119 resultados para crittografia asimmetrica,test di primalità


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Scopo dello studio: valutare i cambiamenti indotti da diversi trattamenti di mordenzatura sulla morfologia superficiale e sulla microstruttura di due vetro-ceramiche a base disilicato di litio (IPS e.max® Press e IPS e.max® CAD) ed esaminarne gli effetti sia sull’adesione con un cemento resinoso che sulla resistenza alla flessione. Materiali e metodi: Settanta dischetti (12 mm di diametro, 2 mm di spessore) di ogni ceramica sono stati preparati e divisi in 5 gruppi: nessun trattamento (G1), HF 5% 20s (G2), HF 5% 60s (G3), HF 9.6% 20s (G4), HF 9.6% 60s (G5). Un campione per ogni gruppo è stato analizzato mediante profilometro ottico e osservato al SEM. Per gli altri campioni è stato determinato lo shear bond strength (SBS) con un cemento resinoso. Dopo l’SBS test, i campioni sono stati caricati fino a frattura utilizzando il piston-on-three-ball test per determinarne la resistenza biassiale alla flessione. Risultati: L’analisi morfologica e microstrutturale dei campioni ha rivelato come diversi trattamenti di mordenzatura producano delle modifiche nella rugosità superficiale che non sono direttamente collegate ad un aumento dei valori di adesione e dei cambiamenti microstrutturali che sono più rilevanti con l’aumento del tempo di mordenzatura e di concentrazione dell’acido. I valori medi di adesione (MPa) per IPS e.max® CAD sono significativamente più alti in G2 e G3 (21,28 +/- 4,9 e 19,55 +/- 5,41 rispettivamente); per IPS e.max® Press, i valori più elevati sono in G3 (16,80 +/- 3,96). La resistenza biassiale alla flessione media (MPa) è più alta in IPS e.max® CAD (695 +/- 161) che in IPS e.max® Press (588 +/- 117), ma non è non influenzata dalla mordenzatura con HF. Conclusioni: il disilicato di litio va mordenzato preferibilmente con HF al 5%. La mordenzatura produce alcuni cambiamenti superficiali e microstrutturali nel materiale, ma tali cambiamenti non ne influenzano la resistenza in flessione.

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Il presente studio ha indagato e valutato alcune abilità cognitive del cane: la capacità di discriminare quantità e le capacità di apprendimento mediante imitazione; quest’ultima è poi stata messa in relazione con l’attaccamento nei confronti del proprietario. Per l’esecuzione della prima indagine sono stati messi appunto due test: il primo si è basato esclusivamente sulla presentazione di uno stimolo visivo: diversi quantitativi di cibo, differenti tra loro del 50%, sono stati presentati al cane; la scelta effettuata dai soggetti testati è stata premiata con differenti tipi di rinforzo differenziale o non differenziale. Il secondo test è stato diviso in due parti: sono stati presentati al cane diversi quantitativi di cibo sempre differenti tra loro del 50% ma nella prima parte del test l’input sensoriale per il cane è stato esclusivamente uditivo mentre nella seconda parte è stato sia uditivo che visivo. Ove è stato possibile è stato applicato ai cani un cardiofrequenzimetro al fine di eseguire una valutazione delle variazioni della frequenza cardiaca nel corso del test. Lo scopo è stato quello di valutare se i soggetti testati erano in grado di discriminare la quantità maggiore. La seconda indagine ha analizzato le capacità di apprendimento di 36 soggetti che sono stati suddivisi in cani da lavoro e pet. I soggetti protagonisti dello studio hanno eseguito il Mirror Test per la valutazione dell’apprendimento per imitazione. I soggetti presi in considerazione, sono stati sottoposti a scansione termografica all’inizio ed al termine del test ed è stata rilevata la loro frequenza respiratoria nella fase iniziale e finale del test. In 11 soggetti che hanno eseguito il precedente test è stato possibile eseguire anche il Strange Situation Test per la valutazione dell’attaccamento al proprietario; i test in questione sono stati videoregistrati ed analizzati per mezzo di un software preposto (OBSERVER XT 10).

