170 resultados para Superfici minime, porzione regolare di superfici, area minima, problema variazionale.


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La tesi si pone come finalità quella di analizzare un comprensorio territoriale dal punto di vista insediativo, cercando di coglierne le peculiarità e i mutamenti nel lungo periodo attraverso un uso incrociato di fonti scritte e archeologiche. La ricerca ha preso avvio dall’analisi del Saltopiano, uno dei distretti di ambito rurale che si ritrova nelle fonti tra IX-XII secolo, in passato già affrontato dalla storiografia specialmente in relazione all’organizzazione istituzionale delle aree rurali tra Longobardia e Romania durante i secoli altomedievali. Attraverso l’esame delle fonti scritte edite si è cercato di ricostruire il quadro dell’organizzazione territoriale, partendo dalla disamina dei centri di potere laici ed ecclesiastici che a questa area avevano rivolto il proprio interesse patrimoniale e politico, ma proponendo in modo analitico i dati che forniscono indicazioni dirette in relazione all’organizzazione insediativa e quindi alla gestione del territorio dal punto di vista socioeconomico. E’ stato posto in risalto il carattere di un insediamento rurale a maglie larghe, secondo la scansione in fundi e la presenza di poli di accentramento importanti come pievi, castra, vici e con una compresenza, per quanto ristretta a pochi esempi significativi, di altre forme di organizzazione come la curtis e la massa. Con la prosecuzione dello studio del territorio in senso diacronico, prima la scomparsa del riferimento al Saltopiano, poi la progressiva conquista del contado da parte del Comune di Bologna ha determinato un vero e proprio mutamento nell’approccio di analisi. E’ stato dato spazio all’analisi di fondi inediti (conservati principalmente all’Archivio di Stato di Bologna) e specificamente legati alla realtà territoriale studiata. In primo luogo, sono stati esaminati gli estimi del contado (Galliera e Massumatico), una fonte già frequentata in passato da altri studiosi, soprattutto con un interesse dal punto di vista demografico e economico. Nel caso specifico, sono stati estrapolati dalle prime rilevazioni fiscali del 1235 e del 1245 e poi da quelle di primo Trecento i dati che restituiscono l’organizzazione del territorio in modo concreto. Partendo dalle riflessioni di studi svolti in passato, che avevano considerato il fondamentale inserimento di importanti famiglie cittadine nella gestione sempre più ampia dei beni agricoli nel contado è stata avviata l’analisi di un altro fondo inedito, quello dei registri del Vicariato di Galliera (in particolare quelli concernenti la denuncia dei “danni dati” sulle proprietà agricole), da cui emerge in modo evidente la presenza di famiglie come i Guastavillani, i Caccianemici, i Lambertini. Tali dati, in associazione a quelli tratti dagli estimi, hanno fornito elementi essenziali per la comprensione del territorio rurale nel suo complesso e nei rapporti di interdipendenza tra le diverse componenti sociali. Una terza parte della tesi è dedicata nella sua totalità all’analisi delle fonti materiali che forniscono dati per lo studio dell’insediamento medievale nel territorio compreso tra gli attuali comuni di S. Pietro in Casale e Galliera. Partendo da alcune ricerche preliminari compiute negli anni ’90 del secolo scorso, è stato impostato un progetto di ricerca archeologica articolatosi in due campagne di ricognizione di superficie e in una prima campagna di scavo tramite sondaggio presso la torre di Galliera, al fine di ricavare dati di prima mano in un’area pressoché inesplorata dal punto di vista archeologico. Nonostante i limiti riscontrati dal punto di vista pratico, a causa del terreno fortemente alluvionato, si sono raccolti dati specifici che aiutano a inquadrare questo comprensorio e a confrontarlo con altre aree della regione e in particolare del comitato bolognese studiate in ricerche analoghe, mettendone in evidenza le specificità e le caratterizzazioni. Inoltre, alcune importanti persistenze materiali (un sistema di torri di cui rimangono alcuni esempi ancora conservati in alzato) hanno permesso di gettare luce sul valore commerciale e quindi strategico dell’area, soprattutto in funzione del passaggio delle merci lungo una via fluviale fondamentale tra XIII-XIV secolo nel collegare Ferrara a Bologna.

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Blue mould caused by Penicillium expansum Link is one of the most destructive rot of pome fruit in all growing areas (Snowdon, 1990; Jones and Aldwinckle, 1991; Tonini,1996) In the past, Penicillium rot has been controlled by fungicide postharvest treatment mainly by thiabendazole (TBZ) and benomyl (Hardenburg and Spalding, 1972), but their intense use produced the appearance of resistant strains with a great reduction of their activity The aims of the present study were to characterize the isolates of Pencillium sp causing blue mold on pear in Italy by physiological and biochemical parameters. In particular differencing also the behavior of isolates to relationship with sensitivity or resistance to TBZ treatments. We have examined the early stage of infection in relation to enzyme activity, local modulation of pH, production of organic acids, and to secondary metabolism of pathogen. The results described here confirm that the majority of P. expansum isolates from pears packing houses are resistant to TBZ, Among the TBZ-resistant isolates scored in this work, different isolates (RR) showed higher percentage of conidial germination on TBZ-amended medium compared to non amended medium. This may indicate a stimulatory effect of TBZ on conidial germination. Therefore TBZ treatments are not only ineffective for controlling P. expansum, but they may also increase the severity of blue mould on fruits. In the absence of fungicide, isolates showed a significant difference for infection severity, R and RR isolates are characterized by higher pathogenic fitness on fruits, producing larger lesions than S isolates. These data are supported by the study with laboratory-induced resistant isolates, which shows the lack of correlation between TBZ resistance and osmotic sensitivity, and highlights the association between TBZ resistance and infection severity (Baraldi et al 2003). Enzymatic screening gave a positive reaction to esterase, urease, pectinase activity, in addition, the pathogen is able to synthesize a complex enzyme act to degrade the main components of the cell wall especially pectin and cellulose. Isolated sensitive and resistant are characterized by a good activity of pectinase, especially from poligactoronase, which, as already reported by several studies (D'hallewin et al, 2004; Prusky et al, 2004), are the basis of degradative process of cell wall. Also, although the measure was minor also highlighted some activities of cellulase, but even note in the production of this kind of cellulase and hemicellulase P. Expansum were not targeted, studies have found no other source of information in this regard. Twenty isolates of Penicillium expansum, were tested in vitro ad in vivo for acid production ability and pH drop. We have found that modulation of pH and the organic acids extrusion were influence to various parameter:  Initial pH: in general, the greatest reduction of pH was observed in isolates grown at pH 7, except for four isolates that maintained the pH of the medium close to 7, the others significantly decreased the pH, ranging from 5.5 to 4.1.. In extreme acid condition (pH 3,0) growth and modulation of pH is most lower respect optimal condition (pH 5,0). Also isolates R and RR have showed a greater adaptation to environmental condition more than isolates S.  Time: although the acidification continues for some days, PH modulation is strongest in early hours (48-72 hours)of inoculation process. Time also affects the quality of organic acids, for example in vitro results showed an initial abundant production of succinc acid, followed to important production of galacturoinc acid.  Substrates: there are many differences for the type of acids produced in vitro and in vivo. Results showed in vivo an abundant production of galacturonic, malic, and citric acids and some unknown organic acids in smaller concentrations. Secondary metabolite analysis revealed intra-specific differences, and patulin was found in all isolates, but most significant reduction was observed between in vitro and in vivo samples. There was no correlation between the concentration of patulin, and the percentage of infected fruits, but sample with a lower infection severity of rotten area than the others, showed a significantly lower mycotoxin concentration than samples with a higher lesion diameter of rotten area. Beyond of patulin was detected the presence of another secondary metabolite, penitrem A.

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The abandonment of less productive fields and agro-forest activities has occured in the last decades, interesting large mountain areas in all mediterranean basin. Until the fifties, agricultural practices dealt mainly with soil surface and surface runoff control systems. However, the apparent sustainability of soil use results often in contrast with historical documents, witnessing heavy hydrogeological instability, in naturally fragile areas. The research focused on the dynamics and effects of post-coltural land abandonment in a critical mountain area of the Reno River. The Reno River rappresents a typical Tuscan-Emilian Apennines Watershed where soil erosion occurs under very different conditions depending on interactions between land use, climate, geomorphology and lithology. Landslides are largely rappresented, due to the diffusion of clay hill slopes. Recent researches suggest that climatic variability will increase as a consequence of global climate change, resulting in greater frequency and intensity of extreme weather events, which could increase rates of erosion, landslides reactivations and diffusion of calanchive basins. As far as hill slopes are concerned, instability is today basically due to intrinsic factors, as the Apennine range is a rather young formation, in geological terms, and is mainly formed by sedimentary rocks with high occurrence of clays. Therefore landslides and rockfalls are very frequent, while surface soil erosion is generally low and anyway concentrated in the low Apennine, where intensive farming is still economically worth. The study, supported by GIS use, analyses the main fisical characteristics of the area and the historical changes of land use, and focalizes the dynamics of spontaneous reafforestation. Futhermore, the research studies the results of soil bioengineering and surface water control solutions for the restablishment of landslides occured in the last period. Infact soil bioengineering has been recently used in different situations in order to consolidate slopes and hillsides and prevent erosion; when applied, it gave good results, both in terms of engineering efficiency and vegetational development, expecially if combined with a good hydraulic control, thus proving to be an actual alternative to other techniques with heavier environmental impacts. Research into the specific site features and the use of proper plant species is vital to the success of bioengineering works.

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The removal of aromatic hydrocarbons from diesel has received considerable attention after environmental regulations that require petroleum refiners to raise cetane number and to limit aromatics in diesel fuel in order to improve combustion efficiency and reduce particulate and NOx emissions. An alternative is blending with Fischer–Tropsch (FT) gas-to-liquid diesel fuel; however, this option may not be economically viable solution in case of extensive blend. Another alternative is to incorporate in the diesel pool a greater fraction of the so-called light cycle oil (LCO). Due to its high aromatics content and its low cetane number (typically between 20 and 30), the incorporation of LCO may have a negative impact on the quality of diesel. Current technologies for LCO improvement are based on hydrogenation to adjust both sulphur and cetane number but while an important fraction of the aromatics present in LCO can be saturated in a deep hydrogenation process, the cetane number may still be lower than the target values specified in diesel legislations, so further upgrading is needed. An interesting technology for improving the cetane number of diesels and maintaining meanwhile high diesel yields is achieved by combining a complete hydrogenation process with a selective ring opening (SRO) reaction of the naphthenic rings. The SRO can be defined as naphthene ring-opening to form compounds with high cetane number, but without any carbon losses. Controlling the interconversion of six- and five- membered rings via an acid-catalyzed ring-contraction step is also of great importance, since selective conversion of six-membered to five-membered naphthene rings greatly influences ring-opening rates and selectivity. High intrinsic activity may be enhanced by deposition of noble metals on acidic, high surface area supports, because it is possible to arrange close proximity of the metal and acid sites. Moreover, in large-pore supports, the diffusion resistance of liquid reactants into the pores is minimized. In addition to metal centres, the acid sites of support also plays role in aromatics hydrogenation. However, the functions of different kinds of acid sites (Brønsted vs. Lewis acidity), and their optimal concentrations and strengths, remain unclear. In the present study we investigated the upgrading of an aromatic-rich feedstock over different type of metal supported on mesoporous silica-alumina. The selective hydrogenolysis and ring opening of tetrahydronaphthalene (THN or tetralin) was carried out as representative of LCO fractions after deep hydrogenation process. In this regards the aim of this study is to evaluate both the effect of metals and that of the supports characterized by different acid distribution and strength, on conversion and selectivity. For this purpose a series of catalysts were prepared by impregnation. The catalysts were characterized and conversion tests of THN were performed in a lab-scale plant operating in the pressure range from 7.0-5.0 MPa and in the temperature range from 300 to 360°C.

