15 resultados para ARCHIVISTICA
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
la ricerca ha avuto per oggetto la ricostruzione della storia e del patrimonio della biblioteca privata specializzata di San Genesio fondata nel 1931 presso la Casa "Lyda Borelli" per artisti drammatici di Bologna. La biblioteca si presenta oggi come uno dei centri di documentazione teatrale più antichi e significativi del panorama italiano: oltre 10.000 monografie, per la maggior parte concernenti testi e studi specialistici, un fondo antico (pre 1831) di oltre 2.000 volumi, una ricca collezione di periodici sul mondo dello spettacolo in collezione completa, una raccolta di copioni teatrali manoscritti e dattiloscritti di oltre 1.000 unità. La biblioteca, inoltre, comprende l'archivio storico della Casa che conserva la documentazione riguardante la vita dell'Istituto dalla sua nascita, nel 1917, numerosi fondi aggregati appartenuti a rilevanti personaggi dello spettacolo e un patrimonio fotografico unico in Italia. La tesi sintetizza i due principali filoni di ricerca seguiti durante il percorso dottorale. Il primo è quello della ricognizione delle fonti archivistiche, sia interne sia esterne all'istituto, al fine di dettagliare la lunga storia della biblioteca San Genesio, mai oggetto di altra ricostruzione complessiva. Questo obiettivo è stato raggiunto mediante la consultazione dell'intero patrimonio documentario conservato presso l'Archivio storico di Casa "Lyda Borelli" e di numerosi fondi archivistici, concernenti attori e personaggi in rapporto con la Casa, presenti in altri istituti pubblici e privati. I documenti interni alla Casa sono stati intrecciati con altri con cui sono speculari, conservati in altre istituzioni. La seconda parte della ricerca si è concentrata sull'analisi del fondo librario antico. La ricchezza della collezione, costituita da oltre trecento testi teatrali pubblicati nel XVI e XVII secolo, ha offerto un ampio campione d'indagine per ricostruire l'evoluzione dell'editoria specializzata nei primi secoli della stampa tipografica. A tal fine è stato redatto un catalogo, in cui la descrizione bibliografica è accompagnata dall'analitica registrazione degli elementi paratestuali presenti, quali dediche, avvisi ai lettori, indici, errata corrige, marginalia, note di possesso ed ex libris, elementi oggetto di forte interesse nei più accreditati e moderni studi bibliologici e di storia del libro sia italiani sia stranieri. A completamento del catalogo sono stati compilati numerosi indici al fine di moltiplicare le chiavi d'accesso e di lettura del fondo (per autori secondari, luoghi di stampa, editori e tipografi, marche tipografiche e possessori), dotando il catalogo di un apparato fotografico dei frontespizi. Questi elementi aggiuntivi rendono l'elaborato un repertorio unico per le edizioni teatrali e una fonte importante per gli studiosi della stampa in antico regime tipografico.
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This work is focused on the reconstruction of the intellectual biography of Francesco Platone de' Benedetti, prince of the Bologna's printers (1482-1486), that is the same with his typographical outputs. The research had been divided in two parts: the first, with his life, invesitigated by archive documents, and the second part, focused on the census of his editions, with a particular attention to his types. The research on the typographical types had been developed with Adobe Photoshop, that had allowed me to virtually reconstruct the cases of the Gotic and Roman types used by de' Benedetti.
