9 resultados para ACUTE LUNG INJURY
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
NGAL è considerato dalla comunità scientifica un marcatore di danno renale sia di tipo ischemico che tossico. In questo studio è stato effettuato un follow-up ad un mese di una popolazione sottoposta a trapianto di rene, sono state analizzate la fase post-operatoria e l’immediato periodo di stabilizzazione del trapianto. E' stato osservato l’andamento di NGAL in relazione alle principali variabili incidenti.
Resumo:
L’insufficienza renale acuta(AKI) grave che richiede terapia sostitutiva, è una complicanza frequente nelle unità di terapia intensiva(UTI) e rappresenta un fattore di rischio indipendente di mortalità. Scopo dello studio é stato valutare prospetticamente, in pazienti “critici” sottoposti a terapie sostitutive renali continue(CRRT) per IRA post cardiochirurgia, la prevalenza ed il significato prognostico del recupero della funzione renale(RFR). Pazienti e Metodi:Pazienti(pz) con AKI dopo intervento di cardiochirurgia elettivo o in emergenza con disfunzione di due o più organi trattati con CRRT. Risultati:Dal 1996 al 2011, 266 pz (M 195,F 71, età 65.5±11.3aa) sono stati trattati con CRRT. Tipo di intervento: CABG(27.6%), dissecazione aortica(33%), sostituzione valvolare(21.1%), CABG+sostituzione valvolare(12.6%), altro(5.7%). Parametri all’inizio del trattamento: BUN 86.1±39.4, creatininemia(Cr) 3.96±1.86mg/dL, PAM 72.4±13.6mmHg, APACHE II score 30.7±6.1, SOFAscore 13.7±3. RIFLE: Risk (11%), Injury (31.4%), Failure (57.6%). AKI oligurica (72.2%), ventilazione meccanica (93.2%), inotropi (84.5%). La sopravvivenza a 30 gg ed alla dimissione è stata del 54.2% e del 37.1%. La sopravvivenza per stratificazione APACHE II: <24=85.1 e 66%, 25-29=63.5 e 48.1%, 30-34=51.8 e 31.8%, >34=31.6 e 17.7%. RFR ha consentito l’interruzione della CRRT nel 87.8% (86/98) dei survivors (Cr 1.4±0.6mg/dL) e nel 14.5% (24/166) dei nonsurvivors (Cr 2.2±0.9mg/dL) con un recupero totale del 41.4%. RFR è stato osservato nel 59.5% (44/74) dei pz non oligurici e nel 34.4% dei pz oligurici (66/192). La distribuzione dei pz sulla base dei tempi di RFR è stata:<8=38.2%, 8-14=20.9%, 15-21=11.8%, 22-28=10.9%, >28=18.2%. All’analisi multivariata, l’oliguria, l’età e il CV-SOFA a 7gg dall’inizio della CRRT si sono dimostrati fattori prognostici sfavorevoli su RFR(>21gg). RFR si associa ad una sopravvivenza elevata(78.2%). Conclusioni:RFR significativamente piu frequente nei pz non oligurici si associa ad una sopravvivenza alla dimissione piu elevata. La distribuzione dei pz in rapporto ad APACHE II e SOFAscore dimostra che la sopravvivenza e RFR sono strettamente legati alla gravità della patologia.
Resumo:
Introduction. Neutrophil Gelatinase-Associated Lipocalin (NGAL) belongs to the family of lipocalins and it is produced by several cell types, including renal tubular epithelium. In the kidney its production increases during acute damage and this is reflected by the increase in serum and urine levels. In animal studies and clinical trials, NGAL was found to be a sensitive and specific indicator of acute kidney injury (AKI). Purpose. The aim of this work was to investigate, in a prospective manner, whether urine NGAL can be used as a marker in preeclampsia, kidney transplantation, VLBI and diabetic nephropathy. Materials and methods. The study involved 44 consecutive patients who received renal transplantation; 18 women affected by preeclampsia (PE); a total of 55 infants weighing ≤1500 g and 80 patients with Type 1 diabetes. Results. A positive correlation was found between urinary NGAL and 24 hours proteinuria within the PE group. The detection of higher uNGAL values in case of severe PE, even in absence of statistical significance, confirms that these women suffer from an initial renal damage. In our population of VLBW infants, we found a positive correlation of uNGAL values at birth with differences in sCreat and eGFR values from birth to day 21, but no correlation was found between uNGAL values at birth and sCreat and eGFR at day 7. systolic an diastolic blood pressure decreased with increasing levels of uNGAL. The patients with uNGAL <25 ng/ml had significantly higher levels of systolic blood pressure compared with the patients with uNGAL >50 ng/ml ( p<0.005). Our results indicate the ability of NGAL to predict the delay in functional recovery of the graft. Conclusions. In acute renal pathology, urinary NGAL confirms to be a valuable predictive marker of the progress and status of acute injury.
