134 resultados para Cellule Souche


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Il Sorafenib è l’unica terapia sistemica approvata per l’epatocarcinoma (HCC) avanzato. Tuttavia, molti tumori sviluppano resistenze. La chemioterapia metronomica sembrerebbe avere un effetto antiangiogenetico. La Capecitabina metronomica è potenzialmente efficace nell’HCC avanzato. Lo scopo dello studio è stato valutare il comportamento di un modello murino di HCC sottoposto a Sorafenib, Capecitabina e terapia combinata, per dimostrarne un eventuale effetto sinergico. Il modello è stato creato in topi scid mediante inoculazione sottocutanea di 5 milioni di cellule HuH7. I topi sono stati suddivisi in 4 gruppi: gruppo 1 sottoposto a terapia con placebo (9 topi), gruppo 2 a Sorafenib (7 topi), gruppo 3 a Capecitabina (7 topi) e gruppo 4 a terapia combinata Sorafenib+Capecitabina (10 topi). I topi sono stati studiati al giorno 0 e 14 con ecografia B-mode e con mezzo di contrasto (CEUS). Al giorno 14 sono stati sacrificati e i pezzi tumorali sono stati conservati per l’analisi Western Blot. Un topo del gruppo 1 e 4 topi del gruppo 4 sono morti precocemente e quindi sono stati esclusi. Il delta di crescita tumorale al giorno 14 rispetto al giorno 0 è risultato di +503 %, +158 %, +462 % e +176 % rispettivamente nei 4 gruppi (p<0.05 tra i 4 gruppi, tra il gruppo 1 e 2, tra il gruppo 1 e 4, tra il gruppo 2 e 3, tra il gruppo 3 e 4). Alla CEUS non si sono evidenziate differenze statisticamente significative nei cambiamenti di perfusione tumorale al giorno 14 nei 4 gruppi. L’analisi Western Blot ha mostrato livelli di VEGFR-2 inferiori nel gruppo dei topi trattati con Sorafenib. La terapia di associazione di Sorafenib e Capecitabina non comporta un beneficio, in termini di riduzione della crescita tumorale, in un modello murino di HCC rispetto al solo Sorafenib. Inoltre, può essere sospettato un incremento di tossicità.

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Gli stress abiotici determinando modificazioni a livello fisiologico, biochimico e molecolare delle piante, costituiscono una delle principali limitazioni per la produzione agricola mondiale. Nel 2007 la FAO ha stimato come solamente il 3,5% della superficie mondiale non sia sottoposta a stress abiotici. Il modello agro-industriale degli ultimi cinquant'anni, oltre ad avere contribuito allo sviluppo economico dell'Europa, è stato anche causa di inquinamento di acqua, aria e suolo, mediante uno sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali. L'arsenico in particolare, naturalmente presente nell'ambiente e rilasciato dalle attività antropiche, desta particolare preoccupazione a causa dell'ampia distribuzione come contaminante ambientale e per gli effetti di fitotossicità provocati. In tale contesto, la diffusione di sistemi agricoli a basso impatto rappresenta una importante risorsa per rispondere all'emergenza del cambiamento climatico che negli anni a venire sottoporrà una superficie agricola sempre maggiore a stress di natura abiotica. Nello studio condotto è stato utilizzato uno stabile modello di crescita in vitro per valutare l'efficacia di preparati ultra diluiti (PUD), che non contenendo molecole chimiche di sintesi ben si adattano a sistemi agricoli sostenibili, su semi di frumento preventivamente sottoposti a stress sub-letale da arsenico. Sono state quindi condotte valutazioni sia a livello morfometrico (germinazione, lunghezza di germogli e radici) che molecolare (espressione genica valutata mediante analisi microarray, con validazione tramite Real-Time PCR) arricchendo la letteratura esistente di interessanti risultati. In particolare è stato osservato come lo stress da arsenico, determini una minore vigoria di coleptile e radici e a livello molecolare induca l'attivazione di pathways metabolici per proteggere e difendere le cellule vegetali dai danni derivanti dallo stress; mentre il PUD in esame (As 45x), nel sistema stressato ha indotto un recupero nella vigoria di germoglio e radici e livelli di espressione genica simili a quelli riscontrati nel controllo suggerendo un effetto "riequilibrante" del metabolismo vegetale.