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Nell’alveo delle indagini sulla storia del commercio librario nell’Italia del Settecento, attente a individuare i legami fra circolazione del libro, diffusione delle idee illuministe e riforme politiche nella seconda metà del secolo, la ricerca ha l’obiettivo di offrire un quadro articolato della fisionomia di un mercante del libro attivo nel periodo più intenso del riformismo estense nel ducato di Modena: Moïsè Beniamino Foà (1730-1821). Il primo capitolo della tesi riguarda le cariche ufficiali che questi ricoprì al servizio delle istituzioni culturali promosse da Francesco III d’Este, le vicende che lo implicarono nelle maglie della censura e il suo impegno civile e politico a favore dei processi di emancipazione degli ebrei in età giacobina e napoleonica. Il secondo tenta di interpretare la genesi della sua fortuna economica attraverso l’esame del testamento e dell’inventario dell’asse ereditario: nel panorama di precarietà dei mestieri del libro dal secolo dei lumi ai primi decenni della Restaurazione, pare arduo individuare un libraio comparabile a Foà per solidità e capacità di investimento. All’analisi della clientela del mercante è dedicato il terzo capitolo, che si sviluppa seguendo il filo dei rapporti diplomatici intessuti da Francesco III con le corti italiane nell’orbita dell’influenza politica e culturale asburgica. Si descrivono, quindi, i viaggi europei e la rete dei contatti commerciali che garantirono la ricchezza dell’offerta rispecchiata dai numerosi cataloghi librari pubblicati nel corso di oltre un cinquantennio. Di questi si offre una descrizione bibliografica e quantitativa con un affondo sulla diffusione del libro scientifico. Con la fisionomia del mercante viaggiatore, Foà coniugava quella dell’erudito bibliofilo: la ricerca si conclude con la presentazione della sua biblioteca e dei suoi rapporti con i filologi dell’epoca.
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Per Viollet-le-Duc lo “stile” «è la manifestazione di un ideale fondato su un principio» dove per principio si intende il principio d’ordine della struttura, quest’ultimo deve rispondere direttamente alla Legge dell’”unità” che deve essere sempre rispettata nell’ideazione dell’opera architettonica. A partire da questo nodo centrale del pensiero viollettiano, la presente ricerca si è posta come obiettivo quello dell’esplorazione dei legami fra teoria e prassi nell’opera di Viollet-le-Duc, nei quali lo “stile” ricorre come un "fil rouge" costante, presentandosi come una possibile inedita chiave di lettura di questa figura protagonista della storia del restauro e dell’architettura dell’Ottocento. Il lavoro di ricerca si é dunque concentrato su una nuova lettura dei documenti sia editi che inediti, oltre che su un’accurata ricognizione bibliografica e documentaria, e sullo studio diretto delle architetture. La ricerca archivistica si é dedicata in particolare sull’analisi sistematica dei disegni originali di progetto e delle relazioni tecniche delle opere di Viollet-le- Duc. A partire da questa prima ricognizione, sono stati selezionati due casi- studio ritenuti particolarmente significativi nell’ambito della tematica scelta: il progetto di restauro della chiesa della Madeleine a Vézelay (1840-1859) e il progetto della Maison Milon in rue Douai a Parigi (1857-1860). Attraverso il parallelo lavoro di analisi dei casi-studio e degli scritti di Viollet- le-Duc, si è cercato di verificare le possibili corrispondenze tra teoria e prassi operativa: confrontando i progetti sia con le opere teoriche, sia con la concreta testimonianza degli edifici realizzati.
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La ricerca ha come oggetto l’edizione critica di circa tremila regesti di documenti di area bolognese datati al X-XII secolo. I documenti sono stati trascritti tra il XVII e XVIII secolo in undici cartulari ecclesiastici, conservati presso l’Archivio di Stato di Bologna. Il lavoro s’inserisce nel progetto di edizione delle carte bolognesi di epoca medievale in corso presso la cattedra di Paleografia latina e Diplomatica dell’Università di Bologna, attualmente incentrata sull’edizione delle carte del secolo XII. La ricerca si propone come strumento di supporto a tale progetto e come completamento delle carte già pubblicate: i cartulari, infatti, offrono spesso copie di documenti mancanti dell’originale o in cattivo stato di conservazione, e costituiscono l’unica traccia di una memoria storica altrimenti perduta. Le raccolte esaminate si collocano a ridosso del periodo napoleonico, quando la maggior parte degli enti ecclesiastici venne soppressa e i loro beni incamerati dallo Stato; esse quindi rispecchiano la condizione dei principali archivi ecclesiastici cittadini dei primi secoli del Medioevo bolognese. La ricerca è strutturata in una prima parte volta a definire in termini storico-diplomatistici la tipologia di fonte esaminata: oggi i cartulari non sono più intesi come semplici raccoglitori di documenti, ma come sistema organico di fonti in grado di far luce su aspetti importanti della storia dell’ente che li ha prodotti. L’indagine del loro contesto di produzione permette di comprenderne meglio le finalità, la forma e il valore giuridico. Parte della ricerca è stata poi incentrata sullo studio delle ragioni che hanno portato gli istituti religiosi bolognesi alla redazione dei cartulari: a tal fine è stata esaminata la legislazione ecclesiastica cinque-settecentesca in materia di conservazione della documentazione e il rapporto della legislazione stessa con la prassi archivistica. Infine è stata realizzata l’edizione critica vera e propria dei regesti, mirante a descrivere le caratteristiche principali di ciascun cartulario.