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La distrofia muscolare di Emery-Dreifuss (EDMD) è una miopatia degenerativa ereditaria caratterizzata da debolezza e atrofia dei muscoli senza coinvolgimento del sistema nervoso. Individui EDMD presentano, inoltre, cardiomiopatia con difetto di conduzione che provoca rischio di morte improvvisa. Diversi studi evidenziano un coinvolgimento di citochine in diverse distrofie muscolari causanti infiammazione cronica, riassorbimento osseo, necrosi cellulare. Abbiamo effettuato una valutazione simultanea della concentrazione di citochine, chemochine, fattori di crescita, presenti nel siero di un gruppo di 25 pazienti EDMD. L’analisi effettuata ha evidenziato un aumento di citochine quali IL-17, TGFβ2, INF-γ e del TGFβ1. Inoltre, una riduzione del fattore di crescita VEGF e della chemochina RANTES è stata rilevata nel siero dei pazienti EDMD rispetto ai pazienti controllo. Ulteriori analisi effettuate tramite saggio ELISA hanno evidenziato un aumento dei livelli di TGFβ2 e IL-6 nel terreno di coltura di fibroblasti EDMD2. Per testare l’effetto nei muscoli, di citochine alterate, abbiamo utilizzato terreno condizionante di fibroblasti EDMD per differenziare mioblasti murini C2C12. Una riduzione del grado di differenziamento è stata osservata nei mioblasti condizionati con terreno EDMD. Trattando queste cellule con anticorpi neutralizzanti contro TGFβ2 e IL-6 si è avuto un miglioramento del grado di differenziamento. In C2C12 che esprimevano la mutazione H222P del gene Lmna,non sono state osservate alterazioni di citochine e benefici di anticorpi neutralizzanti. I dati mostrano un effetto patogenetico delle citochine alterate come osservato in fibroblasti e siero di pazienti, suggerendo un effetto sul tessuto fibrotico di muscoli EDMD. Un effetto intrinseco alla mutazione della lamina A è stato rilevato sul espressione di caveolina 3 in mioblasti differenziati EDMD. I risultati si aggiungono a dati forniti sulla patogenesi dell' EDMD confermando che fattori intrinseci ed estrinseci contribuiscono alla malattia. Utilizzo di anticorpi neutralizzanti specifici contro fattori estrinseci potrebbe rappresentare un approccio terapeutico come mostrato in questo studio.

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Introduzione:l’interferone (IFN) usato per l’eradicazione del virus dell’Epatite C, induce effetti collaterali anche riferibili alla sfera psichica. I dati sugli eventi avversi di tipo psichiatrico dei nuovi farmaci antivirali (DAA) sono limitati. Lo scopo di questo studio è di valutare lo sviluppo di effetti collaterali di tipo psichiatrico in corso di due distinti schemi di trattamento: IFN-peghilato e ribavirina [terapia duplice (standard o SOC)]; DAA in associazione a IFN-peghilato e ribavirina (terapia triplice). Metodi: pazienti HCV+ consecutivi seguiti presso l’Ambulatorio delle Epatiti Croniche della Semeiotica Medica del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna in procinto di intraprendere un trattamento antivirale a base di IFN, sottoposti ad esame psicodiagnostico composto da intervista clinica semistrutturata e test autosomministrati: BDI, STAXI-2, Hamilton Anxiety Scale, MMPI – 2. Risultati: Sono stati arruolati 84 pazienti, 57/84 (67.9%) nel gruppo in triplice e 27/84 nel gruppo SOC. Quasi tutti i pazienti arruolati hanno eseguito l’intervista clinica iniziale (82/84; 97.6%), mentre scarsa è stata l’aderenza ai test (valori missing>50%). Ad eccezione dell’ansia, la prevalenza di tutti gli altri disturbi (irritabilità, astenia, disfunzioni neurocognitive, dissonnia) aumentava in corso di trattamento. In corso di terapia antivirale 43/84 (51.2%) hanno avuto bisogno di usufruire del servizio di consulenza psichiatrica e 48/84 (57.1%) hanno ricevuto una psicofarmacoterapia di supporto, senza differenze significative fra i due gruppi di trattamento. Conclusioni : uno degli elementi più salienti dello studio è stata la scarsa aderenza ai test psicodiagnostici, nonostante l’elevata prevalenza di sintomi psichiatrici. I risultati di questo studio oltre ad evidenziare l’importanza dei sintomi psichiatrici in corso di trattamento e la rilevanza della consulenza psicologica e psichiatrica per consentire di portare a termine il ciclo terapeutico previsto (migliorandone l’efficacia), ha anche dimostrato che occorre ripensare gli strumenti diagnostici adattandoli probabilmente a questo specifico target.

