23 resultados para Architecture de la Renaissance
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
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The thesis deals with the notion of "barbarian/barbarism" from Greek and Roman antiquity to the European Renaissance history and theatre. From a methodological point of view, though the notion of "barbarian" is analysed from an interdisciplinary perspective, the hermeneutic approach of the history of ideas and New Historicism are privileged. The main idea of the thesis is that during the XVIth century in Europe the interpretation of barbarism as a historical and cultural event has shifted from a negative position to a more positive one. The idea of “glorious barbarism” tries to explain such a change in European thought. The thesis is divided into four chapters. In the first chapter the notion of barbarism is analysed from Greek and Roman antiquity to the Renaissance. The second chapter deals with the development of cartography during the XVIth century in Europe and its relation to the redefinition of Europe’s borders. This chapter also deals with the study of some European political treatises developing a reflection on the barbaric past of Europe. The third chapter deals with the analysis of European XVIth century theatre and its relation to the representation of barbarism, with particular attention to Italian, English and Spanish plays staging a conflict between civilization and barbarism. Finally, the forth chapter deals with the analysis of the myth of Amazons during the XVIth century both in the arts and in literature. The Amazons are interpreted as the female translation of the figure of the barbarian. This cultural, artistic and political process emerges particularly in representation of female characters in European XVIth century theatre.
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La tesi ha come oggetto il rinnovamento urbano che fu realizzato a Faenza per opera del suo signore Carlo II Manfredi tra il 1468 e il 1477, d’accordo con il fratello, il vescovo Federico. La prima opera realizzata da Carlo fu il portico a due livelli che dotò di una nuova facciata il suo palazzo di residenza, di origini medievali. Questa architettura sarebbe stata il preludio di un riordino generale della piazza principale della città, probabilmente allo scopo di ricreare un foro all’antica, come prescritto dai trattati di Vitruvio e di Alberti. L’aspetto originale del loggiato rinascimentale, desumibile da documentazione archivistica e iconografica, permette di attribuirlo con una certa probabilità a Giuliano da Maiano. Oltre alla piazza, Carlo riformò profondamente il tessuto urbano, demolendo molti portici lignei di origine medievale, rettificando le principali strade, completando la cerchia muraria. Federico Manfredi nel 1474 diede inizio alla fabbrica della Cattedrale, ricostruita dalle fondamenta su progetto dello stesso Giuliano da Maiano. L’architettura della chiesa ha uno stile largamente debitore all’architettura sacra di Brunelleschi, ma con significative differenze (come la navata definita da un’alternanza tra pilastri e colonne, o la copertura composta da volte a vela). L’abside della cattedrale, estranea al progetto maianesco, fu realizzata nel 1491-92 e mostra alcuni dettagli riconducibili alla coeva architettura di Bramante. A Faenza si realizza in un periodo di tempo brevissimo una profonda trasformazione del volto della città: loggiato, riforma della piazza, riordino delle strade, una nuova cattedrale, tutto contribuisce a dare lustro ai Manfredi e a fare di Faenza una città moderna e in cui si mettono in pratica, forse per la prima volta nell’Italia settentrionale, i dettami di Vitruvio e di Alberti.
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Il lavoro presentato ha come oggetto la ricostruzione tridimensionale della città di Bologna nella sua fase rinascimentale. Tale lavoro vuole fornire un modello 3D delle architetture e degli spazi urbani utilizzabile sia per scopi di ricerca nell’ambito della storia delle città sia per un uso didattico-divulgativo nel settore del turismo culturale. La base del lavoro è una fonte iconografica di grande importanza: l’affresco raffigurante Bologna risalente al 1575 e situato in Vaticano; questa è una veduta a volo d’uccello di grandi dimensioni dell’intero tessuto urbano bolognese all’interno della terza cerchia di mura. In esso sono rappresentate in maniera particolareggiata le architetture civili e ecclesiastiche, gli spazi ortivi e cortilivi interni agli isolati e alcune importanti strutture urbane presenti in città alla fine del Cinquecento, come l’area portuale e i canali interni alla città, oggi non più visibili. La ricostruzione tridimensionale è stata realizzata tramite Blender, software per la modellazione 3D opensource, attraverso le fasi di modellazione, texturing e creazione materiali (mediante campionamento delle principali cromie presenti nell’affresco), illuminazione e animazione. Una parte della modellazione è stata poi testata all’interno di un GIS per verificare l’utilizzo delle geometrie 3D come elementi collegabili ad altre fonti storiche relative allo sviluppo urbano e quindi sfruttabili per la ricerca storica. Grande attenzione infine è stata data all’uso dei modelli virtuali a scopo didattico-divulgativo e per il turismo culturale. La modellazione è stata utilizzata all’interno di un motore grafico 3D per costruire un ambiente virtuale interattivo nel quale un utente anche non esperto possa muoversi per esplorare gli spazi urbani della Bologna del Cinquecento. In ultimo è stato impostato lo sviluppo di un’applicazione per sistemi mobile (Iphone e Ipad) al fine di fornire uno strumento per la conoscenza della città storica in mobilità, attraverso la comparazione dello stato attuale con quello ricostruito virtualmente.
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Principales aportaciones: Elenco actualizado y más completo de “serlianas” hasta el momento, incluyendo el más amplio repertorio numismático e iconográfico sobre el tema. Visión de conjunto crítica de la “serliana” y motivos afines en la Antigüedad, la Edad Media y el Renacimiento, atendiendo a una selección de ejemplos en todos los formatos posibles (arquitectura e iconografía). Inclusión y explicación de la “serliana” dentro de los avances de la arquitectura romana, con atención a las fuentes escritas. Identificación de las principales áreas de origen y desarrollo de la “serliana”. Explicación de las causas y resultados de los procesos de innovación arquitectónica. Demostración de la llegada de la “serliana” a Hispania mucho antes que el disco de Teodosio. Indagación en las funciones y posibles implicaciones simbólicas de ejemplos de “serliana”. Hipótesis sobre el papel desempeñado por las arquitecturas efímeras. Hipótesis sobre el papel de la arquitectura militar en época romana para la difusión de la “serliana”. Comentario crítico de la situación de la “serliana” en la Antigüedad Tardía y visión general de sus procesos de transferencia y metamorfosis. Demostración de la pervivencia de la “serliana” en la Edad Media. Análisis de la arcada triple como posible sustituto de la “serliana”. Comentario crítico de los dibujos tardomedievales y renacentistas sobre la “serliana” y su relación con el estudio contemporáneo de los monumentos antiguos. Identificación de ejemplos y comentario crítico de la situación de la “serliana” en la Italia del Quattrocento y del Cinquecento. Análisis de las confluencias de la “serliana” Italia-España y evolución del motivo en este último ámbito. Demostración de las novedades propias del ámbito hispano.