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La tesi ha come oggetto il rinnovamento urbano che fu realizzato a Faenza per opera del suo signore Carlo II Manfredi tra il 1468 e il 1477, d’accordo con il fratello, il vescovo Federico. La prima opera realizzata da Carlo fu il portico a due livelli che dotò di una nuova facciata il suo palazzo di residenza, di origini medievali. Questa architettura sarebbe stata il preludio di un riordino generale della piazza principale della città, probabilmente allo scopo di ricreare un foro all’antica, come prescritto dai trattati di Vitruvio e di Alberti. L’aspetto originale del loggiato rinascimentale, desumibile da documentazione archivistica e iconografica, permette di attribuirlo con una certa probabilità a Giuliano da Maiano. Oltre alla piazza, Carlo riformò profondamente il tessuto urbano, demolendo molti portici lignei di origine medievale, rettificando le principali strade, completando la cerchia muraria. Federico Manfredi nel 1474 diede inizio alla fabbrica della Cattedrale, ricostruita dalle fondamenta su progetto dello stesso Giuliano da Maiano. L’architettura della chiesa ha uno stile largamente debitore all’architettura sacra di Brunelleschi, ma con significative differenze (come la navata definita da un’alternanza tra pilastri e colonne, o la copertura composta da volte a vela). L’abside della cattedrale, estranea al progetto maianesco, fu realizzata nel 1491-92 e mostra alcuni dettagli riconducibili alla coeva architettura di Bramante. A Faenza si realizza in un periodo di tempo brevissimo una profonda trasformazione del volto della città: loggiato, riforma della piazza, riordino delle strade, una nuova cattedrale, tutto contribuisce a dare lustro ai Manfredi e a fare di Faenza una città moderna e in cui si mettono in pratica, forse per la prima volta nell’Italia settentrionale, i dettami di Vitruvio e di Alberti.
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I Modellbücher di Bertolt Brecht e del Berliner Ensemble si configurano come elementi dal carattere duplice e controverso, in bilico fra lo statuto di exempla per i futuri allestitori e quello di dispositivi interni al lavoro dell’ensemble, risultanti dinamiche della processualità scenica. L’interesse per la fotografia e il montaggio, che in Brecht assume molteplici forme – dando vita, ad esempio, ad opere come L’Abicí della guerra – si colloca al centro della composizione di tali strumenti, veri e propri esempi di assemblaggio di frammenti scenici. I Modellbücher trovano la propria ragion d’essere entro le dinamiche della regia brechtiana, di cui si prestano a tradurre le pratiche. La tesi indaga lo statuto dei Modellbücher, facendo riferimento alla storia degli studi e all’indagine archivistica condotta presso il Bertolt-Brecht-Archiv di Berlino fra 2018 e 2019.
