7 resultados para COMORBIDITIES
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
La farmacogenetica fornisce un importante strumento utile alla prescrizione farmacologica, migliorando l’efficacia terapeutica ed evitando le reazioni avverse. Il citocromo P450 gioca un ruolo centrale nel metabolismo di molti farmaci utilizzati nella pratica clinica e il suo polimorfismo genetico spiega in gran parte le differenze interindividuali nella risposta ai farmaci. Con riferimento alla terapia della narcolessia, occorre premettere che la narcolessia con cataplessia è una ipersonnia del Sistema Nervoso Centrale caratterizzata da eccessiva sonnolenza diurna, cataplessia, paralisi del sonno, allucinazioni e sonno notturno disturbato. Il trattamento d’elezione per la narcolessia include stimolanti dopaminergici per la sonnolenza diurna e antidepressivi per la cataplessia, metabolizzati dal sistema P450. Peraltro, poiché studi recenti hanno attestato un’alta prevalenza di disturbi alimentari nei pazienti affetti da narcolessia con cataplessia, è stata ipotizzata una associazione tra il metabolismo ultrarapido del CYP2D6 e i disturbi alimentari. Lo scopo di questa ricerca è di caratterizzare il polimorfismo dei geni CYP2D6, CYP2C9, CYP2C19, CYP3A4, CYP3A5 e ABCB1 coinvolti nel metabolismo e nel trasporto dei farmaci in un campione di 108 pazienti affetti da narcolessia con cataplessia, e valutare il fenotipo metabolizzatore in un sottogruppo di pazienti che mostrano un profilo psicopatologico concordante con la presenza di disturbi alimentari. I risultati hanno mostrato che il fenotipo ultrarapido del CYP2D6 non correla in maniera statisticamente significativa con i disturbi alimentari, di conseguenza il profilo psicopatologico rilevato per questo sottogruppo di pazienti potrebbe essere parte integrante del fenotipo sintomatologico della malattia. I risultati della tipizzazione di tutti i geni analizzati mostrano un’alta frequenza di pazienti con metabolismo intermedio, elemento potenzialmente in grado di influire sulla risposta terapeutica soprattutto in caso di regime politerapico, come nel trattamento della narcolessia. In conclusione, sarebbe auspicabile l’esecuzione del test farmacogenetico in pazienti affetti da narcolessia con cataplessia.
Resumo:
Background: Chronic kidney disease (CKD) is one of the strongest risk factor for myocardial infarction (MI) and mortality. The aim of this study was to assess the association between renal dysfunction severity, short-term outcomes and the use of in-hospital evidence-based therapies among patients with non–ST-segment elevation myocardial infarction (NSTEMI). Methods: We examined data on 320 patients presenting with NSTEMI to Maggiore’s Emergency Department from 1st Jan 2010 to 31st December 2011. The study patients were classified into two groups according to their baseline glomerular filtration rate (GFR): renal dysfunction (RD) (GFR<60) and non-RD (GFR≥60 ml/min). Patients were then classified into four groups according to their CKD stage (GFR≥60, GFR 59-30, GFR 29-15, GFR <15). Results: Of the 320 patients, 155 (48,4%) had a GFR<60 ml/min at baseline. Compared with patients with a GFR≥60 ml/min, this group was, more likely to be female, to have hypertension, a previous myocardial infarction, stroke or TIA, had higher levels of uric acid and C-reactive protein. They were less likely to receive immediate (first 24 hours) evidence-based therapies. The GFR of RD patients treated appropriately increases on average by 5.5 ml/min/1.73 m2. The length of stay (mean, SD) increased with increasing CKD stage, respectively 5,3 (4,1), 7.0 (6.1), 7.8 (7.0), 9.2 (5.8) (global p <.0001). Females had on average a longer hospitalization than males, regardless of RD. In hospital mortality was higher in RD group (3,25%). Conclusions: The in-hospital mortality not was statically difference among the patients with a GFR value ≥60 ml/min, and patients with a GFR value <60 ml/min. The length of stay increased with increasing CKD stages. Despite patients with RD have more comorbidities then without RD less frequently receive guideline –recommended therapy. The GFR of RD patients treated appropriately improves during hospitalization, but not a level as we expected.