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L’accoppiamento articolare in ceramica è sempre più utilizzato in chirurgia protesica dell’anca per le sue eccellenti proprietà tribologiche. Tuttavia la fragilità della ceramica è causa di fallimenti meccanici. Abbiamo quindi condotto una serie di studi al fine di individuare un metodo efficace di diagnosi precoce del fallimento della ceramica. Abbiamo analizzato delle componenti ceramiche espiantate e abbiamo trovato un pattern di usura pre-frattura che faceva supporre una dispersione di particelle di ceramica nello spazio articolare. Per la diagnosi precoce abbiamo validato una metodica basata sulla microanalisi del liquido sinoviale. Per validare la metodica abbiamo eseguito un agoaspirato in 12 protesi ben funzionanti (bianchi) e confrontato i risultati di 39 protesi con segni di rottura con quelli di 7 senza segni di rottura. Per individuare i pazienti a rischio rottura i dati demografici di 26 pazienti con ceramica rotta sono stati confrontati con 49 controlli comparabili in termini demografici, tipo di ceramica e tipo di protesi. Infine è stata condotta una revisione sistematica della letteratura sulla diagnosi della rottura della ceramica. Nell’aspirato la presenza di almeno 11 particelle ceramiche di dimensioni inferiori a 3 micron o di una maggiore di 3 micron per ogni campo di osservazione sono segno di rottura della ceramica. La metodica con agoaspirato ha 100% di sensibilità e 88 % di specificità nel predire rotture della ceramica. Nel gruppo delle ceramiche rotte è stato trovato un maggior numero di malposizionamenti della protesi rispetto ai controlli (p=0,001). Il rumore in protesi con ceramica dovrebbe sollevare il sospetto di fallimento ed indurre ad eseguire una TC e un agoaspirato. Dal confronto con la letteratura la nostra metodica risulta essere la più efficace.

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Lo stretch film è una diffusa applicazione per imballaggio dei film in polietilene (PE), utilizzato per proteggere diversi prodotti di vari dimensioni e pesi. Una caratteristica fondamentale del film è la sua proprietà adesiva in virtù della quale il film può essere facilmente chiuso su se stesso. Tipicamente vengono scelti gradi lineari a bassa densità (LLDPE) con valori relativamente bassi di densità a causa delle loro buone prestazioni. Il mercato basa la scelta del materiale adesivo per tentativi piuttosto che in base alla conoscenza delle caratteristiche strutturali ottimali per l’applicazione. Come per i pressure sensitive adhesives, le proprietà adesive di film stretch in PE possono essere misurati mediante "peel testing". Esistono molti metodi standard internazionali ma i risultati di tali prove sono fortemente dipendenti dalla geometria di prova, sulla possibile deformazione plastica che si verificano nel peel arm(s), e la velocità e temperatura. Lo scopo del presente lavoro è quello di misurare l'energia di adesione Gc di film stretch di PE, su se stessi e su substrati diversi, sfruttando l'interpretazione della meccanica della frattura per tener conto dell'elevata flessibilità e deformabilità di tali film. Quindi, la dipendenza velocità/temperatura di Gc sarà studiata con riferimento diretto al comportamento viscoelastico lineare dei materiali utilizzati negli strati adesivi, per esplorare le relazioni struttura-proprietà che possono mettere in luce i meccanismi molecolari coinvolti nei processi di adesione e distacco. Nella presente caso, l’adesivo non è direttamente disponibile come materiale separato che può essere messo tra due superfici di prova e misurato per la determinazione delle sue proprietà. Il presupposto principale è che una parte, o fase, della complessa struttura semi-cristallina del PE possa funzionare come adesivo, e un importante risultato di questo studio può essere una migliore identificazione e caratterizzazione di questo "fase adesiva".