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The rational construction of the house. The writings and projects of Giuseppe Pagano Description, themes and research objectives The research aims at analysing the architecture of Giuseppe Pagano, which focuses on the theme of dwelling, through the reading of 3 of his house projects. On the one hand, these projects represent “minor” works not thoroughly known by Pagano’s contemporary critics; on the other they emphasise a particular methodological approach, which serves the author to explore a theme closely linked to his theoretical thought. The house project is a key to Pagano’s research, given its ties to the socio-cultural and political conditions in which the architect was working, so that it becomes a mirror of one of his specific and theoretical path, always in a state of becoming. Pagano understands architecture as a “servant of the human being”, subject to a “utilitarian slavery” since it is a clear, essential and “modest” answer to specific human needs, free from aprioristic aesthetic and formal choices. It is a rational architecture in sensu stricto; it constitutes a perfect synthesis between cause and effect and between function and form. The house needs to accommodate these principles because it is closely intertwined with human needs and intimately linked to a specific place, climatic conditions and technical and economical possibilities. Besides, differently from his public and common masterpieces such as the Palazzo Gualino, the Istituto di Fisica and the Università Commerciale Bocconi, the house projects are representative of a precise project will, which is expressed in a more authentic way, partially freed from political influences and dogmatic preoccupations and, therefore, far from the attempt to research a specific expressive language. I believe that the house project better represents that “ingenuity”, freshness and “sincerity” that Pagano identifies with the minor architecture, thereby revealing a more authentic expression of his understanding of a project. Therefore, the thesis, by tracing the theoretical research of Pagano through the analysis of some of his designed and built works, attempts to identify a specific methodological approach to Pagano’s project, which, developed through time, achieves a certain clarity in the 1930s. In fact, this methodological approach becomes more evident in his last projects, mainly regarding the house and the urban space. These reflect the attempt to respond to the new social needs and, at the same time, they also are an expression of a freer idea of built architecture, closely linked with the place and with the human being who dwells it. The three chosen projects (Villa Colli, La Casa a struttura d’acciaio and Villa Caraccio) make Pagano facing different places, different customers and different economic and technical conditions, which, given the author’s biography, correspond to important historical and political conditions. This is the reason why the projects become apparently distant works, both linguistically and conceptually, to the point that one can define them as ”eclectic”. However, I argue that this eclecticism is actually an added value to the architectural work of Pagano, steaming from the use of a method which, having as a basis the postulate of a rational architecture as essence and logic of building, finds specific variations depending on the multiple variables to be addressed by the project. This is the methodological heritage that Pagano learns from the tradition, especially that of the rural residential architecture, defined by Pagano as a “dictionary of the building logic of man”, as an “a-stylistic background”. For Pagano this traditional architecture is a clear expression of the relationships between a theme and its development, an architectural “fact” that is resolved with purely technical and utilitarian aims and with a spontaneous development far from any aprioristic theoretical principle. Architecture, therefore, cannot be an invention for Pagano and the personal contribution of each architect has to consider his/her close relationship with the specific historical context, place and new building methods. These are basic principles in the methodological approach that drives a great deal of his research and that also permits his thought to be modern. I argue that both ongoing and new collaborations with younger protagonists of the culture and architecture of the period are significant for the development of his methodology. These encounters represent the will to spread his own understanding of the “new architecture” as well as a way of self-renewal by confronting the self with new themes and realities and by learning from his collaborators. Thesis’ outline The thesis is divided in two principal parts, each articulated in four chapters attempting to offer a new reading of the theory and work of Pagano by emphasising the central themes of the research. The first chapter is an introduction to the thesis and to the theme of the rational house, as understood and developed in its typological and technical aspects by Pagano and by other protagonists of the Italian rationalism of the 1930s. Here the attention is on two different aspects defining, according to Pagano, the house project: on the one hand, the typological renewal, aimed at defining a “standard form” as a clear and essential answer to certain needs and variables of the project leading to different formal expressions. On the other, it focuses on the building, understood as a technique to “produce” architecture, where new technologies and new materials are not merely tools but also essential elements of the architectural work. In this way the villa becomes different from the theme of the common house or from that of the minimalist house, by using rules in the choice of material and in the techniques that are every time different depending on the theme under exploration and on the contingency of place. It is also visible the rigorous rationalism that distinguishes the author's appropriation of certain themes of rural architecture. The pages of “Casabella” and the events of the contemporary Triennali form the preliminary material for the writing of this chapter given that they are primary sources to individuate projects and writings produced by Pagano and contemporary architects on this theme. These writings and projects, when compared, reconstruct the evolution of the idea of the rational house and, specifically, of the personal research of Pagano. The second part regards the reading of three of Pagano’s projects of houses as a built verification of his theories. This section constitutes the central part of the thesis since it is aimed at detecting a specific methodological approach showing a theoretical and ideological evolution expressed in the vast edited literature. The three projects that have been chosen explore the theme of the house, looking at various research themes that the author proposes and that find continuity in the affirmation of a specific rationalism, focussed on concepts such as essentiality, utility, functionality and building honesty. These concepts guide the thought and the activities of Pagano, also reflecting a social and cultural period. The projects span from the theme of the villa moderna, Villa Colli, which, inspired by the architecture of North Europe, anticipates a specific rationalism of Pagano based on rigour, simplicity and essentiality, to the theme of the common house, Casa a struttura d’acciaio, la casa del domani, which ponders on the definition of new living spaces and, moreover, on new concepts of standardisation, economical efficiency and new materials responding to the changing needs of the modern society. Finally, the third project returns to the theme of the, Villa Caraccio, revisiting it with new perspectives. These perspectives find in the solution of the open plant, in the openness to nature and landscape and in the revisiting of materials and local building systems that idea of the freed house, which express clearly a new theoretical thought. Methodology It needs to be noted that due to the lack of an official Archive of Pagano’s work, the analysis of his work has been difficult and this explains the necessity to read the articles and the drawings published in the pages of «Casabella» and «Domus». As for the projects of Villa Colli and Casa a struttura d’acciaio, parts of the original drawings have been consulted. These drawings are not published and are kept in private archives of the collaborators of Pagano. The consultation of these documents has permitted the analysis of the cited works, which have been subject to a more complete reading following the different proposed solutions, which have permitted to understand the project path. The projects are analysed thought the method of comparison and critical reading which, specifically, means graphical elaborations and analytical schemes, mostly reconstructed on the basis of original projects but, where possible, also on a photographic investigation. The focus is on the project theme which, beginning with a specific living (dwelling) typology, finds variations because of the historico-political context in which Pagano is embedded and which partially shapes his research and theoretical thought, then translated in the built work. The analysis of the work follows, beginning, where possible, from a reconstruction of the evolution of the project as elaborated on the basis of the original documents and ending on an analysis of the constructive principles and composition. This second phase employs a methodology proposed by Pagano in his article Piante di ville, which, as expected, focuses on the plant as essential tool to identify the “true practical and poetic qualities of the construction”(Pagano, «Costruzioni-Casabella», 1940, p. 2). The reading of the project is integrated with the constructive analyses related to the technical aspects of the house which, in the case of Casa a struttura d’acciaio, play an important role in the project, while in Villa Colli and in Villa Caraccio are principally linked to the choice of materials for the construction of the different architectural elements. These are nonetheless key factors in the composition of the work. Future work could extend this reading to other house projects to deepen the research that could be completed with the consultation of Archival materials, which are missing at present. Finally, in the appendix I present a critical selection of the Pagano’s writings, which recall the themes discussed and embodied by the three projects. The texts have been selected among the articles published in Casabella and in other journals, completing the reading of the project work which cannot be detached from his theoretical thought. Moving from theory to project, we follow a path that brings us to define and deepen the central theme of the thesis: rational building as the principal feature of the architectural research of Pagano, which is paraphrased in multiple ways in his designed and built works.
