207 resultados para Basi di dati, Database, Linq, Entity framework, Workflow, Database


Relevância:

40.00% 40.00%

Publicador:

Resumo:

La presente ricerca ha avuto come obbietivo studiare come stia avvenendo l'adattamento dei tradizionali laboratori fotochimici di film alle tecniche digitali attraverso l'analisi delle politiche di preservazione, del restauro, dei costi relativi all’acquisto di nuove apparecchiature e della migrazione ai nuovi media presso il British Film Institute (BFI), lo Svenska Filminstitutet (SFI), l’Eye Filmmuseum, L'Immagine Ritrovata e ANIM - Cinemateca Portuguesa. A questo scopo è stato utilizzato il metodo dello studio di caso, in cui sono state effettuate interviste con gestori e tecnici delle istituzioni citate al fine di rispondere al quesito della presente ricerca: quali sono l’impatto e le implicazioni di questo adattamento? Quali sono i risultati raggiunti con le nuove attrezzature e metodi di restauro e preservazione? Per arrivare a rispondere a queste domande lo studio è stato diviso in due sezioni. Nella prima parte, sono riportate le interviste svolte presso SFI, BFI, Eye e L'Immagine Ritrovata, realizzate al fine di ottenere dati che permettessero di formulare un'intervista più completa e approfondita. Successivamente, questa intervista più dettagliata è stata condotta con una sola istituzione, la Cinemateca Portuguesa. Pertanto, nella seconda parte dello studio di caso, sono state realizzate interviste a tecnici e dirigenti di ANIM - Cinemateca Portuguesa e dei suoi laboratori partner. L'analisi dei risultati comprende tutte le informazioni provenienti dalle cinque istituzioni intervistate. È stato notato che l'adattamento al digitale ha effettivamente apportato miglioramenti nella preservazione e nel recupero del materiale fotochimico, ma ciò ha anche fatto sorgere alcuni dilemmi nei laboratori. C'è apprensione per la scarsità di materiale della filiera fotochimica e per una sua ipotetica fine nel prossimo futuro, poiché non ci sono ancora sufficienti conoscenze sulla filiera digitale e sul comportamento di questi media con il passare del tempo. Gli intervistati hanno altresì dimostrato positività riguardo alle tecnologie digitali.

Relevância:

40.00% 40.00%

Publicador:

Resumo:

Secondo la classificazione OMS dei Tumori del Sistema Nervoso Centrale pubblicata nel 2021, l'astrocitoma pilocitico appartiene alle lesioni di grado 1. Questa neoplasia ha un tasso di sopravvivenza a 5 anni di oltre il 95% nei bambini e nei giovani adulti, che è uno dei più alti tassi di sopravvivenza di qualsiasi tumore cerebrale. Tuttavia sono disponibili pochi dati sul tasso di recidiva della neoplasia nell'arco di 10 anni, nonché sulla progressione a forme anaplastiche. Scopo di questo lavoro è la revisione di un'ampia casistica di pazienti pediatrici affetti da astrocitoma pilocitico con un lungo periodo di follow-up, correlando ai dati clinici le alterazioni molecolari del pathway delle MAP-Kinasi (descritte come le più frequenti in questa entità).

Relevância:

40.00% 40.00%

Publicador:

Resumo:

L’elaborato si propone di analizzare i principali punti di contatto, nell’ordinamento domestico, tra le funzioni esercitate dalla giurisdizione ordinaria civile e le attribuzioni delle Autorità amministrative indipendenti, nel tentativo di delineare un quadro sistematico dei rapporti. Nella prima parte dell’indagine, ci si sofferma sui variegati strumenti di risoluzione delle controversie coniati in seno alle Autorità indipendenti, cercando di sviluppare un’essenziale classificazione per categorie omogenee, al fine di vagliare la compatibilità dei diversi modelli con il dato costituzionale. Successivamente, si sposta l’indagine sulle interferenze emergenti con riferimento a quelle attività delle Authorities assimilabili all’applicazione della legge al caso concreto nel contesto del pubblic enforcement. Tra queste, spicca la delicata questione del valore dei provvedimenti delle Authorities nei (correlati) processi civili risarcitori, soprattutto a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 7, d.lgs. 3/2017, che ha plasmato un inedito «vincolo» per il giudice ordinario all’accertamento dell’AGCM. Alla previsione normativa si associa la tendenza giurisprudenziale a riconoscere una particolare “attitudine probatoria” anche ai provvedimenti di altre Autorità indipendenti, pur in assenza di specifica previsione normativa. Nel corso della trattazione, più che limitarsi ad esprimere una preferenza tra le diverse soluzioni già proposte dalla dottrina, si cerca di gettare le basi per un’interpretazione autonoma e sistematica del fenomeno. Adottando un approccio quanto più possibile interdisciplinare, si cercano di coniugare i punti di approdo della teoria generale dell’accertamento giuridico con quelli, gius-pubblicistici, della categoria dell’accertamento amministrativo. Si passa, infine, a vagliare le condizioni affinché tale ipotetico modello unitario possa ritenersi compatibile con altri valori di rilievo costituzionale e non solo, utilizzando quale parametro di riferimento l’art. 6 Cedu, come interpretato dalla Corte di Strasburgo.