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La ricerca è volta a presentare un nuovo approccio integrato, a supporto di operatori e progettisti, per la gestione dell’intero processo progettuale di interventi di riqualificazione energetica e architettonica del patrimonio edilizio recente, mediante l’impiego di soluzioni tecnologiche innovative di involucro edilizio. Lo studio richiede necessariamente l’acquisizione di un repertorio selezionato di sistemi costruttivi di involucro, come base di partenza per l’elaborazione di soluzioni progettuali di recupero delle scuole appartenenti al secondo dopoguerra, in conglomerato cementizio armato, prevalentemente prefabbricate. Il progetto individua procedimenti costruttivi ecocompatibili per la progettazione di componenti prefabbricati di involucro “attivo”, adattabile ed efficiente, da assemblare a secco, nel rispetto dei requisiti prestazionali richiesti dalle attuali normative. La ricerca è finalizzata alla gestione dell’intero processo, supportato da sistemi di rilevazione geometrica, collegati a software di programmazione parametrica per la modellazione di superfici adattabili alla morfologia dei fabbricati oggetto di intervento. Tali strumenti informatizzati CAD-CAM sono connessi a macchine a controllo numerico CNC per la produzione industrializzata degli elementi costruttivi “su misura”. A titolo esemplificativo dell’approccio innovativo proposto, si formulano due possibili soluzioni di involucro in linea con i paradigmi della ricerca, nel rispetto dei principi di sostenibilità, intesa come modularità, rapididi posa, reversibilità, recupero e riciclo di materiali. In particolare, le soluzioni innovative sono accomunate dall’applicazione di una tecnica basata sull’assemblaggio di elementi prefabbricati, dall’adozione di una trama esagonale per la tassellazione della nuova superficie di facciata, e dall’utilizzo del medesimo materiale termico isolante, plastico e inorganico, riciclato ed ecosostenibile, a basso impatto ambientale (AAM - Alkali Activated Materials). Le soluzioni progettuali proposte, sviluppate presso le due sedi coinvolte nella cotutela (Università di Bologna, Université Paris-Est) sono affrontate secondo un protocollo scientifico che prevede: progettazione del sistema costruttivo, analisi meccanica e termica, sperimentazione costruttiva, verifica delle tecniche di messa in opera e dei requisiti prestazionali.

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Introduzione: Le catene N-linked associate al principale sito di N-glicosilazione (Asn297) delle IgG sono di tipo bi-antennario e presentano una grande microeterogeneità in quanto una o entrambe le antenne possono terminare con uno o due residui di acido sialico, galattosio o N-acetilglucosammina ed essere core-fucosilate. Nell’invecchiamento e in malattie infiammatorie aumenta la percentuale di glicani associati alle catene pesanti delle IgG privi del galattosio terminale (IgG-G0). La glicosilazione enzimatica delle proteine è classicamente un processo intracellulare, sebbene recenti studi abbiano messo in evidenza la possibilità di una glicosilazione ecto-cellulare in quanto le piastrine sono ottimi donatori di nucleotidi-zuccheri. Scopo: Misurare le attività delle glicosiltrasferasi ST6Gal1 e B4GalT plasmatiche (potenzialmente responsabili della glicosilazione di proteine plasmatiche) in soggetti di entrambi i sessi e di età compresa tra 5 e 105 anni e correlarle con lo stato di glicosilazione di IgG circolanti (analizzato mediante lectin-blot) e il GlycoAge test, un noto marcatore di invecchiamento, espresso come il logaritmo del rapporto tra gli N-glicani agalattosilati e di-galattosilati associati a glicoproteine plasmatiche. Risultati e conclusioni: I dati ottenuti indicano che: 1) l’attività B4GalT si propone come nuovo marcatore di invecchiamento perché aumenta linearmente con l’età; 2) la ST6Gal1 è maggiormente espressa solo nei bambini e negli over 80; 3) le attività delle due glicosilatransferasi non risultano correlate in modo significativo né tra loro né con il GlycoAge test, indicando che questi tre marcatori siano espressioni di diversi quadri fisio-patologici legati all’invecchiamento; 4) con l’età si ha una predominanza di glicoforme di IgG pro-infiammatorie, ovvero prive dell’acido sialico, del galattosio terminali e del core fucose; 5) l’attività della ST6Gal1 e B4GalT risultano in controtendenza con il grado di sialilazione e galattosilazione delle IgG, indicando quindi che la loro glicosilazione non avviene a livello extracellulare.

