99 resultados para arbitraggio statistico serie storiche processi stocastici
Resumo:
La tesi analizza i rapporti tra l’ordinamento italiano e la Cedu, in particolare la collocazione della Cedu all’interno del sistema delle fonti alla luce della modifica dell’art. 117, comma 1 Cost. Si tratta di un tema molto dibattuto in dottrina, specialmente a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Questa tematica risulta strettamente connessa al profilo dell’interazione tra la Corte di Strasburgo e la Corte costituzionale e i giudici ordinari. L’analisi del profilo statico concernente lo status della Cedu nel sistema italiano deve quindi essere accompagnata dall’esame del profilo dinamico, relativo al ruolo della giurisprudenza della Corte di Strasburgo nell’esperienza dell’ordinamento nazionale. Entrambi i profili di indagine sono esaminati alla luce delle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, della Corte di Cassazione e della Corte di Strasburgo. Prima di essere esaminate singolarmente, queste tematiche richiedono la preliminare ricognizione dei termini della dicotomia tra i due modelli concettuali di riferimento in tema di rapporti interordinamentali: il monismo e il dualismo. Trasferite nel peculiare contesto del sistema Cedu, tali categorie dogmatiche si arricchiscono di ulteriori profili, che esorbitano dalla sistemazione del rapporto tra fonti. La tenuta dei due paradigmi concettuali, che sono nati ed operano nel contesto della teorica delle fonti, deve essere verificata anche rispetto all’attuale fenomeno della produzione europea di diritto giurisprudenziale ed alla capacità paradigmatica assunta dalla giurisprudenza di Strasburgo. Il diritto e le istituzioni giuridiche tendono ad assumere sempre più sembianze giurisdizionali, generando un’osmosi che porta a trasferire il focus dai rapporti interordinamentali ai rapporti tra giurisprudenze.
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Scopo del presente progetto di ricerca è indagare i lineamenti degli studi teatrali in Italia negli anni Novanta e Duemila. La tesi, tuttavia, configura piani di indagine più ampi, sia in senso temporale che geografico: prendendo in considerazione il rapporto fra la teatrologia italiana post-novecentesca e la sua tradizione disciplinare, da un lato, e, dall'altro, le esperienze nel medesimo campo di altre culture teatrali occidentali. La tesi si struttura in tre parti: nella prima vengono analizzati i processi di rifondazione (anni Sessanta e Settanta) e di consolidamento (anni Settanta e Ottanta) degli studi teatrali italiani; nella seconda si presentano i caratteri della teatrologia post-novecentesca (anni Novanta e Duemila); nella terza, essi vengono indagati attraverso la lente di uno specifico aspetto che si propone di assumere per descrivere il paradigma disciplinare a quest'altezza: quello del progetto di ricomposizione che sembra manifestarsi negli studi teatrali come messa in dialogo di alcune coppie di polarità oppositive tradizionalmente determinanti (teoria/storia, teoria/pratica, ecc.). Ciascuna delle parti si articola nella ricostruzione storica delle vicende occorse alla disciplina (tenendo conto anche dei loro rapporti con i coevi accadimenti in altri campi artistici, del sapere e socio-culturali) e nell'analisi della produzione scientifica di un determinato periodo. In ogni capitolo, infine, tali elementi vengono messi in relazione sia con le tendenze in atto sui più ampi scenari teatrologici internazionali, che con la tradizione di studio. Il progetto di ricerca si è sviluppato attraverso un'ampia ricognizione bibliografica della produzione scientifica del settore, all'interno di cui è stato dato ampio rilievo al ruolo di quegli ambienti di lavoro teatrologico coagulatisi intorno alle maggiori riviste del campo di studio; si è avvalso inoltre di un intenso programma di ricerca sul campo, che è consistito in una serie di incontri con alcuni dei protagonisti della rifondazione e dello sviluppo della nuova teatrologia italiana.