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The aim of the present study was to examine the association between milk protein polymorphism and fatty acids profiles of bovine milk. Milk samples were collected from each of 55 Reggiana cows during early, mid and late lactation, respectively, in two farms within the production area of Parmigiano Reggiano cheese. Identification and quantification of fatty acids were performed by gas chromatography. Milk fatty acid composition using cows of differing κ-casein (κ-Cn) and β-lactoglobulin (β-Lg) phenotypes was investigated. Statistically significant results regarding the associations between milk fatty acid composition and κ-Cn phenotype were found, in particular, κ-Cn BB seems to influence de novo fatty acid synthesis in the mammary gland. Also κ-Cn AB seems to have the same effect. Proportions of C10:0 (2,29a AA; 2,53b AB; 2,59b BB), C12:0 (2,77a AA; 3,17b AB; 3,20b BB) and C14:0 (9,22a AA; 10,25b AB; 10,27b BB) were higher in the milk from cows with κ-Cn phenotype AB and BB vs κ-Cn phenotype AA (p<0,05). Conversely C18:0 (7,84b AA; 7,20a,b AB; 6,94a BB) and C18:1 (19,19b AA; 16,81a AB; 16,79a BB) were lower in the milk from cows with κ-Cn phenotype AB and BB vs κ-Cn phenotype AA. The association between milk fatty acid composition and β-Lg phenotype was not statistically significant, except for some fatty acids. In particular, C12:0 (3,05a AA; 3,04a AB; 3,33b BB) was higher in the milk from cows with β-Lg phenotype BB vs β-Lg phenotype AA and AB (p<0,05). Concentrations of C18:0 (6,93a AA; 7,86b AB; 6,59a BB) and C18:1 (16,74a,b AA; 18,24b AB; 16,07a BB) were lower in the milk from cows with β-Lg phenotype AA and BB vs β-Lg phenotype AB (p<0,05). Moreover this research, carried out in farms within the Parmigiano Reggiano cheese district, analysed also the size distribution of fat globules in bulk milk of Reggiana and Frisona breed cows. In particular, the size distribution of individual milk fat globules of Reggiana cows with differing κ-Cn phenotypes was considered. From first observations, no statistically significant differences were observed.