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The experience of void, essential to the production of forms and to make use them, can be considered as the base of the activities that attend to the formative processes. If void and matter constitutes the basic substances of architecture. Their role in the definition of form, the symbolic value and the constructive methods of it defines the quality of the space. This job inquires the character of space in the architecture of Moneo interpreting the meaning of the void in the Basque culture through the reading of the form matrices in the work of Jorge Oteiza and Eduardo Chillida. In the tie with the Basque culture a reading key is characterized by concurring to put in relation some of the theoretical principles expressed by Moneo on the relationship between place and time, in an unique and specific vision of the space. In the analysis of the process that determines the genesis of the architecture of Moneo emerges a trajectory whose direction is constructed on two pivos: on the one hand architecture like instrument of appropriation of the place, gushed from an acquaintance process who leans itself to the reading of the relations that define the place and of the resonances through which measuring it, on the other hand the architecture whose character is able to represent and to extend the time in which he is conceived, through the autonomy that is conferred to them from values. Following the trace characterized from this hypothesis, that is supported on the theories elaborated from Moneo, surveying deepens the reading of the principles that construct the sculptural work of Oteiza and Chillida, features from a search around the topic of the void and to its expression through the form. It is instrumental to the definition of a specific area that concurs to interpret the character of the space subtended to a vision of the place and the time, affine to the sensibility of Moneo and in some way not stranger to its cultural formation. The years of the academic formation, during which Moneo enters in contact with the Basque artistic culture, seem to be an important period in the birth of that knowledge that will leads him to the formulation of theories tied to the relationship between time, place and architecture. The values expressed through the experimental work of Oteiza and Chillida during years '50 are valid bases to the understanding of such relationships. In tracing a profile of the figures of Oteiza and Chillida, without the pretension that it is exhaustive for the reading of the complex historical period in which they are placed, but with the needs to put the work in a context, I want to be evidenced the important role carried out from the two artists from the Basque cultural area within which Moneo moves its first steps. The tie that approaches Moneo to the Basque culture following the personal trajectory of the formative experience interlaces to that one of important figures of the art and the Spanish architecture. One of the more meaningful relationships is born just during the years of his academic formation, from 1958 to the 1961, when he works like student in the professional office of the architect Francisco Sáenz de Oiza, who was teaching architectural design at the ETSAM. In these years many figures of Basque artists alternated at the professional office of Oiza that enjoys the important support of the manufacturer and maecenas Juan Huarte Beaumont, introduced to he from Oteiza. The tie between Huarte and Oteiza is solid and continuous in the years and it realizes in a contribution to many of the initiatives that makes of Oteiza a forwarder of the Basque culture. In the four years of collaboration with Oiza, Moneo has the opportunity to keep in contact with an atmosphere permeated by a constant search in the field of the plastic art and with figures directly connected to such atmosphere. It’s of a period of great intensity as in the production like in the promotion of the Basque art. The collective “Blanco y Negro”, than is held in 1959 at the Galería Darro to Madrid, is only one of the many times of an exhibition of the work of Oteiza and Chillida. The end of the Fifties is a period of international acknowledgment for Chillida that for Oteiza. The decade of the Fifties consecrates the hypotheses of a mythical past of the Basque people through the spread of the studies carried out in the antecedent years. The archaeological discoveries that join to a context already rich of signs of the prehistoric era, consolidate the knowledge of a strong cultural identity. Oteiza, like Chillida and other contemporary artists, believe in a cosmogonist conception belonging to the Basques, connected to their matriarchal mythological past. The void in its meaning of absence, in the Basque culture, thus as in various archaic and oriental religions, is equivalent to the spiritual fullness as essential condition to the revealing of essence. Retracing the archaic origins of the Basque culture emerges the deep meaning that the void assumes as key element in the religious interpretation of the passage from the life to the death. The symbology becomes rich of meaningful characters who derive from the fact that it is a chthonic cult. A representation of earth like place in which divine manifest itself but also like connection between divine and human, and this manipulation of the matter of which the earth it is composed is the tangible projection of the continuous search of the man towards God. The search of equilibrium between empty and full, that characterizes also the development of the form in architecture, in the Basque culture assumes therefore a peculiar value that returns like constant in great part of the plastic expressions, than in this context seem to be privileged regarding the other expressive forms. Oteiza and Chillida develop two original points of view in the representation of the void through the form. Both use of rigorous systems of rules sensitive to the physics principles and the characters of the matter. The last aim of the Oteiza’s construction is the void like limit of the knowledge, like border between known and unknown. It doesn’t means to reduce the sculptural object to an only allusive dimension because the void as physical and spiritual power is an active void, that possesses that value able to reveal the being through the trace of un-being. The void in its transcendental manifestation acts at the same time from universal and from particular, like in the atomic structure of the matter, in which on one side it constitutes the inner structure of every atom and on the other one it is necessary condition to the interaction between all the atoms. The void can be seen therefore as the action field that concurs the relations between the forms but is also the necessary condition to the same existence of the form. In the construction of Chillida the void represents that counterpart structuring the matter, inborn in it, the element in absence of which wouldn’t be variations neither distinctive characters to define the phenomenal variety of the world. The physics laws become the subject of the sculptural representation, the void are the instrument that concurs to catch up the equilibrium. Chillida dedicate himself to experience the space through the senses, to perceive of the qualities, to tell the physics laws which forge the matter in the form and the form arranges the places. From the artistic