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L'intervento di connessione cavo-polmonare totale (TCPC) nei pazienti portatori di cuore univentricolare, a causa della particolare condizione emodinamica, determina un risentimento a carico di numerosi parenchimi. Scopo della ricerca è di valutare l'entità di questo danno ad un follow-up medio-lungo. Sono stati arruolati 115 pazienti, sottoposti ad intervento presso i centri di Cardiochirurgia Pediatrica di Bologna (52 pz) e Torino (63 pz). Il follow-up medio è stato di 125±2 mesi. I pazienti sono stati sottoposti ad indagine emodinamica (88 pz), test cardiopolmonare (75 pz) e Fibroscan ed ecografia epatica (47 pz). La pressione polmonare media è stata di 11.5±2.6mmHg, ed in 12 pazienti i valori di pressione polmonare erano superiori a 15mmHg. La pressione atriale media era di 6.7±2.3mmHg ed il calcolo delle resistenze vascolari polmonari indicizzate (RVP) era in media di 2±0.99 UW/m2. In 29 pazienti le RVP erano superiori a 2 UW/m2. La VO2 max in media era pari a 28±31 ml/Kg/min, 58±15 % del valore teorico. La frequenza cardiaca massima all'apice dello sforzo era di 151±22 bpm, pari al 74±17% del valore teorico. Il Fibroscan ha fornito un valore medio di 17.01 kPa (8-34.3kPa). Cinque pazienti erano in classe F2, 9 pazienti in classe F3 e 33 pazienti risultavano in classe F4. Nei pazienti con follow-up maggiore di 10 anni il valore di stiffness epatica (19.6±5.2kPa) è risultato significativamente maggiore a quello dei pazienti con follow-up minore di 10 anni (15.1±5.8kPa, p<0.01). La frequenza cardiaca massima raggiunta durante lo sforzo del test cardiopolmonare è risultata significativamente correlata alla morfologia del ventricolo unico, risultando del 67.8±14.4% del valore teorico nei pazienti portatori di ventricolo destro contro il 79.6±8.7% dei portatori di ventricolo sinistro (p=0.006). L'intervento di TCPC determina un risentimento a carico di numerosi parenchimi proporzionale alla lunghezza del follow-up, e necessita pertanto un costante monitoraggio clinico-strumentale multidisciplinare.

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La prima parte del nostro studio riguarda la tecnica LAMP (Loop-mediated isothermal amplification), una tecnica di amplificazione isotermica recentemente inventata (Notomi et al., 2000). Essa presenta notevoli vantaggi rispetto alle tradizionali PCR: non necessita di strumentazioni sofisticate come i termociclatori, può essere eseguita da personale non specializzato, è una tecnica altamente sensibile e specifica ed è molto tollerante agli inibitori. Tutte queste caratteristiche fanno sì che essa possa essere utilizzata al di fuori dei laboratori diagnostici, come POCT (Point of care testing), con il vantaggio di non dover gestire la spedizione del campione e di avere in tempi molto brevi risultati paragonabili a quelli ottenuti con la tradizionale PCR. Sono state prese in considerazione malattie infettive sostenute da batteri che richiedono tempi molto lunghi per la coltivazione o che non sono addirittura coltivabili. Sono stati disegnati dei saggi per la diagnosi di patologie virali che necessitano di diagnosi tempestiva. Altri test messi a punto riguardano malattie genetiche del cane e due batteri d’interesse agro-alimentare. Tutte le prove sono state condotte con tecnica real-time per diminuire il rischio di cross-contaminazione pur riuscendo a comprendere in maniera approfondita l’andamento delle reazioni. Infine è stato messo a punto un metodo di visualizzazione colorimetrico utilizzabile con tutti i saggi messi a punto, che svincola completamente la reazione LAMP dall’esecuzione in un laboratorio specializzato. Il secondo capitolo riguarda lo studio dal punto di vista molecolare di un soggetto che presenza totale assenza di attività mieloperossidasica all’analisi di citochimica automatica (ADVIA® 2120 Hematology System). Lo studio è stato condotto attraverso amplificazione e confronto dei prodotti di PCR ottenuti sul soggetto patologico e su due soggetti con fenotipo wild-type. Si è poi provveduto al sequenziamento dei prodotti di PCR su sequenziatore automatico al fine di ricercare la mutazione responsabile della carenza di MPO nel soggetto indicato.