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Il tumore del polmone e una delle neoplasie più diagnosticate dal 1985 e rimane ancora oggi la causa più frequente di morte cancro-correlata nel mondo. Una resezione polmonare anatomica completa continua ad essere il cardine della terapia per il tumore non a piccole cellule. Perdite aeree prolungate (PAL) sono la più comune complicanza dopo una chirurgia polmonare e sono state riportate con un’incidenza compresa tra il 3-26%, simile sia nelle resezioni polmonari per via toracotomica sia in quelle per via toracoscopica. Fattori di rischio descritti sono scissure interlobari incomplete, patologie polmonari sottostanti (come enfisema, fibrosi, tubercolosi o neoplasie), aderenze pleuriche, pazienti anziani (>75 anni) e bassa capacita di diffusione. Lo sviluppo di strumentazione all’avanguardia e di nuove tecniche chirurgiche ha contribuito a ridurre l’incidenza di queste complicanze. Considerando l’alto impatto clinico e socio-economico di queste problematiche, e stata inoltre sviluppata una varietà di complementari naturali e materiali sintetici molti utili nella gestione delle perdite aeree.

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OPA3 è una proteina codificata dal genoma nucleare che, grazie a una sequenza di targeting mitocondriale, viene indirizzata ai mitocondri dopo la sua sintesi. Le mutazioni nel gene OPA3 sono associate a due patologie neurodegenerative: la Sindrome di Costeff, causata da mutazioni recessive, e una forma di atrofia ottica dominante che si manifesta con cataratta e spesso sordità. L’esatta funzione e regolazione della proteina non sono ancora state completamente chiarite, così come la sua localizzazione nella membrana mitocondriale esterna o interna. Lo scopo di questa tesi era quello di fare luce sulla funzione della proteina OPA3, con particolare interesse alla dinamica mitocondriale e all’autofagia, sulla sua localizzazione subcellulare ed infine di definire il meccanismo patogenetico nelle patologie neurodegenerative causate da mutazioni in questo gene. A questo scopo abbiamo utilizzato sia una linea di neuroblastoma silenziata stabilmente per OPA3 che linee cellulari primarie derivate da pazienti. I risultati del presente studio dimostrano che la riduzione di OPA3, indotta nelle cellule del neuroblastoma e presente nei fibroblasti derivati dai pazienti, produce alterazioni nel network mitocondriale con uno sbilanciamento a favore della fusione. Questo fenomeno è probabilmente dovuto all’aumento della forma long della proteina OPA1 che è stato riscontrato in entrambi i modelli cellulari. Inoltre, seppur con direzione apparentemente opposta, in entrambi i modelli abbiamo osservato un’alterata regolazione dell’autofagia. Infine, abbiamo confermato che OPA3 localizza nella membrana mitocondriale interna ed è esposta per gran parte nella matrice. Inoltre, un segnale della proteina è stato trovato anche nelle mitochondrial associated membranes, suggerendo un possibile ruolo di OPA3 nel trasferimento dei lipidi tra i mitocondri e il reticolo endoplasmatico. Abbiamo rilevato un’interazione della proteina OPA3 con l’acido fosfatidico che non era mai stata evidenziata fino ad oggi. Queste osservazioni sono compatibili con le alterazioni della dinamica mitocondriale e la disregolazione dell’autofagia documentate nei modelli studiati.