Relevância:

40.00% 40.00%

Publicador:

Resumo:

INTRODUZIONE - La presente ricerca è incentrata sul monitoraggio dell’efficacia dei progetti di Educazione Avventura con adolescenti difficili, in particolare del progetto “Lunghi cammini educativi”. A partire da un’analisi della letteratura sull’educazione esperienziale nature-based e in particolare sull’Adventure Education con adolescenti difficili, è stata progettata una rilevazione empirica attraverso cui sperimentare un metodo di monitoraggio finalizzato a cogliere la dimensione processuale (che nella ricerca nell’ambito resta spesso inesplorata, poiché sono maggiormente diffusi i metodi di monitoraggio cosiddetti “black-box”), utilizzando un sistema integrato di diverse tecniche di rilevazione. Le due principali domande che hanno guidato la ricerca sono state: 1.Quali processi educativi significativi si innescano e possono essere osservati durante l’esperienza? 2.Il metodo dell’intervista camminata, integrato ad altri metodi, è utile per individuare e monitorare questi processi? METODO - Collocandosi all’interno di un framework metodologico qualitativo (influenzato da riflessioni post-qualitative, paradigma delle mobilità e sguardo fenomenologico), la ricerca prende la forma di uno studio di caso singolo con due unità di analisi, e prevede la triangolazione di diversi metodi di raccolta dei dati: analisi documentale; osservazione partecipante nei cammini e nelle riunioni di équipe; interviste (prima, durante, dopo il cammino) con differenti tecniche: camminata, “image-elicited”, tradizionale, online. RISULTATI - L’analisi tematica abduttiva delle interviste e delle osservazioni conferma quanto già evidenziato dalla letteratura circa la centralità della dilatazione del campo d’esperienza e del lavoro su alcune life skills (in particolare, competenze personali e growth mindset). Emergono anche alcuni key findings inattesi: il notevole “peso” dello stile educativo dell’accompagnatore; la “scoperta” del ruolo della quotidianità all’interno dell’esperienza straordinaria; la necessità di consapevolezza riguardo al potenziale educativo dell’ambiente (naturale e/o antropizzato), per una maggiore intenzionalità nelle scelte strategiche di cammino. L’intervista camminata, nonostante alcuni limiti, si conferma come metodo effettivamente utile a cogliere la dimensione processuale, e coerente con il contesto indagato.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Helicobacter pylori, un patogeno umano in grado di colonizzare la nicchia gastrica, è associato a patologie del tratto gastrointestinale di varia gravità. Per sopravvivere nell’ambiente ostile dello stomaco dell’ospite, e mettere in atto un’infezione persistente, il batterio si serve di una serie di fattori di virulenza che includono anche le proteine Heat Shock (chaperone). I principali geni codificanti le proteine chaperone in H. pylori sono organizzati in tre operoni trascritti dall’RNA polimerasi contenente il fattore sigma vegetativo σ80. La trascrizione di due dei tre operoni è regolata negativamente da due regolatori trascrizionali, HspR e HrcA, mentre il terzo operone è represso solo da HspR. Fino ad ora, studi molecolari per la comprensione del ruolo di ciascuna proteina nel controllo trascrizionale dei geni heat shock sono stati ostacolati dalla citotossicità ed insolubilità di HrcA quando espressa in sistemi eterologhi. In questo lavoro, è stata analizzata la sequenza amminoacidica di HrcA ed è stata confermata sperimentalmente la predizione bioinformatica della sua associazione con la membrana interna. La citotossicità e l’insolubilità di HrcA in E. coli sono state alleviate inducendone l’espressione a 42°C. Saggi in vitro con le proteine ricombinanti purificate, HspR e HrcA, hanno consentito di definire i siti di legame dei due repressori sui promotori degli operoni heat shock. Ulteriori saggi in vitro hanno suggerito che l’affinità di HrcA per gli operatori è aumentata dalla chaperonina GroESL. Questi dati contribuiscono parzialmente alla comprensione del meccanismo di repressione della trascrizione espletato da HrcA e HspR e permettono di ipotizzare il coinvolgimento di altri regolatori trascrizionali. L’analisi di RNA estratti dal ceppo selvatico e dai mutanti hrcA, hspR e hrcA/hspR di H.pylori su DNAmacroarrays non ha evidenziato il coinvolgimento di altri regolatori trascrizionali, ma ha permesso l’identificazione di un gruppo di geni indotti da HrcA e/ HspR. Questi geni sono coinvolti nella biosintesi e regolazione dell’apparato flagellare, suggerendo un’interconnessione tra la risposta heat shock e la motilità e chemiotassi del batterio.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Sebbene il sistema nervoso enterico (“enteric nervous system”, ENS) svolga un ruolo cruciale nella patogenesi della Scrapie ovina, non esistono tuttavia in letteratura dati sulle popolazioni cellulari progressivamente coinvolte nel corso dell’infezione, né sugli eventuali danni morfo-funzionali da esse subiti. Il presente studio è stato condotto sui plessi mienterici e sottomucosi dell’ileo di 46 pecore di razza Sarda, recanti diversi polimorfismi del gene Prnp (ARQ/ARQ, ARQ/AHQ, ARQ/ARR, ARR/ARR). I suddetti animali, infettati per os all’età di 8 mesi con un ceppo di Scrapie precedentemente caratterizzato nel topo, sono stati sacrificati mediante eutanasia a determinati intervalli di tempo post-infezione (p.i.). E’ stata quindi valutata, tramite immunoistochimica ed immunofluorescenza indiretta su sezioni tissutali e su preparati “wholemount”, l’immunoreattività (IR) nei confronti della PrPSc, del “marker” panneuronale Hu C/D, dell’ossido-nitrico sintetasi (nNOS), della calbindina (CALB) e della proteina fibrillare acida gliale (GFAP). In 8 pecore con genotipo ARQ/ARQ, clinicamente sane e sacrificate a 12-24 mesi p.i., nonché in 5 ovini clinicamente affetti (2 con genotipo ARQ/ARQ, 3 con genotipo ARQ/AHQ), questi ultimi sacrificati rispettivamente a 24, 36 e 40 mesi p.i., le indagini immunoistochimiche hanno consentito di dimostrare la presenza di PrPSc a livello sia dell’encefalo (obex), sia dell’ENS, in particolar modo nei plessi mienterici. In tali distretti il deposito della PrPSc risultava pienamente compatibile con un interessamento delle cellule enterogliali (“enteroglial cells”, EGCs), mentre occasionalmente si notava un contestuale coinvolgimento della componente neuronale ivi residente. In conclusione, i dati della presente indagine consentono di ipotizzare un verosimile coinvolgimento delle EGCs e dei neuroni residenti a livello dei plessi dell’ENS nella patogenesi della Scrapie sperimentale realizzata per os in ovini di razza Sarda.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