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Il rapporto di Antonio Canova con la società e la cultura inglese è da sempre considerato di fondamentale importanza, ma solo negli ultimi anni è stato oggetto di studi più approfonditi, tuttavia per lo più limitati alle vicende della committenza artistica: una riflessione che ambisse a tenere insieme le fila delle molteplici sfaccettature del tema ricostruendo ed interconnettendo tra loro gli aspetti alla base di questa relazione di mutuo arricchimento mancava ancora nella pur ricchissima bibliografia canoviana. Per poter intraprendere una simile indagine, si è preso le mosse dalla quanto mai corposa documentazione archivistica e dalle molte fonti a stampa dell'epoca, integralmente trascritte nelle quattro appendici a corredo di questo studio. Se ne sono tratti un piccolo dizionario biografico di tutte le personalità britanniche in rapporto con l'artista nell'arco della sua intera carriera ed un catalogo di oltre sessanta opere in vario modo legate alla committenza ed al collezionismo inglese. Nel saggio, invece, la disamina del tema in oggetto è stata condotta affrontandone in ciascun capitolo singoli aspetti distintivi: la committenza e la mutua influenza culturale; le relazioni politiche e diplomatiche intercorse tra Canova ed il Regno Unito attraverso la sua arte; lo straordinario favore goduto dallo scultore in terra inglese e le ragioni profonde della sua precoce sforuna critica; infine il suo rapporto con le arti figurative e letterarie britanniche, un ambito di ricerca complesso e relativamente originale per il quale si è avviata un'indagine introduttiva utile, si spera, ad impostare la ricerca per futuri approfondimenti. L'obiettivo perseguito, pertanto, è quello di gettare uno sguardo finalmente generale su di un fenomeno che, osservato nella sua interezza, può ancora spiegare moltissimo sulla figura e la carriera di Antonio Canova, personalità che appare, oggi più che mai, di statura europea.
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La dissertazione dottorale contiene il regesto dei diplomi di laurea concessi dall’Università di Pavia fra il 1525 e il 1796. Il lavoro, che si inserisce nel florido filone sullo studio dei gradi dottorali pavesi avviato venticinque anni fa dal Centro per la Storia dell’Università di Pavia (CeSUP), completa la serie dei graduati per un arco di tempo di circa tre secoli. Abbandonando la trascrizione integrale dei diplomi, adottata dai precedenti studiosi, viene qui proposto un criterio nuovo di catalogazione che raccoglie, per ciascuno dei 12.826 laureati, ogni informazione desumibile dalla documentazione archivistica disponibile. Immenso deposito di informazioni sull’identità di scholares e di neo dottori, la documentazione qui presentata costituisce dunque anche un prezioso punto di osservazione sul tono della vita di un’Università esposta alla dominazione straniera. Il saggio introduttivo, infatti, fornisce un quadro dettagliato sui flussi delle lauree, i luoghi di provenienza e l’origine dei laureati e le professioni svolte in seguito. Questi aspetti sono qui esaminati in termini comparativi con analoghe informazioni riferite ad altre università della penisola, consentendo di collocare il dato pavese in un quadro più ampio.
Patrimoni storici e fondi speciali nelle biblioteche d'ateneo. Valutazione e impatto dell'Università
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Quali benefici possono apportare alla società le biblioteche degli atenei che conservano patrimoni storici e fondi speciali? Per rispondere a questa domanda occorre indagare l’impatto delle loro attività, cioè il cambiamento che il contatto coi servizi della biblioteca determina in un individuo o in un gruppo, secondo la definizione della ISO 16439:2014. Scopo della ricerca è proporre una metodologia per valutare l’impatto delle iniziative di valorizzazione di tali patrimoni attuate dalle biblioteche degli atenei. Il campo d’indagine coincide con il contesto universitario pubblico italiano, osservato criticamente in una prospettiva internazionale grazie all’analisi di esperienze non italiane. Dopo un inquadramento storico della biblioteca di università e della sua apertura alla società, il lavoro si sofferma sull’interpretazione del concetto angloamericano di «special collections» ed esamina le più diffuse modalità di valorizzazione adottate dalle biblioteche di ateneo. Per disporre di un quadro sulla gestione dei patrimoni storici e dei fondi speciali nelle biblioteche degli atenei italiani, il lavoro ha previsto una ricerca sui sistemi bibliotecari degli atenei pubblici del nostro Paese. Le attività di valorizzazione svolte dalle biblioteche di ateneo possono contribuire allo sviluppo culturale del contesto in cui sono radicate, nell’ottica della Terza Missione dell’Università. Alle sollecitazioni della Terza Missione si aggiunge che i benefici della valorizzazione possono legarsi al concetto di «cultural welfare» e promuovere altresì il valore della biodiversità culturale, fattore concorrente alla realizzazione della società auspicata dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. La tesi propone una metodologia per valutare la risposta delle biblioteche di ateneo che svolgono attività di valorizzazione dei patrimoni storici e dei fondi speciali rispetto alle cornici strategiche di Terza Missione e di Agenda 2030. A completamento della parte teorica, si presentano due casi studio posti a confronto, l’uno riferito alla Biblioteca Històrica della Universitat de València (Spagna) e l’altro alla Biblioteca Universitaria di Bologna.