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Il presente progetto è incentrato sull’analisi paleografica della scrittura delle carte dei notai bolognesi del secolo XII (dal 1100 al 1164) ed è stata condotta su un totale di circa 730 documenti, quasi totalmente inediti. La ricerca rientra nell’ambito del progetto di edizione critica delle Carte bolognesi del secolo XII, in corso presso la Cattedra di Paleografia e Diplomatica dell’Università di Bologna. Il lavoro ha previsto un’analisi tecnica e puntuale delle abitudini grafiche di ogni notaio, con particolare attenzione al sistema abbreviativo (al fine di fornire una serie di dati di confronto che potranno essere utili al momento dell’edizione). È stata così realizzata una sorta di database delle diverse grafie esistenti sul territorio, organizzate per notaio e in ordine cronologico. Le caratteristiche della documentazione sono state poi prese in esame sul piano sincronico e nel loro sviluppo diacronico, e si è proceduto a un confronto tra la produzione dei diversi notai, verificando la presenza di nessi e parentele “grafiche”, che hanno permesso di ricostruire raggruppamenti di scriventi con caratteristiche affini.L’analisi dei dati ha permesso di indagare a fondo gli sviluppi della minuscola carolina bolognese e di osservare l’organizzazione e le modalità di apprendimento della pratica notarile. È stato così possibile cogliere le dinamiche con cui la carolina, introdotta da alcuni notai “innovatori”, come Angelo e Bonando, si è diffusa dalla città al contado: si è trattato di un processo graduale, in cui accanto a forme già mature, di transizione verso la gotica, sono convissute forme ancora arcaiche. In linea con quanto la storiografia ha evidenziato, anche l’analisi grafica della documentazione privata bolognese conferma che il processo di rinnovamento della corporazione dovette essere successivo all’impresa irneriana, traendo probabilmente alimento anche dai rapporti diretti e documentati tra Irnerio e alcune personalità più avanzate del notariato bolognese.
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La ricerca dottorale che ho sviluppato si propone di analizzare il percorso di valutazione della genitorialità recentemente delineato dai servizi sociali territoriali della provincia di Bologna attraverso la sperimentazione di strumenti per la diagnosi sociale, valutando gli esiti dell’applicazione, anche in confronto all’utilizzo di metodi tradizionali. Il progetto ha il suo fulcro tematico, nel qualificare le pratiche professionali, con il fine ultimo di giungere ad un percorso di diagnosi sociale scientificamente fondato. Il mio obbiettivo quindi non è stato analizzare in termini astratti e idealtipici le metodologie professionali di riferimento per i 32 operatori coinvolti, quanto piuttosto di formarli all’utilizzo di una serie di strumenti elaborati nelle fasi precedenti del progetto, e condurre una ricerca empirica su un numero, sufficientemente ampio, di “casi concreti” costituito da nuclei familiari in carico ai servizi sociali. Più precisamente l'ambito privilegiato d’analisi è stato individuato nel rapporto tra operatore ed utente, allo scopo di evidenziare pregi e difetti dell'utilizzo di strumenti professionali finalizzati alla diagnosi sociale. Inoltre va sottolineato che l’analisi della letteratura sul tema ha evidenziato l’esistenza di un numero molto limitato di studi empirici sulle metodologie di servizio sociale, condotti peraltro su un numero di casi e di variabili molto ristretto, e per lo più in territorio statunitense, dove il sistema di Welfare si caratterizza per una impostazione tale da rendere veramente difficile la comparazione con la realtà italiana. Quello a cui ho inteso pervenire non è un giudizio ultimo sull’efficacia di questa specifica metodologia tout-court, ma piuttosto analizzare, attraverso l’utilizzo di materiali quanti-qualitativi derivati dalla sperimentazione, quelle che sono le condizioni che si vengono a determinare quando, nel percorso di presa in carico sociale, vengono introdotti strumenti specifici, metodologia chiara e alto coinvolgimento delle componenti relazionali del processo: operatori, familiari e rete sociale allargata.