experience of the two sculptors they can be transposed, to the architectonic work of Moneo, those matrices on which they have constructed their original lyric expressions, where the void is absolute protagonist. An ambit is defined thus within which the matrices form them drafts from the work of Oteiza and Chillida can be traced in the definition of the process of birth and construction of the architecture of Moneo, but also in the relation that the architecture establishes with the place and in the time. The void becomes instrument to read the space constructed in its relationships that determine the proportions, rhythms, and relations. In this way the void concurs to interpret the architectonic space and to read the value of it, the quality of the spaces constructing it. This because it’s like an instrument of the composition, whose role is to maintain to the separation between the elements putting in evidence the field of relations. The void is that instrument that serves to characterize the elements that are with in the composition, related between each other, but distinguished. The meaning of the void therefore pushes the interpretation of the architectonic composition on the game of the relations between the elements that, independent and distinguished, strengthen themselves in their identity. On the one hand if void, as measurable reality, concurs all the dimensional changes quantifying the relationships between the parts, on the other hand its dialectic connotation concurs to search the equilibrium that regulated such variations. Equilibrium that therefore does not represent an obtained state applying criteria setting up from arbitrary rules but that depends from the intimate nature of the matter and its embodiment in the form. The production of a form, or a formal system that can be finalized to the construction of a building, is indissolubly tied to the technique that is based on the acquaintance of the formal vocation of the matter, and what it also can representing, meaning, expresses itself in characterizing the site. For Moneo, in fact, the space defined from the architecture is above all a site, because the essence of the site is based on the construction. When Moneo speaks about “birth of the idea of plan” like essential moment in the construction process of the architecture, it refers to a process whose complexity cannot be born other than from a deepened acquaintance of the site that leads to the comprehension of its specificity. Specificity arise from the infinite sum of relations, than for Moneo is the story of the oneness of a site, of its history, of the cultural identity and of the dimensional characters that that they are tied to it beyond that to the physical characteristics of the site. This vision is leaned to a solid made physical structure of perceptions, of distances, guideline and references that then make that the process is first of all acquaintance, appropriation. Appropriation that however does not happen for directed consequence because does not exist a relationship of cause and effect between place and architecture, thus as an univocal and exclusive way does not exist to arrive to a representation of an idea. An approach that, through the construction of the place where the architecture acquires its being, searches an expression of its sense of the truth. The proposal of a distinction for areas like space, matter, spirit and time, answering to the issues that scan the topics of the planning search of Moneo, concurs a more immediate reading of the systems subtended to the composition principles, through which is related the recurrent architectonic elements in its planning dictionary. From the dialectic between the opposites that is expressed in the duality of the form, through the definition of a complex element that can mediate between inside and outside as a real system of exchange, Moneo experiences the form development of the building deepening the relations that the volume establishes in the site. From time to time the invention of a system used to answer to the needs of the program and to resolve the dual character of the construction in an only gesture, involves a deep acquaintance of the professional practice. The technical aspect is the essential support to which the construction of the system is indissolubly tied. What therefore arouses interest is the search of the criteria and the way to construct that can reveal essential aspects of the being of the things. The constructive process demands, in fact, the acquaintance of the formative properties of the matter. Property from which the reflections gush on the relations that can be born around the architecture through the resonance produced from the forms. The void, in fact, through the form is in a position to constructing the site establishing a reciprocity relation. A reciprocity that is determined in the game between empty and full and of the forms between each other, regarding around, but also with regard to the subjective experience. The construction of a background used to amplify what is arranged on it and to clearly show the relations between the parts and at the same time able to tie itself with around opening the space of the vision, is a system that in the architecture of Moneo has one of its more effective applications in the use of the platform used like architectonic element. The spiritual force of this architectonic gesture is in the ability to define a place whose projecting intention is perceived and shared with who experience and has lived like some instrument to contact the cosmic forces, in a delicate process that lead to the equilibrium with them, but in completely physical way. The principles subtended to the construction of the form taken from the study of the void and the relations that it concurs, lead to express human values in the construction of the site. The validity of these principles however is tested from the time. The time is what Moneo considers as filter that every architecture is subordinate to and the survival of architecture, or any of its formal characters, reveals them the validity of the principles that have determined it. It manifests thus, in the tie between the spatial and spiritual dimension, between the material and the worldly dimension, the state of necessity that leads, in the construction of the architecture, to establish a contact with the forces of the universe and the intimate world, through a process that translate that necessity in elaboration of a formal system.