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Il carcinoma squamocellulare è il tumore maligno orale più frequente nel gatto e si caratterizza per diagnosi spesso tardiva e prognosi infausta. Il progetto riguarda la ricerca di marker di rilevanza dia-gnostica nel carcinoma squamocellulare orale felino (FOSCC), al fine di sviluppare un test di scree-ning non invasivo. È stata condotta un’analisi retrospettiva delle disregolazioni del gene oncosoppres-sore TP53 in campioni istologici di FOSCC e di una popolazione di controllo (lesioni infiammatorie croniche orali e mucose orali normali feline). Tramite next-generation sequencing (NGS) sono state rilevate mutazioni di TP53 nel 69% dei FOSCC, ed anche l’espressione immunoistochimica della pro-teina p53 era presente nel 69% dei tumori, con una concordanza discreta (77%) fra le due alterazioni. Nella popolazione di controllo erano presenti disregolazioni di p53 solo in due lesioni infiammatorie (3%). Successivamente è stata effettuata un’analisi prospettica con NGS della metilazione del DNA di 17 geni, noti per essere disregolati nel carcinoma squamocellulare orale umano o felino, insieme all’analisi mutazionale di TP53, in campioni istologici di FOSCC e in un gruppo di controllo. Le stesse indagini molecolari sono state svolte in parallelo su campioni di cellule prelevate mediante brushing orale. Utilizzando 6 dei geni indagati differenzialmente metilati nei FOSCC (FLI1, MiR124-1, KIF1A, MAGEC2, ZAP70, MiR363) e lo stato mutazionale diTP53, è stato impostato un algoritmo diagnostico per differenziare i FOSCC dalla mucosa orale non neoplastica. Applicato ai brushing, l’algoritmo è risultato positivo (indicativo di carcinoma) in 24/35 (69%) gatti con FOSCC, contro 2/60 (3%) controlli (sensibilità: 69%; specifici-tà: 97%). La quota di FOSCC identificati era significativamente maggiore nei gatti sottoposti a prelievo in anestesia generale rispetto ai gatti svegli. Questi risultati sono incoraggianti per il riconoscimento precoce del FOSCC tramite brushing orale. Saranno necessari ulteriori studi su casistiche più ampie per validare questa metodica e migliorarne la sensibilità.

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Lo scenario terapeutico del Mieloma Multiplo (MM) si è ampiamente evoluto nelle ultime decadi con l’introduzione di un numero sempre maggiore di combinazioni di nuovi farmaci molto efficaci. In tal contesto, spicca Daratumumab (dara), grazie ai suoi dati di efficacia e di sicurezza dimostrati sia nel setting del paziente ricaduto/refrattario che di nuova diagnosi. Lo scopo del presente studio è quello di aggiungere dati circa la combinazione di dara con la terapia standard nel contesto di un programma trapiantologico per pazienti di nuova diagnosi candidabili alla chemioterapia ad alte dosi, con un particolare focus sull’impatto dell’anticorpo monoclonale sulla raccolta delle cellule staminali (PBSC). Sono stati analizzati 41 pazienti trattati presso il nostro centro nell’ambito di due studi clinici (EMN17 e EMN18). Con un follow-up mediano pari a 19 mesi, dara aggiunto alla terapia standard ha dimostrato un’ottima efficacia, in termini di risposte profonde e sopravvivenza libera da malattia, ed un buon profilo di sicurezza, senza tossicità aggiuntive o inaspettate. Inoltre, nello studio registrativo CASSIOPEIA dara non ha avuto un impatto negativo sulla raccolta delle PBSC; infatti, nei pazienti sottoposti a dara il numero il numero mediano di PBSC raccolte è risultato inferiore e questi hanno necessitato più frequentemente di Plerixafor, senza, tuttavia, modifiche nell’iter trapiantologico rispetto al gruppo di controllo. Analogamente, nella nostra analisi i pazienti del gruppo dara hanno utilizzato maggiormente Plerixafor ed è emerso come questi possano beneficiare da un dosaggio maggiore di Ciclofosfamide mobilizzante (3 g/mq rispetto 2 g/mq). Durante lo svolgimento del presente progetto dara è stato approvato in pratica clinica prima in Europa (2020) e poi in Italia (2021). Il presente studio ha confermato come dara aggiunto ad un regime di induzione Bortezomib-based rappresenti un nuovo standard of care per i pazienti con MM di nuova diagnosi eleggibili alla chemioterapia ad alte dosi.