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L’oggetto principale delle attività di tesi è la caratterizzazione numerico-sperimentale di processi di colata in sabbia di ghisa sferoidale. Inizialmente è stata effettuata un’approfondita indagine bibliografica per comprendere appieno le problematiche relative all’influenza dei parametri del processo fusorio (composizione chimica, trattamento del bagno, velocità di raffreddamento) sulle proprietà microstrutturali e meccaniche di getti ottenuti e per valutare lo stato dell’arte degli strumenti numerici di simulazione delle dinamiche di solidificazione e di previsione delle microstrutture. Sono state definite, realizzate ed impiegate attrezzature sperimentali di colata per la caratterizzazione di leghe rivolte alla misura ed alla differenziazione delle condizioni di processo, in particolare le velocità di raffreddamento, ed atte a validare strumenti di simulazione numerica e modelli previsionali. Inoltre sono stati progettati ed impiegati diversi sistemi per l’acquisizione ed analisi delle temperature all’interno di getti anche di grandi dimensioni. Lo studio, mediante analisi metallografica, di campioni di materiale ottenuto in condizioni differenziate ha confermato l’effetto dei parametri di processo considerati sulle proprietà microstrutturali quali dimensioni dei noduli di grafite e contenuto di ferrite e perlite. In getti di grandi dimensioni si è riscontrata anche una forte influenza dei fenomeni di macrosegregazione e convezione della lega su microstrutture e difettologie dei getti. Le attività si sono concentrate principalmente nella simulazione numerica FEM dei processi fusori studiati e nell’impiego di modelli empirico-analitici per la previsione delle microstrutture. I dati misurati di temperature di processo e di microstrutture sono stati impiegati per la validazione ed ottimizzazione degli strumenti numerici previsionali impiegati su un ampio intervallo di condizioni di processo. L’impiego di strumenti affidabili di simulazione del processo fusorio, attraverso l’implementazione di correlazioni sperimentali microstrutture-proprietà meccaniche, permette la valutazione di proprietà e difettologie dei getti, fornendo un valido aiuto nell’ottimizzazione del prodotto finito e del relativo processo produttivo.
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L’accoppiamento di diverse operazioni unitarie può in certi casi portare ad una cosiddetta “intensificazione di processo”, cioè ad un aumento sostanziale delle rese, dell’efficienza e della sostenibilità. Nel presente lavoro sono state pertanto analizzate le potenzialità di accoppiamento della fotocatalisi, il più studiato tra i “processi di ossidazione avanzata”, sia con alcuni processi a membrana per la sintesi verde di aromi sia con l’ozonizzazione per la depurazione di acque. È stato dimostrato che in entrambi i casi l’ottenimento di una significativa intensificazione di processo dipende in gran parte dai parametri operativi, in particolare dal rapporto, delta, tra la velocità caratteristica di fotocatalisi e quella del processo accoppiato. Nel caso della sintesi di aromi, in cui la fotocatalisi viene accoppiata con la pervaporazione o con la dialisi ricircolando al reattore il retentato dalla cella con la membrana. Il parametro delta dipende dalla velocità di reazione, dalle proprietà di trasporto delle membrane e naturalmente dal volume del rettore e dall’area della membrana. La reazione fotocatalitica produce l’aroma, ad esempio vanillina da acido ferulico, per ossidazione parziale e grazie al recupero del prodotto se ne evita l’ulteriore ossidazione aumentandone pertanto la resa. L’operare in apparati separati offre diversi vantaggi come la possibilità di variare senza vincoli il rapporto tra area della membrana e volume del reattore, ma impone di considerare anche il grado effettivo di accoppiamento dei processi. In questo caso, come evidenziato dal modello matematico, un sufficientemente elevato rapporto di ricircolo consente comunque di integrare efficacemente i processi. Nell’ozonizzazione fotocatalitica si hanno due importanti vantaggi: l’aumento della velocità di degradazione grazie alla sinergia tra i processi e la capacità di controllare la formazione di prodotti pericolosi. La sinergia viene massimizzata ad un valore ottimale di delta, mentre la formazione dei prodotti indesiderati viene controllata operando secondo le procedure che sono state individuate.
