6 resultados para Benthocosm F1
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
PREMESSA: La progressione della recidiva d’epatite C è accelerata nei pazienti sottoposti a trapianto di fegato e ciò ha portato alla necessità di sviluppare nuove e validate metodiche non invasive per la quantificazione e la misura della fibrosi epatica. SCOPI: Stabilire l’efficacia dell’elastometria epatica (Fibroscan®) e dei parametri sierici di fibrosi, attualmente disponibili nella pratica clinica, per predire il grado di fibrosi nei pazienti sottoposti a trapianto epatico. METODI: La correlazione fra fibrosi epatica, determinata mediante biopsia epatica ed esame istologico, e Fibroscan® o indici clinico-sierologici di fibrosi (Benlloch, Apri, Forns, Fibrotest and Doppler resistance index), è stata studiata in pazienti che avevano ricevuto un trapianto ortotopico di fegato con evidenza di recidiva d’epatite da HCV. Un totale di 36 pazienti, con la seguente classificazione istologica: fibrosi secondom METAVIR F1=24, F2=8, F3=3, F4=1, sono stati arruolati nella popolazione oggetto di studio. Un totale di 29 individui volontari sani sono serviti come controllo. Le differenze fra gli stadi di fibrosi sono state calcolate mediante analisi statistica non parametrica. Il miglior cut-off per la differenziazione di fibrosi significativa (F2-F4) è stato identificato mediante l’analisi delle curve ROC. RISULTATI: La rigidità epatica ha presentato valori di 4.4 KPa (2.7-6.9) nei controlli (mediane e ranges), con valori in tutti i soggeti <7.0 KPa; 7.75 KPa (4.2-28.0) negli F1; 16.95 KPa (10.2-31.6) negli F2; 21.10 KPa nell’unico paziente F4 cirrotico. Le differenze sono state statisticamente significative per i soggetti controllo versus F1 e F2 (p<0.0001) e per F1 versus F2 (p<0.0001). Un cut-off elastografico di 11.2 KPagarantisce 88% di Sensibilità, 90% di Specificità, 79% di PPV e 95% di NPV nel differenziare i soggetti F1 dagli F2-F4. Le AUROC, relativamente alla capacità di discriminare fra i differenti gradi di fibrosi, evidenziavano un netto vantaggio per il Fibroscan® rispetto ad ognuno degli indici non invasivi di fibrosi. CONCLUSIONI: L’elastometria epatica presenta una buona accuratezza diagnostica nell’identificare pazienti con fibrosi epatica di grado significativo, superiore a quella di tutti gli altri test non invasivi al momento disponibili nella clinica, nei pazienti portatori di trapianto epatico ortotopico da cadavere con recidiva di HCV.
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Nel presente lavoro di tesi sono state messe a confronto le ATP sintasi wild-type e γM23-K in cromatofori del batterio fotosintetico Rhodobacter capsulatus sotto gli aspetti funzionale e regolatorio. Si pensava inizialmente che la mutazione, in base a studi riportati in letteratura condotti sull’omologa mutazione in E. coli, avrebbe indotto disaccoppiamento intrinseco nell’enzima. Il presente lavoro ha chiarito che il principale effetto della mutazione è un significativo aumento dell’affinità dell’enzima per l’ADP inibitorio, che ne determina il ridotto livello di ATP idrolisi e la rapidissima reinattivazione in seguito ad attivazione da forza protonmotiva. Il residuo 23 della subunità γ si trova posizionato in prossimità della regione conservata DEELSED carica negativamente della subunità β, e l’introduzione nel mutante di una ulteriore carica positiva potrebbe determinare una maggiore richiesta di energia per indurre l’apertura del sito catalitico. Un’analisi quantitativa dei dati di proton pumping condotta mediante inibizione parziale dell’idrolisi del wildtype ha inoltre mostrato come il grado di accoppiamento del mutante in condizioni standard non differisca sostanzialmente da quello del wild-type. D’altro canto, è stato recentemente osservato come un disaccoppiamento intrinseco possa venire osservato in condizioni opportune anche nel wild-type, e cioè a basse concentrazioni di ADP e Pi. Nel presente lavoro di tesi si è dimostrato come nel mutante l’osservazione del fenomeno del disaccoppiamento intrinseco sia facilitata rispetto al wild-type. È stato proprio nell’ambito delle misure condotte sul mutante che è stato possibile dimostrare per la prima volta il ruolo fondamentale della componente elettrica della forza protonmotiva nel mantenere lo stato enzimatico ad elevato accoppiamento. Tale ruolo è stato successivamente messo in luce anche nel wild-type, in parte anche grazie all’uso di inibitori specifici di F1 e di FO. Il disaccoppiamento intrinseco nel wild-type è stato ulteriormente esaminato anche nella sua dipendenza dalla rimozione di ADP e Pi; in particolare, oltre all’amina fluorescente ACMA, è stata utilizzata come sonda di ΔpH anche la 9-aminoacridina e come