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Il patrimonio culturale è l’espressione della comunità a cui si riferisce e il digitale può essere un valido strumento per raccontare le storie relative ai beni culturali affinché siano, non solo studiati, ma anche recepiti nel loro significato più profondo da più pubblici. L’inserimento di testi manoscritti sul web utilizzando le tecnologie dei Linked Data facilitano la fruizione del testo da parte dell’utente non specializzato e la creazione di strumenti per la ricerca. La proposta di digitalizzazione della tesi ha come oggetto la vita di Federico da Montefeltro scritta da Vespasiano da Bisticci utilizzando i vocabolari schema.org, FOAF e Relationship per la marcatura del testo e i Content Management System per la pubblicazione dei dati. In questo modo sarà possibile avere un sito web in cui potrà essere curato anche l’aspetto grafico seguendo le regole della user experience e dell’information achitecture per valorizzare le figure del duca di Urbino e del cartolaio fiorentino.
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La ricerca prende in esame la produzione della stampa periodica bibliografica italiana nel corso del Seicento e Settecento. Da un lato mira a ricostruirne il percorso storico attraverso la raccolta, la selezione e l’analisi delle principali testimonianze; dall’altro a indagarne le diverse forme e fisionomie assunte nel corso del tempo, nonché le modalità attraverso le quali fu somministrata la notitia librorum. A questo primo piano di indagine se ne è affiancato un secondo, per mezzo dell’elaborazione di due modelli descrittivi. Il primo è finalizzato alla raccolta delle principali generalità ed evidenze formali di una testata. Il secondo, invece, rappresenta un tentativo di spoglio e analisi approfondita dei contributi offerti da due campioni periodici presi come modelli di riferimento: La Galleria di Minerva, relativamente al biennio 1696-1697, e il Giornale della letteratura italiana (Mantova, 1793-1795). L’intento è quello di ricostruire, anche attraverso un processo di formulazione di keywords, le principali tematiche e i principali interessi emersi dalle esperienze menzionate. E mostrare, pertanto, il valore rappresentativo e identificativo del periodico bibliografico relativamente al contesto erudito di riferimento, nella sua veste di fonte informativa all’interno della quale si rispecchiarono le principali istanze scientifico-culturali del periodo.
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Personal archives are the archives created by individuals for their own purposes. Among these are the library and documentary collections of writers and scholars. It is only recently that archival literature has begun to focus on this category of archives, emphasising how their heterogeneous nature necessitates the conciliation of different approaches to archival description, and calling for a broader understanding of the principle of provenance, recognising that multiple creators, including subsequent researchers, can contribute to shaping personal archives over time by adding new layers of contexts. Despite these advances in the theoretical debate, current architectures for archival representation remain behind. Finding aids privilege a single point of view and do not allow subsequent users to embed their own, potentially conflicting, readings. Using semantic web technologies this study aims to define a conceptual model for writers' archives based on existing and widely adopted models in the cultural heritage and humanities domains. The model developed can be used to represent different types of documents at various levels of analysis, as well as record content and components. It also enables the representation of complex relationships and the incorporation of additional layers of interpretation into the finding aid, transforming it from a static search tool into a dynamic research platform. The personal archive and library of Giuseppe Raimondi serves as a case study for the creation of an archival knowledge base using the proposed conceptual model. By querying the knowledge graph through SPARQL, the effectiveness of the model is evaluated. The results demonstrate that the model addresses the primary representation challenges identified in archival literature, from both a technological and methodological standpoint. The ultimate goal is to bring the output par excellence of archival science, i.e. the finding aid, more in line with the latest developments in archival thinking.