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Descrizione, tema e obiettivi della ricerca La ricerca si propone lo studio delle possibili influenze che la teoria di Aldo Rossi ha avuto sulla pratica progettuale nella Penisola Iberica, intende quindi affrontare i caratteri fondamentali della teoria che sta alla base di un metodo progettuale ed in particolar modo porre l'attenzione alle nuove costruzioni quando queste si confrontano con le città storiche. Ha come oggetto principale lo studio dei documenti, saggi e scritti riguardanti il tema della costruzione all'interno delle città storiche. Dallo studio di testi selezionati di Aldo Rossi sulla città si vuole concentrare l'attenzione sull'influenza che tale teoria ha avuto nei progetti della Penisola Iberica, studiare come è stata recepita e trasmessa successivamente, attraverso gli scritti di autori spagnoli e come ha visto un suo concretizzarsi poi nei progetti di nuove costruzioni all'interno delle città storiche. Si intende restringere il campo su un periodo ed un luogo precisi, Spagna e Portogallo a partire dagli anni Settanta, tramite la lettura di un importante evento che ha ufficializzato il contatto dell'architetto italiano con la Penisola Iberica, quale il Seminario di Santiago de Compostela tenutosi nel 1976. Al Seminario parteciparono numerosi architetti che si confrontarono su di un progetto per la città di Santiago e furono invitati personaggi di fama internazionale a tenere lezioni introduttive sul tema di dibattito in merito al progetto e alla città storica. Il Seminario di Santiago si colloca in un periodo storico cruciale per la Penisola Iberica, nel 1974 cade il regime salazarista in Portogallo e nel 1975 cade il regime franchista in Spagna ed è quindi di rilevante importanza capire il legame tra l'architettura e la nuova situazione politica. Dallo studio degli interventi, dei progetti che furono prodotti durante il Seminario, della relazione tra questo evento ed il periodo storico in cui esso va contestualizzato, si intende giungere alla individuazione delle tracce della reale presenza di tale eredità. Presupposti metodologici. Percorso e strumenti di ricerca La ricerca può quindi essere articolata in distinte fasi corrispondenti per lo più ai capitoli in cui si articola la tesi: una prima fase con carattere prevalentemente storica, di ricerca del materiale per poter definire il contesto in cui si sviluppano poi le vicende oggetto della tesi; una seconda fase di impronta teorica, ossia di ricerca bibliografica del materiale e delle testimonianze che provvedono alla definizione della reale presenza di effetti scaturiti dai contatti tra Rossi e la Penisola Iberica, per andare a costruire una eredità ; una terza fase che entra nel merito della composizione attraverso lo studio e la verifica delle prime due parti, tramite l'analisi grafica applicata ad uno specifico esempio architettonico selezionato; una quarta fase dove il punto di vista viene ribaltato e si indaga l'influenza dei luoghi visitati e dei contatti intrattenuti con alcuni personaggi della Penisola Iberica sull'architettura di Rossi, ricercandone i riferimenti. La ricerca è stata condotta attraverso lo studio di alcuni eventi selezionati nel corso degli anni che si sono mostrati significativi per l'indagine, per la risonanza che hanno avuto sulla storia dell'architettura della Penisola. A questo scopo si sono utilizzati principalmente tre strumenti: lo studio dei documenti, le pubblicazioni e le riviste prodotte in Spagna, gli scritti di Aldo Rossi in merito, e la testimonianza diretta attraverso interviste di personaggi chiave. La ricerca ha prodotto un testo suddiviso per capitoli che rispetta l'organizzazione in fasi di lavoro. A seguito di determinate condizioni storiche e politiche, studiate nella ricerca a supporto della tesi espressa, nella Penisola Iberica si è verificato il diffondersi della necessità e del desiderio di guardare e prendere a riferimento l'architettura europea e in particolar modo quella italiana. Il periodo sul quale viene focalizzata l'attenzione ha inizio negli anni Sessanta, gli ultimi prima della caduta delle dittature, scenario dei primi viaggi di Aldo Rossi nella Penisola Iberica. Questi primi contatti pongono le basi per intense e significative relazioni future. Attraverso l'approfondimento e la studio dei materiali relativi all'oggetto della tesi, si è cercato di mettere in luce il contesto culturale, l'attenzione e l'interesse per l'apertura di un dibattito intorno all'architettura, non solo a livello nazionale, ma europeo. Ciò ha evidenziato il desiderio di innescare un meccanismo di discussione e scambio di idee, facendo leva sull'importanza dello sviluppo e ricerca di una base teorica comune che rende coerente i lavori prodotti nel panorama architettonico iberico, seppur ottenendo risultati che si differenziano gli uni dagli altri. E' emerso un forte interesse per il discorso teorico sull'architettura, trasmissibile e comunicabile, che diventa punto di partenza per un metodo progettuale. Ciò ha reso palese una condivisione di intenti e l'assunzione della teoria di Aldo Rossi, acquisita, diffusa e discussa, attraverso la pubblicazione dei suoi saggi, la conoscenza diretta con l'architetto e la sua architettura, conferenze, seminari, come base teorica su cui fondare il proprio sapere architettonico ed il processo metodologico progettuale da applicare di volta in volta negli interventi concreti. Si è giunti così alla definizione di determinati eventi che hanno permesso di entrare nel profondo della questione e di sondare la relazione tra Rossi e la Penisola Iberica, il materiale fornito dallo studio di tali episodi, quali il I SIAC, la diffusione della rivista "2C. Construccion de la Ciudad", la Coleccion Arquitectura y Critica di Gustavo Gili, hanno poi dato impulso per il reperimento di una rete di ulteriori riferimenti. E' stato possibile quindi individuare un gruppo di architetti spagnoli, che si identificano come allievi del maestro Rossi, impegnato per altro in quegli anni nella formazione di una Scuola e di un insegnamento, che non viene recepito tanto nelle forme, piuttosto nei contenuti. I punti su cui si fondano le connessioni tra l'analisi urbana e il progetto architettonico si centrano attorno due temi di base che riprendono la teoria esposta da Rossi nel saggio L'architettura della città : - relazione tra l'area-studio e la città nella sua globalità, - relazione tra la tipologia edificatoria e gli aspetti morfologici. La ricerca presentata ha visto nelle sue successive fasi di approfondimento, come si è detto, lo sviluppo parallelo di più tematiche. Nell'affrontare ciascuna fase è stato necessario, di volta in volta, operare una verifica delle tappe percorse precedentemente, per mantenere costante il filo del discorso col lavoro svolto e ritrovare, durante lo svolgimento stesso della ricerca, gli elementi di connessione tra i diversi episodi analizzati. Tale operazione ha messo in luce talvolta nodi della ricerca rimasti in sospeso che richiedevano un ulteriore approfondimento o talvolta solo una rivisitazione per renderne possibile un più proficuo collegamento con la rete di informazioni accumulate. La ricerca ha percorso strade diverse che corrono parallele, per quanto riguarda il periodo preso in analisi: - i testi sulla storia dell'architettura spagnola e la situazione contestuale agli anni Settanta - il materiale riguardante il I SIAC - le interviste ai partecipanti al I SIAC - le traduzioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica - la rivista "2C. Construccion de la Ciudad" Esse hanno portato alla luce una notevole quantità di tematiche, attraverso le quali, queste strade vengono ad intrecciarsi e a coincidere, verificando l'una la veridicità dell'altra e rafforzandone il valore delle affermazioni. Esposizione sintetica dei principali contenuti esposti dalla ricerca Andiamo ora a vedere brevemente i contenuti dei singoli capitoli. Nel primo capitolo Anni Settanta. Periodo di transizione per la Penisola Iberica si è cercato di dare un contesto storico agli eventi studiati successivamente, andando ad evidenziare gli elementi chiave che permettono di rintracciare la presenza della predisposizione ad un cambiamento culturale. La fase di passaggio da una condizione di chiusura rispetto alle contaminazioni provenienti dall'esterno, che caratterizza Spagna e Portogallo negli anni Sessanta, lascia il