Resumo:
L’anticoagulazione regionale con citrato (RCA) è una valida opzione in pazienti ad alto rischio emorragico. Lo scopo del nostro studio è stato di valutare, in pazienti critici sottoposti a CRRT per insufficienza renale acuta post-cardiochirurgica, efficacia e sicurezza di un protocollo di RCA in CVVH con l’impiego di una soluzione di citrato a bassa concentrazione (12mmol/L). Metodi: L’RCA-CVVH è stata adottata come alternativa all’eparina o alla CRRT senza anticoagulante (no-AC). Criteri per lo switch verso l’RCA: coagulazione dei circuiti entro 24h o complicanze legate all’eparina. Per facilitare l’impostazione dei parametri CVVH, abbiamo sviluppato un modello matematico per stimare il carico metabolico di citrato e la perdita di calcio. Risultati: In 36 mesi, sono stati sottoposti a RCA-CVVH 30 pazienti. La durata dei circuiti con RCA (50.5 ± 35.8 h, mediana 41, 146 circuiti) è risultata significativamente maggiore (p<0.0001) rispetto all’eparina (29.2±22.7 h, mediana 22, 69 circuiti) o alla no-AC CRRT (24.7±20.6 h, mediana 20, 74 circuiti). Il numero di circuiti funzionanti a 24, 48, 72 h è risultato maggiore durante RCA (p<0.0001). I target di Ca++ sistemico e del circuito sono stati facilmente mantenuti (1.18±0.13 e 0.37±0.09 mmol/L). Durante l’RCA-CVVH nessun paziente ha avuto complicanze emorragiche e il fabbisogno trasfusionale si è ridotto rispetto alle altre modalità (0.29 vs 0.69 unità/die, p<0.05). Le piastrine (p=0.012) e l’AT-III (p=0.004) sono aumentate durante RCA riducendo la necessità di supplementazione. L’RCA è stata interrotta per accumulo di citrato in un solo paziente (calcemia totale/s-Ca++ >2.5). Conclusioni: L’RCA ha consentito di prolungare la durata dei circuiti riducendo il fabbisogno trasfusionale e la necessità di supplementazione di AT-III e piastrine. L’utilizzo di un modello matematico ha facilitato l’impostazione dei parametri CVVH. L’RCA appare meritevole di maggiore considerazione come metodica di anticoagulazione di prima scelta in pazienti ad alto rischio emorragico sottoposti a CRRT.
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La nascita pretermine determina un’alterazione dei normali processi di maturazione dei vari organi ed apparati che durante la gravidanza fisiologica si completano durante le 38-40 settimane di vita intrauterina. Queste alterazioni sono alla base della mortalità e morbilità perinatale che condiziona la prognosi a breve termine di questa popolazione, ma possono determinare anche sequele a medio e lungo termine. E’ stato ampiamente documentato che la nefrogenesi si completa a 36 settimane di vita intrauterina e pertanto la nascita pretermine altera il decorso fisiologico di tale processo; a questa condizione di immaturità si sovrappongono i fattori patogeni che possono determinare danno renale acuto in epoca neonatale, a cui i pretermine sono in larga misura esposti. Queste condizioni conducono ad un rischio di alterazioni della funzione renale di entità variabile in età infantile ed adulta. Nel presente studio è stata studiata la funzione renale in 29 bambini di 2-4 anni di età, precedentemente sottoposti a valutazione della funzione renale alla nascita durante il ricovero in Terapia Intensiva Neonatale. I dati raccolti hanno mostrato la presenza di alterazioni maggiori (sindrome nefrosica, riduzione di eGFR) in un ridotto numero di soggetti e alterazioni minori ed isolate (proteinuria di lieve entità, riduzione del riassorbimento tubulare del fosforo, pressione arteriosa tra il 90° e il 99° percentile per sesso ed altezza). L’età di 2-4 anni, alla luce dei risultati ottenuti, può rappresentare un momento utile per effettuare una valutazione di screening di funzione renale in una popolazione a rischio come i pretermine, con lo scopo di individuare i soggetti che richiedano una presa in carico specialistica ed un follow-up a lungo termine.