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Benché le alterazioni della via PI3K/AKT siano molto sudiate a causa del loro ruolo nella tumorigenesi, e rappresentino pertanto un importante bersaglio terapeutico, i risultati di numerosi studi clinici con inibitori di PI3K o AKT sono finora deludenti, in parte a causa dell’insorgenza di resistenza provocata dall'interruzione dei circuiti di feedback negativo. In questo studio, abbiamo scoperto che l’inattivazione farmacologica di AKT in cellule di carcinoma prostatico PC3 porta alla down-regolazione di un microRNA con funzione di oncosoppressore, il miR-145-5p, e ad un drammatico aumento di espressione di uno dei suoi geni target, cioè N/KRas. E’ interessante sottolineare che questo microRNA è considerato un marker di progressione metastatica nel carcinoma prostatico, il cui livello di espressione aiuta a discriminare tra pazienti con iperplasia prostatica benigna e cancro alla prostata. Inoltre, la bassa espressione di miR-145 aumenta il rischio di progressione della malattia da localizzata a metastatica. La conferma che l’aumento di Ras, osservato sia in termini di mRNA che di proteina, è dipendente dalla caduta del miR-145-5p, è stata poi ottenuta tramite un modello di PC3 ingegnerizzate per ottenere il silenziamento inducibile del miR-145-5p. Tramite un array di fosfoproteine siamo poi stati in grado di verificare che l’aumento di Ras provoca la riattivazione della cascata di PI3K/AKT e di ERK. Dal punto di vista meccanicistico, quindi, lo studio ha portato all’identificazione di un nuovo meccanismo di resistenza adattativa, in cui l’inattivazione di AKT provoca una caduta del miR-145-5p che, a sua volta, aumenta l’espressione di Ras e riattiva il signaling di PI3K, rendendo inefficace il trattamento farmacologico. Questi risultati sono particolarmente rilevanti alla luce di recenti studi (NCT04493853; NCT03072238; NCT02525068) e di trial clinici in corso (NCT04737109; NCT03673787), basati sulla somministrazione combinata di inibitori della sintesi degli androgeni con gli inibitori di AKT capitasertib o ipatasertib.

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Il Complesso I (CI) mitocondriale è uno dei target metabolici più promettenti nelle terapie anti- cancro. In particolare, la metformina è un inibitore noto del CI, capace di inibire la crescita delle cellule tumorali, ma non di eradicare la patologia. Recentemente, l’associazione metformina ed ipoglicemia si è rivelata letale per i tumori, sebbene l’efficacia terapeutica del trattamento sinergico possa essere influenzata dall’accumulo di alterazioni genetiche nei più noti drivers della tumorigenesi. Abbiamo così investigato l’effetto dello stress metabolico indotto dalla restrizione di glucosio in un pannello di linee cellulari tumorali con un severo deficit sul CI e con un diverso stato genetico di TP53. Il deficit del CI associato alla carenza di glucosio inducono un abbattimento dei livelli di espressione della proteina p53 mutata, ma non della controparte wild-type. Il fenomeno biologico osservato non dipende né da un blocco trascrizionale, né dall’innesco di vie di degradazione intracellulare, come proteasoma ed autofagia. La scomparsa di p53 mutata, invece, sembra dipendere da un blocco generale della sintesi proteica, verosimilmente indotto dallo stress energetico e nutrizionale. Nella controparte p53 wild-type, invece, si osserva solo una parziale riduzione della sintesi proteica, suggerendo l’innesco di possibili vie di adattamento per compensare il danno sul CI. La carenza di amminoacidi è una caratteristica dei tumori solidi che potrebbe essere esacerbata in condizioni di deficit generali della catena respiratoria mitocondriale. In particolare, l’inibizione del CI causa auxotrofia da aspartato, metabolita limitante per la proliferazione, condizione che potrebbe generare il blocco della sintesi proteica osservato. L’incremento di espressione dei livelli del trasportatore aspartato/glutatammato mediata da p53 mutata compensa l’auxotrofia da aspartato, identificando un meccanismo di adattamento al deficit del CI. Dunque, i risultati ottenuti sottolineano l’importanza di implementare la terapia anti-complesso I nel cancro, poiché il diverso stato di p53 può alterare l’efficacia del trattamento.

