86 resultados para VARIACION GENETICA


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MYC is a transcription factor that can activate transcription of several targets by direct binding to their promoters at specific DNA sequences (E-box). Recent findings have also shown that it can exert its biological role by repressing transcription of other set of genes. C-MYC can mediate repression on its target genes through interaction with factors bound to promoter regions but not through direct recognition of typical E-Boxes. In this thesis, we investigated whether MYCN can also repress gene transcription and how this is mechanistically achieved. Moreover, expression of TRKA, P75NTR and ABCC3 is attenuated in aggressive MYCN-amplified tumors, suggesting a causal link between elevated MYCN activity and transcriptional repression of these three genes. We found that MYCN is physically associated with gene promoters in vivo in proximity of the transcriptional start sites and this association requires interactions with SP1 and/or MIZ-1. Furthermore, we show that this interaction could interfere with SP1 and MIZ-1 activation functions by recruiting co-repressors such as DNMT3a or HDACs. Studies in vitro suggest that MYCN interacts through distinct domains with SP1, MIZ-1 and HDAC1 supporting the idea that MYCN may form different complexes by interacting with different proteins. Re-expression of endogenous TRKA and P75NTR with exposure to the TSA sensitizes neuroblastoma to NGF-mediated apoptosis, whereas ectopic expression of ABCC3 decreases cell motility without interfering with growth. Finally, using shRNA whole genome library, we dissected the P75NTR repression trying to identify novel factors inside and/or outside MYCN complex for future therapeutic approaches. Overall, our results support a model in which MYCN can repress gene transcription by direct interaction with SP1 and/or MIZ-1, and provide further lines of evidence on the importance of transcriptional repression induced by Myc in tumor biology.

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I disturbi dello spettro autistico (DSA) ed il ritardo mentale (RM) sono caratterizzati da un’eziologia genetica complessa ed eterogenea. Grazie ai recenti sviluppi nella ricerca genomica, è stato possibile dimostrare il ruolo di numerose copy number variants (CNVs) nella patogenesi di questi disturbi, anche se nella maggior parte dei casi l’eziologia rimane ancora sconosciuta. Questo lavoro riguarda l’identificazione e la caratterizzazione dei CNVs in famiglie con DSA e RM. E’ stata studiata una microdelezione in 7q31 che coinvolge i geni IMMP2L e DOCK4, trasmessa dalla madre con dislessia a due figli con autismo ed una figlia con dislessia. Nella stessa famiglia segrega una seconda microdelezione in 2q14 che inattiva il gene CNTNAP5 ed è trasmessa dal padre (con tratti autistici) ai due figli con autismo. Abbiamo quindi ipotizzato che i geni DOCK4 e CNTNAP5 potessero essere implicati, rispettivamente, nella suscettibilità a dislessia e DSA. Lo screening di numerosi individui affetti ha supportato la nostra ipotesi, con l’identificazione di una nuova microdelezione di DOCK4 che segrega con la dislessia, e 3 nuove varianti missenso in CNTNAP5 in individui con autismo. Dall’analisi genomica comparativa su array (aCGH) di individui con RM, è stata identificata una delezione nella regione 7q31.32, che coinvolge il gene CADPS2, in due fratelli con RM e tratti autistici, probabilmente ereditata dalla madre. Lo screening di mutazione di questo gene in individui con autismo o RM, ha portato all’identificazione di 3 varianti non sinonime, assenti nei controlli, ed ereditate per via materna. Poiché CADPS2 risiede in una regione genomica che contiene loci soggetti ad imprinting, abbiamo ipotizzato che il gene CADPS2 possa essere anch’esso caratterizzato da imprinting, con espressione monoallelica materna. Lo studio di espressione di CADPS2 in cellule del sangue ha avvalorato questa ipotesi, implicando perciò CADPS2 come un nuovo gene di suscettibilità per il RM e DSA.