posto ad un graduale abbandono della situazione di isolamento venutasi a creare intorno al Paese a causa del regime dittatoriale, fino a giungere all'apertura e all'interesse nei confronti degli apporti culturali esterni. E' in questo contesto che si gettano le basi per la realizzazione del I Seminario Internazionale di Architettura Contemporanea a Santiago de Compostela, del 1976, diretto da Aldo Rossi e organizzato da César Portela e Salvador Tarragó, di cui tratta il capitolo secondo. Questo è uno degli eventi rintracciati nella storia delle relazioni tra Rossi e la Penisola Iberica, attraverso il quale è stato possibile constatare la presenza di uno scambio culturale e l'importazione in Spagna delle teorie di Aldo Rossi. Organizzato all'indomani della caduta del franchismo, ne conserva una reminescenza formale. Il capitolo è organizzato in tre parti, la prima si occupa della ricostruzione dei momenti salienti del Seminario Proyecto y ciudad historica, dagli interventi di architetti di fama internazionale, quali lo stesso Aldo Rossi, Carlo Aymonino, James Stirling, Oswald Mathias Ungers e molti altri, che si confrontano sul tema delle città storiche, alle giornate seminariali dedicate all’elaborazione di un progetto per cinque aree individuate all’interno di Santiago de Compostela e quindi dell’applicazione alla pratica progettuale dell’inscindibile base teorica esposta. Segue la seconda parte dello stesso capitolo riguardante La selezione di interviste ai partecipanti al Seminario. Esso contiene la raccolta dei colloqui avuti con alcuni dei personaggi che presero parte al Seminario e attraverso le loro parole si è cercato di approfondire la materia, in particolar modo andando ad evidenziare l’ambiente culturale in cui nacque l’idea del Seminario, il ruolo avuto nella diffusione della teoria di Aldo Rossi in Spagna e la ripercussione che ebbe nella pratica costruttiva. Le diverse interviste, seppur rivolte a persone che oggi vivono in contesti distanti e che in seguito a questa esperienza collettiva hanno intrapreso strade diverse, hanno fatto emergere aspetti comuni, tale unanimità ha dato ancor più importanza al valore di testimonianza offerta. L’elemento che risulta più evidente è il lascito teorico, di molto prevalente rispetto a quello progettuale che si è andato mescolando di volta in volta con la tradizione e l’esperienza dei cosiddetti allievi di Aldo Rossi. Negli stessi anni comincia a farsi strada l’importanza del confronto e del dibattito circa i temi architettonici e nel capitolo La fortuna critica della teoria di Aldo Rossi nella Penisola Iberica è stato affrontato proprio questo rinnovato interesse per la teoria che in quegli anni si stava diffondendo. Si è portato avanti lo studio delle pubblicazioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, pubblica e traduce in lingua spagnola i più importanti saggi di architettura, tra i quali La arquitectura de la ciudad di Aldo Rossi, nel 1971, e Comlejidad y contradiccion en arquitectura di Robert Venturi nel 1972. Entrambi fondamentali per il modo di affrontare determinate tematiche di cui sempre più in quegli anni si stava interessando la cultura architettonica iberica, diventando così ¬ testi di riferimento anche nelle scuole. Le tracce dell’influenza di Rossi sulla Penisola Iberica si sono poi ricercate nella rivista “2C. Construccion de la Ciudad” individuata come strumento di espressione di una teoria condivisa. Con la nascita nel 1972 a Barcellona di questa rivista viene portato avanti l’impegno di promuovere la Tendenza, facendo riferimento all’opera e alle idee di Rossi ed altri architetti europei, mirando inoltre al recupero di un ruolo privilegiato dell’architettura catalana. A questo proposito sono emersi due fondamentali aspetti che hanno legittimato l’indagine e lo studio di questa fonte: - la diffusione della cultura architettonica, il controllo ideologico e di informazione operato dal lavoro compiuto dalla rivista; - la documentazione circa i criteri di scelta della redazione a proposito del materiale pubblicato. E’ infatti attraverso le pubblicazioni di “2C. Construccion de la Ciudad” che è stato possibile il ritrovamento delle notizie sulla mostra Arquitectura y razionalismo. Aldo Rossi + 21 arquitectos españoles, che accomuna in un’unica esposizione le opere del maestro e di ventuno giovani allievi che hanno recepito e condiviso la teoria espressa ne “L’architettura della città”. Tale mostra viene poi riproposta nella Sezione Internazionale di Architettura della XV Triennale di Milano, la quale dedica un Padiglione col titolo Barcelona, tres epocas tres propuestas. Dalla disamina dei progetti presentati è emerso un interessante caso di confronto tra le Viviendas para gitanos di César Portela e la Casa Bay di Borgo Ticino di Aldo Rossi, di cui si è occupato l’ultimo paragrafo di questo capitolo. Nel corso degli studi è poi emerso un interessante risvolto della ricerca che, capovolgendone l’oggetto stesso, ne ha approfondito gli aspetti cercando di scavare più in profondità nell’analisi della reciproca influenza tra la cultura iberica e Aldo Rossi, questa parte, sviscerata nell’ultimo capitolo, La Penisola Iberica nel “magazzino della memoria” di Aldo Rossi, ha preso il posto di quello che inizialmente doveva presentarsi come il risvolto progettuale della tesi. Era previsto infatti, al termine dello studio dell’influenza di Aldo Rossi sulla Penisola Iberica, un capitolo che concentrava l’attenzione sulla produzione progettuale. A seguito dell’emergere di un’influenza di carattere prettamente teorica, che ha sicuramente modificato la pratica dal punto di vista delle scelte architettoniche, senza però rendersi esplicita dal punto di vista formale, si è preferito, anche per la difficoltà di individuare un solo esempio rappresentativo di quanto espresso, sostituire quest’ultima parte con lo studio dell’altra faccia della medaglia, ossia l’importanza che a sua volta ha avuto la cultura iberica nella formazione della collezione dei riferimenti di Aldo Rossi. L’articolarsi della tesi in fasi distinte, strettamente connesse tra loro da un filo conduttore, ha reso necessari successivi aggiustamenti nel percorso intrapreso, dettati dall’emergere durante la ricerca di nuovi elementi di indagine. Si è pertanto resa esplicita la ricercata eredità di Aldo Rossi, configurandosi però prevalentemente come un’influenza teorica che ha preso le sfumature del contesto e dell’esperienza personale di chi se ne è fatto ricevente, diventandone così un continuatore attraverso il proprio percorso autonomo o collettivo intrapreso in seguito. Come suggerisce José Charters Monteiro, l’eredità di Rossi può essere letta attraverso tre aspetti su cui si basa la sua lezione: la biografia, la teoria dell’architettura, l’opera. In particolar modo per quanto riguarda la Penisola Iberica si può parlare dell’individuazione di un insegnamento riferito alla seconda categoria, i suoi libri di testo, le sue partecipazioni, le traduzioni. Questo è un lascito che rende possibile la continuazione di un dibattito in merito ai temi della teoria dell’architettura, della sue finalità e delle concrete applicazioni nelle opere, che ha permesso il verificarsi di una apertura mentale che mette in relazione l’architettura con altre discipline umanistiche e scientifiche, dalla politica, alla sociologia, comprendendo l’arte, le città la morfologia, la topografia, mediate e messe in relazione proprio attraverso l’architettura.