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L'inibizione del complesso respiratorio I (CI) è una strategia antitumorale emergente, sebbene la specificità e l’efficacia di nuovi farmaci restino poco investigate. La generazione di modelli cellulari tumorali nulli per il CI rivela la specificità di EVP 4593 e BAY 872243 nell’indurre gli effetti antiproliferativi non associati all’apoptosi, selettivamente via CI, riducendo eventuali effetti collaterali. Studi preliminari in vivo evidenziano un rallentamento della crescita tumorale negli animali trattati con EVP 4593, il quale emerge come l’inibitore più potente. Per il suo ruolo nella riprogrammazione metabolica, e la sua elevata frequenza di mutazioni nelle neoplasie umane, sono stati investigati i potenziali meccanismi di adattamento alla terapia anti-CI sulla base dello stato mutazionale di TP53. L’auxotrofia da aspartato, un hallmark metabolico delle cellule tumorali con un danno al CI, causa un blocco della sintesi proteica mTORC1-dipendente nelle linee cellulari con una p53 mutata o nulla, inducendo un collasso metabolico. Viceversa, l'attivazione del sensore energetico AMPK promuove un recupero parziale della sintesi di aspartato in linee cellulari con la forma wild type di P53, che è in grado di sostenere una migliore anaplerosi attraverso SCO2, fattore di assemblaggio del complesso respiratorio IV. Al fine di traslare questi risultati in un modello preclinico, si è ottimizzato l’ottenimento di colture di tumori umani espiantati tramite il bioreattore U-CUP. Il modello scelto è stato quello di carcinoma sieroso ad alto grado dell’ovaio (HGSOC), a partire da tessuto congelato, per l’elevata frequenza di mutazioni driver in TP53. I tessuti congelati preservano l'eterogeneità delle componenti cellulari del tessuto di origine e sono caratterizzati da cellule in attiva proliferazione senza attivazione di apoptosi. Dati preliminari mostrano un trend di riduzione dell’area tumorale nei tessuti trattati con EVP 4593 e supportano l’utilizzo del modello preclinico nello studio di nuovi inibitori del CI sfruttando materiale primario di pazienti oncologici.

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Gli oncocitomi sono tumori epiteliali caratterizzati da un accumulo di mitocondri strutturalmente e funzionalmente compromessi, a prognosi generalmente benigna. Le cause genetiche della trasformazione oncocitaria sono tuttora sconosciute; pertanto, lo studio di oncocitomi in contesti familiari sindromici è utile nella ricerca dei determinanti genetici predisponenti il fenotipo. Diversi membri di una famiglia affetta da sindrome dell’iperparatiroidismo con tumore della mandibola (HPT-JT), dovuta ad un'ampia delezione in CDC73, hanno mostrato recidiva di tumori paratiroidei oncocitari. Il sequenziamento dell’esoma ha escluso mutazioni private della famiglia; all'interno della delezione ereditata, tuttavia, sono stati individuati elementi regolatori del gene glutaredossina 2 (GLRX2), codificante un'isoforma mitocondriale deputata alla deglutationilazione proteica reversibile -modificazione modulante l’attività di numerosi target- il cui ruolo nel cancro non è noto. La proteina è risultata assente in tutti i tumori e dimezzata nei tessuti sani dei soggetti. Per indagare se la sua assenza alteri la deglutationilazione proteica predisponendo al fenotipo oncocitario, sono stati generati modelli cellulari TPC1 e HCT116 GLRX2 KO in cui sono stati riscontrati un ridotto tasso proliferativo ed un'alterata glutationilazione proteica, particolarmente in seguito a stress ossidativo. Un esperimento pilota in vivo ha mostrato cellule KO oncocitoidi, con mitocondri morfologicamente alterati, suggerendo che l’alterazione redox innescata dall’assenza di GLRX2 possa indurre una disfunzione metabolica mitocondriale tale da mimare quelle osservate negli oncocitomi. L’analisi proteomica ha individuato diversi target di glutationilazione nei campioni KO identificando proteine del ciclo di Krebs e della catena respiratoria mitocondriale. In particolare, una marcata glutationilazione del complesso della piruvato deidrogenasi (PDHc) è stata correlata ad una ridotta sintesi di ATP dipendente da piruvato. Considerando l'importanza dello stress ossidativo nella fisiopatologia del cancro ed il ruolo del glutatione nella risposta antiossidante, GLRX2 rappresenta un potenziale candidato nella regolazione del metabolismo ossidativo nelle cellule tumorali esposte allo stress e nella modulazione del fenotipo tumorale.