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La tesi che qui si presenta muove dall’osservazione della collezione dei Frammenti conservata presso l’Archivio di Stato di Modena, fornendo un'analisi dettagliata della sua storia archivistica fin dalle origini e dei percorsi di ricerca esplorati fino ad oggi. Un censimento condotto durante la ricerca ha inoltre rivelato circa 50 nuovi frammenti latini riutilizzati nei registri dell'Archivio Estense, che permangono in situ. Un notevole numero di frammenti dell'ASMo proviene dalle legature dei volumi del complesso archivistico estense, il quale, coprendo il periodo 1317-1797, costituisce il più ampio fondo dell'Archivio di Stato di Modena. Diversamente dalle ricerche precedenti dedicate a frammenti specifici, questa tesi adotta uno sguardo olistico, esplorando le testimonianze frammentarie legate a un medesimo contesto di riutilizzo. Il nucleo centrale si concentra sulla metodologia adoperata per ricostruire le 'provenienze archeologiche', con un focus sul riutilizzo nei registri dell'Archivio Estense. La tesi include frammenti documentari, spesso trascurati, offrendo nuove prospettive sullo studio del fenomeno del riuso, soprattutto nei domini estensi. Questo approccio sottolinea inoltre l’interdisciplinarietà intrinseca agli studi dedicati ai frammenti di manoscritti, già considerati prevalentemente secondo un’ottica paleografica e codicologica e qui sottoposti anche a un’indagine dal punto di vista dell’archivistica e della diplomatica. La tesi comprende un catalogo parziale dei frammenti pergamenacei latini provenienti dall'Archivio Estense, costruito adottando il modello di scheda descrittiva del database digitale Fragmentarium. L'analisi comprende identificazione, datazione, localizzazione dei frammenti, cui si aggiungono aspetti materiali e storico-contestuali del riuso, e il catalogo riferisce, in alcuni casi, la ricostruzione di membra disiecta. Parallelamente, si è avviato un progetto pilota per la digitalizzazione dei frammenti dell'ASMo in collaborazione con il Centro Studi ARCE dell'Università di Bologna. La tesi include una relazione sulle attività svolte, con riflessioni sulle metodologie adottate durante il progetto di digitalizzazione.
Resumo:
A Digital Scholarly Edition is a conceptually and structurally sophisticated entity. Throughout the centuries, diverse methodologies have been employed to reconstruct a text transmitted through one or multiple sources, resulting in various edition types. With the advent of digital technology in philology, these practices have undergone a significant transformation, compelling scholars to reconsider their approach in light of the web. In the digital age, philologists are expected to possess (too) advanced technical skills to prepare interactive and enriched editions, even though, in most cases, only mechanical or documentary editions are published online. The Śivadharma Database is a web Content Management System (CMS) designed to facilitate the preparation, publication, and updating of Digital Scholarly Editions. By providing scholars with a user-friendly CRUD web application to reconstruct and annotate a text, they can prepare their textus with additional components such as apparatus, notes, translations, citations, and parallels. It is possible by leveraging an annotation system based on HTML and graph data structure. This choice is made because the text entity is multidimensional and multifaceted, even if its sequential presentation constrains it. In particular, editions of South Asian texts of the Śivadharma corpus, the case study of this research, contain a series of phenomena that are difficult to manage formally, such as overlapping hierarchies. Hence, it becomes necessary to establish the data structure best suited to represent this complexity. In Śivadharma Database, the textus is an HTML file readily displayable. Textual fragments, annotated via an interface without requiring philologists to write code and saved in the backend, form the atomic unit of multiple relationships organised in a graph database. This approach enables the formal representation of complex and overlapping textual phenomena, allowing for good annotation expressiveness with minimal effort to learn the relevant technologies during the editing workflow.