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In genere, negli studi di vocazionalità delle colture, vengono presi in considerazione solo variabili ambientali pedo-climatiche. La coltivazione di una coltura comporta anche un impatto ambientale derivante dalle pratiche agronomiche ed il territorio può essere più o meno sensibile a questi impatti in base alla sua vulnerabilità. In questo studio si vuole sviluppare una metodologia per relazionare spazialmente l’impatto delle colture con le caratteristiche sito specifiche del territorio in modo da considerare anche questo aspetto nell’allocazione negli studi di vocazionalità. LCA è stato utilizzato per quantificare diversi impatti di alcune colture erbacee alimentari e da energia, relazionati a mappe di vulnerabilità costruite con l’utilizzo di GIS, attraverso il calcolo di coefficienti di rischio di allocazione per ogni combinazione coltura-area vulnerabile. Le colture energetiche sono state considerate come un uso alternativo del suolo per diminuire l’impatto ambientale. Il caso studio ha mostrato che l’allocazione delle colture può essere diversa in base al tipo e al numero di impatti considerati. Il risultato sono delle mappe in cui sono riportate le distribuzioni ottimali delle colture al fine di minimizzare gli impatti, rispetto a mais e grano, due colture alimentari importanti nell’area di studio. Le colture con l’impatto più alto dovrebbero essere coltivate nelle aree a vulnerabilità bassa, e viceversa. Se il rischio ambientale è la priorità, mais, colza, grano, girasole, e sorgo da fibra dovrebbero essere coltivate solo nelle aree a vulnerabilità bassa o moderata, mentre, le colture energetiche erbacee perenni, come il panico, potrebbero essere coltivate anche nelle aree a vulnerabilità alta, rappresentando cosi una opportunità per aumentare la sostenibilità di uso del suolo rurale. Lo strumento LCA-GIS inoltre, integrato con mappe di uso attuale del suolo, può aiutare a valutarne il suo grado di sostenibilità ambientale.

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Lo scopo del progetto triennale del dottorato di ricerca è lo studio delle alterazioni genetiche in un gruppo di pazienti affetti da micosi fungoide ed un gruppo di pazienti affetti da sindrome di Sezary. Dalle biopsie cutanee è stato estratto il DNA e analizzato, comparandolo con DNA sano di riferimento, utilizzando la tecnica array-CGH, allo scopo di identificare la presenza di geni potenzialmente implicati nel processo di oncogenesi. Questa analisi è stata eseguita, per ogni paziente, su biopsie effettuate ad una fase iniziale di malattia e ad una fase di progressione della stessa. Sugli stessi pazienti è stata inoltre eseguita un’analisi miRNA. Si ipotizza che il profilo d’espressione dei miRNA possa infatti dare informazioni utili per predire lo stato di malattia, il decorso clinico, la progressione tumorale e la riposta terapeutica. Questo lavoro è stato poi eseguito su biopsie effettuate in pazienti affetti da sindrome di Sezary che, quando non insorge primitivamente come tale, si può considerare una fase evolutiva della micosi fungoide. La valutazione delle alterazioni genetiche, ed in particolare la correlazione esistente tra duplicazione e delezione genetica e sovra/sottoespressione genetica, è stata possibile attraverso l’interpretazione e la comparazione dei dati ottenuti attraverso le tecniche array-CGH e miRNA. Sono stati comparati i risultati ottenuti per valutare quali fossero le alterazioni cromosomiche riscontrate nei diversi stadi di malattia. L’applicazione dell’array-CGH e della metodica di analisi mi-RNA si sono rivelate molto utili per l’identificazione delle diverse aberrazioni cromosomiche presenti nel genoma dei pazienti affetti da micosi fungoide e sindrome di Sezary, per valutare la prognosi del paziente e per cercare di migliorare o trovare nuove linee terapeutiche per il trattamento delle due patologie. Lo studio di questi profili può rappresentare quindi uno strumento di grande importanza nella classificazione e nella diagnosi dei tumori.

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The interaction between disciplines in the study of human population history is of primary importance, profiting from the biological and cultural characteristics of humankind. In fact, data from genetics, linguistics, archaeology and cultural anthropology can be combined to allow for a broader research perspective. This multidisciplinary approach is here applied to the study of the prehistory of sub-Saharan African populations: in this continent, where Homo sapiens originally started his evolution and diversification, the understanding of the patterns of human variation has a crucial relevance. For this dissertation, molecular data is interpreted and complemented with a major contribution from linguistics: linguistic data are compared to the genetic data and the research questions are contextualized within a linguistic perspective. In the four articles proposed, we analyze Y chromosome SNPs and STRs profiles and full mtDNA genomes on a representative number of samples to investigate key questions of African human variability. Some of these questions address i) the amount of genetic variation on a continental scale and the effects of the widespread migration of Bantu speakers, ii) the extent of ancient population structure, which has been lost in present day populations, iii) the colonization of the southern edge of the continent together with the degree of population contact/replacement, and iv) the prehistory of the diverse Khoisan ethnolinguistic groups, who were traditionally understudied despite representing one of the most ancient divergences of modern human phylogeny. Our results uncover a deep level of genetic structure within the continent and a multilayered pattern of contact between populations. These case studies represent a valuable contribution to the debate on our prehistory and open up further research threads.