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Lo studio si tratta di mettere in evidenza il cambiamento che ha subito il termine Oriente nel secolo XX in alcuni testi della letteratura italiana contemporanea. L’opera di Edward Said, L’Orientalismo è un testo di riferimento per i nostri studi. Nel quale abbiamo focalizzato l’attenzione su alcuni aspetti salienti: il concetto di orientalismo; l’interesse nei confronti dell’Oriente sul piano politico, scientifico, letterario; l’impossibilità di separare lo studioso dalle circostanze biografiche e sociali. Siamo riusciti, quindi, a stabilire che il cambiamento dell’immagine orientale dipende da tre fattori: lo scrittore (emittente), il soggetto (la fonte) ed il lettore (destinatario), dai quali si origina l’oggetto (il testo). Basandoci su questi tre elementi abbiamo cercato di inquadrare l’interesse letterario per l’Oriente vista da una triplice prospettiva: imperialismo, fascino ed erotismo. Per studiare le prime due prospettive, abbiamo scelto due opere. La prima presenta l’immagine dell’imperialismo, si tratta di Sanya, La moglie egiziana e il Romanzo dell’Oriente Moderno (1927) di Bruno Corra. La seconda prospettiva dove troviamo l’immagine dell’Oriente fascinoso è nello scritto di Annie Vivanti, La terra di Cleopatra (1925). Il punto centrale della tesi si tratta di studiare Annie Messina (1910-1996), è una scrittrice che ha uno stile peculiare ed un approccio tutto suo al tema dell’Oriente. I testi studiati sono : "Il mirto e la rosa" (1982), "Il banchetto dell'emiro" (1997) e "La principessa e il wâlî" (1996), tutti pubblicati dalla casa editrice Sellerio.L’unico pubblicato da Mondadori è "La palma di Rusafa" (1989). L’ultima parte del lavoro abbiamo esposto un profilo storico e socio-religioso della letteratura erotica araba. In cui abbiamo rintracciato le origini dell’immagine erotico dell’Oriente e il tema dell’omosessualità, mettendo a confronto il testo omosessuale di Messina con la letteratura italiana contemporanea.
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Anche se la politica editoriale comunista rappresenta un campo di indagine fondamentale nella ricerca sul Pci, la sua attività editoriale è caduta in un oblio storico. Assumendo il libro come supporto materiale e veicolo della cultura politica comunista, e la casa editrice come canale di socializzazione, questa ricerca s’interroga sui suoi processi di costruzione e di diffusione. La ricerca si muove in due direzioni. Nel primo capitolo si è tentato di dare conto delle ragioni metodologiche dell’indagine e della messa a punto delle ipotesi di ricerca sul “partito editore”, raccogliendo alcune sfide poste alla storia politica da altri ambiti disciplinari, come la sociologia e la scienza politica, che rappresentano una vena feconda per la nostra indagine. La seconda direzione, empirica, ha riguardato la ricognizione delle fonti e degli strumenti di analisi per ricostruire le vicende del “partito editore” dal 1944 al 1956. La suddivisione della ricerca in due parti – 1944-1947 e 1947-1956 – segue a grandi linee la periodizzazione classica individuata dalla storiografia sulla politica culturale del Pci, ed è costruita su quattro fratture storiche – il 1944, con la “svolta di Salerno”; il 1947, con la “svolta cominformista”; il 1953, con la morte di Stalin e il disgelo; il 1956, con il XX Congresso e i fatti d’Ungheria – che sono risultate significative anche per la nostra ricerca sull’editoria comunista. Infine, il presente lavoro si basa su tre livelli di analisi: l’individuazione dei meccanismi di decisione politica e dell’organizzazione assunta dall’editoria comunista, esaminando gli scopi e i mutamenti organizzativi interni al partito per capire come i mutamenti strategici e tattici si sono riflessi sull’attività editoriale; la ricostruzione della produzione editoriale comunista; infine, l’identificazione dei processi di distribuzione e delle politiche per la lettura promosse dal Pci.