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Le neoplasie cutanee di tipo non-melanoma (non-melanoma skin cancers, NMSCs), quali il carcinoma a cellule basali (basal cell carcinoma, BCC) e il carcinoma a cellule squamose (squamous cell carcinoma, SCC) possono mostrare invasività locale e alto tasso di recidiva. La chirurgia microscopicamente controllata di Mohs (Mohs micrographic surgery, MMS) permette di eseguire una valutazione istologica immediata dei margini chirurgici delle neoplasie contestualmente alla loro escissione. Nel nostro studio abbiamo valutato del ruolo delle tecnologie in vivo (dermatoscopia e microscopia confocale a riflettanza, MCR) nella definizione dei margini preoperatori di NMSC ad alto rischio del volto e descritto la nostra esperienza con chirurgia tradizionale e MMS. Sono stati valutati 234 pazienti operati nel triennio 2019-2021: 39 con MMS e guida videodermatoscopica (Gruppo 1) e 195 con chirurgia tradizionale e guida videodermatoscopica (Gruppo 2). I pazienti operati nel periodo 2013-2018 (con MMS, Gruppo 3 (n = 241), e con chirurgia tradizionale, Gruppo 4 (n = 1086)) sono stati usati come confronto. La radicalità chirurgica è stata ottenuta nel Gruppo 1 nel 92,3% dei casi, con 1,2 steps in media di MMS (versus 1,7 nel Gruppo 3), nel Gruppo 2 nell’84,5% dei casi. La percentuale di non radicalità è stata: 7,7% nel Gruppo 1, 15,9% nel Gruppo 2, 6,2% nel Gruppo 3, 17,9% nel Gruppo 4. I tassi di recidiva sono stati: 5,1% nel Gruppo 1, 3,6% nel Gruppo 2, 4,1% nel Gruppo 3, 5,9% nel Gruppo 4, soprattutto in BCC di tipo sclerodermiforme e infiltrante. La MCR prechirurgica è stata utilizzata in 11 pazienti, con alcuni limiti nel delineare BCC di tipo sclerodermiforme e infiltrante. In conclusione, la videodermatoscopia e la MCR appaiono valide tecniche ancillari alla MMS e anche alla chirurgia tradizionale nel trattamento dei NMSCs. La MMS appare indicata soprattutto nei pazienti giovani e salvaguarda l’outcome estetico e funzionale.

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Different kinds of lesions can occur to DNA, and among them, one of the most dangerous is the double strand breaks (DSBs). Actually, DSBs can result in mutations, chromosome translocation or deletion. For this kind of lesions, depending on cell cycle phase as well as DNA-end resection, cells have developed specific repair pathways. Among these the error-free homologous recombination (HR) plays a crucial role. HR takes place during S/G2 phases, since the sister chromatids can be used as homologous templates. In this process, hRAD51 and BRCA2 are key players. hRAD51 is a recombinase of 339 amino-acids highly conserved through evolution which displays an intrinsic tendency to form oligomeric structures. BRCA2 is a very large protein of 3418 amino-acids, essential for the recruitment and accumulation of hRAD51 in the nucleus repairing-foci. BRCA2 interacts with hRAD51 through eight, so-called, BRC repeats, composed of 35-40 amino-acids. Mutations within this region have been linked to an increased risk of ovarian cancer development. In particular, several reports highlighted that missense mutations within one BRC repeat can hamper BRCA2 activity. Considering the close homology between the BRC repeats, it is striking how these mutations cannot be counterbalanced by the other non-mutated repeats preserving the function and the interactions of BRCA2 with hRAD51. To date the only interaction that has been structurally elucidated, is the one taking place amid the fourth BRC repeat and hRAD51. Only very little biophysical information is available on the interaction of the other BRC repeats with hRAD51. This thesis aims at elucidating the mechanism of hRAD51-BRCA2 interaction, by means of biophysical and structural approaches.