La terapia di resincronizzazione cardiaca (TRC) è un presidio non farmacologico che riduce la mortalità e la morbosità nei pazienti con scompenso refrattario alla terapia medica. La maggior parte dei dati riguardanti gli effetti della TRC coinvolgono i pazienti con le indicazioni consolidate seguenti: classe NYHA III-IV, ritardo della conduzione ventricolare (QRS>opp= 20 msec), disfunzione sistolica ventricolare sinistra (frazione di eiezione ventricolare sinistra >opp= 35%) e ritmo sinusale (RS). Mentre è noto che la fibrillazione atriale permanente (FA) sia presente in una porzione consistente dei pazienti con scompenso cardiaco, vi sono pochi dati riguardanti la sopravvivenza e gli effetti a lungo-termine della TRC in pazienti con scompenso cardiaco e fibrillazione atriale (FA); la maggior parte degli studi sono osservazionali ed hanno dimostrato che la TRC potrebbe conferire dei benefici a corto e medio termine anche in pazienti con FA permanente. Solo recentemente un ampio studio osservazionale ha descritto che, a lungo-termine, la TRC migliora significativamente la capacità funzionale, la frazione di eiezione e induce il rimodellamento inverso del ventricolo sinistro solamente in quei pazienti con FA dove la TRC viene combinata con l’ablazione del nodo atrio-ventricolare (NAV). La strategia ablativa del NAV infatti conferendo una stimolazione completa e costante, permette di eliminare gli effetti del ritmo spontaneo di FA (ritmo irregolare e tendenzialmente tachicardico) cheinterferisce in maniera importante con la stimolazione biventricolare in particolare durante gli sforzi fisici. Sulla base di queste premesse il presente studio si propone di valutare gli effetti a lungo-termine della TRC su pazienti con scompenso cardiaco e FA permanente focalizzando su due aspetti principali: 1) confrontando la sopravvivenza di pazienti con FA permanente rispetto ai pazienti in RS; 2) confrontando la sopravvivenza di pazienti in FA suddivisi secondo la modalità di controllo della frequenza con somministrazione di farmaci antiaritmici (gruppo FA-farm) oppure mediante controllo ablazione del NAV (gruppo FA-abl). Metodi e risultati: Sono presentati i dati di 1303 pazienti sottoposti consecutivamente ad impianto di dispositivo per la TRC e seguiti per un periodo mediano di 24 mesi. Diciotto pazienti sono stati persi durante il follow-up per cui la popolazione dello studio è rappresentata da una popolazione totale di 1295 pazienti di cui 1042 in RS e 243 (19%) in FA permanente. Nei pazienti con FA il controllo della frequenza cardiaca è stato effettuato mediante la somministrazione di farmaci anti-aritmici (gruppo FA-farm: 125 pazienti) oppure mediante ablazione del NAV (FA-abl: 118 pazienti). Rispetto ai pazienti in RS, i pazienti in FA permanente erano significativamente più vecchi, più spesso presentavano eziologia nonischemica, avevano una frazione di eiezione più elevata al preimpianto, una durata del QRS minore e erano più raramente trattati con un defibrillatore. Lungo un follow-up mediano di 24 mesi, 170/1042 pazienti in RS e 39/243 in FA sono deceduti (l’incidenza di mortalità a 1 anno era di 8,4% e 8,9%, rispettivamente). I rapporti di rischio derivanti dall’analisi multivariata con il 95% dell’intervallo di confidenza (HR, 95% CI) erano simili sia per la morte per tutte le cause che per la morte cardiaca (0.9 [0.57-1.42], p=0.64 e 1.00 [0.60-1.66] p=0.99, rispettivamente). Fra i pazienti con FA, il gruppo FA-abl presentava una durata media del QRS minore ed era meno frequentemente trattato con il defibrillatore impiantabile rispetto al gruppo FA-farm. Soli 11/118 pazienti del FA-abl sono deceduti rispetto a 28/125 nel gruppo FA-farm (mortalità cumulativa a 1 anno di 9,3% e 15,2% rispettivamente, p<0.001), con HR, 95% CI per FA-abl vs FA-farm di 0.15 [0.05-0.43],,p<0.001 per la mortalità per tutte le cause, di 0.18 [0.06-0.57], p=0.004 per la mortalità cardiaca, e di 0.09 [0.02-0.42], p<0.002 per la mortalità da scompenso cardiaco. Conclusioni: I pazienti con scompenso cardiaco e FA permanente trattati con la TRC presentano una simile sopravvivenza a lungo-termine di pazienti in RS. Nei pazienti in FA l’ablazione del NAV in aggiunta alla TRC migliora significativamente la sopravvivenza rispetto alla sola TRC; questo effetto è ottenuto primariamente attraverso una riduzione della morte per scompenso cardiaco.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