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The evaluation of the knee joint behavior is fundamental in many applications, such as joint modeling, prosthesis and orthosis design. In-vitro tests are important in order to analyse knee behavior when simulating various loading conditions and studying physiology of the joint. A new test rig for in-vitro evaluation of the knee joint behavior is presented in this paper. It represents the evolution of a previously proposed rig, designed to overcome its principal limitations and to improve its performances. The design procedure and the adopted solution in order to satisfy the specifications are presented here. Thanks to its 6-6 Gough-Stewart parallel manipulator loading system, the rig replicates general loading conditions, like daily actions or clinical tests, on the specimen in a wide range of flexion angles. The restraining actions of knee muscles can be simulated when active actions are simulated. The joint motion in response to the applied loads, guided by passive articular structures and muscles, is permitted by the characteristics of the loading system which is force controlled. The new test rig guarantees visibility so that motion can be measured by an optoelectronic system. Furthermore, the control system of the new test rig allows the estimation of the contribution of the principal leg muscles in guaranteeing the equilibrium of the joint by the system for muscle simulation. Accuracy in positioning is guaranteed by the designed tibia and femur fixation systems,which allow unmounting and remounting the specimen in the same pose. The test rig presented in this paper permits the analysis of the behavior of the knee joint and comparative analysis on the same specimen before and after surgery, in a way to assess the goodness of prostheses or surgical treatments.

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La Fusariosi della spiga (FDS) è una fitopatia diffusa a livello mondiale che colpisce le colture cerealicole, tra cui il frumento duro, ed è in grado di causare gravi danni di tipo qualitativo ed economico. Le specie fungine responsabili appartengono al genere Fusarium, tra cui F. graminearum, F. culmorum e più recentemente F. poae. La conseguenza più rilevante riguarda la contaminazione della granella da micotossine, molecole prodotte dai miceti, considerate dalla comunità scientifica ad alto rischio per la salute dell’uomo e animali. L’eziologia è molto complessa, dal momento che su una stessa spiga di frumento possono coesistere più specie fungine che contribuiscono ad influenzare i quantitativi di micotossine prodotte. Lo scopo della ricerca è incentrato sulla caratterizzazione di ceppi di F. poae, in termini di potenziale patogeno e aggressività. Tramite l’allestimento di un saggio di inoculazione in vitro “Petri-dish” è stato possibile attribuire un indice di aggressività a ciascun isolato fungino, basato su parametri quali AUHPC e AUDPC standard, insieme ad altre variabili come la riduzione della lunghezza del coleottile e del tasso di germinazione. Il saggio è stato esteso anche a F. culmorum, per valutare la riproducibilità del test su altre specie fungine. Il test in vitro offre diversi vantaggi, tra cui affidabilità e rapididi esecuzione ed è quindi adatto allo screening di ceppi patogeni da utilizzare in successive sperimentazioni. Gli stessi ceppi di F. poae, provenienti da una prova di inoculazione artificiale in serra su piante di frumento duro, sono stati caratterizzati dal punto di vista bio-molecolare. Poichè lo studio della fusariosi della spiga richiede la determinazione quantitativa della biomassa dei patogeni nei tessuti della pianta-ospite, anche in assenza di sintomi, il protocollo di Real-Time PCR con chimica SYBR® Green I qui sviluppato, ha dimostrato essere un buon compromesso tra attendibilità, rapidità e costi complessivi della metodica.

