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Resumo:
Lo studio si tratta di mettere in evidenza il cambiamento che ha subito il termine Oriente nel secolo XX in alcuni testi della letteratura italiana contemporanea. L’opera di Edward Said, L’Orientalismo è un testo di riferimento per i nostri studi. Nel quale abbiamo focalizzato l’attenzione su alcuni aspetti salienti: il concetto di orientalismo; l’interesse nei confronti dell’Oriente sul piano politico, scientifico, letterario; l’impossibilità di separare lo studioso dalle circostanze biografiche e sociali. Siamo riusciti, quindi, a stabilire che il cambiamento dell’immagine orientale dipende da tre fattori: lo scrittore (emittente), il soggetto (la fonte) ed il lettore (destinatario), dai quali si origina l’oggetto (il testo). Basandoci su questi tre elementi abbiamo cercato di inquadrare l’interesse letterario per l’Oriente vista da una triplice prospettiva: imperialismo, fascino ed erotismo. Per studiare le prime due prospettive, abbiamo scelto due opere. La prima presenta l’immagine dell’imperialismo, si tratta di Sanya, La moglie egiziana e il Romanzo dell’Oriente Moderno (1927) di Bruno Corra. La seconda prospettiva dove troviamo l’immagine dell’Oriente fascinoso è nello scritto di Annie Vivanti, La terra di Cleopatra (1925). Il punto centrale della tesi si tratta di studiare Annie Messina (1910-1996), è una scrittrice che ha uno stile peculiare ed un approccio tutto suo al tema dell’Oriente. I testi studiati sono : "Il mirto e la rosa" (1982), "Il banchetto dell'emiro" (1997) e "La principessa e il wâlî" (1996), tutti pubblicati dalla casa editrice Sellerio.L’unico pubblicato da Mondadori è "La palma di Rusafa" (1989). L’ultima parte del lavoro abbiamo esposto un profilo storico e socio-religioso della letteratura erotica araba. In cui abbiamo rintracciato le origini dell’immagine erotico dell’Oriente e il tema dell’omosessualità, mettendo a confronto il testo omosessuale di Messina con la letteratura italiana contemporanea.
Resumo:
La ricerca si propone di analizzare una di quelle stagioni architettoniche controverse e lontane dalle internazionali strade maestre del nascente Neues Bauen: il romanticismo-nazionale svedese riletto attraverso l’esperienza del suo massimo esponente, Ragnar Östberg (1866-1945). L’obiettivo della tesi non è solamente quello di una revisione della critica storiografica, facendo così luce su una di quelle personalità considerate marginali, quanto quello di ricavare dalla lettura comparata di due tra i suoi progetti, fino ad ora mai indagati, quegli elementi che fanno dell’architettura un “fatto urbano” in cui la collettività può riconoscersi e parallelamente un fatto di rappresentazione della stessa. L’arcipelago di Stoccolma e quel processo di “renovatio urbis” a cui fu sottoposta proprio agli albori del XX secolo furono gli scenari in cui presero vita i due progetti: il complesso formato dallo Stockholms Stadshuset e la vicina parte mai realizzata del Nämndhuset, e villa Geber. Condensano due dimensioni che la città immersa nel paesaggio contiene: la natura urbana dell’edificio municipale e quella domestica della villa urbana isolata. La ricerca intesse un itinerario di disvelamento attraverso una matrice duale di lettura: “genius loci” e memorie urbane. I capitoli cercano di dimostrare come i due casi-studio siano espressione di quella pendolarità di ricerca tra lo spirito del luogo e le rimembranze delle forme urbane della tradizione. Questa analisi ci conduce in un viaggio alla ricerca dell’atlante delle “memorie urbane”, raccolte nei viaggi e nella formazione, comprendendo così il mondo analogico di riferimenti culturali con altre architetture europee della tradizione. I due progetti sorgono in opposte aree di espansione di Stoccolma e, pur nella loro diversità di scala, sono chiara espressione di appropriatezza al luogo e di strutture formali analoghe. Stockholm Stadshuset-Nämndhuset e villa Geber esprimono il metodo di Östberg, dove i riferimenti raccolti dall’imagination passive sono tramutati ed assemblati grazie alla imagination active.