Resumo:
Obesity often predisposes to coronary heart disease, heart failure, and sudden death. Also, several studies suggest a reciprocal enhancing interaction between obesity and sleep curtailment. Aim of the present study was to go deeper in the understanding of sleep and cardiovascular regulation in an animal model of diet-induced obesity (DIO). According to this, Wake-Sleep (W-S) regulation, and W-S dependent regulation of cardiovascular and metabolic/thermoregulatory function was studied in DIO rats, under normal laboratory conditions and during sleep deprivation and the following recovery period, enhancing either wake or sleep, respectively. After 8 weeks of the delivery of a hypercaloric (HC) diet, treated animals were heavier than those fed a normocaloric (NC) diet (NC: 441 ±17g; HC: 557±17g). HC rats slept more than NC ones during the activity period (Dark) of the normal 12h:12h light-dark (LD) cycle (Wake: 67.3±1.2% and 57.2 ±1.6%; NREM sleep (NREMS): 26.8±1.0% and 34.0±1.4%; REM sleep (REMS): 5.7±0. 6% and 8.6±0.7%; for NC and HC, respectively; p<0.05 for all). HC rats were hypertensive throughout the W-S states, as shown by the mean arterial blood pressure values across the 24-h period (Wake: 90.0±5.3 and 97.3±1.3; NREMS: 85.1±5.5 and 92.2±1.2; REMS: 87.2±4.5 and 96.5±1.1, mmHg for NC and HC, respectively; p<0.05 for all). Also, HC rats appeared to be slightly bradycardic compared to NC ones (Wake: 359.8±9.3 and 352.4±7.7; NREMS: 332.5±10.1 and 328.9±5.4; REMS: 338.5±9.3 and 334.4±5.8; bpm for NC and HC, respectively; p<0.05 for Wake). In HC animals, sleep regulation was not apparently altered during the sleep rebound observed in the recovery period following sleep deprivation, although REMS rebound appeared to be quicker in NC animals. In conclusion, these results indicate that in the rat obesity interfere with W-S and cardiovascular regulation and that DIO rats are suitable for further studies aimed at a better understanding of obesity comorbidities.
Resumo:
L'infezione da HIV-1 resta ancora oggi una delle principali problematiche nell'ambito della sanità mondiale, con circa 35 milioni di individui infetti in tutto il mondo. L'introduzione della terapia antiretrovirale combinata (cART) ha drasticamente modificato l’evoluzione di questa infezione, che da patologia a sviluppo terminale dopo alcuni anni dalla trasmissione, è diventata una patologia cronica con una lunga aspettativa di vita per i pazienti. Tuttavia, la cART non è in grado di eradicare l’infezione e nei pazienti HIV-infetti trattati è possibile notare un aumento della comparsa di comorbidità, tra le quali le più frequentemente riscontrate sono lesioni al sistema nervoso centrale, ai reni, al tessuto osseo, al fegato e al sistema cardiovascolare. I danni al sistema cardiocircolatorio derivano da una serie di concause virologiche, comportamentali, ambientali e farmacologiche che alterano la parete vascolare, il metabolismo dei lipidi e la regolazione della coagulazione, inducendo la formazione di lesioni strutturali di tipo aterosclerotico che sono alla base dell’aumentata incidenza di infarti, ictus e alterazioni del circolo osservabili nei pazienti HIV-positivi. Dalla recente letteratura è emerso come l’omeostasi del tessuto endoteliale sia regolata anche a livello delle cellule staminali mesenchimali (MSC) presenti nella parete vascolare. Per questo abbiamo voluto analizzare possibili effetti dell’infezione di HIV, delle sue proteine e di alcune molecole antiretrovirali sulla vitalità e sul differenziamento delle MSC purificate dalla parete arteriosa umana. I risultati ottenuti indicano come l’infezione da HIV e l’azione delle proteine gp120 e Tat attivino il meccanismo di apoptosi nelle MSC e una profonda alterazione nel differenziamento verso la filiera adipocitaria e verso quella endoteliale. Inoltre, alcune molecole ad azione antiretrovirale (in particolare specifici inibitori della proteasi virale) sono in grado bloccare il differenziamento delle MSC verso le cellule endoteliali. Dall’insieme di queste osservazioni emergono nuovi meccanismi patogenetici correlati al danno cardiovascolare riscontrato nei pazienti HIV-positivi.