Resumo:
Abstract Il tema delle infrastrutture, intese come parte dell’architettura dello spazio urbano e del territorio, assume un ruolo centrale in molti progetti contemporanei e costituisce la ragione di questa ricerca. E’ preso in esame, in particolare, il tracciato extraurbano della via Emilia, antica strada consolare romana la cui definizione risale al II sec. a.C., nel tratto compreso tra le città di Rimini e Forlì. Studiare la strada nel suo rapporto con il territorio locale ha significato in primo luogo prendere in considerazione la via Emilia in quanto manufatto, ma anche in quanto percorso che si compie nel tempo. Si è dunque cercato di mostrare come, in parallelo all’evoluzione della sua sezione e della geometria del suo tracciato, sia cambiata anche la sua fruizione, e come si sia evoluto il modo in cui la strada viene “misurata”, denominata e gestita. All’interno di una riflessione critica sulla forma e sul ruolo della strada nel corso dei secoli la Tesi rilegge il territorio nella sua dimensione di “palinsesto”, riconoscendo e isolando alcuni momenti in cui la via Emilia ha assunto un valore “simbolico” che rimanda alla Roma imperiale. La perdita del significato via Emilia, intesa come elemento di “costruzione” del territorio, ha origine con il processo di urbanizzazione diffusa che ha investito il territorio extraurbano a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. La condizione attuale della strada, sempre più congestionata dal traffico veicolare, costituisce la premesse per una riflessione sul futuro della sua forma e degli insediamenti che attraversa. La strategia proposta dagli Enti locali che prevede il raddoppio della strada, con la costruzione della via Emilia Bis, non garantisce solo un potenziamento infrastrutturale ma rappresenta l’occasione per sottrarre al tracciato attuale la funzione di principale asse di comunicazione extraurbana. La via Emilia potrebbe così recuperare il ruolo di itinerario narrativo, attraverso la configurazione dei suoi spazi collettivi, l’architettura dei suoi edifici, il significato dei suoi monumenti, e diventare spazio privilegiato di relazione e di aggregazione. The theme of urban infrastructures, thought as part of the design of urban space and territory, has a central role in several contemporary projects and is the reason of this research. The object of the study is the extra urban route of the via Emilia, an ancient roman road which has been defined in the II century b. C., in its stretch between the cities of Rimini and Forlì. Studying the road in its relationship with the local environment has meant first of all considering the via Emilia as an “artefact” but also as a path that takes place over time. The aim of this research was also to demonstrate how its fruition has changed together with the evolution of the section and geometry of the route, and how the road itself is measured, named and managed. Within a critical approach on the shape and on the role played by the road through the centuries, this Essay reinterprets the territory in its dimension of “palimpsest”, identifying and isolating some periods of time when the via Emilia assumed a symbolic value which recalls the Imperial Rome. The loss of the meaning of the via Emilia, intended as an element that “constitutes” the territory originates from a process of diffused urbanization, which spread in the extra urban environment from the end of the second world war. The actual condition of the road, more and more congested by traffic, is the premise of a reflection about the future of its shape and of the settlements alongside. The strategy proposed by the local authorities, that foresees to double the size of the road, building the via Emilia Bis, not only guarantees an infrastructural enhancement but also it represents an opportunity to take off from the road itself the current function of being the principal axis of extra urban connection. In this way the via Emilia could regain its role as a narrative itinerary, through the configuration of its public spaces, the architecture of its buildings, the meaning of its monuments, and then become a privileged space of relationship and aggregation.
Resumo:
Starting from an original assumption that Ovid is one of the most influential and studied European mythographers from ancient times till at least the end of the XVII century, my research is about rediscovering Medusa's myth which has been brought to us from Metamorphosis during the period of time between the mid XVI and the last years of the XVII century. The main thread that leads the research trough English, French, Spanish and Italian Literatures gets particularly clarified in the crucial crux that binds the image of Gorgon, the protector of hight mysteries, tightly correlated to the goddess of knowledge, Minerva, and the attraction/dismay for knowing so far considered inaccessible but now perceived as possible (so more attractive than before) thanks to the scientific and geographic discoveries of the Renaissance.
Resumo:
Abstract This PhD thesis focuses on two projects carried out by Oswald Mathias Ungers in the city of Trier. More specifi cally, this study focuses on the relationship between composition principles, architectural forms, historical context and the nature of the city where these buildings have been built. The works carried out by Ungers in Trier are unique experiences - if taken in this master’s works context - and each one of them refl ects - in its specifi c project and architectural composition theme - the results - in terms of design - of a complex research on the fundamentals of architecture carried out by Ungers in more than fi ve decades of his activity. The theoretical and compositional experiment aspect is one of the main subjects to defi ne these buildings in terms of architecture. This aspect is so crucial that it is possible to consider them as an example of radical and specifi c experiences, referred to a specifi c place and based on a specifi c theoretical corpus. More specifi cally, this study focuses on the design activity carried out by Ungers in this city, mainly between the 80s and 90s and in the fi rst decade of the 21st century. It puts forward an interpretation that does not only defi ne the essential features, elements and questions lying behind these two architectures, but fi rst and foremost analyzes the theoretical, methodological and compositional relationship between Ungers and Trier, his adopted city. An increasingly closer relationship between the architect and his city highlights the wider relationship network established between the place and the projects carried out by Ungers in this city and makes it possible to understand the importance of Trier in the work of this architect, in his education and in his way to see, think and make architecture. The projects analyzed - the Thermen am Forum Museum (1988-1996) and the Kaiserthermen entrance hall (2003-2007) - were analyzed in terms of their architectural composition in an attempt to highlight the poetry of these architectures and to fi nd out their progressive, rational - and therefore transmissible - character. This study is an attempt to assess and unveil the compositional themes characterizing these projects while detecting the compositional principles lying behind the works and verifying the design process through which such principles were translated into architecture. Looking at these works as architectural composition examples makes it possible to clarify Ungers’ hermeneutic relationship established with the city’s history and structure. More specifi cally, the main subject of this thesis is the relationship between the architect, his city and history in the architectural solutions offered by two exemplary case studies, which were both built and placed in the historical city center of Trier and both connected with the ancient core of the city. The Thermen am Forum Museum and the Kaiserthermen entrance hall projects are - though being developed at different times of Ungers’ architectural life and though being extremely different in terms of approach to their context, due to their architectural image - two works that can be compared with the historical heritage of the city and this makes them ideal examples of the relationship between architectural forms, history and environment.
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The arguments of the thesis is the relationship between the Norman domination and the Greek-speaking people living in Sicily and Southern Italy. Particularly the ascendancy of the greek culture on the norman architecture and his role in the construction of the Norman Kingdom.