sonda di Δψ l’Oxonolo VI. In entrambi i casi il ruolo accoppiante di questi due ligandi è stato confermato, inoltre utilizzando la 9-aminoacridina è stato possibile calibrare il segnale di fluorescenza con salti acido-base, dando quindi una base quantitativa ai dati ottenuti. Noi riteniamo che il più probabile candidato strutturale coinvolto in questi cambiamenti di stato enzimatici sia la subunità ε, di cui è noto il coinvolgimento in processi di regolazione e in cambiamenti strutturali indotti da nucleotidi e dalla forza protonmotiva. In collaborazione con il Dipartimento di Chimica Fisica dell’Università di Friburgo è in atto un progetto per studiare i cambiamenti strutturali presumibilmente associati al disaccoppiamento intrinseco tramite FRET in singola molecola di complessi ATP-sintasici marcati con fluorofori sia sulla subunità ε che sulla subunità γ. Nell’ambito di questa tesi sono stati creati a questo fine alcuni doppi mutanti cisteinici ed è stato messo a punto un protocollo per la loro marcatura con sonde fluorescenti.
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INTRODUCTION: A relationship between inflammatory response and coagulation is suggested by many observations. In particular, pro-inflammatory cytokines, such as TNFalpha, promote the activation of coagulation and reduce the production of anticoagulant molecules. It is known that inflammatory bowel diseases show a prothrombotic state and a condition of hypercoagulability. Aim of our study was to evaluate whether anti-TNFalpha therapy induces changes in the levels of coagulation activation markers in IBD patients. MATERIALS AND METHODS: We analyzed 48 plasma samples obtained before and 1 hour after 24 infliximab infusions (5 mg/kg) in 9 IBD patients (5 men and 4 women; mean age: 47.6+17.6 years; 4 Crohn's disease, 4 Ulcerative Colitis,1 Indeterminate Colitis). F1+2 and D-dymer levels were measured in each sample using ELISA methods.The data were statistically analyzed by means of Wilcoxon matched paired test. RESULTS: Median F1+2 levels were markdely reduced 1 hour after anti-TNFα infusion (median pre-infusion levels were 247.0 pmol/L and median post-infusion levels were 185.3 pmol/L) (p<0.002). Median D-dymer levels were also significantly reduced, from 485.2 ng/mL to 427.6 ng/mL (p< 0.001). These modifications were more evident in patients naive for infliximab therapy (p<0.02 for F1+2 and p<0.02 for D-dymer) and in Crohn's disease compared with Ulcerative Colitis patients (p=0.01 for F1+2 and p<0.007 for D-dymer).CONCLUSIONS: Infusion of infliximab significantly reduces the activation of coagulation cascade in IBD patients. This effect is early enough to suggest a direct effect of infliximab on the coagulation cascade and a possible new anti-inflammatory mechanism of action of this molecule.
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Hair cortisol is a novel marker to measure long-term secretion cortisol free from many methodological caveats associated with other matrices such as plasma, saliva, urine, milk and faeces. For decades hair analysis has been successfully used in forensic science and toxicology to evaluate the exposure to exogenous substances and assess endogenous steroid hormones. Evaluation of cortisol in hair matrix began about a decade ago and have over the past five years had a remarkable development by advancing knowledge and affirming this method as a new and efficient way to study the hypothalamic-pituitary-adrenal (HPA) axis activity over a long time period. In farm animals, certain environmental or management conditions can potentially activate the HPA axis. Given the importance of cortisol in monitoring the HPA axis activity, a first approach has involved the study on the distribution of hair cortisol concentrations (HCC) in healthy dairy cows showing a physiological range of variation of this hormone. Moreover, HCC have been significantly influenced also by changes in environmental conditions and a significant positive correlation was detected between HCC and cows clinically or physiologically compromised suggesting that these cows were subjected to repeated HPA axis activation. Additionally, Crossbreed F1 heifers showed significantly lower HCC compared to pure animals and a breed influence has been seen also on the HPA axis activity stimulated by an environmental change showing thus a higher level of resilience and a better adaptability to the environment of certain genotypes. Hair proved to be an excellent matrix also in the study of the activation of the HPA axis during the perinatal period. The use of hair analysis in research holds great promise to significantly enhance current understanding on the role of HPA axis over a long period of time.