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Enterobacteriaceae genomes evolve through mutations, rearrangements and horizontal gene transfer (HGT). The latter evolutionary pathway works through the acquisition DNA (GEI) modules of foreign origin that enhances fitness of the host to a given environment. The genome of E. coli IHE3034, a strain isolated from a case of neonatal meningitis, has recently been sequenced and its subsequent sequence analysis has predicted 18 possible GEIs, of which: 8 have not been previously described, 5 fully meet the pathogenic island definition and at least 10 that seem to be of prophagic origin. In order to study the GEI distribution of our reference strain, we screened for the presence 18 GEIs a panel of 132 strains, representative of E. coli diversity. Also, using an inverse nested PCR approach we identified 9 GEI that can form an extrachromosomal circular intermediate (CI) and their respective attachment sites (att). Further, we set up a qPCR approach that allowed us to determine the excision rates of 5 genomic islands in different growth conditions. Four islands, specific for strains appertaining to the sequence type complex 95 (STC95), have been deleted in order to assess their function in a Dictyostelium discoideum grazing assays. Overall, the distribution data presented here indicate that 16 IHE3034 GEIs are more associated to the STC95 strains. Also the functional and genetic characterization has uncovered that GEI 13, 17 and 19 are involved in the resistance to phagocitation by Dictyostelium d thus suggesting a possible role in the adaptation of the pathogen during certain stages of infection.

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In wheat, stem rust is known to rapidly evolve new virulence to resistance genes. While more than 50 stem rust resistance (Sr) loci have been identified in wheat, only a few remain effective, particularly against the highly virulent race Ug99 (TTKSK race) and a mixture of durum-specific races. An association mapping (AM) study based on 183 durum wheat accessions was utilized to identify resistance loci for stem rust response in Ethiopia over four seasons and artificial inoculation with Ug99 (TTKSK race) and a mixture of durum-specific races under field conditions as well as in greenhouse test at seedling stage under controlled conditions for resistance to four highly virulent stem rust races: TRTTF, TTTTF, (TTKSK (Ug99) and JRCQC. The panel was profiled with 1,253 SSR and DArT markers. Twelve QTL-tagging markers were significant (P < 0.05) across three to four seasons. The role of Sr13, Sr9, Sr14, Sr17, and Sr28 was confirmed. Thirteen significant markers were in regions with no Sr genes/QTLs. The results under controlled conditions showed that 15, 20, 19 and 19 chromosome regions harbored markers that showed significant effects for races TRTTF, TTTTF, TTKSK and JRCQC, respectively. These genomic regions showed marker R2 values ranging from 1.13 to 8.34, 1.92 to 17.64, 1.75 to 23.12 and 1.51 to 15.33% for races TRTTF, TTTTF, TTKSK and JRCQC, respectively. The study demonstrates that stem rust resistance in durum wheat is governed in part by shared loci and in part by race-specific ones. The QTLs identified in this study through AM will be useful in the marker-assisted development of durum wheat cultivars with durable stem rust resistance.