La letteratura scientifica degli ultimi anni si è arricchita di un numero sempre crescente di studi volti a chiarire i meccanismi che presiedono ai processi di homing di cellule staminali emopoietiche e del loro attecchimento a lungo termine nel midollo osseo. Tali fenomeni sembrano coinvolgere da un lato, l’interazione delle cellule staminali emopoietiche con la complessa architettura e componente cellulare midollare, e dall’altro la riposta ad un’ampia gamma di molecole regolatrici, tra le quali chemochine, citochine, molecole di adesione, enzimi proteolitici e mediatori non peptidici. Fanno parte di quest’ultimo gruppo anche i nucleotidi extracellulari, un gruppo di molecole-segnale recentemente caratterizzate come mediatori di numerose risposte biologiche, tra le quali l’allestimento di fenomeni flogistici e chemiotattici. Nel presente studio è stata investigata la capacità dei nucleotidi extracellulari ATP ed UTP di promuovere, in associazione alla chemochina CXCL12, la migrazione di cellule staminali umane CD34+. E’ così emerso che la stimolazione con UTP è in grado di incrementare significativamente la migrazione dei progenitori emopoietici in risposta al gradiente chemioattrattivo di CXCL12, nonché la loro capacità adesiva. Le analisi citofluorimetriche condotte su cellule migranti sembrano inoltre suggerire che l’UTP agisca interferendo con le dinamiche di internalizzazione del recettore CXCR4, rendendo così le cellule CD34+ maggiormente responsive, e per tempi più lunghi, al gradiente attrattivo del CXCL12. Saggi di homing competitivo in vivo hanno parallelamente mostrato, in topi NOD/SCID, che la stimolazione con UTP aumenta significativamente la capacità dei progenitori emopoeitci umani di localizzarsi a livello midollare. Sono state inoltre indagate alcune possibili vie di trasduzione del segnale attivate dalla stimolazione di recettori P2Y con UTP. Esperimenti di inibizione in presenza della tossina della Pertosse hanno evidenziato il coinvolgimento di proteine Gαi nella migrazione dipendente da CXCL12 ed UTP. Ulteriori indicazioni sono provenute dall’analisi del profilo trascrizionale di cellule staminali CD34+ stimolate con UTP, con CXCL12 o con entrambi i fattori contemporaneamente. Da questa analisi è emerso il ruolo di proteine della famiglia delle Rho GTPasi e di loro effettori a valle (ROCK 1 e ROCK 2) nel promuovere la migrazione UTP-dipendente. Questi dati sono stati confermati successivamente in vitro mediante esperimenti con Tossina B di C. Difficile (un inibitore delle Rho GTPasi) e con Y27632 (in grado di inibire specificatamente le cinasi ROCK). Nel complesso, i dati emersi in questo studio dimostrano la capacità del nucleotide extracellulare UTP di modulare la migrazione in vitro di progenitori emopoietici umani, nonché il loro homing midollare in vivo. L’effetto dell’UTP su questi fenomeni si esplica in concerto con la chemochina CXCL12, attraverso l’attivazione concertata di vie di trasduzione del segnale almeno parzialmente condivise da CXCR4 e recettori P2Y e attraverso il reclutamento comune di proteine ad attività GTPasica, tra le quali le proteine Gαi e i membri della famiglia delle Rho GTPasi.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Il lavoro è incentrato sull’applicazione ed integrazione di differenti tecniche di indagine geofisica in campo ambientale e ingegneristico/archeologico. Alcuni esempi sono stati descritti al fine di dimostrare l’utilità delle metodologie geofisiche nella risoluzione di svariate problematiche. Nello specifico l’attenzione è stata rivolta all’utilizzo delle tecniche del Ground Penetrating Radar e del Time Domain Reflectometry in misure condotte su un corpo sabbioso simulante una Zona Insatura. L’esperimento è stato realizzato all’interno di un’area test costruita presso l’azienda agricola dell’Università La Tuscia di Viterbo. Hanno partecipato al progetto le Università di Roma Tre, Roma La Sapienza, La Tuscia, con il supporto tecnico della Sensore&Software. Nello studio è stato condotto un approccio definito idrogeofisico al fine di ottenere informazioni da misure dei parametri fisici relativi alla Zona Insatura simulata nell’area test. Il confronto e l’integrazione delle due differenti tecniche di indagine ha offerto la possibilità di estendere la profondidi indagine all’interno del corpo sabbioso e di verificare l’utilità della tecnica GPR nello studio degli effetti legati alle variazioni del contenuto d’acqua nel suolo, oltre a determinare la posizione della superficie piezometrica per i differenti scenari di saturazione. Uno specifico studio è stato realizzato sul segnale radar al fine di stabilire i fattori di influenza sulla sua propagazione all’interno del suolo. Il comportamento dei parametri dielettrici nelle condizioni di drenaggio e di imbibizione del corpo sabbioso è stato riprodotto attraverso una modellizzazione delle proprietà dielettriche ed idrologiche sulla base della dimensione, forma e distribuzione dei granuli di roccia e pori, nonché sulla base della storia relativa alla distribuzione dei fluidi di saturazione all’interno del mezzo. La modellizzazione è stata operata sulle basi concettuali del Differential Effective Medium Approximation.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