Resumo:
La ricerca ha per oggetto la messa a punto e applicazione di un approccio metaprogettuale finalizzato alla definizione di criteri di qualità architettonica e paesaggistica nella progettazione di aziende vitivinicole medio-piccole, che effettuano la trasformazione della materia prima, prevalentemente di propria produzione. L’analisi della filiera vitivinicola, della letteratura scientifica, della normativa di settore, di esempi di “architetture del vino eccellenti” hanno esplicitato come prevalentemente vengano indagate cantine industriali ed aspetti connessi con l'innovazione tecnologica delle attrezzature. Soluzioni costruttive e tecnologiche finalizzate alla qualità architettonica ed ambientale, attuali dinamiche riguardanti il turismo enogastronomico, nuove funzionalità aziendali, problematiche legate alla sostenibilità dell’intervento risultano ancora poco esplorate, specialmente con riferimento a piccole e medie aziende vitivinicole. Assunto a riferimento il territorio ed il sistema costruito del Nuovo Circondario Imolese (areale rappresentativo per vocazione ed espressione produttiva del comparto vitivinicolo emiliano-romagnolo) è stato identificato un campione di aziende con produzioni annue non superiori ai 5000 hl. Le analisi svolte sul campione hanno permesso di determinare: modalità di aggregazione funzionale degli spazi costruiti, relazioni esistenti con il paesaggio, aspetti distributivi e materico-costruttivi, dimensioni di massima dei locali funzionali alla produzione. Il caso studio relativo alla riqualificazione di un’azienda rappresentativa del comparto è stato utilizzato per la messa a punto e sperimentazione di criteri di progettazione guidati da valutazioni relative alle prestazioni energetiche, alla qualità architettonica e alla sostenibilità ambientale, economica e paesaggistica. L'analisi costi-benefici (pur non considerando le ricadute positive in termini di benessere degli occupanti ed il guadagno della collettività in termini di danni collegati all’inquinamento che vengono evitati in architetture progettate per garantire qualità ambientale interna ed efficienza energetica) ha esplicitato il ritorno in pochi anni dell’investimento proposto, nonostante gli ancora elevati costi di materiali di qualità e dei componenti per il corretto controllo climatico delle costruzioni.
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Il lavoro è una riflessione sugli sviluppi della nozione di definizione nel recente dibattito sull'analiticità. La rinascita di questa discussione, dopo le critiche di Quine e un conseguente primo abbandono della concezione convenzionalista carnapiana ha come conseguenza una nuova concezione epistemica dell'analiticità. Nella maggior parte dei casi le nuove teorie epistemiche, tra le quali quelle di Bob Hale e Crispin Wright (Implicit Definition and the A priori, 2001) e Paul Boghossian (Analyticity, 1997; Epistemic analyticity, a defence, 2002, Blind reasoning, 2003, Is Meaning Normative ?, 2005) presentano il comune carattere di intendere la conoscenza a priori nella forma di una definizione implicita (Paul Horwich, Stipulation, Meaning, and Apriority, 2001). Ma una seconda linea di obiezioni facenti capo dapprima a Horwich, e in seguito agli stessi Hale e Wright, mettono in evidenza rispettivamente due difficoltà per la definizione corrispondenti alle questioni dell'arroganza epistemica e dell'accettazione (o della stipulazione) di una definizione implicita. Da questo presupposto nascono diversi tentativi di risposta. Da un lato, una concezione della definizione, nella teoria di Hale e Wright, secondo la quale essa appare come un principio di astrazione, dall'altro una nozione della definizione come definizione implicita, che si richiama alla concezione di P. Boghossian. In quest'ultima, la definizione implicita è data nella forma di un condizionale linguistico (EA, 2002; BR, 2003), ottenuto mediante una fattorizzazione della teoria costruita sul modello carnapiano per i termini teorici delle teorie empiriche. Un'analisi attenta del lavoro di Rudolf Carnap (Philosophical foundations of Physics, 1966), mostra che la strategia di scomposizione rappresenta una strada possibile per una nozione di analiticità adeguata ai termini teorici. La strategia carnapiana si colloca, infatti, nell'ambito di un tentativo di elaborazione di una nozione di analiticità che tiene conto degli aspetti induttivi delle teorie empiriche
Resumo:
Lo scavo della chiesa di Santa MAria Maggiore ha permesso di acquisire nuove importanti informazioni sulla storia della città di Trento, sulla città tardo antica e sul processo di cristianizzazione. Il primo impianto ecclesiastico, datato a dopo la metà del V d. C. secolo, sorge su un precedente impianto termale realizzato intorno al II secolo d. C. ed appare caratterizzato da un forte carattere monumentale. La chiesa, a tre navate, presentava un presbiterio rialzato decorato in una prima fase da un opus sectile poi sostituito nel VI secolo da un mosaico policromo. Sono state rinvenute inoltre, parti consistenti della decorazione architettonica di fine VIII secolo pertinente questo stesso impianto che non subirà importanti modifiche fino alla realizzazione del successivo edificio di culto medievale, meno esteso e dai caratteri decisamente meno monumentali, caratterizzato dalla presenza di un esteso campo cimiteriale rinvenuto a nord della chiesa. A questo impianto ne succede un terzo, probabilmente a due navate, e dalla ricca decorazione pittorica demolito in età tardo rinascimentale per la realizzazione della chiesa attuale.
Resumo:
Leggere il progetto del Moderno e le sue culture costruttive in relazione alla storia e allo sviluppo della tecnologia, consente di esplorare alcuni aspetti dell’Architettura Moderna in Europa. Oltre alla più famosa, e maggiormente studiata, triade dei materiali ‘moderni’ – l’acciaio, il calcestruzzo e il vetro – la pietra ha svolto un importante ruolo nella definizione sia dello stile che della costruzione moderna. La costruzione in pietra è stata sempre associata alla tradizione e quindi deliberatamente dimenticata dal Movimento Moderno, durante la fase cruciale della modernizzazione della società e quindi dell’architettura e della costruzione. La pietra tuttavia testimonia la delicata transizione dalla tradizionale arte del costruire alle nuove tecnologie. La ricerca ha studiato l’evoluzione delle tecniche costruttive in pietra in Francia ed in Italia, durante gli anni ’20 e ’30, in relazione alle nuove tecniche industrializzate e i linguaggi delle avanguardie. La ricerca è partita dallo studio dei manuali, delle riviste e dei progetti presentati sulle loro pagine. In Italia e in Francia il rivestimento in pietra si afferma come un sistema costruttivo ‘razionale’, dove la costruzione moderna converge lentamente verso nuove soluzioni; questo sistema ha avuto negli anni ’20 e ’30 un ruolo centrale, nel quale è stato possibile un dialogo, senza contraddizioni, tra i materiali ‘moderni’ e la pietra. L’evoluzione dalle tradizionali tecniche costruttive verso i nuovi sistemi tecnologici, ha determinato una nuova costruzione in pietra che è alla base di una modernità che non rifiuta questo materiale tradizionale, ma lo trasforma secondo i nuoci principi estetici.