Resumo:
Le cellule mesenchimali stromali (MSC) sono cellule multipotenti e numerosi studi hanno mostrato i loro effetti benefici nel danno renale acuto ma non sono ancora stati dimostrati potenziali effetti nella malattia renale cronica. L'ostruzione ureterale unilaterale (UUO) è un modello di fibrosi interstiziale nel quale l'attivazione di molecole vasoattive, citochine profibrotiche e infiammatorie gioca un ruolo patogenetico nello sviluppo dell'apoptosi e atrofia tubulare. Il sistema renina-angiotensina (RAS) gioca un ruolo chiave nello sviluppo della fibrosi renale e i farmaci che hanno come target l'angiotensina II, principale mediatore del RAS, sono attualmente la terapia più efficace nel ridurre la progressione della malattia renale cronica. E' noto che gli ACE-inibitori (ACEi) inducono un aumento compensatorio della renina plasmatica per la mancaza del feedback negativo sulla sua produzione. Tuttavia, la renina (R) promuove il danno renale non solo stimolando la produzione di ANGII, ma anche up-regolando geni profibrotici attraverso l'attivazione del recettore renina/prorenina. Lo scopo dello studio è stato indagare se l'infusione di MSC riduceva il danno renalein un modello animale di UUO e comparare gli eventuali effetti protettivi di ACEi e MSC in UUO. Abbiamo studiato 5 gruppi di ratti. A: sham operati. B: ratti sottoposti a UUO che ricevevano soluzione salina. C: ratti sottoposti a UUO che ricevavano MSC 3X106 nella vena della coda al giorno 0. D:ratti sottoposti a UUO che ricevevano lisinopril dal g 1 al g 21. E: ratti sottoposti a UUO che ricevevano MSC 3X106 nella vena della coda al giorno 0 e lisinopril dal g 1 al g 21. I ratti sono stati sacrificati al giorno 7 e 21. I risultati dello studio mostrano che MSC in UUO prevengono l'aumento della renina, riducono la generazione di ANGII e che in terapia combinata con ACEi riducono ulteriormente l'ANGII, determinando una sinergia nel miglioramento della fibrosi renale.
Resumo:
The term neurodegeneration defines numerous conditions that modify neuron’s normal functions in the human brain where is possible to observe a progressive and consistent neuronal loss. The mechanisms involved in neurodegenerative chronic and acute diseases evolution are not completely understood yet, however they share common characteristics such as misfolded proteins, oxidative stress, inflammation, excitotoxicity, and neuronal loss. Many studies have shown the frequency to develop neurodegenerative chronic diseases several years after an acute brain injury. In addition, many patients show, after a traumatic brain injury, motor and cognitive manifestations that are close to which are observed in neurodegenerative chronic patients. For this reason it is evident how is fundamental the concept of neuroprotection as a way to modulate the neurodegenerative processes evolution. Neuroinflammation, oxidative stress and the apoptotic process may be functional targets where operate to this end. Taking into account these considerations, the aim of the present study is to identify potential common pathogenetic pathways in neurodegenerative diseases using an integrated approach of preclinical studies. The goal is to delineate therapeutic strategies for the prevention of neuroinflammation, neurodegeneration and dysfunctions associated to Parkinson’s disease (PD) and cerebral ischemia. In the present study we used a murine model of PD treated with an isothiocyanate, 6-MSITC, able to quench ROS formation, restore the antioxidant GSH system, slow down the apoptotic neuronal death and counteract motor dysfunction induced by 6-OHDA. In the second study we utilized a transgenic mouse model knockout for CD36 receptor to investigate the inflammation involvement in a long term study of MCAo, which shows a better outcome after the damage induced. In conclusion, results in this study allow underlying the connection among these pathologies, and the importance of a neuroprotective strategy able to restore neurons activity where current drugs therapies have shown palliative but not healing abilities.