L’obiettivo della tesi riguarda l’utilizzo di immagini aerofotogrammetriche e telerilevate per la caratterizzazione qualitativa e quantitativa di ecosistemi forestali e della loro evoluzione. Le tematiche affrontate hanno riguardato, da una parte, l’aspetto fotogrammetrico, mediante recupero, digitalizzazione ed elaborazione di immagini aeree storiche di varie epoche, e, dall’altra, l’aspetto legato all’uso del telerilevamento per la classificazione delle coperture al suolo. Nel capitolo 1 viene fatta una breve introduzione sullo sviluppo delle nuove tecnologie di rilievo con un approfondimento delle applicazioni forestali; nel secondo capitolo è affrontata la tematica legata all’acquisizione dei dati telerilevati e fotogrammetrici con una breve descrizione delle caratteristiche e grandezze principali; il terzo capitolo tratta i processi di elaborazione e classificazione delle immagini per l’estrazione delle informazioni significative. Nei tre capitoli seguenti vengono mostrati tre casi di applicazioni di fotogrammetria e telerilevamento nello studio di ecosistemi forestali. Il primo caso (capitolo 4) riguarda l’area del gruppo montuoso del Prado- Cusna, sui cui è stata compiuta un’analisi multitemporale dell’evoluzione del limite altitudinale degli alberi nell’arco degli ultimi cinquant’anni. E’ stata affrontata ed analizzata la procedura per il recupero delle prese aeree storiche, definibile mediante una serie di successive operazioni, a partire dalla digitalizzazione dei fotogrammi, continuando con la determinazione di punti di controllo noti a terra per l’orientamento delle immagini, per finire con l’ortorettifica e mosaicatura delle stesse, con l’ausilio di un Modello Digitale del Terreno (DTM). Tutto ciò ha permesso il confronto di tali dati con immagini digitali più recenti al fine di individuare eventuali cambiamenti avvenuti nell’arco di tempo intercorso. Nel secondo caso (capitolo 5) si è definita per lo studio della zona del gruppo del monte Giovo una procedura di classificazione per l’estrazione delle coperture vegetative e per l’aggiornamento della cartografia esistente – in questo caso la carta della vegetazione. In particolare si è cercato di classificare la vegetazione soprasilvatica, dominata da brughiere a mirtilli e praterie con prevalenza di quelle secondarie a nardo e brachipodio. In alcune aree sono inoltre presenti comunità che colonizzano accumuli detritici stabilizzati e le rupi arenacee. A questo scopo, oltre alle immagini aeree (Volo IT2000) sono state usate anche immagini satellitari ASTER e altri dati ancillari (DTM e derivati), ed è stato applicato un sistema di classificazione delle coperture di tipo objectbased. Si è cercato di definire i migliori parametri per la segmentazione e il numero migliore di sample per la classificazione. Da una parte, è stata fatta una classificazione supervisionata della vegetazione a partire da pochi sample di riferimento, dall’altra si è voluto testare tale metodo per la definizione di una procedura di aggiornamento automatico della cartografia esistente. Nel terzo caso (capitolo 6), sempre nella zona del gruppo del monte Giovo, è stato fatto un confronto fra la timberline estratta mediante segmentazione ad oggetti ed il risultato di rilievi GPS a terra appositamente effettuati. L’obiettivo è la definizione del limite altitudinale del bosco e l’individuazione di gruppi di alberi isolati al di sopra di esso mediante procedure di segmentazione e classificazione object-based di ortofoto aeree in formato digitale e la verifica sul campo in alcune zone campione dei risultati, mediante creazione di profili GPS del limite del bosco e determinazione delle coordinate dei gruppi di alberi isolati. I risultati finali del lavoro hanno messo in luce come le moderne tecniche di analisi di immagini sono ormai mature per consentire il raggiungimento degli obiettivi prefissi nelle tre applicazioni considerate, pur essendo in ogni caso necessaria una attenta validazione dei dati ed un intervento dell’operatore in diversi momenti del processo. In particolare, le operazioni di segmentazione delle immagini per l’estrazione di feature significative hanno dimostrato grandi potenzialità in tutti e tre i casi. Un software ad “oggetti” semplifica l’implementazione dei risultati della classificazione in un ambiente GIS, offrendo la possibilità, ad esempio, di esportare in formato vettoriale gli oggetti classificati. Inoltre dà la possibilità di utilizzare contemporaneamente, in un unico ambiente, più sorgenti di informazione quali foto aeree, immagini satellitari, DTM e derivati. Le procedure automatiche per l’estrazione della timberline e dei gruppi di alberi isolati e per la classificazione delle coperture sono oggetto di un continuo sviluppo al fine di migliorarne le prestazioni; allo stato attuale esse non devono essere considerate una soluzione ottimale autonoma ma uno strumento per impostare e semplificare l’intervento da parte dello specialista in fotointerpretazione.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Thanks to the Chandra and XMM–Newton surveys, the hard X-ray sky is now probed down to a flux limit where the bulk of the X-ray background is almost completely resolved into discrete sources, at least in the 2–8 keV band. Extensive programs of multiwavelength follow-up observations showed that the large majority of hard X–ray selected sources are identified with Active Galactic Nuclei (AGN) spanning a broad range of redshifts, luminosities and optical properties. A sizable fraction of relatively luminous X-ray sources hosting an active, presumably obscured, nucleus would not have been easily recognized as such on the basis of optical observations because characterized by “peculiar” optical properties. In my PhD thesis, I will focus the attention on the nature of two classes of hard X-ray selected “elusive” sources: those characterized by high X-ray-to-optical flux ratios and red optical-to-near-infrared colors, a fraction of which associated with Type 2 quasars, and the X-ray bright optically normal galaxies, also known as XBONGs. In order to characterize the properties of these classes of elusive AGN, the datasets of several deep and large-area surveys have been fully exploited. The first class of “elusive” sources is characterized by X-ray-to-optical flux ratios (X/O) significantly higher than what is generally observed from unobscured quasars and Seyfert galaxies. The properties of well defined samples of high X/O sources detected at bright X–ray fluxes suggest that X/O selection is highly efficient in sampling high–redshift obscured quasars. At the limits of deep Chandra surveys (∼10−16 erg cm−2 s−1), high X/O sources are generally characterized by extremely faint optical magnitudes, hence their spectroscopic identification is