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L’agricoltura si trova ad affrontare una diminuzione della disponibilità d’acqua ed una crescente domanda della produzione di cereali per scopi alimentari. Sono perciò necessarie strategie di coltivazione innovative per migliorare la produttività e nuovi genotipi migliorati nell'efficienza dell’uso delle risorse in condizioni di siccità. Questi rappresentano gli obietti principali del progetto “DROPS” (Drought tolerant yielding Plants) all’interno del quale ha avuto luogo il mio progetto di Dottorato. La mia attività di ricerca è stata svolta come segue: 1. Caratterizzazione molecolare di un panel di188 accessioni di frumento duro con marcatori SSR e DaRT; 2. Esperimenti in serra su 100 accessioni del panel per valutare la Water-Use Efficiency (WUE) in sei repliche secondo un Alpha Lattice design; 3. Prove sul campo, effettuate secondo un Alpha Lattice design, in due stagioni di crescita: a. 2010/11, valutazione di 100 accessioni presso l’Azienda sperimentale dell'Università di Cadriano (BO); b. 2011/12, valutazione del panel completo in 3 ambienti, con due diversi regimi irrigui In entrambi gli anni, abbiamo valutato caratteri agronomici correlati con il ciclo di sviluppo, la resa di granella e sue componenti, nonché diversi fattori ambientali e del suolo. Per quanto riguarda WUE, abbiamo trovato differenze altamente significative tra accessioni; inoltre, cinque accessioni hanno mostrato elevati valori di WUE e cinque accessioni valori molto bassi di WUE in tutte e sei le repliche. Gli esperimenti di campo nelle stagioni 2011 e 2012 hanno evidenziato differenze altamente significative tra le accessioni del panel per la maggior parte dei caratteri analizzati, confermando inoltre che il panel di fiorisce entro una settimana. L'esperimento del secondo anno ci ha permesso osservare un significativa interazione Genotipo X Ambiente. Questi risultati saranno integrati con ulteriori analisi QTL, per identificare regioni cromosomiche coinvolte nel controllo genetico dei caratteri di interesse e verificare la stabilità dei QTL in diversi ambienti.

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Il temperamento può essere definito come l’attitudine che un cane esprime verso le persone e verso altri animali, la combinazione di tratti fisici e mentali, acquisiti e non, che determinano il comportamento del cane. Tale parametro delinea perciò il carattere di un individuo, inclinazioni e tendenze, eccitabilità, tristezza, rabbia e il modo caratteristico di comportarsi di un individuo, con particolare riferimento alle interazioni sociali. La presente tesi di Dottorato rappresenta uno studio su alcuni tratti del temperamento nel cane domestico elaborato in 3 progetti sperimentali. Nei primi due progetti sono state analizzate le differenze attitudinali tra alcune razze canine attraverso l’applicazione di un test di temperamento in cuccioli di 60 giorni e in cani adulti, per valutare e confrontarne il temperamento, la socialità ed identificare profili tipici di razza. Nel terzo progetto un campione di cani morsicatori di canile e di proprietà è stato confrontato con due rispettivi gruppi di controllo. Analizzando i risultati è stato possibile mettere in evidenza caratteristiche di razza omogenee nell’interazione con stimoli inanimati, nelle interazioni sociali e in relazione alla possessività e sono stati delineati profili di razza sia nei cuccioli sia negli adulti. Si sono tuttavia, osservate variabilità individuali, intra-razza e intra-cucciolata, a testimonianza dell’influenza complessa e multifattoriale delle componenti genetica e ambientale sul comportamento dei cani. Il confronto tra cani morsicatori di canile e di proprietà ha messo in luce interessanti differenze tra i soggetti in termini di reattività, socievolezza, propensione all’interazione con il proprietario o con un estraneo, comportamenti di evitamento e velocità di reazione agli stimoli presentati. Il test applicato è risultato un valido strumento per valutare il temperamento di cani dichiarati aggressivi che sono stati sottoposti a situazioni nuove e a stimoli sconosciuti per poter ottenere una migliore visione d’insieme del temperamento del soggetto.

