il senso di incertezza, sradicamento ed individualismo, sussistono pratiche che si contrappongono alle tendenze dominanti, finalizzate a ricucire i legami sociali su scala locale. La progettazione urbano-architettonica interiorizza il nuovo bisogno di comunità originando soluzioni abitative tese a favorire gli scambi informali fra vicini, facendo leva sul concetto di capitale sociale, attaccamento al quartiere, identità del luogo e partecipazione. La casa, simbolo di stabilità e sicurezza ma anche di privacy, privatismo familiare, diventa sempre più oggetto di studi, domanda sociale e intervento politico. Soprattutto è sempre più intesa come un nodo di relazioni familiari in una rete di relazioni sociali più ampie. Casa e quartiere incidono nella esperienza di benessere e socialità familiare? In che modo gli spazi urbani e architettonici influenzano la coesione sociale? Quale il ruolo degli abitanti nello sviluppare socialità e integrazione? Sono queste le domande che ci siamo posti per rilevare le dinamiche sociali e culturali dell’abitare attraverso uno studio di caso condotto in due quartieri simili. Dalla ricerca emerge come il significato della casa non sia univoco ma cambi rispetto al ciclo di vita familiare e a quello economico e ciò incide nella partecipazione alle attività di quartiere. Mostriamo inoltre come lo spazio fisico costruito crea importanti opportunità per gli scambi informali e per il benessere familiare e individuale dei bambini ma che, il contesto sociale sia una discriminate fondamentale. Nel quartiere dove è presente una organizzazione di abitanti il numero delle relazioni di vicinato aumenta, cambiano anche la qualità delle relazioni e le distanze fisiche fra i vicini. Emerge inoltre che la reciprocità è il principale strumento di costruzione della coesione comunitaria interna e crea un atteggiamento di apertura e fiducia che va al di là dei confini di quartiere.

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La ricerca sul «Dionisismo nelle comunità fenicie e puniche: il caso di Mozia» prende in considerazione le diverse attestazioni del dionisismo quale si evidenziano, con le sue ricadute politiche e cultuali, nelle comunità fenicie e puniche della Sicilia, della Sardegna e della stessa Cartagine. Accanto ad una lettura testuale utile alla storicizzazione contestualizzata del fenomeno, fra cui lo stesso pitagorismo, si propone un corpus che comprende prodotti delle categorie artigianali che restituiscono iconografie di’ambientazione dionisiaca, testimonî dell'adozione sociale e pubblica di una cultualità la cui origine si mostra sempre più vicina a contesti vicino-orientali. Da una rilettura storicizzata del dionisismo, quindi, si mettono in evidenza con un approccio multidisciplinare e comparativistico le caratteristiche del culto, di cui si sottolinea fra l’altro la componente ctonia. In particolare il santuario tofet, con le sue recenti riletture di santuario cittadino e pluricultuale, sembra proporre analogie fra il mlk e la ritualità dionisiaca. Analogie che confermano la vocazione mediterranea ed interculturali delle comunità fenicie e puniche e che in più di un caso daranno luogo a sincretismi che si trasmetteranno sino ed oltre l’età romana. In questo colloquio interetnico Mozia svolge un ruolo non secondario insieme a Selinunte, vero e proprio laboratorio del sincretismo cultuale della Sicilia Occidentale pre-romana, dove i culti di Zeus Melichios e di Demetra si pongono come realtà rituali fra le più utili alla coesione sociale, quell’analoga coesione solciale elitaria perseguita dal dionisismo.

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A 7 anni dall’avvio dell’ attuazione della Politica di Coesione dell’Unione Europea 2007- 2013, l’Italia ha il tasso di assorbimento dei Fondi Strutturali più basso d’Europa, insieme alla Romania, e rischia di subire un disimpegno delle risorse, che rappresenterebbe un gravissimo fallimento economico e politico. Il contributo di questo lavoro al dibattito sull’uso dei Fondi strutturali in Italia è duplice. Da una parte, per la prima volta, si propone uno studio sistematico delle criticità nella gestione del periodo 2007-2013, che hanno causato l’attuale ritardo nella spesa. Dall’altra, si affronta il problema italiano sia da una prospettiva europea sia nella sua dimensione nazionale, indagando le differenze regionali nella performance di spesa e proponendo un’analisi basata su tre dimensioni principali delle criticità: finanziaria, politica, amministrativa. L’approccio della ricerca consiste nella convergenza di dati quantitativi e qualitativi, raccolti durante un periodo di ricerca a Bruxelles e presso le Autorità di Gestione dei Programmi Operativi cofinanziati dal FESR. La questione dell’assorbimento finanziario e del ritardo nell’attuazione è stata indagata da tre punti di vista. Una prospettiva “storica”, che ha raccontato il ritardo strutturale nell’utilizzo dei Fondi Strutturali in Italia e che ha chiarito come il problema italiano, prima dell’attuale ciclo 2007-2013, sia stato non di quantità, ma di qualità della spesa. La seconda prospettiva è stata di respiro europeo, ed è servita a indagare le cause del basso livello di assorbimento finanziario dell’Italia suggerendo alcuni elementi utili a comprendere le ragioni di un simile divario con gli altri Paesi. Infine, la prospettiva nazionale e regionale ha svelato l’esistenza di un mix complesso, e micidiale, che ha letteralmente paralizzato la spesa italiana dei Fondi. Un mix di fattori finanziari, politici e amministrativi che non ha avuto eguali negli altri Paesi, e che si è concentrato soprattutto, ma non esclusivamente, nelle regioni dell’Obiettivo Convergenza.

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This dissertation consists of three empirical studies that aim at providing new evidence in the field of public policy evaluation. In particular, the first two chapters focus on the effects of the European cohesion policy, while the third chapter assesses the effectiveness of Italian labour market incentives in reducing long-term unemployment. The first study analyses the effect of EU funds on life satisfaction across European regions , under the assumption that projects financed by structural funds in the fields of employment, education, health and environment may affect the overall quality of life in recipient regions. Using regional data from the European Social Survey in 2002-2006, it resorts to a regression discontinuity design, where the discontinuity is provided by the institutional framework of the policy. The second study aims at estimating the impact of large transfers from a centralized authority to a local administration on the incidence of white collar crimes. It merges a unique dataset on crimes committed in Italian municipalities between 2007 and 2011 with information on the disbursement of EU structural funds in 2007-2013 programming period, employing an instrumental variable estimation strategy that exploits the variation in the electoral cycle at local level. The third study analyses the impact of an Italian labour market policy that allowed firms to cut their labour costs on open-ended job contracts when hiring long-term unemployed workers. It takes advantage of a unique dataset that draws information from the unemployment lists in Veneto region and it resorts to a regression discontinuity approach to estimate the effect of the policy on the job finding rate of long-term unemployed workers.