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The fundamental right to a fair trial depends largely on the service of proceedings on the defendant; it is very important that this communication act informs the defendant of the existence of proceedings against him so that he has the possibility to defend himself in sufficient time. The casuistry shows that difficulties considerably increase when this first service of process has to be effected abroad. Indeed, the most problematic foreign judgments are those issued in absentia of the defendant. The European legislator has paid special attention to the service of the claim and to the default of appearance of the defendant; it has laid down both rules governing the ways in which the service of proceedings must be effected and the procedural treatment of involuntary default, including remedies available for
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Il locus CYYR1 identificato e clonato sul cromosoma 21 umano è stato caratterizzato dal punto di vista molecolare come un sistema multitrascritto, esclusivo dei vertebrati che ad oggi è orfano di una funzione specifica. Dati presenti in lettura e rintracciati mostrano una possibile relazione tra il gene CYYR1 e il pathway di Sonic Hedgehog (SHH). In questo progetto di tesi è stato utilizzato il modello animale Danio rerio per indagare il ruolo funzionale dell’ortologo (cyyr1), attraverso esperimenti di gain e loss of function che hanno permesso di dimostrare un suo coinvolgimento nello sviluppo del sistema nervoso centrale, del cuore e del tessuto muscolare. Lo studio dell’ortologo in zebrafish è stato associato all’utilizzo di linee cellulari di rabdomiosarcoma umano. I risultati ottenuti dall’induzione al differenziamento miogenico di queste linee, insieme ai dati ottenuti in Danio rerio, confermano il possibile coinvolgimento del gene CYYR1 nella miogenesi. Lo studio delle relazione tra il pathway di SHH e l’espressione del gene CYYR1 è stato condotto in entrambi i modelli con l’utilizzo di differenti inibitori della via di segnalazione. I risultati ottenuti mostrano che sistemi inibitori agenti direttamente sul recettore SMO riducono l’espressione del gene. Un dato inaspettato in Danio rerio ottenuto durante questi esperimenti di inibizione, ha aperto una nuova linea di ricerca in collaborazione con l’Università di Warwick tesa a verificare la relazione tra il gene cyyr1 e il gene lefty1. Gli esperimenti condotti presso il laboratorio della Prof.ssa Sampath hanno dimostrato la localizzazione del prodotto proteico cyyr1 in Danio rerio e indagato co-localizzazioni con la proteina lefty1. Infine, in collaborazione con Dr. Deflorian e della Prof.ssa Pistocchi, è stato generato un mutante di Danio rerio deleto per il gene cyyr1 con la tecnica CRISPR/Cas9. La caratterizzazione del mutante cyyr1 -/- ha confermato alcuni dei dati ottenuti attraverso esperimenti di loss of function.