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Questa tesi di dottorato di ricerca ha come oggetto la nozione di fatto urbano elaborata e presentata da Aldo Rossi nel libro L’architettura della città edito nel 1966. Ne L’architettura della città sono molteplici le definizioni e le forme con cui è enunciata la nozione di fatto urbano. Nel corso della tesi si è indagato come la costruzione nel tempo di questo concetto è stata preceduta da diversi studi giovanili intrapresi dal 1953, poi riorganizzati e sintetizzati a partire dal 1963 in un quaderno manoscritto dal titolo “Manuale di urbanistica”, in diversi appunti e in due quaderni manoscritti. Il lavoro di ricerca ha ricostruito la formulazione della nozione di fatto urbano attraverso gli scritti di Rossi. In questa direzione la rilevazione della partecipazione di Rossi a dibattiti, seminari, riviste, corsi universitari o ricerche accademiche è apparsa di fondamentale importanza, per comprendere la complessità di un lavoro non riconducibile a dei concetti disciplinari, ma alla formazione di una teoria trasmissibile. Il tentativo di comprendere e spiegare la nozione di fatto urbano ha condotto ad esaminare l’accezione con cui Rossi compone L’architettura della città, che egli stesso assimila ad un trattato. L’analisi ha identificato come la composizione del libro non è direttamente riferibile ad un uso classico della stesura editoriale del trattato, la quale ha tra i riferimenti più noti nel passato la promozione di una pratica corretta come nel caso vitruviano o un’impalcatura instauratrice di una nuova categoria come nel caso dell’Alberti. La mancanza di un sistema globale e prescrittivo a differenza dei due libri fondativi e il rimando non immediato alla stesura di un trattato classico è evidente ne L’architettura della città. Tuttavia la possibilità di condurre la ricerca su una serie di documenti inediti ha permesso di rilevare come negli scritti a partire dal 1953, sia maturata una trattazione delle questioni centrali alla nozione di fatto urbano ricca di intuizioni, che aspirano ad un’autonomia, sintetizzate, seppure in modo non sistematico, nella stesura del celebre libro. Si è così cercato di mettere in luce la precisazione nel tempo della nozione di fatto urbano e della sua elaborazione nei molteplici scritti antecedenti la pubblicazione de L’architettura della città, precisando come Rossi, pur costruendo su basi teoriche la nozione di fatto urbano, ne indichi una visione progressiva, ossia un uso operativo sulla città. La ricerca si è proposta come obiettivo di comprendere le radici culturali della nozione di fatto urbano sia tramite un’esplorazione degli interessi di Rossi nel suo percorso formativo sia rispetto alla definizione della struttura materiale del fatto urbano che Rossi individua nelle permanenze e che alimenta nella sua definizione con differenti apporti derivanti da altre discipline. Compito di questa ricerca è stato rileggere criticamente il percorso formativo compiuto da Rossi, a partire dal 1953, sottolinearne gli ambiti innovativi e precisarne i limiti descrittivi che non vedranno mai la determinazione di una nozione esatta, ma piuttosto la strutturazione di una sintesi complessa e ricca di riferimenti ad altri studi. In sintesi la tesi si compone di tre parti: 1. la prima parte, dal titolo “La teoria dei fatti urbani ne L’architettura della città”, analizza il concetto di fatto urbano inserendolo all’interno del più generale contesto teorico contenuto nel libro L’architettura della città. Questo avviene tramite la scomposizione del libro, la concatenazione delle sue argomentazioni e la molteplicità delle fonti esplicitamente citate da Rossi. In questo ambito si precisa la struttura del libro attraverso la rilettura dei riferimenti serviti a Rossi per comporre il suo progetto teorico. Inoltre si ripercorre la sua vita attraverso le varie edizioni, le ristampe, le introduzioni e le illustrazioni. Infine si analizza il ruolo del concetto di fatto urbano nel libro rilevando come sia posto in un rapporto paritetico con il titolo del libro, conseguendone un’accezione di «fatto da osservare» assimilabile all’uso proposto dalla geografia urbana francese dei primi del Novecento. 2. la seconda parte, dal titolo “La formazione della nozione di fatto urbano 1953-66”, è dedicata alla presentazione dell’elaborazione teorica negli scritti di Rossi prima de L’architettura della città, ossia dal 1953 al 1966. Questa parte cerca di descrivere le radici culturali di Rossi, le sue collaborazioni e i suoi interessi ripercorrendo la progressiva definizione della concezione di città nel tempo. Si è analizzato il percorso maturato da Rossi e i documenti scritti fin dagli anni in cui era studente alla Facoltà di Architettura Politecnico di Milano. Emerge un quadro complesso in cui i primi saggi, gli articoli e gli appunti testimoniano una ricerca intellettuale tesa alla costruzione di un sapere sullo sfondo del realismo degli anni Cinquanta. Rossi matura infatti un impegno culturale che lo porta dopo la laurea ad affrontare discorsi più generali sulla città. In particolare la sua importante collaborazione con la rivista Casabella-continuità, con il suo direttore Ernesto Nathan Rogers e tutto il gruppo redazionale segnano il periodo successivo in cui compare l’interesse per la letteratura urbanistica, l’arte, la sociologia, la geografia, l’economia e la filosofia. Seguono poi dal 1963 gli anni di lavoro insieme al gruppo diretto da Carlo Aymonino all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, e in particolare le ricerche sulla tipologia edilizia e la morfologia urbana, che portano Rossi a compiere una sintesi analitica per la fondazione di una teoria della città. Dall’indagine si rileva infatti come gli scritti antecedenti L’architettura della città sviluppano lo studio dei fatti urbani fino ad andare a costituire il nucleo teorico di diversi capitoli del libro. Si racconta così la genesi del libro, la cui scrittura si è svolta nell’arco di due anni, e le aspirazioni che hanno portato quello che era stato concepito come un “manuale d’urbanistica” a divenire quello che Rossi definirà “l’abbozzo di un trattato” per la formulazione di una scienza urbana. 3. la terza parte, dal titolo “La struttura materiale dei fatti urbani: la teoria della permanenza”, indaga monograficamente lo studio della città come un fatto materiale, un manufatto, la cui costruzione è avvenuta nel tempo e del tempo mantiene le tracce. Sul tema della teoria della permanenza è stato importante impostare un confronto con il dibattito vivo negli anni della ricostruzione dopo la guerra intorno ai temi delle preesistenze ambientali nella ricostruzione negli ambienti storici. Sono emersi fin da subito importanti la relazione con Ernesto Nathan Rogers, le discussioni sulle pagine di Casabella-Continuità, la partecipazione ad alcuni dibatti e ricerche. Si è inoltre Rilevato l’uso di diversi termini mutuati dalle tesi filosofiche di alcune personalità come Antonio Banfi e Enzo Paci, poi elaborati dal nucleo redazionale di Casabella-Continuità, di cui faceva parte anche Rossi. Sono così emersi alcuni spostamenti di senso e la formulazione di un vocabolario di termini all’interno della complessa vicenda della cultura architettonica degli anni Cinquanta e Sessanta. 1. Si è poi affrontato questo tema analizzando le forme con cui Rossi presenta la definizione della teoria della permanenza e i contributi desunti da alcuni autori per la costruzione scientifica di una teoria dell’architettura, il cui fine è quello di essere trasmissibile e di offrire strumenti di indagine concreti. Questa ricerca ha permesso di ipotizzare come il lavoro dei geografi francesi della prima metà del XX secolo, e in particolare il contributo più rilevante di Marcel Poëte e di Pierre Lavedan, costituiscono le fonti principali e il campo d’indagine maggiormente esplorato da Rossi per definire la teoria della permanenza e i monumenti. Le permanenze non sono dunque presentate ne L’architettura della città come il “tutto”, ma emergono da un metodo che sceglie di isolare i fatti urbani permanenti, consentendo così di compiere un’ipotesi su “ciò che resta” dopo le trasformazioni continue che operano nella città. Le fonti su cui ho lavorato sono state quelle annunciate da Rossi ne L’architettura della città, e più precisamente i testi nelle edizioni da lui consultate. Anche questo lavoro ha permesso un confronto dei testi che ha fatto emergere ne L’architettura della città l’uso di termini mutuati da linguaggi appartenenti ad altre discipline e quale sia l’uso di concetti estrapolati nella loro interezza. Presupposti metodologici Della formulazione della nozione di fatto urbano si sono indagate l’originalità dell’espressione, le connessioni presunte o contenute negli studi di Rossi sulla città attraverso la raccolta di fonti dirette e indirette che sono andate a formare un notevole corpus di scritti. Le fonti dirette più rilevanti sono state trovare nelle collezioni speciali del Getty Research Institute di Los Angeles in cui sono conservati gli Aldo Rossi Papers, questo archivio comprende materiali inediti dal 1954 al 1988. La natura dei materiali si presenta sotto forma di manoscritti, dattiloscritti, quaderni, documenti ciclostilati, appunti sparsi e una notevole quantità di corrispondenza. Negli Aldo Rossi Papers si trovano anche 32 dei 47 Quaderni Azzurri, le bozze de L’architettura della città e dell’ Autobiografia Scientifica. Per quanto riguarda in particolare L’architettura della città negli Aldo Rossi Papers sono conservati: un quaderno con il titolo “Manuale d’urbanistica, giugno 1963”, chiara prima bozza del libro, degli “Appunti per libro urbanistica estate/inverno 1963”, un quaderno con la copertina rossa datato 20 settembre 1964-8 agosto 1965 e un quaderno con la copertina blu datato 30 agosto 1965-15 dicembre 1965. La possibilità di accedere a questo archivio ha permesso di incrementare la bibliografia relativa agli studi giovanili consentendo di rileggere il percorso culturale in cui Rossi si è formato. E’ così apparsa fondamentale la rivalutazione di alcune questioni relative al realismo socialista che hanno portato a formare un più preciso quadro dei primi scritti di Rossi sullo sfondo di un complesso scenario intellettuale. A questi testi si è affiancata la raccolta delle ricerche universitarie, degli articoli pubblicati su riviste specializzate e degli interventi a dibattiti e seminari. A proposito de L’architettura della città si è raccolta un’ampia letteratura critica riferita sia al testo in specifico che ad una sua collocazione nella storia dell’architettura, mettendo in discussione alcune osservazioni che pongono L’architettura della città come un libro risolutivo e definitivo. Per quanto riguarda il capitolo sulla teoria della permanenza l’analisi è stata svolta a partire dai testi che Rossi stesso indicava ne L’architettura della città rivelando i diversi apporti della letteratura urbanistica francese, e permettendo alla ricerca di precisare le relazioni con alcuni scritti centrali e al contempo colti da Rossi come opportunità per intraprendere l’elaborazione dell’idea di tipo. Per quest’ultima parte si può precisare come Rossi formuli la sua idea di tipo in un contesto culturale dove l’interesse per questo tema era fondamentale. Dunque le fonti che hanno assunto maggior rilievo in quest’ultima fase emergono da un ricco panorama in cui Rossi compie diverse ricerche sia con il gruppo redazionale di Casabella-continuità, sia all’interno della scuola veneziana negli anni Sessanta, ma anche negli studi per l’ILSES e per l’Istituto Nazionale d’Urbanistica. RESEARCH ON THE NOTION OF URBAN ARTIFACT IN THE ARCHITECTURE OF THE CITY BY ALDO ROSSI. Doctoral candidate: Letizia Biondi Tutor: Valter Balducci The present doctoral dissertation deals with the notion of urban artifact that was formulated and presented by Aldo Rossi in his book The Architecture of the City, published in 1966. In The Architecture of the City, the notion of urban artifact is enunciated through a wide range of definitions and forms. In this thesis, a research was done on how the construction of this concept over time was preceded by various studies started in 1953 during the author’s youth, then re-organized and synthesized since 1963 in a manuscript titled “Manual of urban planning” and in two more manuscripts later on. The work of research re-constructed the formulation of the notion of urban artifact through Rossi’s writings. In this sense, the examination of Rossi’s participation in debates, seminars, reviews, university courses or academic researches was of fundamental importance to understand the complexity of a work which is not to be attributed to disciplinary concepts, but to the formulation of a communicable theory. The effort to understand and to explain the notion of urban artifact led to an examination of the meaning used by Rossi to compose The Architecture of the City, which he defines as similar to a treatise. Through this analysis, it emerged that the composition of the book is not directly ascribable to the classical use of editorial writing of a treatise, whose most famous references in the past are the promotion of a correct practice as in the case of Vitruvio’s treatise, or the use of a structure that introduces a new category as in the Alberti case. Contrary to the two founding books, the lack of a global and prescriptive system and the not immediate reference to the writing of a classical treatise are evident in The Architecture of the City. However, the possibility of researching on some unpublished documents allowed to discover that in the writings starting from 1953 the analysis of the questions that are at the core of the notion of urban artifact is rich of intuitions, that aim to autonomy and that would be synthesized, even though not in a systematic way, in his famous book. The attempt was that of highlighting the specification over time of the notion of urban artifact and its elaboration in the various writings preceding the publication of The Architecture of the City. It was also specified that, despite building on theoretical grounds, Rossi indicates a progressive version of the notion of urban artifact, that is a performing use in the city. The present research aims to understand the cultural roots of the notion of urban artifact in two main directions: analyzing, firstly, Rossi’s interests along his formation path and, secondly, the definition of material structure of an urban artifact identified by Rossi in the permanences and enriched by various contributions from other disciplines. The purpose of the present research is to revise the formation path made by Rossi in a critical way, starting by 1953, underlining its innovative aspects and identifying its describing limits, which will never lead to the formulation of an exact notion, but rather to the elaboration of a complex synthesis, enriched by references to other studies. In brief, the thesis is composed of three parts: 1. The first part, titled “The Theory of urban artifacts in The Architecture of the City”, analyzes the concept of urban artifact in the more general theoretical context of the book The Architecture of the City. Such analysis is done by “disassembling” the book, and by linking together the argumentations and the multiplicity of the sources which are explicitly quoted by Rossi. In this context, the book’s structure is defined more precisely through the revision of the references used by Rossi to compose his theoretical project. Moreover, the author’s life is traced back through the various editions, re-printings, introductions and illustrations. Finally, it is specified which role the concept of urban artifact has in the book, pointing out that it is placed in an equal relation with the book’s title; by so doing, the concept of urban artifact gets the new meaning of “fact to be observed”, similar to the use that was suggested by the French urban geography at the beginning of the 20th century. 2. The second part, titled “The formation of the notion of urban artifact 1953-66”, introduces the theoretical elaboration in Rossi’s writings before The Architecture of the City, that is from 1953 to 1966. This part tries to describe Rossi’s cultural roots, his collaborations and his interests, tracing back the progressive definition of his conception of city over time. The analysis focuses on the path followed by Rossi and on the documents that he wrote since the years as a student at the Department of Architecture at the Politecnico in Milan. This leads to a complex scenario of first essays, articles and notes that bear witness to the intellectual research aiming to the construction of a knowledge on the background of the Realism of the 1950s. Rossi develops, in fact, a cultural engagement that leads him after his studies to deal with more general issues about the city. In particular, his important collaboration with the architecture magazine “Casabella-continuità”, with the director Ernesto Nathan Rogers and with the whole redaction staff mark the following period when he starts getting interested in city planning literature, art, sociology, geography, economics and philosophy. Since 1963, Rossi has worked with the group directed by Carlo Aymonino at the “Istituto Universitario di Architettura” (University Institute of Architecture) in Venice, especially researching on building typologies and urban morphology. During these years, Rossi elaborates an analytical synthesis for the formulation of a theory about the city. From the present research, it is evident that the writings preceding The Architecture of the City develop the studies on urban artifacts, which will become theoretical core of different chapters of the book. In conclusion, the genesis of the book is described; written in two years, what was conceived to be an “urban planning manual” became a “treatise draft” for the formulation of an urban science, as Rossi defines it. 3. The third part is titled “The material structure of urban artifacts: the theory of permanence”. This research is made on the study of the city as a material fact, a manufacture, whose construction was made over time, bearing the traces of time. As far as the topic of permanence is concerned, it was also important to draw a comparison with the debate about the issues of environmental pre-existence of re-construction in historical areas, which was very lively during the years of the Reconstruction. Right from the beginning, of fundamental importance were the relationship with Ernesto Nathan Rogers, the discussions on the pages of Casabella-Continuità and the participation to some debates and researches. It is to note that various terms were taken by the philosophical thesis by some personalities such as Antonio Banfi and Enzo Paci, and then re-elaborated by the redaction staff at Casabella-Continuità, which Rossi took part in as well. Through this analysis, it emerged that there were some shifts in meaning and the formulation of a vocabulary of terms within the complex area of the architectonic culture in the 1950s and 1960s. Then, I examined the shapes in which Rossi introduces the definition of the theory of permanence and the references by some authors for the scientific construction of an architecture theory whose aim is being communicable and offering concrete research tools. Such analysis allowed making a hypothesis about the significance for Rossi of the French geographers of the first half of the 20th century: in particular, the work by Marcel Poëte and by Pierre Lavedan is the main source and the research area which Rossi mostly explored to define the theory of permanence and monuments. Therefore, in The Architecture of the City, permanencies are not presented as the “whole”, but they emerge from a method which isolates permanent urban artifacts, in this way allowing making a hypothesis on “what remains” after the continuous transformations made in the city. The sources examined were quoted by Rossi in The Architecture of the City; in particular I analyzed them in the same edition which Rossi referred to. Through such an analysis, it was possible to make a comparison of the texts with one another, which let emerge the use of terms taken by languages belonging to other disciplines in The Architecture of the City and which the use of wholly extrapolated concepts is. Methodological premises As far as the formulation of the notion of urban artifact is concerned, the analysis focuses on the originality of the expression, the connections that are assumed or contained in Rossi’s writings about the city, by collecting direct and indirect sources which formed a significant corpus of writings. The most relevant direct sources were found in the special collections of the Getty Research Institute in Los Angeles, where the “Aldo Rossi Papers” are conserved. This archive contains unpublished material from 1954 to 1988, such as manuscripts, typescripts, notebooks, cyclostyled documents, scraps and notes, and several letters. In the Aldo Rossi Papers there are also 32 out of the 47 Light Blue Notebooks (Quaderni Azzurri), the rough drafts of The Architecture of the City and of the “A Scientific Autobiography”. As regards The Architecture of the City in particular, the Aldo Rossi Papers preserve: a notebook by the title of “Urban planning manual, June, 1963”, which is an explicit first draft of the book; “Notes for urban planning book summer/winter 1963”; a notebook with a red cover dated September 20th, 1964 – August 8th, 1965; and a notebook with a blue cover dated August 30th, 1965 – December 15th, 1965. The possibility of accessing this archive allowed to increase the bibliography related to the youth studies, enabling a revision of the cultural path followed by Rossi’s education. To that end, it was fundamental to re-evaluate some issues linked to the socialist realism which led to a more precise picture of the first writings by Rossi against the background of the intellectual scenario where he formed. In addition to these texts, the collection of university researches, the articles published on specialized reviews and the speeches at debates and seminars were also examined. About The Architecture of the City, a wide-ranging critical literature was collected, related both to the text specifics and to its collocation in the story of architecture, questioning some observations which define The Architecture of the City as a conclusive and definite book. As far as the chapter on the permanence theory is concerned, the analysis started by the texts that Rossi indicated in The Architecture of the City, revealing the different contributions from the French literature on urban planning. This allowed to the present research a more specific definition of the connections to some central writings which, at the same time, were seen by Rossi as an opportunity to start up the elaboration of the idea of type. For this last part, it can be specified that Rossi formulates his idea of type in a cultural context where the interest in this topic was fundamental. Therefore, the sources which played a central role in this final phase emerge from an extensive panorama in which Rossi researched not only with the redaction staff at Casablanca-continuità and within the School of Venice in the 1960s, but also in his studies for the ILSES (Institute of the Region Lombardia for Economics and Social Studies) and for the National Institute of Urban Planning.