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L'epatite E è una malattia umana con caratteristiche di epatite acuta, causata da un ssRNA virus (HEV). Nel 1997, HEV è stato identificato per la prima volta nei suini (SwHEV). In seguito, diverse evidenze, tra cui la vicinanza genetica tra ceppi umani e suini, suggerirono la trasmissione zoonotica del virus. Nella presente tesi, l’identificazione di SwHEV è stata condotta mediante ricerca di porzioni di genoma virale attraverso RT-PCR. Dal 2011 al 2013, sono stati analizzati 343 campioni fecali (da 19 allevamenti) e 70 bili (da 2 macelli) prelevati da altrettanti suini, in diverse Regioni italiane. E’ stato inoltre condotto uno studio retrospettivo su 78 feci (da 3 allevamenti) raccolte nel 2000. Il virus è stato identificato nel 24,5% e 19,2% delle feci raccolte rispettivamente nel 2011-2013 e nel 2000. Nessuna bile è risultata positiva. Mediante sequenziamento del genoma intero di uno dei virus identificati, è stata condotta l’analisi filogenetica per valutarne il grado di correlazione con alti ceppi suini e umani. La presenza di HEV è stata valutata lungo la filiera di produzione suina, dal macello al punto vendita. Trentaquattro campioni di feci, fegato e muscolo sono stati raccolti in un macello da altrettanti suini sani (età:6-7 mesi). Quattordici feci e 2 fegati, sono risultati positivi per HEV. Sono state prelevate 129 salsicce sia allo stabilimento di trasformazione sia alla vendita, ma nessuna è risultata positiva. La presenza di HEV è stata valutata anche nelle salsicce di fegato, fresche e secche, acquistate presso una macelleria. Il genoma virale è stato rilevato nel 22,2% delle salsicce fresche e nel 4,3 % di quelle secche ma la vitalità del virus non è stata dimostrata. In conclusione, lo studio condotto ha confermato l’ampia circolazione di HEV nei suini e la possibile contaminazione dei prodotti carnei derivati, confermando la necessità di una continua sorveglianza.

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Acute myocardial infarction (AMI) is a multifactorial disease with a complex pathogenesis where lifestyle, individual genetic background and environmental risk factors are involved. Altered inflammatory responses seems to be implicated in the pathogenesis of atherosclerosis. To understand which genes may predispose to increased risk of cardiovascular disease gene polymorphism of immune regulatory genes, and clinical events from the Offs of parents with an early AMI were investigated. Genetics data from Offs were compared with those obtained from healthy subjects and an independent cohort of patients with clinical sporadic AMI. Rates of clinical events during a 24 years follow up from Offs and from an independent Italian population survey were also evaluated. This study showed that a genetic signature consisting of the concomitant presence of the CC genotype of VEGF, the A allele of IL-10 and the A allele of IFN-γ was indeed present in the Offs population. During the 24-year follow-up, Offs with a positive familiarity in spite of a relatively young age showed an increased prevalence of diabetes, ischemic heart disease and stroke. In these patients with the genetic signature the EBV and HHV-6 herpes virus were also investigated and founded. These findings reinforce the notion that subjects with a familial history of AMI are at risk of an accelerated aging of cardiovascular system resulting in cardiovascular events. These data suggest that selected genes with immune regulatory functions and envoronmental factors are part of the complex genetic background contributing to familiarity for cardiovascular diseases.N

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This PhD Thesis includes five main parts on diverse topics. The first two parts deal with the trophic ecology of wolves in Italy consequently to a recent increase of wild ungulates abundance. Data on wolf diet across time highlighted how wild ungulates are important food resource for wolves in Italy. Increasing wolf population, increasing numbers of wild ungulates and decreasing livestock consume are mitigating wolf-man conflicts in Italy in the near future. In the third part, non-invasive genetic sampling techniques were used to obtain genotypes and genders of about 400 wolves. Thus, wolf packs were genetically reconstructed using diverse population genetic and parentage software. Combining the results on pack structure and genetic relatedness with sampling locations, home ranges of wolf packs and dispersal patterns were identified. These results, particularly important for the conservation management of wolves in Italy, illustrated detailed information that can be retrieved from genetic identification of individuals. In the fourth part, wolf locations were combined with environmental information obtained as GIS-layers. Modern species distribution models (niche models) were applied to infer potential wolf distribution and predation risk. From the resulting distribution maps, information pastures with the highest risk of depredation were derived. This is particularly relevant as it allows identifying those areas under danger of carnivore attack on livestock. Finally, in the fifth part, habitat suitability models were combined with landscape genetic analysis. On one side landscape genetic analyses on the Italian wolves provided new information on the dynamics and connectivity of the population and, on the other side, a profound analysis of the effects that habitat suitability methods had on the parameterization of landscape genetic analyses was carried out to contributed significantly to landscape genetic theory.