hardly feasible even with the largest telescopes. In this framework, a detailed investigation of their X-ray properties may provide useful information on the nature of this important component of the X-ray source population. The X-ray data of the deepest X-ray observations ever performed, the Chandra deep fields, allows us to characterize the average X-ray properties of the high X/O population. The results of spectral analysis clearly indicate that the high X/O sources represent the most obscured component of the X–ray background. Their spectra are harder (G ∼ 1) than any other class of sources in the deep fields and also of the XRB spectrum (G ≈ 1.4). In order to better understand the AGN physics and evolution, a much better knowledge of the redshift, luminosity and spectral energy distributions (SEDs) of elusive AGN is of paramount importance. The recent COSMOS survey provides the necessary multiwavelength database to characterize the SEDs of a statistically robust sample of obscured sources. The combination of high X/O and red-colors offers a powerful tool to select obscured luminous objects at high redshift. A large sample of X-ray emitting extremely red objects (R−K >5) has been collected and their optical-infrared properties have been studied. In particular, using an appropriate SED fitting procedure, the nuclear and the host galaxy components have been deconvolved over a large range of wavelengths and ptical nuclear extinctions, black hole masses and Eddington ratios have been estimated. It is important to remark that the combination of hard X-ray selection and extreme red colors is highly efficient in picking up highly obscured, luminous sources at high redshift. Although the XBONGs do not present a new source population, the interest on the nature of these sources has gained a renewed attention after the discovery of several examples from recent Chandra and XMM–Newton surveys. Even though several possibilities were proposed in recent literature to explain why a relatively luminous (LX = 1042 − 1043erg s−1) hard X-ray source does not leave any significant signature of its presence in terms of optical emission lines, the very nature of XBONGs is still subject of debate. Good-quality photometric near-infrared data (ISAAC/VLT) of 4 low-redshift XBONGs from the HELLAS2XMMsurvey have been used to search for the presence of the putative nucleus, applying the surface-brightness decomposition technique. In two out of the four sources, the presence of a nuclear weak component hosted by a bright galaxy has been revealed. The results indicate that moderate amounts of gas and dust, covering a large solid angle (possibly 4p) at the nuclear source, may explain the lack of optical emission lines. A weak nucleus not able to produce suffcient UV photons may provide an alternative or additional explanation. On the basis of an admittedly small sample, we conclude that XBONGs constitute a mixed bag rather than a new source population. When the presence of a nucleus is revealed, it turns out to be mildly absorbed and hosted by a bright galaxy.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Una breve introduzione sulla storia del mosaico: dalle origine alle sue evoluzione tipologiche e tecnologiche nel tempo, di come si organizzavano le antiche botteghe del mosaico e le suddivisione dei compiti tra il pictor imaginarius, pictor parietarius e il musivarius (la gerarchia) all’interno di essi; la tecniche esecutiva per la messa in opera dei mosaici pavimentali romani. Visto che i mosaici si trovano a Suasa, quindi è stata riassunta la storia della città romana di Suasa con le sua varie fase edilizie, con maggior approfondimenti per gli edifici che presentano pavimentazione a mosaico: in primo luogo è la domus dei Coiedii contenente più di diciotto pavimenti in opus tessellatum. Il secondo è quello del così detto Edificio 4 (ancora inedito e di incerta natura e destinazione) portato in luce solo parzialmente con due settore a mosaico. Successivamente è stato effettuato in maniera dettagliata lo studio dello stato di conservazione dei vani musivi che sono state oggetto in senso stretto dei varie interventi conservativi, sia nella domus dei Coiedii (vano AU, oecus G e vano BB) che in Edificio 4 (vano A e vano D), evidenziando così le diverse morfologie di degrado in base “Normativa UNI 11176/2006 con l’aiuto della documentazione grafica ed fotografica. Un ampio e complessivo studio archeometrico-tecnologico dei materiali impiegati per la realizzazione dei musaici a Suasa (tessere e malte) presso i laboratori del CNR di Faenza.. Sono stati prelevati complessivamente 90 campione da tredici vani musivi di Suasa, di cui 28 campione di malte, comprese tra allettamento e di sottofondo,42 tessere lapidee e 20 tessere vitree; questi ultimi appartengono a sette vani della domus. Durante l’operazione del prelevo, è stato presso in considerazione le varie tipologie dei materiali musivi, la cromia ed le morfologie di degrado che erano presente. Tale studio ha lo scopo di individuare la composizione chimico-mineropetrografico, le caratteristiche tessiturali dei materiali e fornire precisa informazione sia per fine archeometrici in senso stretto (tecnologie di produzione, provenienza, datazione ecc.), che come supporto ai interventi di conservazione e restauro. Infine si è potuto costruire una vasta banca dati analitici per i materiali musivi di Suasa, che può essere consultata, aggiornata e confrontata in futuro con altri materiali proveniente dalla stessa province e/o regione. Applicazione dei interventi conservativi: di manutenzione, pronto intervento e di restauro eseguiti sui vani mosaicati di Suasa che presentavano un pessimo stato di conservazione e necessitavano l’intervento conservativo, con la documentazione grafica e fotografica dei varie fase dell’intervento. In particolare lo studio dei pregiatissimi materiali marmorei impiegati per la realizzazione dell’opus sectile centrale (sala G) nella domus dei Coiedii, ha portato alla classificazione e alla schedatura di sedici tipi di marmi impiegati; studio esteso poi al tessellato che lo circonda: studio del andamento, tipologie dei materiali, dei colore, dimensione delle tessere, interstizio ecc., ha permesso con l’utilizzo delle tavole tematiche di ottenere una chiara lettura per l’intero tessellato, di evidenziare così, tutti gli interventi antiche e moderni di risarciture, eseguiti dal II sec. d.C. fio ad oggi. L’aspetto didattico (teorico e pratico) ha accompagnato tutto il lavoro di ricerca Il lavoro si qualifica in conclusione come un esempio assai significativo di ricerca storicoiconografiche e archeometriche, con risultati rilevanti sulle tecnologie antiche e sui criteri di conservazione più idonei.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