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The thesis aims at inquiring into the issue of innovation and organizational and institutional change in the public administration with regard to the increasingly massive adoption of participatory devices and practices in various arenas of public policies. The field of reference regards transformations of the types of public actions and regulation systems, concerning governance. Together with the crisis of the public function and of the role played by the insitutions what is emerging are different levels of governement, both towards an over national and a local direction, and a plurality of social interlocutors, followed by a post-bureaucratic pattern of the public administration that is opening itself in the direction of environment and citizens. The public adminstration is no longer considered an inert object within the bureaucratic paradigm but as a series of communicative processes, choices, cultures and practices that actively builds itself and the environment it interacts with. Therefore, the output of the public administration isn’t the simple service being supplied but the relationship enacted with the citizen, relationship that becomes the constituent basis of adminstrative processes. The intention of thesis is to take into consideration the relation between innovation of the public administration and participatory experimentations and implementations regarded as exchanges in which citizens and the public administration hold talks and debates. The issue of the organizational change of the public administration as output and effect of inclusive deliberative practices has been analysed starting from an institutionalist approach, in other words examining the constituent features of institutions, “rediscovering” them with regard to their public nature, their ability to elaborate collective values and meanings, the social definition of problems and solutions. The participatory device employed by the Forlì city council that involved enterprises and cultural associations of the area in order to build a participatory Table, has been studied through a qualitative methodology (participant observation and semi-strutctured interviews). The analysis inquired into the public nature both of the participatory device and the administrative action itself as well as into elements pertaining the deliberative setting, the regulative reference framework and the actors which took part in the process.

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Abstract. This thesis presents a discussion on a few specific topics regarding the low velocity impact behaviour of laminated composites. These topics were chosen because of their significance as well as the relatively limited attention received so far by the scientific community. The first issue considered is the comparison between the effects induced by a low velocity impact and by a quasi-static indentation experimental test. An analysis of both test conditions is presented, based on the results of experiments carried out on carbon fibre laminates and on numerical computations by a finite element model. It is shown that both quasi-static and dynamic tests led to qualitatively similar failure patterns; three characteristic contact force thresholds, corresponding to the main steps of damage progression, were identified and found to be equal for impact and indentation. On the other hand, an equal energy absorption resulted in a larger delaminated area in quasi-static than in dynamic tests, while the maximum displacement of the impactor (or indentor) was higher in the case of impact, suggesting a probably more severe fibre damage than in indentation. Secondly, the effect of different specimen dimensions and boundary conditions on its impact response was examined. Experimental testing showed that the relationships of delaminated area with two significant impact parameters, the absorbed energy and the maximum contact force, did not depend on the in-plane dimensions and on the support condition of the coupons. The possibility of predicting, by means of a simplified numerical computation, the occurrence of delaminations during a specific impact event is also discussed. A study about the compressive behaviour of impact damaged laminates is also presented. Unlike most of the contributions available about this subject, the results of compression after impact tests on thin laminates are described in which the global specimen buckling was not prevented. Two different quasi-isotropic stacking sequences, as well as two specimen geometries, were considered. It is shown that in the case of rectangular coupons the lay-up can significantly affect the damage induced by impact. Different buckling shapes were observed in laminates with different stacking sequences, in agreement with the results of numerical analysis. In addition, the experiments showed that impact damage can alter the buckling mode of the laminates in certain situations, whereas it did not affect the compressive strength in every case, depending on the buckling shape. Some considerations about the significance of the test method employed are also proposed. Finally, a comprehensive study is presented regarding the influence of pre-existing in-plane loads on the impact response of laminates. Impact events in several conditions, including both tensile and compressive preloads, both uniaxial and biaxial, were analysed by means of numerical finite element simulations; the case of laminates impacted in postbuckling conditions was also considered. The study focused on how the effect of preload varies with the span-to-thickness ratio of the specimen, which was found to be a key parameter. It is shown that a tensile preload has the strongest effect on the peak stresses at low span-to-thickness ratios, leading to a reduction of the minimum impact energy required to initiate damage, whereas this effect tends to disappear as the span-to-thickness ratio increases. On the other hand, a compression preload exhibits the most detrimental effects at medium span-to-thickness ratios, at which the laminate compressive strength and the critical instability load are close to each other, while the influence of preload can be negligible for thin plates or even beneficial for very thick plates. The possibility to obtain a better explanation of the experimental results described in the literature, in view of the present findings, is highlighted. Throughout the thesis the capabilities and limitations of the finite element model, which was implemented in an in-house program, are discussed. The program did not include any damage model of the material. It is shown that, although this kind of analysis can yield accurate results as long as damage has little effect on the overall mechanical properties of a laminate, it can be helpful in explaining some phenomena and also in distinguishing between what can be modelled without taking into account the material degradation and what requires an appropriate simulation of damage. Sommario. Questa tesi presenta una discussione su alcune tematiche specifiche riguardanti il comportamento dei compositi laminati soggetti ad impatto a bassa velocità. Tali tematiche sono state scelte per la loro importanza, oltre che per l’attenzione relativamente limitata ricevuta finora dalla comunità scientifica. La prima delle problematiche considerate è il confronto fra gli effetti prodotti da una prova sperimentale di impatto a bassa velocità e da una prova di indentazione quasi statica. Viene presentata un’analisi di entrambe le condizioni di prova, basata sui risultati di esperimenti condotti su laminati in fibra di carbonio e su calcoli numerici svolti con un modello ad elementi finiti. È mostrato che sia le prove quasi statiche sia quelle dinamiche portano a un danneggiamento con caratteristiche qualitativamente simili; tre valori di soglia caratteristici della forza di contatto, corrispondenti alle fasi principali di progressione del danno, sono stati individuati e stimati uguali per impatto e indentazione. D’altro canto lo stesso assorbimento di energia ha portato ad un’area delaminata maggiore nelle prove statiche rispetto a quelle dinamiche, mentre il massimo spostamento dell’impattatore (o indentatore) è risultato maggiore nel caso dell’impatto, indicando la probabilità di un danneggiamento delle fibre più severo rispetto al caso dell’indentazione. In secondo luogo è stato esaminato l’effetto di diverse dimensioni del provino e diverse condizioni al contorno sulla sua risposta all’impatto. Le prove sperimentali hanno mostrato che le relazioni fra l’area delaminata e due parametri di impatto significativi, l’energia assorbita e la massima forza di contatto, non dipendono dalle dimensioni nel piano dei provini e dalle loro condizioni di supporto. Viene anche discussa la possibilità di prevedere, per mezzo di un calcolo numerico semplificato, il verificarsi di delaminazioni durante un determinato caso di impatto. È presentato anche uno studio sul comportamento a compressione di laminati danneggiati da impatto. Diversamente della maggior parte della letteratura disponibile su questo argomento, vengono qui descritti i risultati di prove di compressione dopo impatto su laminati sottili durante le quali l’instabilità elastica globale dei provini non è stata impedita. Sono state considerate due differenti sequenze di laminazione quasi isotrope, oltre a due geometrie per i provini. Viene mostrato come nel caso di provini rettangolari la sequenza di laminazione possa influenzare sensibilmente il danno prodotto dall’impatto. Due diversi tipi di deformate in condizioni di instabilità sono stati osservati per laminati con diversa laminazione, in accordo con i risultati dell’analisi numerica. Gli esperimenti hanno mostrato inoltre che in certe situazioni il danno da impatto può alterare la deformata che il laminato assume in seguito ad instabilità; d’altra parte tale danno non ha sempre influenzato la resistenza a compressione, a seconda della deformata. Vengono proposte anche alcune considerazioni sulla significatività del metodo di prova utilizzato. Infine viene presentato uno studio esaustivo riguardo all’influenza di carichi membranali preesistenti sulla risposta all’impatto dei laminati. Sono stati analizzati con simulazioni numeriche ad elementi finiti casi di impatto in diverse condizioni di precarico, sia di trazione sia di compressione, sia monoassiali sia biassiali; è stato preso in considerazione anche il caso di laminati impattati in condizioni di postbuckling. Lo studio si è concentrato in particolare sulla dipendenza degli effetti del precarico dal rapporto larghezza-spessore del provino, che si è rivelato un parametro fondamentale. Viene illustrato che un precarico di trazione ha l’effetto più marcato sulle massime tensioni per bassi rapporti larghezza-spessore, portando ad una riduzione della minima energia di impatto necessaria per innescare il danneggiamento, mentre questo effetto tende a scomparire all’aumentare di tale rapporto. Il precarico di compressione evidenzia invece gli effetti più deleteri a rapporti larghezza-spessore intermedi, ai quali la resistenza a compressione del laminato e il suo carico critico di instabilità sono paragonabili, mentre l’influenza del precarico può essere trascurabile per piastre sottili o addirittura benefica per piastre molto spesse. Viene evidenziata la possibilità di trovare una spiegazione più soddisfacente dei risultati sperimentali riportati in letteratura, alla luce del presente contributo. Nel corso della tesi vengono anche discussi le potenzialità ed i limiti del modello ad elementi finiti utilizzato, che è stato implementato in un programma scritto in proprio. Il programma non comprende alcuna modellazione del danneggiamento del materiale. Viene però spiegato come, nonostante questo tipo di analisi possa portare a risultati accurati soltanto finché il danno ha scarsi effetti sulle proprietà meccaniche d’insieme del laminato, esso possa essere utile per spiegare alcuni fenomeni, oltre che per distinguere fra ciò che si può riprodurre senza tenere conto del degrado del materiale e ciò che invece richiede una simulazione adeguata del danneggiamento.