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Gli stress abiotici determinando modificazioni a livello fisiologico, biochimico e molecolare delle piante, costituiscono una delle principali limitazioni per la produzione agricola mondiale. Nel 2007 la FAO ha stimato come solamente il 3,5% della superficie mondiale non sia sottoposta a stress abiotici. Il modello agro-industriale degli ultimi cinquant'anni, oltre ad avere contribuito allo sviluppo economico dell'Europa, è stato anche causa di inquinamento di acqua, aria e suolo, mediante uno sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali. L'arsenico in particolare, naturalmente presente nell'ambiente e rilasciato dalle attività antropiche, desta particolare preoccupazione a causa dell'ampia distribuzione come contaminante ambientale e per gli effetti di fitotossicità provocati. In tale contesto, la diffusione di sistemi agricoli a basso impatto rappresenta una importante risorsa per rispondere all'emergenza del cambiamento climatico che negli anni a venire sottoporrà una superficie agricola sempre maggiore a stress di natura abiotica. Nello studio condotto è stato utilizzato uno stabile modello di crescita in vitro per valutare l'efficacia di preparati ultra diluiti (PUD), che non contenendo molecole chimiche di sintesi ben si adattano a sistemi agricoli sostenibili, su semi di frumento preventivamente sottoposti a stress sub-letale da arsenico. Sono state quindi condotte valutazioni sia a livello morfometrico (germinazione, lunghezza di germogli e radici) che molecolare (espressione genica valutata mediante analisi microarray, con validazione tramite Real-Time PCR) arricchendo la letteratura esistente di interessanti risultati. In particolare è stato osservato come lo stress da arsenico, determini una minore vigoria di coleptile e radici e a livello molecolare induca l'attivazione di pathways metabolici per proteggere e difendere le cellule vegetali dai danni derivanti dallo stress; mentre il PUD in esame (As 45x), nel sistema stressato ha indotto un recupero nella vigoria di germoglio e radici e livelli di espressione genica simili a quelli riscontrati nel controllo suggerendo un effetto "riequilibrante" del metabolismo vegetale.

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Obiettivo del lavoro è quello di legare tra di loro due aspetti che storicamente sono sempre stati scollegati. Il primo è il lungo dibattito sul tema “oltre il PIL”, che prosegue ininterrottamente da circa mezzo secolo. Il secondo riguarda l’utilizzo dei sistemi di misurazione e valutazione della performance nel settore pubblico italiano. Si illustra l’evoluzione del dibattito sul PIL facendo un excursus storico del pensiero critico che si è sviluppato nel corso di circa cinquanta anni analizzando le ragioni assunte dagli studiosi per confutare l’utilizzo del PIL quale misura universale del benessere. Cogliendo questa suggestione l’Istat, in collaborazione con il CNEL, ha avviato un progetto per individuare nuovi indicatori da affiancare al PIL, in grado di misurare il livello non solo della crescita economica, ma anche del benessere sociale e sostenibile, con l’analisi degli indicatori riferiti a 12 domini di benessere individuati. Al progetto Istat-CNEL si è affiancato il progetto UrBES, promosso dall’Istat e dal Coordinamento dei sindaci metropolitani dell’ANCI, che hanno costituito una rete di città metropolitane per sperimentare la misurazione e il confronto sulla base di indicatori di benessere urbano equo e sostenibile, facendo proprio un progetto del Comune di Bologna e di Laboratorio Urbano (Centro di documentazione, ricerca e proposta sulle città), che ha sottoposto a differenti target un questionario on line, i cui risultati, con riferimento alle risposte fornite alle domande aperte, sono stati elaborati attraverso l’utilizzo di Taltac, un software per l’analisi dei testi, al fine di individuare i “profili” dei rispondenti, associando i risultati dell’elaborazione alle variabili strutturali del questionario. Nell’ultima parte i servizi e progetti erogati dal comune di Bologna sono stati associati alle dimensioni UrBES, per valutare l’impatto delle politiche pubbliche sulla qualità della vita e sul benessere dei cittadini, indicando le criticità legate alla mancanza di dati adeguati.