This Ph.D. Thesis has been carried out in the framework of a long-term and large project devoted to describe the main photometric, chemical, evolutionary and integrated properties of a representative sample of Large and Small Magellanic Cloud (LMC and SMC respectively) clusters. The globular clusters system of these two Irregular galaxies provides a rich resource for investigating stellar and chemical evolution and to obtain a detailed view of the star formation history and chemical enrichment of the Clouds. The results discussed here are based on the analysis of high-resolution photometric and spectroscopic datasets obtained by using the last generation of imagers and spectrographs. The principal aims of this project are summarized as follows: • The study of the AGB and RGB sequences in a sample of MC clusters, through the analysis of a wide near-infrared photometric database, including 33 Magellanic globulars obtained in three observing runs with the near-infrared camera SOFI@NTT (ESO, La Silla). • The study of the chemical properties of a sample of MCs clusters, by using optical and near-infrared high-resolution spectra. 3 observing runs have been secured to our group to observe 9 LMC clusters (with ages between 100 Myr and 13 Gyr) with the optical high-resolution spectrograph FLAMES@VLT (ESO, Paranal) and 4 very young (<30 Myr) clusters (3 in the LMC and 1 in the SMC) with the near-infrared high-resolution spectrograph CRIRES@VLT. • The study of the photometric properties of the main evolutive sequences in optical Color- Magnitude Diagrams (CMD) obtained by using HST archive data, with the final aim of dating several clusters via the comparison between the observed CMDs and theoretical isochrones. The determination of the age of a stellar population requires an accurate measure of the Main Sequence (MS) Turn-Off (TO) luminosity and the knowledge of the distance modulus, reddening and overall metallicity. For this purpose, we limited the study of the age just to the clusters already observed with high-resolution spectroscopy, in order to date only clusters with accurate estimates of the overall metallicity.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Introduzione L’importanza clinica, sociale ed economica del trattamento dell’ipertensione arteriosa richiede la messa in opera di strumenti di monitoraggio dell’uso dei farmaci antiipertensivi che consentano di verificare la trasferibilità alla pratica clinica dei dati ottenuti nelle sperimentazioni. L’attuazione di una adatta strategia terapeutica non è un fenomeno semplice da realizzare perché le condizioni in cui opera il Medico di Medicina Generale sono profondamente differenti da quelle che si predispongono nell’esecuzione degli studi randomizzati e controllati. Emerge, pertanto, la necessità di conoscere le modalità con cui le evidenze scientifiche trovano reale applicazione nella pratica clinica routinaria, identificando quei fattori di disturbo che, nei contesti reali, limitano l’efficacia e l’appropriatezza clinica. Nell’ambito della terapia farmacologica antiipertensiva, uno di questi fattori di disturbo è costituito dalla ridotta aderenza al trattamento. Su questo tema, recenti studi osservazionali hanno individuato le caratteristiche del paziente associate a bassi livelli di compliance; altri hanno focalizzato l’attenzione sulle caratteristiche del medico e sulla sua capacità di comunicare ai propri assistiti l’importanza del trattamento farmacologico. Dalle attuali evidenze scientifiche, tuttavia, non emerge con chiarezza il peso relativo dei due diversi attori, paziente e medico, nel determinare i livelli di compliance nel trattamento delle patologie croniche. Obiettivi Gli obiettivi principali di questo lavoro sono: 1) valutare quanta parte della variabilità totale è attribuibile al livello-paziente e quanta parte della variabilità è attribuibile al livello-medico; 2) spiegare la variabilità totale in funzione delle caratteristiche del paziente e in funzione delle caratteristiche del medico. Materiale e metodi Un gruppo di Medici di Medicina Generale che dipendono dall’Azienda Unità Sanitaria Locale di Ravenna si è volontariamente proposto di partecipare allo studio. Sono stati arruolati tutti i pazienti che presentavano almeno una misurazione di pressione arteriosa nel periodo compreso fra il 01/01/1997 e il 31/12/2002. A partire dalla prima prescrizione di farmaci antiipertensivi successiva o coincidente alla data di arruolamento, gli assistiti sono stati osservati per 365 giorni al fine di misurare la persistenza in trattamento. La durata del trattamento antiipertensivo è stata calcolata come segue: giorni intercorsi tra la prima e l’ultima prescrizione + proiezione, stimata sulla base delle Dosi Definite Giornaliere, dell’ultima prescrizione. Sono stati definiti persistenti i soggetti che presentavano una durata del trattamento maggiore di 273 giorni. Analisi statistica I dati utilizzati per questo lavoro presentano una struttura gerarchica nella quale i pazienti risultano “annidati” all’interno dei propri Medici di Medicina Generale. In questo contesto, le osservazioni individuali non sono del tutto indipendenti poiché i pazienti iscritti allo stesso Medico di Medicina Generale tenderanno ad essere tra loro simili a causa della “storia comune” che condividono. I test statistici tradizionali sono fortemente basati sull’assunto di indipendenza tra le osservazioni. Se questa ipotesi risulta violata, le stime degli errori standard prodotte dai test statistici convenzionali sono troppo piccole e, di conseguenza, i risultati che si ottengono appaiono “impropriamente” significativi. Al fine di gestire la non indipendenza delle osservazioni, valutare simultaneamente variabili che “provengono” da diversi livelli della gerarchia e al fine di stimare le componenti della varianza per i due livelli del sistema, la persistenza in trattamento antiipertensivo è stata analizzata attraverso modelli lineari generalizzati multilivello e attraverso modelli per l’analisi della sopravvivenza con effetti casuali (shared frailties model). Discussione dei risultati I risultati di questo studio mostrano che il 19% dei trattati con antiipertensivi ha interrotto la terapia farmacologica durante i 365 giorni di follow-up. Nei nuovi trattati, la percentuale di interruzione terapeutica ammontava al 28%. Le caratteristiche-paziente individuate dall’analisi multilivello indicano come la probabilità di interrompere il trattamento sia più elevata nei soggetti che presentano una situazione clinica generale migliore (giovane età, assenza di trattamenti concomitanti, bassi livelli di pressione arteriosa diastolica). Questi soggetti, oltre a non essere abituati ad assumere altre terapie croniche, percepiscono in minor misura i potenziali benefici del trattamento antiipertensivo e