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The experience of void, essential to the production of forms and to make use them, can be considered as the base of the activities that attend to the formative processes. If void and matter constitutes the basic substances of architecture. Their role in the definition of form, the symbolic value and the constructive methods of it defines the quality of the space. This job inquires the character of space in the architecture of Moneo interpreting the meaning of the void in the Basque culture through the reading of the form matrices in the work of Jorge Oteiza and Eduardo Chillida. In the tie with the Basque culture a reading key is characterized by concurring to put in relation some of the theoretical principles expressed by Moneo on the relationship between place and time, in an unique and specific vision of the space. In the analysis of the process that determines the genesis of the architecture of Moneo emerges a trajectory whose direction is constructed on two pivos: on the one hand architecture like instrument of appropriation of the place, gushed from an acquaintance process who leans itself to the reading of the relations that define the place and of the resonances through which measuring it, on the other hand the architecture whose character is able to represent and to extend the time in which he is conceived, through the autonomy that is conferred to them from values. Following the trace characterized from this hypothesis, that is supported on the theories elaborated from Moneo, surveying deepens the reading of the principles that construct the sculptural work of Oteiza and Chillida, features from a search around the topic of the void and to its expression through the form. It is instrumental to the definition of a specific area that concurs to interpret the character of the space subtended to a vision of the place and the time, affine to the sensibility of Moneo and in some way not stranger to its cultural formation. The years of the academic formation, during which Moneo enters in contact with the Basque artistic culture, seem to be an important period in the birth of that knowledge that will leads him to the formulation of theories tied to the relationship between time, place and architecture. The values expressed through the experimental work of Oteiza and Chillida during years '50 are valid bases to the understanding of such relationships. In tracing a profile of the figures of Oteiza and Chillida, without the pretension that it is exhaustive for the reading of the complex historical period in which they are placed, but with the needs to put the work in a context, I want to be evidenced the important role carried out from the two artists from the Basque cultural area within which Moneo moves its first steps. The tie that approaches Moneo to the Basque culture following the personal trajectory of the formative experience interlaces to that one of important figures of the art and the Spanish architecture. One of the more meaningful relationships is born just during the years of his academic formation, from 1958 to the 1961, when he works like student in the professional office of the architect Francisco Sáenz de Oiza, who was teaching architectural design at the ETSAM. In these years many figures of Basque artists alternated at the professional office of Oiza that enjoys the important support of the manufacturer and maecenas Juan Huarte Beaumont, introduced to he from Oteiza. The tie between Huarte and Oteiza is solid and continuous in the years and it realizes in a contribution to many of the initiatives that makes of Oteiza a forwarder of the Basque culture. In the four years of collaboration with Oiza, Moneo has the opportunity to keep in contact with an atmosphere permeated by a constant search in the field of the plastic art and with figures directly connected to such atmosphere. It’s of a period of great intensity as in the production like in the promotion of the Basque art. The collective “Blanco y Negro”, than is held in 1959 at the Galería Darro to Madrid, is only one of the many times of an exhibition of the work of Oteiza and Chillida. The end of the Fifties is a period of international acknowledgment for Chillida that for Oteiza. The decade of the Fifties consecrates the hypotheses of a mythical past of the Basque people through the spread of the studies carried out in the antecedent years. The archaeological discoveries that join to a context already rich of signs of the prehistoric era, consolidate the knowledge of a strong cultural identity. Oteiza, like Chillida and other contemporary artists, believe in a cosmogonist conception belonging to the Basques, connected to their matriarchal mythological past. The void in its meaning of absence, in the Basque culture, thus as in various archaic and oriental religions, is equivalent to the spiritual fullness as essential condition to the revealing of essence. Retracing the archaic origins of the Basque culture emerges the deep meaning that the void assumes as key element in the religious interpretation of the passage from the life to the death. The symbology becomes rich of meaningful characters who derive from the fact that it is a chthonic cult. A representation of earth like place in which divine manifest itself but also like connection between divine and human, and this manipulation of the matter of which the earth it is composed is the tangible projection of the continuous search of the man towards God. The search of equilibrium between empty and full, that characterizes also the development of the form in architecture, in the Basque culture assumes therefore a peculiar value that returns like constant in great part of the plastic expressions, than in this context seem to be privileged regarding the other expressive forms. Oteiza and Chillida develop two original points of view in the representation of the void through the form. Both use of rigorous systems of rules sensitive to the physics principles and the characters of the matter. The last aim of the Oteiza’s construction is the void like limit of the knowledge, like border between known and unknown. It doesn’t means to reduce the sculptural object to an only allusive dimension because the void as physical and spiritual power is an active void, that possesses that value able to reveal the being through the trace of un-being. The void in its transcendental manifestation acts at the same time from universal and from particular, like in the atomic structure of the matter, in which on one side it constitutes the inner structure of every atom and on the other one it is necessary condition to the interaction between all the atoms. The void can be seen therefore as the action field that concurs the relations between the forms but is also the necessary condition to the same existence of the form. In the construction of Chillida the void represents that counterpart structuring the matter, inborn in it, the element in absence of which wouldn’t be variations neither distinctive characters to define the phenomenal variety of the world. The physics laws become the subject of the sculptural representation, the void are the instrument that concurs to catch up the equilibrium. Chillida dedicate himself to experience the space through the senses, to perceive of the qualities, to tell the physics laws which forge the matter in the form and the form arranges the places. From the artistic experience of the two sculptors they can be transposed, to the architectonic work of Moneo, those matrices on which they have constructed their original lyric expressions, where the void is absolute protagonist. An ambit is defined thus within which the matrices form them drafts from the work of Oteiza and Chillida can be traced in the definition of the process of birth and construction of the architecture of Moneo, but also in the relation that the architecture establishes with the place and in the time. The void becomes instrument to read the space constructed in its relationships that determine the proportions, rhythms, and relations. In this way the void concurs to interpret the architectonic space and to read the value of it, the quality of the spaces constructing it. This because it’s like an instrument of the composition, whose role is to maintain to the separation between the elements putting in evidence the field of relations. The void is that instrument that serves to characterize the elements that are with in the composition, related between each other, but distinguished. The meaning of the void therefore pushes the interpretation of the architectonic composition on the game of the relations between the elements that, independent and distinguished, strengthen themselves in their identity. On the one hand if void, as measurable reality, concurs all the dimensional changes quantifying the relationships between the parts, on the other hand its dialectic connotation concurs to search the equilibrium that regulated such variations. Equilibrium that therefore does not represent an obtained state applying criteria setting up from arbitrary rules but that depends from the intimate nature of the matter and its embodiment in the form. The production of a form, or a formal system that can be finalized to the construction of a building, is indissolubly tied to the technique that is based on the acquaintance of the formal vocation of the matter, and what it also can representing, meaning, expresses itself in characterizing the site. For Moneo, in fact, the space defined from the architecture is above all a site, because the essence of the site is based on the construction. When Moneo speaks about “birth of the idea of plan” like essential moment in the construction process of the architecture, it refers to a process whose complexity cannot be born other than from a deepened acquaintance of the site that leads to the comprehension of its specificity. Specificity arise from the infinite sum of relations, than for Moneo is the story of the oneness of a site, of its history, of the cultural identity and of the dimensional characters that that they are tied to it beyond that to the physical characteristics of the site. This vision is leaned to a solid made physical structure of perceptions, of distances, guideline and references that then make that the process is first of all acquaintance, appropriation. Appropriation that however does not happen for directed consequence because does not exist a relationship of cause and effect between place and architecture, thus as an univocal and exclusive way does not exist to arrive to a representation of an idea. An approach that, through the construction of the place where the architecture acquires its being, searches an expression of its sense of the truth. The proposal of a distinction for areas like space, matter, spirit and time, answering to the issues that scan the topics of the planning search of Moneo, concurs a more immediate reading of the systems subtended to the composition principles, through which is related the recurrent architectonic elements in its planning dictionary. From the dialectic between the opposites that is expressed in the duality of the form, through the definition of a complex element that can mediate between inside and outside as a real system of exchange, Moneo experiences the form development of the building deepening the relations that the volume establishes in the site. From time to time the invention of a system used to answer to the needs of the program and to resolve the dual character of the construction in an only gesture, involves a deep acquaintance of the professional practice. The technical aspect is the essential support to which the construction of the system is indissolubly tied. What therefore arouses interest is the search of the criteria and the way to construct that can reveal essential aspects of the being of the things. The constructive process demands, in fact, the acquaintance of the formative properties of the matter. Property from which the reflections gush on the relations that can be born around the architecture through the resonance produced from the forms. The void, in fact, through the form is in a position to constructing the site establishing a reciprocity relation. A reciprocity that is determined in the game between empty and full and of the forms between each other, regarding around, but also with regard to the subjective experience. The construction of a background used to amplify what is arranged on it and to clearly show the relations between the parts and at the same time able to tie itself with around opening the space of the vision, is a system that in the architecture of Moneo has one of its more effective applications in the use of the platform used like architectonic element. The spiritual force of this architectonic gesture is in the ability to define a place whose projecting intention is perceived and shared with who experience and has lived like some instrument to contact the cosmic forces, in a delicate process that lead to the equilibrium with them, but in completely physical way. The principles subtended to the construction of the form taken from the study of the void and the relations that it concurs, lead to express human values in the construction of the site. The validity of these principles however is tested from the time. The time is what Moneo considers as filter that every architecture is subordinate to and the survival of architecture, or any of its formal characters, reveals them the validity of the principles that have determined it. It manifests thus, in the tie between the spatial and spiritual dimension, between the material and the worldly dimension, the state of necessity that leads, in the construction of the architecture, to establish a contact with the forces of the universe and the intimate world, through a process that translate that necessity in elaboration of a formal system.

