3 resultados para 338.09
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
La sindrome nefrosica (SN) è definita come la presenza concomitante di una proteinuria maggiore di 3.5g/24 h, ipoalbuminemia, ipercolesterolemia e presenza di edemi. I pazienti con SN sono più a rischio di quelli che presentano una nefropatia glomerulare non nefrosica (NNGD) per lo sviluppo di ipertensione, ipernatremia, complicazioni tromboemboliche e comparsa di insufficienza renale. In Medicina Veterinaria, la Letteratura riguardante l’argomento è molto limitata e non è ben nota la correlazione tra SN e gravità della proteinuria, ipoalbuminemia e sviluppo di tromboembolismo. L’obiettivo del presente studio retrospettivo è stato quello di descrivere e caratterizzare le alterazioni cliniche e clinicopatologiche che si verificano nei pazienti con rapporto proteine urinarie:creatinina urinaria (UPC) >2 con lo scopo di inquadrare con maggiore precisione lo stato clinico di questi pazienti e individuare le maggiori complicazioni a cui possono andare incontro. In un periodo di nove anni sono stati selezionati 338 cani e suddivisi in base ad un valore cut-off di UPC≥3.5. Valori mediani di creatinina, urea, fosforo, albumina urinaria, proteina C reattiva (CRP) e fibrinogeno sono risultati al di sopra del limite superiore dell’intervallo di riferimento, valori mediani di albumina sierica, ematocrito, antitrombina al disotto del limite inferiore di riferimento. Pazienti con UPC≥3.5 hanno mostrato concentrazioni di albumine, ematocrito, calcio, Total Iron Binding Capacity (TIBC), significativamente minori rispetto a quelli con UPC<3.5, concentrazioni di CRP, di urea e di fosforo significativamente maggiori. Nessuna differenza tra i gruppi nelle concentrazioni di creatinina colesterolo, trigliceridi, sodio, potassio, cloro, ferro totale e pressione sistolica. I pazienti con UPC≥3.5 si trovano verosimilmente in uno “stato infiammatorio” maggiore rispetto a quelli con UPC<3.5, questa ipotesi avvalorata dalle concentrazioni minori di albumina, di transferrina e da una concentrazione di CRP maggiore. I pazienti con UPC≥3.5 non presentano concentrazioni di creatinina più elevate ma sono maggiormente a rischio di anemia.
Resumo:
Obesity often predisposes to coronary heart disease, heart failure, and sudden death. Also, several studies suggest a reciprocal enhancing interaction between obesity and sleep curtailment. Aim of the present study was to go deeper in the understanding of sleep and cardiovascular regulation in an animal model of diet-induced obesity (DIO). According to this, Wake-Sleep (W-S) regulation, and W-S dependent regulation of cardiovascular and metabolic/thermoregulatory function was studied in DIO rats, under normal laboratory conditions and during sleep deprivation and the following recovery period, enhancing either wake or sleep, respectively. After 8 weeks of the delivery of a hypercaloric (HC) diet, treated animals were heavier than those fed a normocaloric (NC) diet (NC: 441 ±17g; HC: 557±17g). HC rats slept more than NC ones during the activity period (Dark) of the normal 12h:12h light-dark (LD) cycle (Wake: 67.3±1.2% and 57.2 ±1.6%; NREM sleep (NREMS): 26.8±1.0% and 34.0±1.4%; REM sleep (REMS): 5.7±0. 6% and 8.6±0.7%; for NC and HC, respectively; p<0.05 for all). HC rats were hypertensive throughout the W-S states, as shown by the mean arterial blood pressure values across the 24-h period (Wake: 90.0±5.3 and 97.3±1.3; NREMS: 85.1±5.5 and 92.2±1.2; REMS: 87.2±4.5 and 96.5±1.1, mmHg for NC and HC, respectively; p<0.05 for all). Also, HC rats appeared to be slightly bradycardic compared to NC ones (Wake: 359.8±9.3 and 352.4±7.7; NREMS: 332.5±10.1 and 328.9±5.4; REMS: 338.5±9.3 and 334.4±5.8; bpm for NC and HC, respectively; p<0.05 for Wake). In HC animals, sleep regulation was not apparently altered during the sleep rebound observed in the recovery period following sleep deprivation, although REMS rebound appeared to be quicker in NC animals. In conclusion, these results indicate that in the rat obesity interfere with W-S and cardiovascular regulation and that DIO rats are suitable for further studies aimed at a better understanding of obesity comorbidities.
Resumo:
Il Sorafenib è l’unica terapia sistemica approvata per l’epatocarcinoma (HCC) avanzato. Tuttavia, molti tumori sviluppano resistenze. La chemioterapia metronomica sembrerebbe avere un effetto antiangiogenetico. La Capecitabina metronomica è potenzialmente efficace nell’HCC avanzato. Lo scopo dello studio è stato valutare il comportamento di un modello murino di HCC sottoposto a Sorafenib, Capecitabina e terapia combinata, per dimostrarne un eventuale effetto sinergico. Il modello è stato creato in topi scid mediante inoculazione sottocutanea di 5 milioni di cellule HuH7. I topi sono stati suddivisi in 4 gruppi: gruppo 1 sottoposto a terapia con placebo (9 topi), gruppo 2 a Sorafenib (7 topi), gruppo 3 a Capecitabina (7 topi) e gruppo 4 a terapia combinata Sorafenib+Capecitabina (10 topi). I topi sono stati studiati al giorno 0 e 14 con ecografia B-mode e con mezzo di contrasto (CEUS). Al giorno 14 sono stati sacrificati e i pezzi tumorali sono stati conservati per l’analisi Western Blot. Un topo del gruppo 1 e 4 topi del gruppo 4 sono morti precocemente e quindi sono stati esclusi. Il delta di crescita tumorale al giorno 14 rispetto al giorno 0 è risultato di +503 %, +158 %, +462 % e +176 % rispettivamente nei 4 gruppi (p<0.05 tra i 4 gruppi, tra il gruppo 1 e 2, tra il gruppo 1 e 4, tra il gruppo 2 e 3, tra il gruppo 3 e 4). Alla CEUS non si sono evidenziate differenze statisticamente significative nei cambiamenti di perfusione tumorale al giorno 14 nei 4 gruppi. L’analisi Western Blot ha mostrato livelli di VEGFR-2 inferiori nel gruppo dei topi trattati con Sorafenib. La terapia di associazione di Sorafenib e Capecitabina non comporta un beneficio, in termini di riduzione della crescita tumorale, in un modello murino di HCC rispetto al solo Sorafenib. Inoltre, può essere sospettato un incremento di tossicità.