Resumo:
Obiettivi. Valutare l’angiogenesi tumorale mediante la Microvessel density (MVD) come fattore predittivo di mortalità per tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) pT1aN0M0 trattato chirurgicamente. Metodi. I dati demografici, clinici e istopatologici sono stati registrati per 82 pazienti (60 maschi, 22 femmine) sottoposti a resezione chirurgica in due diverse Chirurgie Toraciche tra gennaio 2002 e dicembre 2007 per tumori polmonari non a piccole cellule pT1AN0M0. La MVD è stata valutata mediante il conteggio visivo dei microvasi positivi alla colorazione immunoistochimica con anticorpo monoclonale anti-CD31 e definita come il numero medio di microvasi per 1 mm2 di campo ottico. Risultati. Sono state eseguite 59 lobectomie (72%) e 23 resezioni sublobari (28%). Reperti istopatologici: 43 adenocarcinomi (52%) e 39 neoplasie non- adenocarcinoma (48%) pT1aN0M0; MVD media: 161 (CD31/mm2); mediana: 148; range 50-365, cut-off=150. Una MVD elevata (> 150 CD31/mm2) è stata osservata in 40 pazienti (49%), una MVD ridotta ( ≤ 150 CD31/mm2 ) in 42 pazienti (51%). Sopravvivenze a 5 anni: 70 % e 95%, rispettivamente per il gruppo ad elevata MVD vs il gruppo a ridotta MVD con una p = 0,0041, statisticamente significativa. Il tipo di resezione chirurgica, il diametro del tumore, le principali comorbidità e l’istotipo nono sono stati fattori predittivi significativi di mortalità correlata alla malattia. La MVD è risultata essere superiore nel gruppo “Adenocarcinoma” (MVD mediana=180) rispetto al gruppo “Non-Adenocarcinoma (MVD mediana=125), con un test di Mann-Whitney statisticamente significativo (p < 0,0001). Nel gruppo “Adenocarcinoma” la sopravvivenza a 5 anni è stata del 66% e 93 %, rispettivamente per i pazienti con MVD elevata e ridotta (p = 0.043. Conclusioni. Il nostro studio ha mostrato che la Microvessel density valutata con la colorazione immunoistochimica per CD31 ha un valore prognostico rilevante nel carcinoma polmonare in stadio precoce pT1aN0M0.
Resumo:
La maggior parte dei pazienti che vengono sottoposti a interventi chirurgici per tumori solidi hanno un’età superiore a 70 anni1. Circa il 30% di questi pazienti vengono considerati “fragili”. Questi infatti presentano numerose comorbidità ed hanno un più elevato rischio di sviluppare complicanze postoperatorie con perdita della riserva funzionale residua. Per questo non esistono sistemi semplici di screening che permettano ai medici responsabili del trattamento di identificare questi pazienti con aumentato rischio postoperatorio. Identificare i pazienti a rischio è infatti il primo passo nel processo attraverso il quale è possibile prevenire in necessarie complicanze postoperatorie come delirio, eventi cardiovascolari e perdita della funzionalità complessiva con conseguente perdita di autonomia. Scopo di questo studio è quello di confrontare l’accuratezza nella previsione di mortalità e morbidità a 30 giorni dei tre test preditivi “Groningen Frailty Index” (GFI); “Vulnerable Elders Survey” (VES-13); “timed up and go test” con alcune componenti del Preoperative Assessment of Cancer in the Elderly (PACE). Lo studio verrà effettuato sui pazienti con età maggiore di 70 anni che dovranno essere sottoposti a intervento chirurgico in anestesia generale per la presenza di una neoplasia solida.
Resumo:
Background. A sizable group of patients with symptomatic aortic stenosis (AS) can undergo neither surgical aortic valve replacement (AVR) nor transcatheter aortic valve implantation (TAVI) because of clinical contraindications. The aim of this study was to assess the potential role of balloon aortic valvuloplasty (BAV) as a “bridge-to-decision” in selected patients with severe AS and potentially reversible contraindications to definitive treatment. Methods. We retrospectively enrolled 645 patients who underwent first BAV at our Institution between July 2007 and December 2012. Of these, the 202 patients (31.2%) who underwent BAV as bridge-to-decision (BTD) requiring clinical re-evaluation represented our study population. BTD patients were further subdivided in 5 groups: low left ventricular ejection fraction; mitral regurgitation grade ≥3; frailty; hemodynamic instability; comorbidity. The main objective of the study was to evaluate how BAV influenced the final treatment strategy in the whole BTD group and in its single specific subgroups. Results. Mean logistic EuroSCORE was 23.5±15.3%, mean age was 81±7 years. Mean transaortic gradient decreased from 47±17 mmHg to 33±14 mmHg. Of the 193 patients with BTD-BAV who received a second heart team evaluation, 72.5% were finally deemed eligible for definitive treatment (25.4%for AVR; 47.2% for TAVI): respectively, 96.7% of patients with left ventricular ejection fraction recovery; 70.5% of patients with mitral regurgitation reduction; 75.7% of patients who underwent BAV in clinical hemodynamic instability; 69.2% of frail patients and 68% of patients who presented relevant comorbidities. 27.5% of the study population was deemed ineligible for definitive treatment and treated with standard therapy/repeated BAV. In-hospital mortality was 4.5%, cerebrovascular accident occurred in 1% and overall vascular complications were 4% (0.5% major; 3.5% minor). Conclusions. Balloon aortic valvuloplasty should be considered as bridge-to-decision in high-risk patients with severe aortic stenosis who cannot be immediate candidates for definitive percutaneous or surgical treatment.