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La studio della distribuzione spaziale e temporale della associazioni a foraminiferi planctonici, campionati in zone con differente regime idrografico, ha permesso di comprendere che molte specie possono essere diagnostiche della presenza di diverse masse d’acqua superficiali e sottosuperficiali e di diversi regimi di nutrienti nelle acque oceaniche. Parte di questo lavoro di tesi si basa sullo studio delle associazioni a foraminiferi planctonici attualmente viventi nel Settore Pacifico dell’Oceano Meridionale (Mare di Ross e Zona del Fronte Polare) e nel Mare Mediterraneo (Mar Tirreno Meridionale). L’obiettivo di questo studio è quello di comprendere i fattori (temperatura, salinità, nutrienti etc.) che determinano la distribuzione attuale delle diverse specie al fine di valutarne il valore di “indicatori” (proxies) utili alla ricostruzione degli scenari paleoclimatici e paleoceanografici succedutisi in queste aree. I risultati documentano che la distribuzione delle diverse specie, il numero di individui e le variazioni nella morfologia di alcuni taxa sono correlate alle caratteristiche chimico-fisiche della colonna e alla disponibilità di nutrienti e di clorofilla. La seconda parte del lavoro di tesi ha previsto l’analisi degli isotopi stabili dell’ossigeno e del rapporto Mg/Ca in gusci di N. pachyderma (sin) prelevati da pescate di micro zooplancton (per tarare l’equazione di paleo temperatura) da un box core e da una carota provenienti dalla zona del Fronte Polare (Oceano Pacifico meridionale), al fine di ricostruire le variazioni di temperatura negli ultimi 13 ka e durante la Mid-Pleistocene Revolution. Le temperature, dedotte tramite i valori degli isotopi stabili dell’ossigeno, sono coerenti con le temperature attuali documentate in questa zona e il trend di temperatura è paragonabile a quelli riportati in letteratura anche per eventi climatici come lo Younger Dryas e il mid-Holocene Optimum. I valori del rapporto Mg/Ca misurato tramite due diverse tecniche di analisi (laser ablation e analisi in soluzione) sono risultati sempre molto più alti dei valori riportati in letteratura per la stessa specie. La laser ablation sembra carente dal punto di vista del cleaning del campione e da questo studio emerge che le due tecniche non sono comparabili e che non possono essere usate indifferentemente sullo stesso campione. Per quanto riguarda l’analisi dei campioni in soluzione è stato migliorato il protocollo di cleaning per il trattamento di campioni antartici, che ha permesso di ottenere valori veritieri e utili ai fini delle ricostruzioni di paleotemperatura. Tuttavia, rimane verosimile l’ipotesi che in ambienti particolari come questo, con salinità e temperature molto basse, l’incorporazione del Mg all’interno del guscio risenta delle condizioni particolari e che non segua quindi la relazione esponenziale con la temperatura ampiamente dimostrata ad altre latitudini.

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Descrizione, tema e obiettivi della ricerca La ricerca si propone lo studio delle possibili influenze che la teoria di Aldo Rossi ha avuto sulla pratica progettuale nella Penisola Iberica, intende quindi affrontare i caratteri fondamentali della teoria che sta alla base di un metodo progettuale ed in particolar modo porre l'attenzione alle nuove costruzioni quando queste si confrontano con le città storiche. Ha come oggetto principale lo studio dei documenti, saggi e scritti riguardanti il tema della costruzione all'interno delle città storiche. Dallo studio di testi selezionati di Aldo Rossi sulla città si vuole concentrare l'attenzione sull'influenza che tale teoria ha avuto nei progetti della Penisola Iberica, studiare come è stata recepita e trasmessa successivamente, attraverso gli scritti di autori spagnoli e come ha visto un suo concretizzarsi poi nei progetti di nuove costruzioni all'interno delle città storiche. Si intende restringere il campo su un periodo ed un luogo precisi, Spagna e Portogallo a partire dagli anni Settanta, tramite la lettura di un importante evento che ha ufficializzato il contatto dell'architetto italiano con la Penisola Iberica, quale il Seminario di Santiago de Compostela tenutosi nel 1976. Al Seminario parteciparono numerosi architetti che si confrontarono su di un progetto per la città di Santiago e furono invitati personaggi di fama internazionale a tenere lezioni introduttive sul tema di dibattito in merito al progetto e alla città storica. Il Seminario di Santiago si colloca in un periodo storico cruciale per la Penisola Iberica, nel 1974 cade il regime salazarista in Portogallo e nel 1975 cade il regime franchista in Spagna ed è quindi di rilevante importanza capire il legame tra l'architettura e la nuova situazione politica. Dallo studio degli interventi, dei progetti che furono prodotti durante il Seminario, della relazione tra questo evento ed il periodo storico in cui esso va contestualizzato, si intende giungere alla individuazione delle tracce della reale presenza di tale eredità. Presupposti metodologici. Percorso e strumenti di ricerca La ricerca può quindi essere articolata in distinte fasi corrispondenti per lo più ai capitoli in cui si articola la tesi: una prima fase con carattere prevalentemente storica, di ricerca del materiale per poter definire il contesto in cui si sviluppano poi le vicende oggetto della tesi; una seconda fase di impronta teorica, ossia di ricerca bibliografica del materiale e delle testimonianze che provvedono alla definizione della reale presenza di effetti scaturiti dai contatti tra Rossi e la Penisola Iberica, per andare a costruire una eredità ; una terza fase che entra nel merito della composizione attraverso lo studio e la verifica delle prime due parti, tramite l'analisi grafica applicata ad uno specifico esempio architettonico selezionato; una quarta fase dove il punto di vista viene ribaltato e si indaga l'influenza dei luoghi visitati e dei contatti intrattenuti con alcuni personaggi della Penisola Iberica sull'architettura di Rossi, ricercandone i riferimenti. La ricerca è stata condotta attraverso lo studio di alcuni eventi selezionati nel corso degli anni che si sono mostrati significativi per l'indagine, per la risonanza che hanno avuto sulla storia dell'architettura della Penisola. A questo scopo si sono utilizzati principalmente tre strumenti: lo studio dei documenti, le pubblicazioni e le riviste prodotte in Spagna, gli scritti di Aldo Rossi in merito, e la testimonianza diretta attraverso interviste di personaggi chiave. La ricerca ha prodotto un testo suddiviso per capitoli che rispetta l'organizzazione in fasi di lavoro. A seguito di determinate condizioni storiche e politiche, studiate nella ricerca a supporto della tesi espressa, nella Penisola Iberica si è verificato il diffondersi della necessità e del desiderio di guardare e prendere a riferimento l'architettura europea e in particolar modo quella italiana. Il periodo sul quale viene focalizzata l'attenzione ha inizio negli anni Sessanta, gli ultimi prima della caduta delle dittature, scenario dei primi viaggi di Aldo Rossi nella Penisola Iberica. Questi primi contatti pongono le basi per intense e significative relazioni future. Attraverso l'approfondimento e la studio dei materiali relativi all'oggetto della tesi, si è cercato di mettere in luce il contesto culturale, l'attenzione e l'interesse per l'apertura di un dibattito intorno all'architettura, non solo a livello nazionale, ma europeo. Ciò ha evidenziato il desiderio di innescare un meccanismo di discussione e scambio di idee, facendo leva sull'importanza dello sviluppo e ricerca di una base teorica comune che rende coerente i lavori prodotti nel panorama architettonico iberico, seppur ottenendo risultati che si differenziano gli uni dagli altri. E' emerso un forte interesse per il discorso teorico sull'architettura, trasmissibile e comunicabile, che diventa punto di partenza per un metodo progettuale. Ciò ha reso palese una condivisione di intenti e l'assunzione della teoria di Aldo Rossi, acquisita, diffusa e discussa, attraverso la pubblicazione dei suoi saggi, la conoscenza diretta con l'architetto e la sua architettura, conferenze, seminari, come base teorica su cui fondare il proprio sapere architettonico ed il processo metodologico progettuale da applicare di volta in volta negli interventi concreti. Si è giunti così alla definizione di determinati eventi che hanno permesso di entrare nel profondo della questione e di sondare la relazione tra Rossi e la Penisola Iberica, il materiale fornito dallo studio di tali episodi, quali il I SIAC, la diffusione della rivista "2C. Construccion de la Ciudad", la Coleccion Arquitectura y Critica di Gustavo Gili, hanno poi dato impulso per il reperimento di una rete di ulteriori riferimenti. E' stato possibile quindi individuare un gruppo di architetti spagnoli, che si identificano come allievi del maestro Rossi, impegnato per altro in quegli anni nella formazione di una Scuola e di un insegnamento, che non viene recepito tanto nelle forme, piuttosto nei contenuti. I punti su cui si fondano le connessioni tra l'analisi urbana e il progetto architettonico si centrano attorno due temi di base che riprendono la teoria esposta da Rossi nel saggio L'architettura della città : - relazione tra l'area-studio e la città nella sua globalità, - relazione tra la tipologia edificatoria e gli aspetti morfologici. La ricerca presentata ha visto nelle sue successive fasi di approfondimento, come si è detto, lo sviluppo parallelo di più tematiche. Nell'affrontare ciascuna fase è stato necessario, di volta in volta, operare una verifica delle tappe percorse precedentemente, per mantenere costante il filo del discorso col lavoro svolto e ritrovare, durante lo svolgimento stesso della ricerca, gli elementi di connessione tra i diversi episodi analizzati. Tale operazione ha messo in luce talvolta nodi della ricerca rimasti in sospeso che richiedevano un ulteriore approfondimento o talvolta solo una rivisitazione per renderne possibile un più proficuo collegamento con la rete di informazioni accumulate. La ricerca ha percorso strade diverse che corrono parallele, per quanto riguarda il periodo preso in analisi: - i testi sulla storia dell'architettura spagnola e la situazione contestuale agli anni Settanta - il materiale riguardante il I SIAC - le interviste ai partecipanti al I SIAC - le traduzioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica - la rivista "2C. Construccion de la Ciudad" Esse hanno portato alla luce una notevole quantità di tematiche, attraverso le quali, queste strade vengono ad intrecciarsi e a coincidere, verificando l'una la veridicità dell'altra e rafforzandone il valore delle affermazioni. Esposizione sintetica dei principali contenuti esposti dalla ricerca Andiamo ora a vedere brevemente i contenuti dei singoli capitoli. Nel primo capitolo Anni Settanta. Periodo di transizione per la Penisola Iberica si è cercato di dare un contesto storico agli eventi studiati successivamente, andando ad evidenziare gli elementi chiave che permettono di rintracciare la presenza della predisposizione ad un cambiamento culturale. La fase di passaggio da una condizione di chiusura rispetto alle contaminazioni provenienti dall'esterno, che caratterizza Spagna e Portogallo negli anni Sessanta, lascia il posto ad un graduale abbandono della situazione di isolamento venutasi a creare intorno al Paese a causa del regime dittatoriale, fino a giungere all'apertura e all'interesse nei confronti degli apporti culturali esterni. E' in questo contesto che si gettano le basi per la realizzazione del I Seminario Internazionale di Architettura Contemporanea a Santiago de Compostela, del 1976, diretto da Aldo Rossi e organizzato da César Portela e Salvador Tarragó, di cui tratta il capitolo secondo. Questo è uno degli eventi rintracciati nella storia delle relazioni tra Rossi e la Penisola Iberica, attraverso il quale è stato possibile constatare la presenza di uno scambio culturale e l'importazione in Spagna delle teorie di Aldo Rossi. Organizzato all'indomani della caduta del franchismo, ne conserva una reminescenza formale. Il capitolo è organizzato in tre parti, la prima si occupa della ricostruzione dei momenti salienti del Seminario Proyecto y ciudad historica, dagli interventi di architetti di fama internazionale, quali lo stesso Aldo Rossi, Carlo Aymonino, James Stirling, Oswald Mathias Ungers e molti altri, che si confrontano sul tema delle città storiche, alle giornate seminariali dedicate all’elaborazione di un progetto per cinque aree individuate all’interno di Santiago de Compostela e quindi dell’applicazione alla pratica progettuale dell’inscindibile base teorica esposta. Segue la seconda parte dello stesso capitolo riguardante La selezione di interviste ai partecipanti al Seminario. Esso contiene la raccolta dei colloqui avuti con alcuni dei personaggi che presero parte al Seminario e attraverso le loro parole si è cercato di approfondire la materia, in particolar modo andando ad evidenziare l’ambiente culturale in cui nacque l’idea del Seminario, il ruolo avuto nella diffusione della teoria di Aldo Rossi in Spagna e la ripercussione che ebbe nella pratica costruttiva. Le diverse interviste, seppur rivolte a persone che oggi vivono in contesti distanti e che in seguito a questa esperienza collettiva hanno intrapreso strade diverse, hanno fatto emergere aspetti comuni, tale unanimità ha dato ancor più importanza al valore di testimonianza offerta. L’elemento che risulta più evidente è il lascito teorico, di molto prevalente rispetto a quello progettuale che si è andato mescolando di volta in volta con la tradizione e l’esperienza dei cosiddetti allievi di Aldo Rossi. Negli stessi anni comincia a farsi strada l’importanza del confronto e del dibattito circa i temi architettonici e nel capitolo La fortuna critica della teoria di Aldo Rossi nella Penisola Iberica è stato affrontato proprio questo rinnovato interesse per la teoria che in quegli anni si stava diffondendo. Si è portato avanti lo studio delle pubblicazioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, pubblica e traduce in lingua spagnola i più importanti saggi di architettura, tra i quali La arquitectura de la ciudad di Aldo Rossi, nel 1971, e Comlejidad y contradiccion en arquitectura di Robert Venturi nel 1972. Entrambi fondamentali per il modo di affrontare determinate tematiche di cui sempre più in quegli anni si stava interessando la cultura architettonica iberica, diventando così ¬ testi di riferimento anche nelle scuole. Le tracce dell’influenza di Rossi sulla Penisola Iberica si sono poi ricercate nella rivista “2C. Construccion de la Ciudad” individuata come strumento di espressione di una teoria condivisa. Con la nascita nel 1972 a Barcellona di questa rivista viene portato avanti l’impegno di promuovere la Tendenza, facendo riferimento all’opera e alle idee di Rossi ed altri architetti europei, mirando inoltre al recupero di un ruolo privilegiato dell’architettura catalana. A questo proposito sono emersi due fondamentali aspetti che hanno legittimato l’indagine e lo studio di questa fonte: - la diffusione della cultura architettonica, il controllo ideologico e di informazione operato dal lavoro compiuto dalla rivista; - la documentazione circa i criteri di scelta della redazione a proposito del materiale pubblicato. E’ infatti attraverso le pubblicazioni di “2C. Construccion de la Ciudad” che è stato possibile il ritrovamento delle notizie sulla mostra Arquitectura y razionalismo. Aldo Rossi + 21 arquitectos españoles, che accomuna in un’unica esposizione le opere del maestro e di ventuno giovani allievi che hanno recepito e condiviso la teoria espressa ne “L’architettura della città”. Tale mostra viene poi riproposta nella Sezione Internazionale di Architettura della XV Triennale di Milano, la quale dedica un Padiglione col titolo Barcelona, tres epocas tres propuestas. Dalla disamina dei progetti presentati è emerso un interessante caso di confronto tra le Viviendas para gitanos di César Portela e la Casa Bay di Borgo Ticino di Aldo Rossi, di cui si è occupato l’ultimo paragrafo di questo capitolo. Nel corso degli studi è poi emerso un interessante risvolto della ricerca che, capovolgendone l’oggetto stesso, ne ha approfondito gli aspetti cercando di scavare più in profondità nell’analisi della reciproca influenza tra la cultura iberica e Aldo Rossi, questa parte, sviscerata nell’ultimo capitolo, La Penisola Iberica nel “magazzino della memoria” di Aldo Rossi, ha preso il posto di quello che inizialmente doveva presentarsi come il risvolto progettuale della tesi. Era previsto infatti, al termine dello studio dell’influenza di Aldo Rossi sulla Penisola Iberica, un capitolo che concentrava l’attenzione sulla produzione progettuale. A seguito dell’emergere di un’influenza di carattere prettamente teorica, che ha sicuramente modificato la pratica dal punto di vista delle scelte architettoniche, senza però rendersi esplicita dal punto di vista formale, si è preferito, anche per la difficoltà di individuare un solo esempio rappresentativo di quanto espresso, sostituire quest’ultima parte con lo studio dell’altra faccia della medaglia, ossia l’importanza che a sua volta ha avuto la cultura iberica nella formazione della collezione dei riferimenti di Aldo Rossi. L’articolarsi della tesi in fasi distinte, strettamente connesse tra loro da un filo conduttore, ha reso necessari successivi aggiustamenti nel percorso intrapreso, dettati dall’emergere durante la ricerca di nuovi elementi di indagine. Si è pertanto resa esplicita la ricercata eredidi Aldo Rossi, configurandosi però prevalentemente come un’influenza teorica che ha preso le sfumature del contesto e dell’esperienza personale di chi se ne è fatto ricevente, diventandone così un continuatore attraverso il proprio percorso autonomo o collettivo intrapreso in seguito. Come suggerisce José Charters Monteiro, l’eredidi Rossi può essere letta attraverso tre aspetti su cui si basa la sua lezione: la biografia, la teoria dell’architettura, l’opera. In particolar modo per quanto riguarda la Penisola Iberica si può parlare dell’individuazione di un insegnamento riferito alla seconda categoria, i suoi libri di testo, le sue partecipazioni, le traduzioni. Questo è un lascito che rende possibile la continuazione di un dibattito in merito ai temi della teoria dell’architettura, della sue finalità e delle concrete applicazioni nelle opere, che ha permesso il verificarsi di una apertura mentale che mette in relazione l’architettura con altre discipline umanistiche e scientifiche, dalla politica, alla sociologia, comprendendo l’arte, le città la morfologia, la topografia, mediate e messe in relazione proprio attraverso l’architettura.