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La ricerca si focalizza sul rapporto tra tecnologie abilitanti e corpo umano. La miniaturizzazione delle tecnologie, unita alla loro maggiore diffusione negli ambienti, porta ad interrogarsi sull’efficacia dell’integrazione di esse con corpo e attività ad esso connesse. Il contesto problematico della ricerca riguarda i dispositivi indossabili e il progetto di soluzioni destinate a risolvere inediti bisogni o potenziare i sensi umani. La letteratura scientifica e i casi studio circoscrivono il piede come efficace piattaforma per la sperimentazione di interfacce aptiche di comunicazione uomo/macchina, atte a connettere il corpo con informazioni referenziate all’ambiente. Il piede, elemento motorio duplice e simmetrico, ha un’elevata qualità percettiva ed è morfologicamente adeguato all’applicazione di tecnologie emergenti. La posizione di soglia, tra spazio e corpo, consente la raccolta di stimoli da entrambe le aree. La bibliografia evidenzia quanto la pressione, rispetto alla vibrazione, sia preferibile nella comunicazione aptica in quanto componente naturale dei linguaggi relazionali del corpo. Dall’analisi multidisciplinare emerge infine l’opportunità di sviluppo del ritmo come componente strutturale dei messaggi. I legami relazionali tra ritmo, corpo e comportamenti umani sono evidenti in molteplici meccanismi: trascinamento ritmico, mimesi ritmica, sincronia. La messa in relazione di piede, pressione e ritmo diventa affordance dello spazio, capace di suggerire, enfatizzare o attivare determinati comportamenti. L’unione di questi elementi è qui definita ritmica podotattile ed esplicitata nella tesi della descrizione delle sue caratteristiche, dalla circoscrizione di campi e azioni applicative e dalla raccolta dati sui test effettuati con i prototipi costruiti. Le analisi quantitative e qualitative dei dati di lettura del movimento e delle emozioni dimostrano quanto l’utilizzo di un linguaggio ritmico aptico nel piede esprima elevate potenzialità di integrazione con il corpo nel rispetto del comfort e dell’equilibrio attentivo nei flussi di azione preesistenti. I risultati aprono riflessioni su nuove applicazioni progettuali nel campo museale, lavorativo e urbano.
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La ricerca si pone l’obiettivo di analizzare strumenti e metodi per l’applicazione dell’H-BIM comprendendone le criticità e fornendo soluzioni utili in questo campo. Al contempo la finalità non è circoscrivibile alla semplice produzione di modelli 3D semanticamente strutturati e parametrici a partire da una nuvola di punti ottenuta con un rilievo digitale, ma si propone di definire i criteri e le metodiche di applicazione delle H-BIM all’interno dell’intero processo. L’impostazione metodologica scelta prevede un processo che parte dalla conoscenza dello stato dell’arte in tema di H-BIM con lo studio dell’attuale normativa in materia e i casi studio di maggior rilevanza. Si è condotta una revisione critica completa della letteratura in merito alla tecnologia BIM e H-BIM, analizzando esperienze di utilizzo della tecnologia BIM nel settore edile globale. Inoltre, al fine di promuovere soluzioni intelligenti all’interno del Facility Management è stato necessario analizzare le criticità presenti nelle procedure, rivedere i processi e i metodi per raccogliere e gestire i dati, nonché individuare le procedure adeguate per garantire il successo dell’implementazione. Sono state evidenziate le potenzialità procedurali e operative legate all’uso sistematico delle innovazioni digitali nell’ottica del Facility Management, oltre che allo studio degli strumenti di acquisizione ed elaborazione dei dati e di post-produzione. Si è proceduto al testing su casi specifici per l’analisi della fase di Scan-to-BIM, differenziati per tipologia di utilizzo, data di costruzione, proprietà e localizzazione. Il percorso seguito ha permesso di porre in luce il significato e le implicazioni dell’utilizzo del BIM nell’ambito del Facility Management, sulla base di una differenziazione delle applicazioni del modello BIM al variare delle condizioni in essere. Infine, sono state definite le conclusioni e formulate raccomandazioni riguardo al futuro utilizzo della tecnologia H-BIM nel settore delle costruzioni. In particolare, definendo l’emergente frontiera del Digital Twin, quale veicolo necessario nel futuro della Costruzione 4.0.