tenderanno a interrompere la terapia farmacologica alla comparsa dei primi effetti collaterali. Il modello ha inoltre evidenziato come i nuovi trattati presentino una più elevata probabilità di interruzione terapeutica, verosimilmente spiegata dalla difficoltà di abituarsi all’assunzione cronica del farmaco in una fase di assestamento della terapia in cui i principi attivi di prima scelta potrebbero non adattarsi pienamente, in termini di tollerabilità, alle caratteristiche del paziente. Anche la classe di farmaco di prima scelta riveste un ruolo essenziale nella determinazione dei livelli di compliance. Il fenomeno è probabilmente legato ai diversi profili di tollerabilità delle numerose alternative terapeutiche. L’appropriato riconoscimento dei predittori-paziente di discontinuità (risk profiling) e la loro valutazione globale nella pratica clinica quotidiana potrebbe contribuire a migliorare il rapporto medico-paziente e incrementare i livelli di compliance al trattamento. L’analisi delle componenti della varianza ha evidenziato come il 18% della variabilità nella persistenza in trattamento antiipertensivo sia attribuibile al livello Medico di Medicina Generale. Controllando per le differenze demografiche e cliniche tra gli assistiti dei diversi medici, la quota di variabilità attribuibile al livello medico risultava pari al 13%. La capacità empatica dei prescrittori nel comunicare ai propri pazienti l’importanza della terapia farmacologica riveste un ruolo importante nel determinare i livelli di compliance al trattamento. La crescente presenza, nella formazione dei medici, di corsi di carattere psicologico finalizzati a migliorare il rapporto medico-paziente potrebbe, inoltre, spiegare la relazione inversa, particolarmente evidente nella sottoanalisi effettuata sui nuovi trattati, tra età del medico e persistenza in trattamento. La proporzione non trascurabile di variabilità spiegata dalla struttura in gruppi degli assistiti evidenzia l’opportunità e la necessità di investire nella formazione dei Medici di Medicina Generale con l’obiettivo di sensibilizzare ed “educare” i medici alla motivazione ma anche al monitoraggio dei soggetti trattati, alla sistematica valutazione in pratica clinica dei predittori-paziente di discontinuità e a un appropriato utilizzo della classe di farmaco di prima scelta. Limiti dello studio Uno dei possibili limiti di questo studio risiede nella ridotta rappresentatività del campione di medici (la partecipazione al progetto era su base volontaria) e di pazienti (la presenza di almeno una misurazione di pressione arteriosa, dettata dai criteri di arruolamento, potrebbe aver distorto il campione analizzato, selezionando i pazienti che si recano dal proprio medico con maggior frequenza). Questo potrebbe spiegare la minore incidenza di interruzioni terapeutiche rispetto a studi condotti, nella stessa area geografica, mediante database amministrativi di popolazione. Conclusioni L’analisi dei dati contenuti nei database della medicina generale ha consentito di valutare l’impiego dei farmaci antiipertensivi nella pratica clinica e di stabilire la necessità di porre una maggiore attenzione nella pianificazione e nell’ottenimento dell’obiettivo che il trattamento si prefigge. Alla luce dei risultati emersi da questa valutazione, sarebbe di grande utilità la conduzione di ulteriori studi osservazionali volti a sostenere il progressivo miglioramento della gestione e del trattamento dei pazienti a rischio cardiovascolare nell’ambito della medicina generale.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Nel presente lavoro di tesi sono state messe a confronto le ATP sintasi wild-type e γM23-K in cromatofori del batterio fotosintetico Rhodobacter capsulatus sotto gli aspetti funzionale e regolatorio. Si pensava inizialmente che la mutazione, in base a studi riportati in letteratura condotti sull’omologa mutazione in E. coli, avrebbe indotto disaccoppiamento intrinseco nell’enzima. Il presente lavoro ha chiarito che il principale effetto della mutazione è un significativo aumento dell’affinità dell’enzima per l’ADP inibitorio, che ne determina il ridotto livello di ATP idrolisi e la rapidissima reinattivazione in seguito ad attivazione da forza protonmotiva. Il residuo 23 della subunità γ si trova posizionato in prossimità della regione conservata DEELSED carica negativamente della subunità β, e l’introduzione nel mutante di una ulteriore carica positiva potrebbe determinare una maggiore richiesta di energia per indurre l’apertura del sito catalitico. Un’analisi quantitativa dei dati di proton pumping condotta mediante inibizione parziale dell’idrolisi del wildtype ha inoltre mostrato come il grado di accoppiamento del mutante in condizioni standard non differisca sostanzialmente da quello del wild-type. D’altro canto, è stato recentemente osservato come un disaccoppiamento intrinseco possa venire osservato in condizioni opportune anche nel wild-type, e cioè a basse concentrazioni di ADP e Pi. Nel presente lavoro di tesi si è dimostrato come nel mutante l’osservazione del fenomeno del disaccoppiamento intrinseco sia facilitata rispetto al wild-type. È stato proprio nell’ambito delle misure condotte sul mutante che è stato possibile dimostrare per la prima volta il ruolo fondamentale della componente elettrica della forza protonmotiva nel mantenere lo stato enzimatico ad elevato accoppiamento. Tale ruolo è stato successivamente messo in luce anche nel wild-type, in parte anche grazie all’uso di inibitori specifici di F1 e di FO. Il disaccoppiamento intrinseco nel wild-type è stato ulteriormente esaminato anche nella sua dipendenza dalla rimozione di ADP e Pi; in particolare, oltre all’amina fluorescente ACMA, è stata utilizzata come sonda di ΔpH anche la 9-aminoacridina e come sonda di Δψ l’Oxonolo VI. In entrambi i casi il ruolo accoppiante di questi due ligandi è stato confermato, inoltre utilizzando la 9-aminoacridina è stato possibile calibrare il segnale di fluorescenza con salti acido-base, dando quindi una base quantitativa ai dati ottenuti. Noi riteniamo che il più probabile candidato strutturale coinvolto in questi cambiamenti di stato enzimatici sia la subunità ε, di cui è noto il coinvolgimento in processi di regolazione e in cambiamenti strutturali indotti da nucleotidi e dalla forza protonmotiva. In collaborazione con il Dipartimento di Chimica Fisica dell’Università di Friburgo è in atto un progetto per studiare i cambiamenti strutturali presumibilmente associati al disaccoppiamento intrinseco tramite FRET in singola molecola di complessi ATP-sintasici marcati con fluorofori sia sulla subunità ε che sulla subunità γ. Nell’ambito di questa tesi sono stati creati a questo fine alcuni doppi mutanti cisteinici ed è stato messo a punto un protocollo per la loro marcatura con sonde fluorescenti.