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The digital electronic market development is founded on the continuous reduction of the transistors size, to reduce area, power, cost and increase the computational performance of integrated circuits. This trend, known as technology scaling, is approaching the nanometer size. The lithographic process in the manufacturing stage is increasing its uncertainty with the scaling down of the transistors size, resulting in a larger parameter variation in future technology generations. Furthermore, the exponential relationship between the leakage current and the threshold voltage, is limiting the threshold and supply voltages scaling, increasing the power density and creating local thermal issues, such as hot spots, thermal runaway and thermal cycles. In addiction, the introduction of new materials and the smaller devices dimension are reducing transistors robustness, that combined with high temperature and frequently thermal cycles, are speeding up wear out processes. Those effects are no longer addressable only at the process level. Consequently the deep sub-micron devices will require solutions which will imply several design levels, as system and logic, and new approaches called Design For Manufacturability (DFM) and Design For Reliability. The purpose of the above approaches is to bring in the early design stages the awareness of the device reliability and manufacturability, in order to introduce logic and system able to cope with the yield and reliability loss. The ITRS roadmap suggests the following research steps to integrate the design for manufacturability and reliability in the standard CAD automated design flow: i) The implementation of new analysis algorithms able to predict the system thermal behavior with the impact to the power and speed performances. ii) High level wear out models able to predict the mean time to failure of the system (MTTF). iii) Statistical performance analysis able to predict the impact of the process variation, both random and systematic. The new analysis tools have to be developed beside new logic and system strategies to cope with the future challenges, as for instance: i) Thermal management strategy that increase the reliability and life time of the devices acting to some tunable parameter,such as supply voltage or body bias. ii) Error detection logic able to interact with compensation techniques as Adaptive Supply Voltage ASV, Adaptive Body Bias ABB and error recovering, in order to increase yield and reliability. iii) architectures that are fundamentally resistant to variability, including locally asynchronous designs, redundancy, and error correcting signal encodings (ECC). The literature already features works addressing the prediction of the MTTF, papers focusing on thermal management in the general purpose chip, and publications on statistical performance analysis. In my Phd research activity, I investigated the need for thermal management in future embedded low-power Network On Chip (NoC) devices.I developed a thermal analysis library, that has been integrated in a NoC cycle accurate simulator and in a FPGA based NoC simulator. The results have shown that an accurate layout distribution can avoid the onset of hot-spot in a NoC chip. Furthermore the application of thermal management can reduce temperature and number of thermal cycles, increasing the systemreliability. Therefore the thesis advocates the need to integrate a thermal analysis in the first design stages for embedded NoC design. Later on, I focused my research in the development of statistical process variation analysis tool that is able to address both random and systematic variations. The tool was used to analyze the impact of self-timed asynchronous logic stages in an embedded microprocessor. As results we confirmed the capability of self-timed logic to increase the manufacturability and reliability. Furthermore we used the tool to investigate the suitability of low-swing techniques in the NoC system communication under process variations. In this case We discovered the superior robustness to systematic process variation of low-swing links, which shows a good response to compensation technique as ASV and ABB. Hence low-swing is a good alternative to the standard CMOS communication for power, speed, reliability and manufacturability. In summary my work proves the advantage of integrating a statistical process variation analysis tool in the first stages of the design flow.

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The dissertation aims to provide an overview of some aspects of everyday life in Roman Britain in general and in the area of Hadrian’s Wall in particular. In a preliminary description, the writer addresses the complex topic related to the genesis of borders as the fulfillment of the expansionist parable of Rome, and as the space manifestation of the sunset of the idea of an imperium sine fine. Then the thesis passes to examine, in subsequent chapters, first the religious theme in its peculiar indigenous component and in the cultural practices triggered by the process of Romanization, secondly the question whether is possible to study everyday life in the northernmost province of the Empire through a discussion of the civilian settlements in proximity to military sites. This issue is drawn especially thanks to the analysis of the so-called Vindolanda tablets, which constitute a valuable evidence of a lively environment both under human and social respect. Before giving an indication of the specific bibliography, the work offers a number of appendices which elaborate part of the information which has been supplied in the previous sections. Mention of the epigraphic repertoires and literary and antiquarian sources is finally made.