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La percezione dello spazio urbano, nella sua complessità, risente inevitabilmente dello stratificarsi, nel tempo, di significati storici, ideologie, archetipi e utopie attraverso i quali la società, nei suoi diversi stadi di sviluppo, ha consolidato l'idea di centro abitato. Nel mondo contemporaneo, la città narrata si sovrappone sempre di più a quella reale, organizzando e sintetizzando i processi interpretativi dei circuiti urbani: al cityscape, il panorama fisico della città, si antepone il suo mindscape, il panorama dell'anima e delle culture urbane. In sintonia con tali prospettive, la presente ricerca si propone di analizzare i processi comunicativi e i paradigmi mediatici che attraversano e ridefiniscono le dinamiche urbane, prendendo in esame gli strumenti e i linguaggi che concorrono a disegnare e raccontare l'immagine di una città. In tale contesto, il progetto prende in considerazione come case study la singolare situazione del distretto universitario intorno a via Zamboni a Bologna: un'arteria di straordinaria bellezza e vitalità, cui tuttavia non corrisponde un'immagine pubblica altrettanto positiva. La tesi ha analizzato in particolare l’immagine pubblica e la percezione di via Zamboni e di piazza Verdi dai primi del Novecento a oggi, in relazione ai principali eventi che le hanno viste come scenari privilegiati. Prendendo in considerazione un arco di tempo di oltre un secolo, sono stati selezionati alcuni momenti topici, occasioni culturali o accadimenti con una forte connotazione simbolica: dalla Liberazione alle manifestazioni del ’77, dalle storiche ‘prime’ del Teatro Comunale agli allestimenti della Pinacoteca, dalle lezioni di professori universitari di chiara fama alle più recenti contestazioni studentesche. Il risultato è un racconto stratificato che attraversa segni e immagini per ricostruire l’iconografia del quartiere attraverso testi, fotografie, filmati, opere d’arte o prodotti multimediali.
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La dissertazione dottorale contiene il regesto dei diplomi di laurea concessi dall’Università di Pavia fra il 1525 e il 1796. Il lavoro, che si inserisce nel florido filone sullo studio dei gradi dottorali pavesi avviato venticinque anni fa dal Centro per la Storia dell’Università di Pavia (CeSUP), completa la serie dei graduati per un arco di tempo di circa tre secoli. Abbandonando la trascrizione integrale dei diplomi, adottata dai precedenti studiosi, viene qui proposto un criterio nuovo di catalogazione che raccoglie, per ciascuno dei 12.826 laureati, ogni informazione desumibile dalla documentazione archivistica disponibile. Immenso deposito di informazioni sull’identità di scholares e di neo dottori, la documentazione qui presentata costituisce dunque anche un prezioso punto di osservazione sul tono della vita di un’Università esposta alla dominazione straniera. Il saggio introduttivo, infatti, fornisce un quadro dettagliato sui flussi delle lauree, i luoghi di provenienza e l’origine dei laureati e le professioni svolte in seguito. Questi aspetti sono qui esaminati in termini comparativi con analoghe informazioni riferite ad altre università della penisola, consentendo di collocare il dato pavese in un quadro più ampio.
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La ricerca di dottorato riguarda i banchetti tenuti dall'imperatore Taizong di Tang durante i suoi 23 anni di regno (dal 626 al 649 d.C.) e a partire da essi ho esaminato la costruzione delle istituzioni politiche e dell'ordine sociale dello Stato cinese dell'epoca, per scoprire come queste attività contribuissero, in una certa misura, alla legittimazione e all'affermazione del potere dell'imperatore stesso. Da questa premessa, sorgono una serie di domande che riguardano vari aspetti: ad esempio, cosa spinse Taizong a puntare su questi banchetti per la costruzione del suo ordine politico? Quando furono organizzati? In quali luoghi? Chi vi partecipava? E come venivano organizzati? Studiando questo tipo di attività ricreative a cui partecipavano Taizong e la sua corte, esplorerò l'evoluzione e i cambiamenti della cultura politica nella dinastia Tang (618-907 d.C.). Analizzerò come il sovrano utilizzasse i banchetti per promuovere lo sviluppo della politica statale e i rituali di corte al fine di mantenere la stabilità sociale all'interno della governance della macchina statale. Esaminerò e metterò a fuoco la relazione dinamica e simbiotica tra cibo e politica nell'antica Cina, anche facendo riferimento a semplici frammenti di cronaca relativi ai resoconti dei banchetti stessi, oltre che a concetti storiografici più generali.