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Introduction: Antiviral therapy can prevent disease progression in patients with chronic hepatitis C . Transient Elastografy (TE; Fibroscan) is an accurate surrogate marker to liver fibrosis, by measuring liver stiffness (LS). LS decrease has been associated with sustained virologic response (SVR). Aim: to assess the changes of LS measurments in CHC patients during and one year after Interferon (IFN)-based antiviral therapy (IFN/ribavirin) or (telaprevir+IFN/ribavirin). Methods: consecutive 69 CHC patients (53.6% females, mean age 57.9 ± 11.4) who underwent antiviral therapy for at least 20 weeks were enrolled. LS was measured using FibroScan at baseline, after three months, at the end of treatment and one year after treatment discontinuation. Fibrosis was graded using METAVIR score. Results: twenty patients treated with triple therapy and 49 with IFN/ribavirin. Fifty patients had SVR and 19 were non-responders. SVR patients: F0-F1, F2 and F3 patients (39.1%, 7.2% and 17.4%; respectively) showed no significant LS decrease (P= 0.186, 0.068 and 0.075; respectively). Conversely, in F4 patients (36.2%) LS was significantly decreased (P=0.015) after one year of treatment completion. In all patients with no SVR, no significant decrease in LS was observed. Interestingly, all Patients with F4 fibrosis (even non-responders) showed an initial significant decrease in LS (P=0.024) at 3 months after the start of treatment. However, this decrease was not predictive of SVR; area under the ROC curve 0.369 (CI %: 0.145-0.592) P= 0.265. Conclusion: Our study showed that initial decrease in LSM, especially in patients with higher baseline fibrosis score is unlikely to predict an SVR. In addition no significant association was found between clinical or virological parameters and fibrosis improvement. Further studies are needed to delineate the most appropriate clinical scenarios for the LSM by Fibroscan in chronic hepatitis C and its role in monitoring the response to antiviral treatment.
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HER-2 is a 185 kDa transmembrane receptor tyrosine kinase that belongs to the EGFR family. HER-2 is overexpressed in nearly 25% of human breast cancers and women with this subtype of breast cancer have a worse prognosis and frequently develop metastases. The progressive high number of HER-2-positive breast cancer patients with metastatic spread in the brain (up to half of women) has been attributed to the reduction in mortality, the effectiveness of Trastuzumab in killing metastatic cells in other organs and to its incapability to cross the blood-brain barrier. Apart from full-length-HER-2, a splice variant of HER-2 lacking exon 16 (here referred to as D16) was identified in human HER-2-positive breast cancers. Here, the contribution of HER-2 and D16 to mammary carcinogenesis was investigated in a model transgenic for both genes (F1 model). A dominant role of D16, especially in early stages of tumorigenesis, was suggested and the coexistence of heterogeneous levels of HER-2 and D16 in F1 tumors revealed the undeniable value of F1 strain as preclinical model of HER-2-positive breast cancer, closer resembling the human situation in respect to previous models. The therapeutical efficacy of anti-HER-2 agents, targeting HER-2 receptor (Trastuzumab, Lapatinib, R-LM249) or signaling effectors (Dasatinib, UO126, NVP-BKM120), was investigated in models of local or advanced HER-2-positive breast cancer. In contrast with early studies, data herein collected suggested that the presence of D16 can predict a better response to Trastuzumab and other agents targeting HER-2 receptor or Src activity. Using a multiorgan HER-2-positive metastatic model, the efficacy of NVP-BKM120 (PI3K inhibitor) in blocking the growth of brain metastases and the oncolytic ability of R-LM249 (HER-2-retargeted HSV) to reach and destroy metastatic HER-2-positive cancer cells were shown. Finally, exploiting the definition of “oncoantigen” given to HER-2, the immunopreventive activity of two vaccines on HER-2-positive mammary tumorigenesis was demonstrated.