Resumo:
In the last years of research, I focused my studies on different physiological problems. Together with my supervisors, I developed/improved different mathematical models in order to create valid tools useful for a better understanding of important clinical issues. The aim of all this work is to develop tools for learning and understanding cardiac and cerebrovascular physiology as well as pathology, generating research questions and developing clinical decision support systems useful for intensive care unit patients. I. ICP-model Designed for Medical Education We developed a comprehensive cerebral blood flow and intracranial pressure model to simulate and study the complex interactions in cerebrovascular dynamics caused by multiple simultaneous alterations, including normal and abnormal functional states of auto-regulation of the brain. Individual published equations (derived from prior animal and human studies) were implemented into a comprehensive simulation program. Included in the normal physiological modelling was: intracranial pressure, cerebral blood flow, blood pressure, and carbon dioxide (CO2) partial pressure. We also added external and pathological perturbations, such as head up position and intracranial haemorrhage. The model performed clinically realistically given inputs of published traumatized patients, and cases encountered by clinicians. The pulsatile nature of the output graphics was easy for clinicians to interpret. The manoeuvres simulated include changes of basic physiological inputs (e.g. blood pressure, central venous pressure, CO2 tension, head up position, and respiratory effects on vascular pressures) as well as pathological inputs (e.g. acute intracranial bleeding, and obstruction of cerebrospinal outflow). Based on the results, we believe the model would be useful to teach complex relationships of brain haemodynamics and study clinical research questions such as the optimal head-up position, the effects of intracranial haemorrhage on cerebral haemodynamics, as well as the best CO2 concentration to reach the optimal compromise between intracranial pressure and perfusion. We believe this model would be useful for both beginners and advanced learners. It could be used by practicing clinicians to model individual patients (entering the effects of needed clinical manipulations, and then running the model to test for optimal combinations of therapeutic manoeuvres). II. A Heterogeneous Cerebrovascular Mathematical Model Cerebrovascular pathologies are extremely complex, due to the multitude of factors acting simultaneously on cerebral haemodynamics. In this work, the mathematical model of cerebral haemodynamics and intracranial pressure dynamics, described in the point I, is extended to account for heterogeneity in cerebral blood flow. The model includes the Circle of Willis, six regional districts independently regulated by autoregulation and CO2 reactivity, distal cortical anastomoses, venous circulation, the cerebrospinal fluid circulation, and the intracranial pressure-volume relationship. Results agree with data in the literature and highlight the existence of a monotonic relationship between transient hyperemic response and the autoregulation gain. During unilateral internal carotid artery stenosis, local blood flow regulation is progressively lost in the ipsilateral territory with the presence of a steal phenomenon, while the anterior communicating artery plays the major role to redistribute the available blood flow. Conversely, distal collateral circulation plays a major role during unilateral occlusion of the middle cerebral artery. In conclusion, the model is able to reproduce several different pathological conditions characterized by heterogeneity in cerebrovascular haemodynamics and can not only explain generalized results in terms of physiological mechanisms involved, but also, by individualizing parameters, may represent a valuable tool to help with difficult clinical decisions. III. Effect of Cushing Response on Systemic Arterial Pressure. During cerebral hypoxic conditions, the sympathetic system causes an increase in arterial pressure (Cushing response), creating a link between the cerebral and the systemic circulation. This work investigates the complex relationships among cerebrovascular dynamics, intracranial pressure, Cushing response, and short-term systemic regulation, during plateau waves, by means of an original mathematical model. The model incorporates the pulsating heart, the pulmonary circulation and the systemic circulation, with an accurate description of the cerebral circulation and the intracranial pressure dynamics (same model as in the first paragraph). Various regulatory mechanisms are included: cerebral autoregulation, local blood flow control by oxygen (O2) and/or CO2 changes, sympathetic and vagal regulation of cardiovascular parameters by several reflex mechanisms (chemoreceptors, lung-stretch receptors, baroreceptors). The Cushing response has been described assuming a dramatic increase in sympathetic activity to vessels during a fall in brain O2 delivery. With this assumption, the model is able to simulate the cardiovascular effects experimentally observed when intracranial pressure is artificially elevated and maintained at constant level (arterial pressure increase and bradicardia). According to the model, these effects arise from the interaction between the Cushing response and the baroreflex response (secondary to arterial pressure increase). Then, patients with severe head injury have been simulated by reducing intracranial compliance and cerebrospinal fluid reabsorption. With these changes, oscillations with plateau waves developed. In these conditions, model results indicate that the Cushing response may have both positive effects, reducing the duration of the plateau phase via an increase in cerebral perfusion pressure, and negative effects, increasing the intracranial pressure plateau level, with a risk of greater compression of the cerebral vessels. This model may be of value to assist clinicians in finding the balance between clinical benefits of the Cushing response and its shortcomings. IV. Comprehensive Cardiopulmonary Simulation Model for the Analysis of Hypercapnic Respiratory Failure We developed a new comprehensive cardiopulmonary model that takes into account the mutual interactions between the cardiovascular and the respiratory systems along with their short-term regulatory mechanisms. The model includes the heart, systemic and pulmonary circulations, lung mechanics, gas exchange and transport equations, and cardio-ventilatory control. Results show good agreement with published patient data in case of normoxic and hyperoxic hypercapnia simulations. In particular, simulations predict a moderate increase in mean systemic arterial pressure and heart rate, with almost no change in cardiac output, paralleled by a relevant increase in minute ventilation, tidal volume and respiratory rate. The model can represent a valid tool for clinical practice and medical research, providing an alternative way to experience-based clinical decisions. In conclusion, models are not only capable of summarizing current knowledge, but also identifying missing knowledge. In the former case they can serve as training aids for teaching the operation of complex systems, especially if the model can be used to demonstrate the outcome of experiments. In the latter case they generate experiments to be performed to gather the missing data.