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La conoscenza delle esigenze luminose (intensità, spettro, durata minima, massima ed ottimale del fotoperiodo di illuminazione) e della tolleranza alle condizioni degli interni delle piante ad uso decorativo, è di fondamentale importanza per una giusta tecnica di progettazione (dimensionamento e dislocazione dei punti luce) dell’indoor plantscaping. Il lungo periodo di condizionamento al quale queste piante vengono sottoposte, caratterizzato principalmente dalla scarsa disponibilità di luce naturale e dagli alti livelli di concentrazione di CO2 determina una forte influenza sui processi morfo-fisiologici. Il presente studio analizza il fattore luminoso ed è articolato su più punti quali; • caratterizzazione della riposta fotosintetica all’intensità luminosa di 21 delle principali specie a fogliame decorativo comunemente utilizzate nella realizzazione degli spazi verdi indoor, per stabilire quali siano i minimi ed ottimali livelli di PAR tali da garantire una fotosintesi netta positiva e nel complesso le condizioni di maggior benessere per le piante; • quantificazione dell’incremento fotosintetico netto dovuto ad una maggior concentrazione di CO2 negli interni rispetto alla concentrazione CO2 atmosferica esterna, all’aumentare dell’ intensità luminosa artificiale sulle precedenti specie; • monitoraggio dell’andamento delle attività fotosintetiche durante il periodo di illuminazione di 8 ore comunemente utilizzato in un interno ad uso lavorativo, a PAR costante e variabile in Ficus elastica e Dieffenbachia picta, al fine di stabilire quali possano essere le durate e le modalità di somministrazione della luce per rendere massima la fotosintesi netta riducendo al minimo i consumi energetici dovuti all’accensione delle lampade; • valutazione della risposta morfo-fisiologica e fotosintetica a modificazioni dello spettro luminoso mediante l’uso di LED monocromatici colorati ad emissione nel bianco, blu e rosso in Ficus benjamina e Iresine herbistii al fine di stabilire se questo tipo di lampade possano essere utilizzate come fonte integrativa e/o sostitutiva nella realizzazione degli spazi verdi interni. Vengono analizzati il punto si compensazione alla luce (g), il punto di saturazione alla luce (s), l’efficienza quantica (AQE), il punto di respirazione al buio (Rd) e la fotosintesi netta massima (A max) per (Aglaonema commutatum, Asplenium nidus, Anthurium andreanum, Begonia rex, Calathea luoise, Calathea veitchiana, Calathea rufibarba, Calathea zebrina, Codiaeum variegatum, Cthenanthe oppenheimiana, Dieffenbakia picta, Ficus benjamina, Ficus elatica, Ficus longifolia, Fittonia verschaffeltii, Iresine herbistii, Philodendron erubescens, Philodendron pertusum, Potos aureus, Spathiphillum wallisi, Syngonium podophillum ) e classificate le specie in funzione di Amax in quattro categorie; A max < 2 µmol CO2 m-2 s-1, A max compresa tra 2 e 4 µmol CO2 m-2 s-1, Amax cpmpresa tra 4 e 6 µmol CO2 m-2 s-1, Amax > 6 µmol CO2 m-2 s-1, al fine di mettere in risalto la potenzialità fotosintetiche di ogni singola specie. I valori di PAR compresi tra (g) ed (s) forniscono le indicazioni sulle quali basarsi per scegliere una giusta lampada o dimensionare un punto luce per ogni singola specie e/o composizione. È stimata l’influenza di due livelli di concentrazione di CO2 ambientale (400 e 800 ppm) all’incrementare dell’intensità luminosa sul processo fotosintetico delle specie precedenti. Per quasi tutte le specie 800 ppm di CO2 non favoriscono nessun incremento all’attività fotosintetica ad eccezione di Ficus benjamina, Ficus elatica e Syngonium podophillum se non accompagnati da una disponibilità luminosa superiore alle 10 µmol m-2 s-1. Viene monitorato l’andamento dell’attività fotosintetica a PAR costante e variabile (intervallando periodi di 8 minuti a PAR 40 e 80) durante 8 ore di illuminazione su Ficus elastica e Dieffenbachia picta al fine di stabilire la miglior modalità di somministrazione della luce. La fotosintesi netta cumulativa per l’intera durata di illuminazione a PAR costante mostra un calo dopo alcune ore dall’attivazione in Dieffenbackia, e un andamento oscillatorio in Ficus. L’illuminazione alternata consente di raggiungere i quantitativi di CO2 organicata a 80 µmol m-2 s-1 di PAR, dopo 5 ore e mezza sia in Ficus che Dieffenbackia sebbene le potenzialità fotosintetiche delle due piante siano molto differenti. È stato valutato l’effetto dell’illuminazione artificiale mediante LED (15W) a luce bianca, blu e rossa monocromatica in rapporto alla luce neon(36W) bianca tradizionale (con differenti abbinamenti tra le lampade) sui principali parametri morfologici e fisiologici, in Ficus benjamin ‘Variegata’ e Iresine herbistii per verificare se tali fonti possono rappresentare una valida alternativa nella sostituzione o integrazione di altre lampade per gli spazi verdi indoor. Tutte le combinazioni LED indagate possono rappresentare un’alternativa di sostituzione alla coltivazione con neon ed un risparmio energetico di oltre il 50%. Una PAR di 20,6 µmol m-2 s-1 della singola lampada LED bianco è sufficiente per mantenere la pianta in condizioni di sopravvivenza con un consumo di 15W a fronte dei 36W necessari per il funzionamento di ogni neon. La combinazione LED bianco + LED blu monocromatico favorisce il contenimento della taglia della pianta, caratteristica gradita nella fase di utilizzo indoor, una maggior produzione di sostanza secca e un’attività fotosintetica più elevata.

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Leaf rust caused by Puccinia triticina is a serious disease of durum wheat (Triticum durum) worldwide. However, genetic and molecular mapping studies aimed at characterizing leaf rust resistance genes in durum wheat have been only recently undertaken. The Italian durum wheat cv. Creso shows a high level of resistance to P. triticina that has been considered durable and that appears to be due to a combination of a single dominant gene and one or more additional factors conferring partial resistance. In this study, the genetic basis of leaf rust resistance carried by Creso was investigated using 176 recombinant inbred lines (RILs) from the cross between the cv. Colosseo (C, leaf rust resistance donor) and Lloyd (L, susceptible parent). Colosseo is a cv. directly related to Creso with the leaf rust resistance phenotype inherited from Creso, and was considered as resistance donor because of its better adaptation to local (Emilia Romagna, Italy) cultivation environment. RILs have been artificially inoculated with a mixture of 16 Italian P. triticina isolates that were characterized for virulence to seedlings of 22 common wheat cv. Thatcher isolines each carrying a different leaf rust resistance gene, and for molecular genotypes at 15 simple sequence repeat (SSR) loci, in order to determine their specialization with regard to the host species. The characterization of the leaf rust isolates was conducted at the Cereal Disease Laboratory of the University of Minnesota (St. Paul, USA) (Chapter 2). A genetic linkage map was constructed using segregation data from the population of 176 RILs from the cross CL. A total of 662 loci, including 162 simple sequence repeats (SSRs) and 500 Diversity Arrays Technology markers (DArTs), were analyzed by means of the package EasyMap 0.1. The integrated SSR-DArT linkage map consisted of 554 loci (162 SSR and 392 DArT markers) grouped into 19 linkage blocks with an average marker density of 5.7 cM/marker. The final map spanned a total of 2022 cM, which correspond to a tetraploid genome (AABB) coverage of ca. 77% (Chapter 3). The RIL population was phenotyped for their resistance to leaf rust under artificial inoculation in 2006; the percentage of infected leaf area (LRS, leaf rust susceptibility) was evaluated at three stages through the disease developmental cycle and the area under disease progress curve (AUDPC) was then calculated. The response at the seedling stage (infection type, IT) was also investigated. QTL analysis was carried out by means of the Composite Interval Mapping method based on a selection of markers from the CL map. A major QTL (QLr.ubo-7B.2) for leaf rust resistance controlling both the seedling and the adult plant response, was mapped on the distal region of chromosome arm 7BL (deletion bin 7BL10-0.78-1.00), in a gene-dense region known to carry several genes/QTLs for resistance to rusts and other major cereal fungal diseases in wheat and barley. QLr.ubo-7B.2 was identified within a supporting interval of ca. 5 cM tightly associated with three SSR markers (Xbarc340.2, Xgwm146 e Xgwm344.2), and showed an R2 and an LOD peak value for the AUDPC equal to 72.9% an 44.5, respectively. Three additional minor QTLs were also detected (QLr.ubo-7B.1 on chr. 7BS; QLr.ubo-2A on chr. 2AL and QLr.ubo-3A on chr. 3AS) (Chapter 4). The presence of the major QTL (QLr.ubo-7B.2) was validated by a linkage disequilibrium (LD)-based test using field data from two different plant materials: i) a set of 62 advanced lines from multiple crosses involving Creso and his directly related resistance derivates Colosseo and Plinio, and ii) a panel of 164 elite durum wheat accessions representative of the major durum breeding program of the Mediterranean basin. Lines and accessions were phenotyped for leaf rust resistance under artificial inoculation in two different field trials carried out at Argelato (BO, Italy) in 2006 and 2007; the durum elite accessions were also evaluated in two additional field experiments in Obregon (Messico; 2007 and 2008) and in a green-house experiment (seedling resistance) at the Cereal Disease Laboratory (St. Paul, USA, 2008). The molecular characterization involved 14 SSR markers mapping on the 7BL chromosome region found to harbour the major QTL. Association analysis was then performed with a mixed-linear-model approach. Results confirmed the presence of a major QTL for leaf rust resistance, both at adult plant and at seedling stage, located between markers Xbarc340.2, Xgwm146 and Xgwm344.2, in an interval that coincides with the supporting interval (LOD-2) of QLr.ubo-7B.2 as resulted from the RIL QTL analysis. (Chapter 5). The identification and mapping of the major QTL associated to the durable leaf rust resistance carried by Creso, together with the identification of the associated SSR markers, will enhance the selection efficiency in durum wheat breeding programs (MAS, Marker Assisted Selection) and will accelerate the release of cvs. with durable resistance through marker-assisted pyramiding of the tagged resistance genes/QTLs most effective against wheat fungal pathogens.