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Il Mieloma Multiplo (MM) è una patologia neoplastica delle cellule B caratterizzata dalla proliferazione di più cloni di plasmacellule portatrici di diverse anomalie genomiche. Il MM presenta tipicamente un’eterogeneità genomica spaziale e intraclonale, che rende l’aspirato midollare "a singolo sito", attualmente utilizzato per la valutazione della malattia residua (MRD) dopo trattamento, non realmente informativo sulla taglia di malattia e sul panorama genomico della malattia. In considerazione della crescente importanza che sta assumendo la valutazione della MRD, i test per monitorarla dovrebbero essere non invasivi, affidabili e in grado di rappresentare le eterogeneità che caratterizzano il MM. Il presente studio ha permesso di dimostrare la possibilità di utilizzare la biopsia liquida, una metodica innovativa e non invasiva, per caratterizzare i pazienti con MM attivo o con MM smoldering ad alto rischio di evoluzione (HR-SMM) e per determinale l’MRD nei pazienti sottoposti a terapia di prima linea, integrando le metodiche attualmente validate. Nei pazienti arruolati nel presente studio è stato possibile identificare la frazione tumorale di DNA libero circolante (cfDNA-TF) nel sangue periferico, ed è stato possibile caratterizzare la malattia da un punto di vista qualitativo, dimostrando un’elevata concordanza del profilo genomico tra DNA libero circolante e DNA midollare (100% nei pazienti con HR-SMM e 86% nei pazienti con MM attivo). L’esecuzione seriata di biopsie liquide in corso di terapia, con un follow-up mediano di 24 mesi, ha mostrato una rapida e netta riduzione della cfDNA-TF xdalle prime fasi di terapia, con una tendenza a mantenersi mediamente sotto la soglia di sensibilità della metodica anche nelle fasi successive, indipendentemente dall’eventuale persistenza di MRD individuabile a livello midollare o mediante PET-CT. Con un follow-up più lungo probabilmente sarà possibile valutare meglio la capacità di questa metodica di affiancare o eventualmente sostituire l’aspirato midollare.

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Il carcinoma a cellule squamose è un tumore della pelle la cui incidenza è in costante crescita. Per questo motivo si sta ritagliando uno spazio sempre più importante all’interno di quella che è la dermatologia oncologica. Sebbene la nostra accuratezza diagnostica sia in progressivo miglioramento rimangono due nodi fondamentali da sciogliere: la differenziazione delle forme precoci dalla controparte precancerosa (cheratosi attinica), ed il riconoscimento di lesioni particolarmente aggressive con possibile prognosi infausta per stabilire un trattamento adeguato. La maggior attenzione rivolta a queste neoplasie ha portato negli ultimi anni ad innumerevoli pubblicazioni ed alla produzione di molteplici linee guida con indicazioni talvolta non conclusive, che spesso creano confusione nella pratica clinica quotidiana. In questo studio vengono prese in esame queste due problematiche analizzando la casistica a nostra disposizione. Vengono quindi valutati i criteri diagnostici dermoscopici ed il follow-up clinico e strumentale del carcinoma a cellule squamose con un intento di semplificare per rendere più agevole la pratica clinica. Inoltre, viene valutata l’utilità di alcuni marker molecolari come le proteine p16 e Ki67, che risultano facilmente reperibili, e la cui ricerca risulta poco costosa per valutarne l’utilità di uno studio più ampio in occasione di migliorare la definizione prognostica di queste lesioni.