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Specific language impairment (SLI) is a complex neurodevelopmental disorder defined as an unexpected failure to develop normal language abilities for no obvious reason. Copy number variants (CNVs) are an important source of variation in the susceptibility to neuropsychiatric disorders. Therefore, a CNV study within SLI families was performed to investigate the role of structural variants in SLI. Among the identified CNVs, we focused on CNVs on chromosome 15q11-q13, recurrently observed in neuropsychiatric conditions, and a homozygous exonic microdeletion in ZNF277. Since this microdeletion falls within the AUTS1 locus, a region linked to autism spectrum disorders (ASD), we investigated a potential role of ZNF277 in SLI and ASD. Frequency data and expression analysis of the ZNF277 microdeletion suggested that this variant may contribute to the risk of language impairments in a complex manner, that is independent of the autism risk previously described in this region. Moreover, we identified an affected individual with a dihydropyrimidine dehydrogenase (DPD) deficiency, caused by compound heterozygosity of two deleterious variants in the gene DPYD. Since DPYD represents a good candidate gene for both SLI and ASD, we investigated its involvement in the susceptibility to these two disorders, focusing on the splicing variant rs3918290, the most common mutation in the DPD deficiency. We observed a higher frequency of rs3918290 in SLI cases (1.2%), compared to controls (~0.6%), while no difference was observed in a large ASD cohort. DPYD mutation screening in 4 SLI and 7 ASD families carrying the splicing variant identified six known missense changes and a novel variant in the promoter region. These data suggest that the combined effect of the mutations identified in affected individuals may lead to an altered DPD activity and that rare variants in DPYD might contribute to a minority of cases, in conjunction with other genetic or non-genetic factors.

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Introgression of domestic cat genes into European wildcat (Felis silvestris silvestris) populations and reduction of wildcats’ range in Europe, leaded by habitat loss and fragmentation, are considered two of the main conservation problems for this endangered feline. This thesis addressed the questions related with the artificial hybridization and populations’ fragmentation, using a conservation genetics perspective. We combined the use of highly polymorphic loci, Bayesian statistical inferences and landscape analyses tools to investigate the origin of the geographic-genetic substructure of European wildcats (Felis silvestris silvestris) in Italy and Europe. The genetic variability of microsatellites evidenced that European wildcat populations currently distributed in Italy differentiated in, and expanded from two distinct glacial refuges during the Last Glacial Maximum. The genetic and geographic substructure detected between the eastern and western sides of the Apennine ridge, resulted by adaptation to specific ecological conditions of the Mediterranean habitats. European wildcat populations in Europe are strongly structured into 5 geographic-genetic macro clusters corresponding to: the Italian peninsular & Sicily; Balkans & north-eastern Italy; Germany eastern; central Europe; and Iberian Peninsula. Central European population might have differentiated in the extra-Mediterranean Würm ice age refuge areas (Northern Alps, Carpathians, and the Bulgarian mountain systems), while the divergence among and within the southern European populations might have resulted by the Pleistocene bio geographical framework of Europe, with three southern refugia localized in the Balkans, Italian Peninsula and Iberia Peninsula. We further combined the use of most informative autosomal SNPs with uniparental markers (mtDNA and Y-linked) for accurately detecting parental genotypes and levels of introgressive hybridization between European wild and domestic cats. A total of 11 hybrids were identified. The presence of domestic mitochondrial haplotypes shared with some wild individuals led us to hypnotize the possibility that ancient introgressive events might have occurred and that further investigation should be recommended.

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Parasitic wasps attack a number of insect species on which they feed, either externally or internally. This requires very effective strategies for suppressing the immune response and a finely tuned interference with the host physiology that is co-opted for the developing parasitoid progeny. The wealth of physiological host alterations is mediated by virulence factors encoded by the wasp or, in some cases, by polydnaviruses (PDVs), unique viral symbionts injected into the host at oviposition along with the egg, venom and ovarian secretions. PDVs are among the most powerful immunosuppressors in nature, targeting insect defense barriers at different levels. During my PhD research program I have used Drosophila melanogaster as a model to expand the functional analysis of virulence factors encoded by PDV focusing on the molecular processes underlying the disruption of the host endocrine system. I focused my research on a member of the ankyrin (ank) gene family, an immunosuppressant found in bracovirus, which associates with the parasitic wasp Toxoneuron nigriceps. I found that ankyrin disrupts ecdysone biosynthesis by impairing the vesicular traffic of ecdysteroid precursors in the cells of the prothoracic gland and results in developmental arrest.